I misteri dell'universo visibile - Buchi neri, particella di Dio, materia oscura.... e prana...



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Solo 50 anni fa accennare all’esistenza dei buchi neri nell’Universo  per molti era un’eresia scientifica, nonostante Einstein  ne avesse previsto l’esistenza, oggi  è una realtà acquisita scientificamente. Parlare poi di materia ed energia oscura fino al 1980 per molti accademici era roba da film di fantascienza. Oggi gli scettici di allora si pentono di non far parte di chi, invece, ha iniziato a riscrivere la storia dell’Universo.

Dal Cern di Ginevra è arrivata la conferma definitiva sull’esistenza della materia oscura e dell’energia oscura. L’anello di 27 Km che compone il super acceleratore di Ginevra è stato ulteriormente potenziato, ora riceve ben 13 mila miliardi di elettronvolt ( 13 TeV ), contro i precedenti 12 TeV che gli avevano consentito di scoprire nel 2012 l’esistenza del bosone di Higgs ( la “particella di Dio”). Questa estrema potenza ha permesso di dare le prime risposte sull’esistenza delle misteriose forze invisibili che governano l’universo.  Finalmente si è capito che la materia oscura e l'altrettanta misteriosa energia oscura sono due elementi base del nostro universo. Insieme occupano il 96% del cosmo e la loro influenza è immensa. Si è scoperto infatti che siamo immersi in qualcosa che fino a qualche decennio fa era impensabile: esiste (ma non sappiamo bene ancora cosa sia) una materia oscura, che tende a far restringere il cosmo per effetto della gravità e un’altra, l’energia oscura, che invece tende a farlo espandere. Quindi per gli scienziati la materia oscura serve a tenere insieme ammassi stellari e più propriamente le galassie, mentre l’energia oscura dal Big Bang  ad oggi non fa altro che allargare i confini dell’Universo.

Le galassie, gli ammassi stellari, le stelle e i pianeti che osserviamo con i nostri telescopi, sono solo una minima parte della massa stessa del cosmo, e questo  perché la materia oscura è invisibile all’occhio umano ed ai più sofisticati strumenti elettronici. E’ accertato che ogni galassia è “incapsulata” in una sorte di bolla invisibile o, meglio, in una nube che la NASA ha anche cercato di rappresentare graficamente ( vedi illustrazione ). Questa nube di materia oscura si estende per un raggio molto più grande della galassia stessa.

Uno dei metodi applicati per capire la presenza e la quantità di materia oscura che avvolge le galassie o gli ammassi delle stesse è quello della distorsione della luce proveniente da fonti di luce dietro la galassia che osserviamo. Si sa ( il grande Einstein lo aveva già scoperto ), che la luce non viaggia nell’universo solo in linea retta, ma può deviare e superare l’ostacolo che incontra per poi procedere nuovamente in linea retta. Questo fenomeno si osserva attraverso degli archi che si visualizzano intorno ad un corpo celeste in osservazione. Vediamo questi effetti da lente gravitazionale: queste distorsioni ci dicono, ancora, che gli ammassi sono avvolti da materia oscura.

Basandoci quindi sulla quantità di distorsione presente nelle immagini che catturiamo con i potenti telescopi orbitanti possiamo calcolare quanta massa ci deve essere in una galassia o ammasso di galassie. Alla fine risulta una  quantità enorme rispetto al visibile. La deviazione della luce quindi ci informa sulla consistenza della struttura che attraversa. Questa struttura è la materia oscura in cui le galassie sono immerse.

“La materia e l’energia oscure, oltre ad ampliare le conoscenze sulla composizione del cosmo, ha implicazioni sulla nostra vita quotidiane?”- Questa la domanda che una studentessa di una università olandese ha posto giorni fa agli scienziati della NASA.  Ed ecco la risposta: -“ Si!” -  

Questa materia oscura esiste intorno a noi, ci pervade  e, forse, condiziona la nostra esistenza senza che noi ce ne accorgiamo. Sappiamo da molti anni che gli stessi neutrini provenienti dallo spazio   (nascono all’interno delle stelle) penetrano senza che ce ne accorgiamo la materia, il pianeta e i nostri corpi. Ora dobbiamo aggiungere la materia oscura. Possiamo ben dire a questo punto che siamo immersi in un “ambiente alieno “ da cui dipendiamo forse anche come sopravvivenza. Ma tutto ciò migliaia di anni fa qualcuno l’aveva già intuito: le antiche culture dell’India da cui poi sono nati l’Induismo e il Buddismo questo lo sapevano. La materia oscura, nonché l’energia oscura, loro la chiamavano e la chiamano: Prana.

Per gli indù e i buddisti il Prana è l’essenza della vita  è la forza vitale che pervade ogni cosa dalle stelle ai pianeti fino agli esseri viventi. I maestri tibetani hanno sempre affermato che se l’essere umano sapesse compenetrare l’energia pura dell’universo, cioè il prana, e con essa e armonizzarsi, potrebbe vivere fino al termine della sua vita biologica, anche senza assumere cibo.  Questa affermazione, che per la scienza ufficiale è illogica, trova invece conferma nei centinaia di casi riportati dalle cronache indù, dal lontano passato ad oggi. Molti asceti infatti hanno vissuto, superando anche  i 100 anni di vita, in meditazione senza mai nutrirsi.  Anche ai giorni nostri c’è un caso simile studiato da decenni da medici e scienziati, è il caso dello yogi indiano Prahlad Jani che vive dall’età di 12 anni senza bere e mangiare all’interno di una grotta nella regione settentrionale indiana di Gujarat.

Il team di scienziati del Defence Institute of Physiology and Allied Sciences (Dipas) che lo ha studiato 24 ore su 24 per 15 giorni consecutivi, non sa spiegare il fenomeno. Nessun essere umano potrebbe resistere senza bere più di 5 giorni. In ogni caso i valori metabolici e comunque funzionali di un organismo che non si alimenta né assume acqua verrebbero sconvolti.  In Prahlad Jani invece gli esiti degli esami hanno dato valori positivi, riscontrabili in un giovane di 25/30 anni e non in un vecchio di oltre 80 anni. Per gli scienziati è un caso sconvolgente per la scienza, la quale non sa dare una risposta. Alla domanda del team scientifico all’asceta di come fa a nutrirsi, lui risponde :-“ in me entra l’energia del Sole e quella mi nutre e mi disseta”-. Ma come fa quest’energia ad entrarti dentro, hanno chiesto ancora gli scienziati, e lui: - “attraverso la meditazione consento all’energia vitale dell’universo di fluire dentro di me”-

E allora, a questo punto, possiamo dire che la risposta data da uno scienziato della NASA alla studentessa olandese calza a pennello: “Si, questa scoperta può cambiare il futuro dell’umanità.”-

In conclusione dobbiamo ancora volta considerare la sapienza e la conoscenza degli antichi e forse, con un po’ di umiltà, cercare attraverso antichi testi, miti e legende le risposte che oggi ci dà la scienza, ma che scopriamo ogni volta già scritte.

Ennio La Malfa


Autoanalisi - Pre-conoscenza o pre-giudizio?


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Vorrei mettere in chiaro alcuni concetti base della ricerca di "sé" (in chiave di spiritualità laica)  attraverso l'autoanalisi. Trattasi di una semplice ri-scoperta  di  qualcosa che c'era già, ma che aveva bisogno di essere "espressa", nella via personalizzata del ritorno a casa. Per una sorta di simpatia che percepisco verso tutte le persone con le quali riesco a condividere emozioni e sentimenti ho pensato che potesse essere utile (per me e per loro) chiarire quegli aspetti dell'auto conoscenza che ancora si rivolgono alla persona. Poiché (comunque) dalla persona dobbiamo partire in quanto depositaria della prima scintilla di Coscienza dalla quale tutto deriva. Non voglio perciò sminuire il valore di questa persona, e come "questa" anche tutte le altre che pazientemente seguono e precedono.

....dove le civiltà dei vivi e dei morti si incontrano!

Il nostro osservare il mondo, sia interiore (delle emozioni) che esteriore (degli oggetti), non è quasi mai “pulito”, privo cioè di interpretazione e concettualizzazione. 

Siamo avvezzi a giudicare quel che osserviamo attraverso il filtro della memoria e delle sensazioni collegate alle trascorse esperienze. Anche nel caso di eventi “nuovi” o di idee precedentemente non considerate non facciamo a meno di cercare di “comprendere” e misurare sulla base del nostro conosciuto. Ecco questa “preconoscenza” è la nostra “schiavitù” ma se potessimo lasciarci andare sino al punto di poterci osservare mentre si innesca il meccanismo del “pre-giudizio” e capire il suo funzionamento... potremmo già considerare questa “attenzione” come una prima forma di meditazione e distacco dal processo appropriativo in corso.

Facciamo un'analogia pratica, per esemplificare questo tentativo di spostare l'attenzione dall'io giudicante alla capacità testimoniale della pura coscienza, analizzando il funzionamento del sogno. Quando sogniamo tutto avviene in modo apparentemente costruito e definito mentre allo stesso tempo gli avvenimenti del sogno mantengono il senso dell'imponderabilità. Il personaggio specifico del nostro sogno, nel quale noi ci identifichiamo, è esso stesso una semplice componente inscindibile dalla complessità del sogno, in cui i vari attori, figure, oggetti ed eventi sono un tutt'uno. La “farsa” del sogno mostra un'apparente finalità e significato agli occhi del personaggio di sogno nel quale ci identifichiamo. Vediamo che egli infatti compie gesti deliberati e verosimili sforzi di volontà per raggiungere i suoi fini di sogno, rapportandosi inoltre con gli altri personaggi del sogno come “diversi” da sé. 

Può ciò corrispondere a verità?

Tutti gli aspetti del sogno sono prodotti dalla stessa mente e non sono in alcun modo controllabili e gestibili da alcun personaggio o situazione del sogno. Essendo ognuno di questi elementi semplici componenti “passive” immaginate nella mente del sognatore. Dal punto di vista dell'esperienza “empirica” nello stato di veglia si può dire che il processo di “creazione” sia praticamente il medesimo. Tutti gli oggetti ed i soggetti che reciprocamente si percepiscono (essendo ognuno contemporaneamente soggetto ed oggetto nella percezione altrui) scaturiscono dalla stessa “Mente”, o Coscienza, e si dipanano sullo schermo concettuale degli eventi spazio-temporali. In effetti, in questo funzionamento totale, non può esistere alcuna volizione o finalità personale, poiché (come nel sogno) ogni cosa si svolge indipendentemente dall'intenzione di qualsiasi dei personaggi sognati. Pur che apparentemente essi assumono su di sé il senso dell'affermazione o della negazione di una loro “volontà”, ma questo avviene solo conseguentemente alla considerazione effettiva degli eventi già vissuti. Ovvero dopo aver “giudicato” i fatti accaduti ed averli assunti come propri (attraverso il senso di identificazione) e quindi definiti come positivi o negativi (ai fini del personaggio). 

Da ciò, per estensione, arriviamo all'identità dello stato di veglia e scopriamo che -come nel sogno- a manifestare la vita e le sue componenti non sono i singoli esseri bensì la Coscienza stessa, impegnata com'è nell'opera di vivificazione delle sue emanazioni e manifestazioni, che sono possibili solo per suo tramite.

Per questa ragione è detto che “quando il me scompare l'Io si manifesta” (Ramakrishna Paramahansa), ovvero quando l'identificazione individuale cessa automaticamente la Coscienza impersonale emerge. Si dice che “emerge” in quanto tale pura Coscienza è già insita nell'individuo stesso (come la mente è presente nel personaggio sognato) che la “sostanza” non appartiene alla sembianza mutevole ma è l'essenza che la anima. Ovviamente in caso di “risveglio” al puro Io il senso di identità individuale “muore” ma questo non implica l'automatica scomparsa della sua “sembianza” apparente, che continuerà a restare nella percezione degli “altri” osservatori, ma svuotata al suo interno di ogni identificazione oggettiva, essendo il risvegliato pura e semplice “soggettività” 
(Consapevolezza priva di attributi).

La spontaneità è la caratteristica “comportamentale” del risvegliato, quando spontaneità significa semplice capacità di risposta, adeguata e consona, alle situazioni in cui egli si imbatte. In un tale essere non permane alcuna ombra di intenzionalità o di giudizio, di desiderio o repulsione, la sua “volontà” corrisponde esattamente agli eventi vissuti senza che lui lo ricerchi. Possiamo definire questo stato: Libertà.

Per significare la vera natura dell'essere ed il “ritorno” all'intrinseca consapevolezza che gli è propria, ammettendo che tale natura è la stessa per ognuno di noi, mi piace riportare una frase di Nisargadatta Maharaj, che disse: “Non importa ciò che fai o ciò che non fai se hai realmente percepito quello di cui sto parlando. Diversamente, non importa nemmeno se tu non hai capito quel di cui sto parlando..” Il che significa che in entrambi i casi la realtà intrinseca non cambia... e quel che è destinato ad avvenire avviene per conto suo.... 

Succede però che questo discorso, pur essendo a volte intellettualmente accettato, necessiti spesso una digestione ed assimilazione, deve insomma essere fatto “nostro”. Ciò può avvenire attraverso la riflessione, la rielaborazione e il riconoscimento al nostro interno di tale verità. Ora in qualche modo ci sembra di aver compreso ma dobbiamo disintossicarci dalla tendenza speculativa e dall'identificazione con il personaggio incarnato. A tal fine, non per ottenere la condizione che è già nella nostra natura ma allo scopo di scongiurare l'imbroglio della mente, consiglio la lettura ripetuta e la ponderazione sulle immagini contenute nel Libro dei Mutamenti (I Ching), un compendio di esempi archetipali psicosomatici, descrivente cioè i diversi modelli comportamentali, basati sulle variegate capacità espressive della mente nello svolgimento degli eventi spazio-temporali. Per mezzo dell'analisi sarà possibile riconoscere le multicolori forme che la mente può assumere in questo mondo di apparenze, essendo le sue trasformazioni semplici risultanze, risonanze e adattamenti alle condizioni che si trova ad affrontare. Questa è una risposta automatica allo svolgimento delle continue mutazioni e mescolamenti degli elementi basilari della vita.

Ovvio che tali mutazioni sono praticamente infinite ma nel Libro dei Mutamenti si esaminano 64 aspetti/madre, in forma di esagrammi in cui ogni linea è una componente costitutiva con propri significati. Essendo questo testo il risultato di un antichissimo e costante studio ed osservazione di fenomeni naturali e sociali, interpretati e visti sia con la ragione che con l'intuizione, esso si presenta come un complesso integrato dei diversi modi espressivi analitici ed analogici della mente.

“Conoscere la mente per non farsi imbrogliare dalla mente..” Affermava Ramana Maharshi.

E nel Libro dei Mutamenti si può dire che vengono fusi sia gli aspetti filosofici speculativi e metafici che quelli analitici ed empirici (Taoismo e Confucianesimo), perciò la prassi è quella di osservarne le immagini senza volerne assumere i concetti, un buon metodo per avvicinarsi alla corrispondente spontaneità comportamentale del saggio, basata sulla capacità di immediata risposta comportamentale nelle varie situazioni incontrate nella vita, anche in considerazione delle peculiari caratteristiche da ognuno incarnate e nella posizione e condizione in cui siamo. Insomma, conoscere il mezzo per affrontare adeguatamente il percorso. 

Siccome la lettura del testo non è immediatamente chiara e assimilabile è consigliabile una ripetizione continuata, ma senza sforzi interpretativi, in modo da sospingere pian piano la nostra mente verso quel necessario “distacco” da finalità precostituite, tralasciando quindi il tentativo di comprensione dei significati razionali e lasciando che le immagini evocate trovino corrispondenza nel nostro inconscio.

Paolo D'Arpini 

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L' Universo nasce nella penombra dell’aurora primordiale...


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Tutto ciò che esiste nel mondo sorge dall’incontro fra le tenebre e la luce, fra la terra ed il cielo, fra il femminile ed il maschile. Questa è una teoria espressa non soltanto in India od in Cina ma presente in ogni filosofia e religione e persino nella scienza empirica. Ma in Cina ed in India maggiormente il discorso binario delle forze creatrici è stato analizzato in profondità e portato alle sue estreme conclusioni. Tutti sanno –ad esempio- cosa sono lo Yin (femminile) e lo Yang (maschile) e molti conoscono il binomio Shakti (fenomeno) e Shiva (noumeno).
Nella penombra dell’aurora si dice che il mondo sia stato creato da Brahma. La descrizione di questa creazione è molto semplice. La mitologia cosmologica mistica descrive la nascita di tutti gli esseri attraverso l’opera creativa di Brahma. Il creatore dovendo svolgere il suo compito formulò in se stesso il principio femminile “Sandhia” che significa Aurora, assumendo egli il principio maschile. Una volta che questa sua “figlia” apparve davanti ai suoi occhi egli ne fu così affascinato che s’invaghì della sua stessa creazione. Sandhia cercò di sfuggire alla bramosia di Brahma ed assunse di volta in volta una forma diversa, sempre al femminile, mentre Brahma la rincorse nella forma maschile della stessa specie. E così tutti gli esseri senzienti furono alfine prodotti. Questa allegoria simbolica del “rincorrersi” è ripetuta anche nella teoria del Big Bang, in cui l’unità indistinta primordiale (Tao per i cinesi) si trasforma in grande esplosione creatrice (il desiderio del moltiplicarsi), resa possibile dall’espansione del tempo nello spazio, potremmo egualmente chiamarli luce e tenebra….
Ma voglio scendere nei particolari minuti, sulle intuizioni presenti in ognuno di noi, prendendo l’esempio della mia stessa vita. I ricordi più lontani che ho di me stesso risalgono al limbo del grembo materno ed al momento della nascita. Allora percepivo chiaramente il destino della forma che avrei assunto, con tutte le difficoltà conseguenti al necessario riequilibrio di un precedente karma. La volontà di uscire fuori dall’utero era molto debole, vedendo le umiliazioni, le paure, le fatiche, le trasformazioni che mi aspettavano… eppure ad un certo momento sentii che non potevo tirarmi indietro, che questa nascita era necessaria per la mia evoluzione, che vi sarebbero stati anche momenti santi e gloriosi, che questa mia vita avrebbe aiutato il compimento anche di altre esistenze. E così venni alla luce, tirato fuori da un forcipe…. Che la levatrice infine usò, vista la mia reticenza a nascere….
E poi i momenti cruciali legati all’insoddisfazione per la forma assunta. A circa 6 od 8 mesi, ricordo che mia madre descriveva ad una amica in visita il colore dei miei occhi “prima era azzurri ora stanno diventando verdi –forse castani..”. Ed infatti i miei occhi sono castani, con striature verdognole (”cacarella” dice mia figlia Caterina), l’azzurro tanto desiderato è rimasto solo un alone nella pupilla.
Ed il desiderio carnale, la paura e la gelosia edipica? A circa un anno e mezzo ricordo che una sera ero nel mio lettino, nella stanza dei miei genitori, che evidentemente volevano copulare, ma io non mi addormentavo e mi dissero “dormi se no dalla finestra viene il gatto mammone”. Neanche sapevo cosa fosse una tale bestia ma immediatamente percepii una figura nera che mi osservava dalla finestra e implorai mia madre di farmi andare nel suo letto. Ma non fui accettato e fui zittito con frasi tipo “ma no… ma no.. il gatto mammone non c’è.. resta nel tuo lettino..”. Eppure per me c’era anche perché sentivo rumori strani… Poi a circa due anni e mezzo, quando era nata da poco la mia sorellina Maria, assistevo alla sua poppata al seno e mi venne il desiderio di bere anch’io di quel latte ma presi la cosa alla larga “Mamma, mamma… come fa il latte ad uscire dalla sisa?” E mia madre scherzando sollevò la sisa la spremette nella mia direzione facendone uscire uno schizzo di latte che mi colpì in faccia.
Lascio da parte altri ricordi di questo genere e racconto solo quello che fu per me illuminante e mi diede la visione della realtà indivisa. Un giorno, avevo circa quattro anni, osservavo nel raggio di sole che entrava dalla finestra una moltitudine di piccoli esseri che si muovevano, un pulviscolo di particelle misteriose, e chiesi a mio padre “papà.. cosa sono tutte queste cose che si vedono nel raggio di luce?” e lui mi rispose (dopo aver osservato a sua volta) che si trattava di minuscole forme di vita. Immediatamente percepii la verità che la vita è una realtà indivisa, la stessa cosa che oggi affermano gli scienziati, che non c’è separazione e che veramente tutto è una manifestazione del gioco delle particelle quantiche primordiali. Ed lo dissi esclamando “ma allora non c’è divisione fra noi… siamo tutti la stessa cosa!”. Ovviamente mio padre, vittima della visione dissociata negò dicendo che ognuno ed ogni cosa era separata, e qui dovetti iniziare a fare i conti con l’accettazione della mia verità intuitiva rispetto a quella descritta dagli altri….
Ma insomma qual è il meccanismo concettuale dietro alla creazione del mondo?
A questa domanda Nisargadatta Maharaj rispose in modo lucido e chiaro: la creazione del mondo, come apparizione nella coscienza, ha un decuplo aspetto:
- Purusha (maschile o mente) e Prakriti (femminile o natura), il materiale psichico e fisico.
- L’essenza dei cinque elementi fondamentali (visti come stati energetici): etere, aria, fuoco, acqua e terra, in continua e mutua frizione.
- I tre attributi (o qualità): satva (armonia), rajas (attività), tamas (inerzia)
Un individuo può pensare di essere lui stesso ad agire in realtà il suo nome e forma non sono altro che l’espressione combinata dell’incontro fra questi fattori.
In verità ognuno di noi è null’altro che “coscienza” ovvero la capacità di osservazione e di vivificazione che rende possibile il gioco degli elementi e dei vari aspetti psichici. La forma incarnata è un po’ come la particolare immagine che si forma al caleidoscopio, od alla slot machine, alla quale noi osservandola diamo un valore e significato sulla base di certe convenzioni. Le forme differiscono così tanto in qualità e quantità, dati i possibili mescolamenti dei 10 aspetti coinvolti, che alla fine appaiono individui come Hitler o Gandhi….
Facendo un’analisi all’inverso, tornando cioè indietro nella formazione degli aspetti, notiamo che le tre qualità non sono altro che il movimento del “maschile” (rajas) e del “femminile” (tamas) nel gradiente formato dallo spazio-tempo ed osservato nella “coscienza” (satva). Mentre gli elementi son solo le posizioni assunte dalle qualità nel gradiente, cioè: satva = etere; satva e rajas = aria; rajas = fuoco; rajas e tamas = acqua; tamas = terra.
Ma apprendere il meccanismo concettuale “esteriore” serve a poco se manca la capacità di riconoscimento e radicamento della propria identità primordiale, la pura consapevolezza, alla luce della quale tutto avviene.
Il pensiero “io sono” vibra nell’esistenza e tutto appare!

Paolo D’Arpini