Evoluzionismo, creazionismo... e la costante presenza della Coscienza


Nel 1859, Charles Darwin pubblicava il suo ancora oggi controverso ma rivoluzionario “Origine della specie”, le polemiche non si son ancora acquietate, ma quel che suona strano –secondo me- è l’opposizione virulenta opposta alla teoria evoluzionista dai cosiddetti “creazionisti” (o credenti) di matrice religiosa, e più avanti spiegherò i motivi del mio stupore.  Debbo far presente che non mi considero -strettamente parlando- un seguace della teoria Darwiniana, nel senso che al massimo la considero una spiegazione strumentale alla dimostrazione della cosiddetta realtà empirica… o della casualità.

L’ipotesi evoluzionista è basata sull’osservazione del processo trasformativo della materia e della vita conseguente alla modificazione od espansione dello spazio/tempo. In un certo senso questa teoria deve in ogni caso tener conto di un “inizio” e pertanto è vicina all’altra teoria della creazione progressiva del mondo, comunque basata sulla presenza di un Dio creatore da cui l’universo viene creato.

Secondo la teoria del Big Bang l’inizio del momento creativo viene posto nell’esplosione primordiale del nucleo originario della materia, in seguito al quale incomincia pian piano il processo manifestativi della vita. Infatti i religiosi apprezzano molto la teoria del Big Bang come “dimostrazione” della volontà creatrice di Dio ma dovrebbero altrettanto accettare, per essere coerenti con i loro credo, anche il processo evoluzionistico delle varie forme vitali prefigurato da Darwin e dai suoi successori. 

D’altronde se fosse vera la creazione “personale” fatta da Dio per ogni organismo vivente, separato da ogni altro (un pesce è un pesce, una asino è un asino, un uomo è un uomo, etc.), si potrebbe supporre una certa parzialità da parte dell’Altissimo, non solo per la scala gerarchica fra le varie specie ma anche perché alcune forme vitali sono addirittura scomparse dalla faccia della terra come se fossero “invise” o “trascurate” dal creatore stesso, il che non mi pare un segno di giustizia verso le creature….: “se uno, correndo tutto il giorno giunge a sera, può dirsi soddisfatto… Ebbene, ora ce l’ho fatta, il crepuscolo della mia vita diventa l’alba della mia fama” (Schopenhauer, Senilia, pag. 84 del mano-scritto originale del 1856).


Dal punto di vista della realtà assoluta (ma anche da quello quantistico, fino ad un certo punto dell’analisi) la creazione può essere “progressiva” solo nell’ambito del divenire nello spazio tempo ma, come evidenziò anche Einstein, questo concetto dell’esistenza spazio temporale è puramente figurativo, non ha cioè vera sostanza essendo un relativo configurarsi di eventi costruiti e proiettati nella mente. Perciò nella visione della assoluta Esistenza-Coscienza la creazione è un “apparire”, che si manifesta simultaneamente, sia pur considerata dall’osservatore uno svolgimento conseguente allo scorrere del tempo nello spazio. 

La manifestazione è di fatto un semplice riflesso nella mente del percepente che riesce a captarla ed elaborarla solo attraverso il “fermarla” nella coscienza. Un singolo fotogramma della totale manifestazione che, sia pur sempre presente nella sua interezza, viene illuminato dalla coscienza individuale, visto nella mente e srotolato nel contesto spazio tempo e denominato “processo del divenire”. Da ciò se ne deduce che la descrizione evoluzionista di Darwin è “relativa” tanto quanto la visione “creazionista” dei più retrivi religiosi. Con buona pace del filosofo Schopenhauer. 


Ho immaginato anche una sorta di equazione per visualizzare quanto qui espresso. Se prendiamo il tutto come insieme, in cui ogni cosa appare e si manifesta, e lo definiamo 1 (Uno) in qualsiasi modo aggiungendo o togliendo a questo Uno, sempre l’Uno resta. Esempio: 1 + 1 = 1 ; oppure 1 – 1 = 1 Ma d’altronde questo concetto è stato già espresso molto chiaramente in una Upanishad in cui è detto: “Se dal tutto togli il tutto solo il Tutto rimane” 


Paolo D'Arpini


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Post Scriptum.
La coscienza individuale è in costante movimento ed evoluzione, seguendo i diversi modi di sviluppo della società od i periodi storici nei quali si manifestano le vicende umane. Ogni transizione assomiglia al superamento di un livello d’apprendimento, un po’ come succede nella spirale del DNA. La coscienza, in questo caso meglio definirla mente, si muove dalle espressioni più semplici a quelle più complesse. Una sorta di testimonianza-memoria dei vari processi sofisticati della vita.   (Pensiero pro-Darwin, da non prendere per vero…)



La spiritualità e la religiosità sono cose diverse. La prima qualifica il Sé la seconda appartiene alla mente



C'è una sostanziale differenza fra religiosità e spiritualità. 

La religiosità è l'aderenza alle norme e ai dogmi  di una qualsiasi religione, quindi rappresenta un "atto di fede", cioè un "voler credere" e mettere in atto quei dogmi e quelle norme nella propria vita. Perciò essa appartiene al dominio della mente ed è opinabile.  All'inverso la Spiritualità è la scintilla cosciente che qualifica ogni essere vivente e che nell'uomo si manifesta in forma di "consapevolezza di sé". Quindi la Spiritualità è la vera natura dell'essere e non è condizionata da alcuna precondizione o adesione ad una etica, morale o dir si voglia. Nella tradizione Taoista questa spiritualità è  definita "Tao", nella tradizione buddhista è chiamata "Sunya", nella tradizione nondualistica è denominata "Atma o  Assoluto".  

Da ciò se ne deduce che   la "spiritualità", intesa correttamente, è per sua propria natura "laica" ovvero aldilà di ogni contestualizzazione religiosa. Quindi è impensabile che un membro di una religione possa esprimere "laicamente" la spiritualità relativa a quella religione.

Vorrei  ora  chiarire il significato originario e concettuale di "spiritualità laica" che viene malamente indicato come un modo di esprimersi spiritualmente da parte di membri laici di una qualsiasi religione... In verità il termine laico derivante dal greco "laikos" sta a significare  l'assoluta non appartenenza ad un modello religioso o filosofico, e persino politico. Perciò, ‘laico’ significa  "al di fuori di ogni contesto socialmente strutturato". 

In verità la Spiritualità Laica  sta ad indicare la "spiritualità naturale", la ricerca spontanea dell'uomo verso la sua origine, verso il  significato  misterioso della vita, tale anelito  è indirizzato verso l'auto-conoscenza.    Ad esempio la traduzione inglese di "laico" è "laymen" che significa "uomo comune" ed il termine inglese più prossimo ad esprimere il concetto di Spiritualità Laica è "awe" ovvero "meraviglia di Sé".
Tanto per cominciare stabiliamo che "spirito" significa "sintesi fra intelligenza e coscienza". E quindi il suo "essere"  non richiede   alcuna conferma esterna.  Ognuno afferma la propria esistenza  sulla base della sua diretta esperienza di esistere e di averne coscienza.  Non è necessario che alcuno ne dia conferma.

Non è necessario "credere” nella propria esistenza per dire "io sono",  lo sappiamo senza ombra di  dubbio da noi stessi. Mentre per sentenziare l'assunzione di una fede o la mancanza di una fede non possiamo fare a meno di usare il termine "credo" oppure "non credo". Se ne deduce che l'essere ed esserne contemporaneamente coscienti è naturale ed inequivocabilmente vero, mentre  sostenere qualcosa che ha il suo fondamento nel pensiero, cioè nella speculazione mentale,  è solo un processo, un concettualizzare.

Non voglio fare il difficile ma è ovvio che  nessuno dirà mai "credo di esistere e di essere consapevole" mentre per qualsiasi altra affermazione (o forma pensiero astratta o concreta) dovrà sempre usare il termine "credo in questo od in quello …  nella religione o  nell'ateismo" od in qualsiasi altra cosa a cui si presta fede...

"Io sono"  è  perciò  la verità pura e semplice ed è qui  vano  spiegare le possibili ragioni di tale "essere" giacché questo procedimento esplicativo (o interpretazione)  rientra solo nella speculazione  ed è quindi  opinabile.

Affermare  che la coscienza è il risultato della scintilla divina o il percorso casuale della materia che si trasforma in  vita lasciamolo dire ai sofisti.   "Io sono" è l'unico  fatto incontrovertibile che non abbisogna di prova o discussione alcuna. Ed è su questa base che  voglio restare. Non ha senso quindi mettersi a discutere sui "modi".....o sulle "ipotesi". Dico ciò per tacitare  ed evitare qualsiasi contrapposizione sulla realtà del fatto contingente da me espresso (e tutti a mente serena possono esserne consapevoli). Questa è laicità dello spirito.

La "Spiritualità", nel senso laico, è un semplice e banale "riconoscimento" dello stato spontaneo di ognuno di noi.... coscienza o conoscenza di Sé. 

Non parlo della  conoscenza empirica riferita al "piccolo sé" ovvero l'ego,  il nome forma che crediamo di essere. Anche se conoscere le caratteristiche incarnate, saper individuare le pulsioni che contraddistinguono la nostra persona, è sicuramente utile per non farci imbrogliare dalla mente, per non cadere nella trappola della falsa identità. Infatti tutto ciò che può essere descritto non può essere “noi”, ma solo la struttura funzionale del corpo/mente (nella quale ci riconosciamo). 

Questo apparato psico-fisico è il risultato della commistione di forze naturali (od elementi) e di qualità psichiche (che degli elementi sono espressione). Nella multiforme interconnessione di queste energie gli infiniti esseri prendono forma…. Anche se –in verità- non si tratta di “forze” né di “esseri” bensì di una singola forza e di un solo essere che assume vari aspetti durante il suo svolgersi nello spazio-tempo.

Ma qui occorre descrivere la “capacità separativa” (maya – yin e yang) che produce l’illusione della diversità. Essa è il primo concetto che si forma nella mente (in effetti è la mente stessa) contemporaneamente all’apparire del pensiero “io”. Attenzione non si tratta dell’Io-Assoluto, l’Essere, ed esserne coscienti aldilà di ogni identificazione, si tratta invece del primo riflesso cosciente (di siffatto Io) nella mente e che consente l’oggettivazione e la percezione dell’esteriorità attraverso i sensi. In tal modo si attua il meccanismo dissociativo di “io sono questo” e quel che viene osservato “è altro”.  Così il dualismo assume una sembianza di realtà e viene corroborato dalla causalità consequenziale alle trasformazioni che si srotolano nello spazio/tempo. 

Il processo formativo duale è di facile individuazione da parte dell’accorto intelletto (nel  senso di attento) ma questa considerazione è ancora all’interno del riflesso speculare della mente, per cui dal punto di vista della Conoscenza Assoluta anche questa spiegazione (o comprensione) è futile, forse innecessaria e magari addirittura fuorviante… (a causa della tendenza appropriativa del pensiero speculare) e qui ritorno alla necessità di conoscere la propria mente per non rimanere ingannati dalle sue elucubrazioni empiriche, tese cioè a dimostrare una realtà oggettiva.

Qualcuno potrebbe chiedersi a questo punto: “…Allora perché scrivere tutto ciò? Perché leggerlo?” -  Ma la risposta è banale, talvolta  prima di gettare l’immondizia sentiamo il bisogno di esaminarla in ogni particolare, in modo da non aver rimpianti dopo…  Purtroppo, in anni ed anni di volo basso, tutti noi abbiamo sviluppato un forte attaccamento alla zavorra…! 

Paolo D'Arpini


paolo.darpini@alice.it

Lo specchio dell'io

L importanza che si da l'uomo ... Infinita importanza, divina .....



Dice: io voglio e pertanto agisco in una maniera piuttosto che un
altra .... Lo chiama libero arbitrio. Individualizzato e con
antropomorfa visione del dolore schiaccia in frantoi i semi di grano e
ne fa bianca farina. È incapace di osservare mucche schiacciate dalle
pietre della macina che ne fa rossa marmellata. Solo una parte
dell'attrito tra gli elementi è osservato come dolore dall'uomo e
dalla sua maschera di ego. Illuso di avere potere ne cerca ancora e
non vede la libertà. Separazione crea concetti di tempo e spazio ,
azione ed esperienza. Non vi è concetto che ha valore a se stesso
come non vi è movimento senza relazioni , non vi è tempo senza ricordo
e futuro senza proiezioni. Derivazioni incoscienti dell'unità
crediamo di avere un esperienza divisa, personale . Ci diamo
importanza, la diamo alla nostra specie, alla vita, alle cose.


Sommiamo importanza a quella che ricordiamo e non vediamo che sommiamo illusioni alle illusioni dando solo più realtà alla sofferenza.
Quanti aggettivi potremmo far seguire a: io sono. Sono Felix ? ...


Io sono Felix è ciò che deriva da un ricordo che si sovrappone alla
realtà . Sono e ho agito. Io sono e ho compiuto, ho viaggiato,
provato emozioni, esperienze. Si può vedere la propria immagine allo
specchio e dire: "io sono questo" indicando un vetro che riflette un
immagine in continuo mutamento. Anche il vetro è in continuo
mutamento.  Lo specchio permette all'uomo, amante dell'oro che a lui
pare eterno, di specchiarsi e farsi narciso. È narciso chi si vede .


Nulla può essere osservato per ciò che è,  tanto meno fermato in una
descrizione. Osservarsi allo specchio e credere di essere qualcosa
piuttosto che qualcos'altro è già di per sé identificazione. Fuori e
dentro sono illusioni di chi si vede allo specchio.

Felix D'Arpini




...antisemitismo ed antisionismo sono cose molto diverse



Scrive Laura Caselli: “E' importante fare chiarezza su cosa sia l'antisemitismo e l'antisionismo... ed è importante sapere come crescono i ragazzi Israeliani, futuri soldati cresciuti a pane ed odio. Gli ebrei sono i primi a denunciare il sionismo e i crimini di Israele in Palestina…"

Vi siete mai chiesti cosa sia l'antisemitismo?  Lo so... Sembrerebbe una domanda banale, per molti addirittura stupida; eppure oggigiorno sono in tanti a chiederselo, ebrei compresi. Qualche esempio? 

Norman G. Finkelstein, figlio di sopravvissuti ebrei, professore universitario ed autore di diversi libri tra cui «Beyond Chutzpah: On the Misuse of Anti-Semitism and the Abuse of History». In questo libro Finkelstein denuncia le accuse di antisemitismo proferite da alcune organizzazioni ebraiche nei confronti degli oppositori alla politica dello Stato d'Israele. 

Shea Hecht, rabbino e leader della comunità ebraica, ha affermato che l'ADL (Lega Anti-diffamazione) crea casi di antisemitismo laddove non ci sono, al fine di giustificare l'esistenza della lega stessa.

Yoav Shamir, regista Israeliano, in seguito ad accuse di antisemitismo rivolte al suo primo film, ha deciso di affrontare il tema delicato nel suo secondo documentario "Defamation". Qui di seguito vi riporto alcune parti della recensione del film: "Shamir intervista diversi esponenti del mondo israeliano, a partire dalla propria nonna fino a eminenti rabbini, dalla lega anti-diffamazione, a veri e propri accademici considerati cani sciolti (intellettualmente parlando), esclusi dall'intellighenzia israelita, e accusati perfino di negare l'olocausto. Shamir viaggia da Gerusalemme a New York, da Roma a Mosca, da Kiev ad Auschwitz e getta anche uno sguardo sull'educazione ricevuta dalle nuove generazioni, a cui viene inculcato un esasperato sentimento di persecuzione e terrore che a volte sconfina quasi nel ridicolo.

Da un punto di vista dei contenuti, è coraggioso nell'indagare dall'interno il senso di persecuzione di alcuni ebrei, nel sottolineare le contraddizioni di un razzismo incrociato attraverso le minoranze (come afro-americani ed ebrei) e dentro lo stesso stato israeliano, e nel mettere in discussione il vero significato dell'antisemitismo oggi, chiedendosi se l'olocausto non venga adoperato, a volte, come uno strumento di comodo per distorcere le prospettive negli scontri con i musulmani, ad esempio, e per mascherare altri interessi politici ed economici internazionali legati allo stato di Israele - come alcuni sostengono.

La diffamazione del titolo, quindi, non è solo l'insieme di riprovevoli atti razzisti che creano una spirale di odio, ma la strumentalizzazione della memoria della Shoah."A questo punto vi starete domandando dove voglia andare a parare, vero? 

Da nessuna parte.  Voglio solamente sottolineare che non esistono "domande banali".


Buddismo tantrico, sue origini



E' stato oggetto di dibattito se il rituale tantrico chiamato
Panchatattva, fatto con il vino, la carne, il sesso e così via, sia un
prodotto del Buddismo, e se si contrapponga al Dharma Vedico
(Vaidika). Alcuni hanno supposto che questi riti tantrici provenissero
originariamente dall'Asia gialla, penetrando in India, dove poi ebbero
ricevuto la sua impronta, e di nuovo si fossero diretti a nord per
ritrovare le precedenti forme originali. 


Alcuni fatti  suggeriscono che questi riti possano essere
una continuità, anche se in un'altra forma, di un’antica consuetudine
Vedica in cui facevano la loro parte il Soma, la Carne, il Pesce e il
Purodasa. Anche se nei Veda ci sono alcuni riti Maithuna è possibile
che il rituale shàkta del Bengala in questo senso abbia la sua origine
in Cina. Forse l'intero rituale viene da esso. 
Ho parlato del Bengala,
perché dovremmo distinguere da altre forme di culto shàkta. La
questione è così oscura al momento che qualsiasi affermazione
definitiva sulle origini storiche manca di giustificazione. Più
importante però, nel presunto collegamento col Buddismo è la storia di
Vashisthache si trova nei Tantra. Si dice che egli fosse andato in
Mahacina (l’odierno Tibet), che secondo la credenza popolare, si trova
a metà strada per andare nel paradiso. Si dice che Mahadeva è visibile
nella parte inferiore del lago Manasarova, vicino al monte Kailash.
Alcuni dei testi che lo riportano sono stati raccolti in appendice
all'edizione del ‘Tara Tantra’, che è stato pubblicato dalla Varendra
Anusandhana Samiti. Il Tara Tantra (l. 2), apre con la seguente
domanda di Devi Tara, o Mahanila-Sarasvati:.. “Tu hai parlato dei due
Kula-Bhairava, Vashistha e Buddha. Dimmi in quale Mantra essi
divennero Siddha”. Lo stesso Tantra (IV. 10) definisce in questo modo
un Bhairava: "Colui che purifica questi cinque (cioè, Panchatattva) e
che dopo averlo offerto (per il Devata), lo compartecipa, Egli è un
Bhairava." Perciò, allora si dice che Buddha sia un Kula-Bhairava. E’
da notare che i buddhisti tantrici che praticano questo rituale sono
considerati i Kaula. Shiva rispose: "Janardana (Vishnu) è l'eccellente
Deva sotto forma di Buddha (Buddharupi)." E’ detto nel Samayacara
Tantra che Tara e Kalika, nelle loro diverse forme, come anche
Matangi, Bhairavi, Chinnamastā, e Dhumavati appartengono al nord di
Amnaya. il sesto capitolo delSammohana Tantra menziona una serie di
scritture della classe Bauddha (buddista), insieme ad altre delle
classi Shàkta, Shaiva, Vaisnava, Saura e Ganapatya.

Di Vashistha si parla nel XVII capitolo del Rudrayamala e nel 1°
Patala del Brahmayàmala. Quello che segue è il resoconto nell'antica
Scrittura tantrica:

“Vashistha, ‘Colui che è dotato di autocontrollo’, il figlio di
Brahma, praticò per infinite ère le più dure austerità in un luogo
solitario. Per 6000 anni egli fece le Sadhana, ma ancora la Figlia
della Montagna non gli appariva. Diventando furioso, egli andò da suo
Padre Brahma e gli disse il suo metodo di pratica. Poi disse: "Dammi
un altro Mantra, O Signore, dal momento che questo Vidya (Mantra) non
mi concede Siddhi (il potere)… Altrimenti, in vostra presenza dovrò
dire una terribile maledizione!"

Dissuadendolo, Brahma disse: "Oh figlio mio, che sei abile nel
Sentiero Yoga, non far così. Tu dovrai di nuovo adorare Lei con
sentimento sincero, così Lei ti apparirà e ti concederà il Dono. Lei è
la Suprema Shakti. Lei salva da tutti i pericoli. Lei è brillante come
dieci milioni di soli. E' di color blu scuro (Nila). Ed è fredda come
dieci milioni di lune. Lei è come dieci milioni di lampi. Lei è la
sposa di Kala (Kalakamini). E' l'inizio di tutto. In Lei non c'è né
Dharma né Adharma. E’ nella forma di tutti. Lei è attaccata alla pura
Cinachara (Shuddhacinacararata). Lei è l'iniziatrice (Pravarttika) di
Shakticakra. La sua grandezza è infinitamente sconfinata. Lei aiuta
tutti gli esseri nella traversata dell'oceano del Samsara. Lei è
Buddheshvari (plausibilmente Buddhishvari, Signore della Buddhi). Lei
stessa è la 'Buddhi’ (intelligenza) (Buddhirupa). Lei è nella forma del
ramo Atharva (Atharvavedashakhini) dei Veda. Numerosi riferimenti
delle Shàstri connettono il Tantra Shastra con l’Atharvaveda. (Vedere
a questo proposito la mia citazione di Shaktisangama Tantra in
Principles of Tantra). Lei protegge gli esseri di tutti i mondi. La
sua azione è attiva sia nel movimento che nell’immobilità. AdoraLa,
figlio mio. E sii di buon animo. Perché sei così desideroso di
maledizione? Tu sei il gioiello della bontà. Oh, figlio, adoraLa
costantemente con la tua mente (cetas). Essendo del tutto assorto in
Essa, ne avrai di sicuro un guadagno nell’avere la visione di Lei".

Dopo aver ascoltato queste parole del suo Guru-genitore e dopo essersi
prostrato a lui più e più volte quel puro (Vashistha), versato nel
significato del Vedanta, si recò sulla riva dell’oceano. Per ben più
di mille anni egli fece Japa (penitenza) con il suo mantra. Eppure,
non ricevé ancora alcun messaggio (Adesha). Allora il Muni Vashistha
si arrabbiò nuovamente, ed essendo turbato nella mente si preparò a
dire la maledizione contro Mahavidya (la Devi). Avendo sorseggiato
l’acqua (Acamana) emise una grande e terribile maledizione. Allora
Mahavidya Kuleshvari (la Signora del Kaula) comparve davanti al Muni.

Colei che scaccia la paura degli Yogi disse: "Come mai, Vipra (Are
Vipra), perché mi hai terribilmente maledetta senza motivo? Tu non
comprendi il mio Kulagama né sai come adorare. E come, con una mera
pratica Yoga, possono sia un uomo o un Deva ottenere la vista dei miei
piedi di loto. Il mio culto (Dhyana) è senza austerità né dolore. A
chi vuole il mio Kulagama, il mio Mantra, che è Siddha stesso, e
conosce il mio puro Vedacara, la mia Sadhana è pura (Punya) ed è al di
là anche dei Veda (Vedanamapyagocara). (Questo non significa che sia
sconosciuta ai Veda o contraria ad essi, ma è qualcosa che supera il
rituale Vedico (pashu-vaidica). Ciò è ben chiarito dalla seguente
ingiunzione di seguire l’Atharvaveda.) Vai in Mahacina (Tibet) e nel
paese dei Buddisti (Bauddhas) seguirai sempre

l’Atharvaveda (Bauddha deshe 'tharvaveda Mahacine sada braja). Essendo
andata lì, io ho visto i Miei Piedi di Loto che sono Mahabhava (il
grande senso di beatitudine che è la sua vera natura di Lei). Tu, o
Maharishi, se diventerai esperto nel mio Kula potrai essere un grande
Siddha".

Dopo aver detto questo, Lei divenne informe e scomparve nell'etere,
attraversando la regione eterea. Il grande Rishi, sentito questo dalla
Mahavidya Sarasvati, andò verso la terra di Mahacina in cui vi era
stabilito il Buddha (Buddhapratishthita). Dopo essersi ripetutamente
piegato verso terra, Vashistha disse, "Proteggimi, Oh Mahadeva, Tu che
sei l'Uno Imperituro in forma di Buddha (Buddharupa). Io sono il molto
umile Vashistha, il figlio di Brahma. La mia mente è sempre turbata.
Io sono venuto qui (in Cina) per la Sadhana della Mahadevi, ma non so
la strada che conduce ai Siddhi. Tu conosci il Sentiero dei Deva.
Vedendo però il tuo modo di vivere (Acara), molti dubbi assalgono la
mia mente (Bhayani santi me Hridi, perché lui vide lo straordinario
(per lui) rituale con il vino ed il sesso). Ti prego, distruggi questi
miei dubbi e la mia mente malvagia che tende verso il Vedagamini
(rituale vedico, che è il rito ordinario pashu). Oh Signore, nella Tua
dimora si fanno sempre riti che sono al di là dei Veda
(Vedavavahishkrita: cioè, il rituale vedico e ciò che è coerente con i
Veda, quindi come supposto da Vashistha). Dunque, com’è possibile che
il vino, la carne, la donna (Angana), l’essere ubriachi, l’aver
mangiato e goduto da nudi (digambara) i Siddha che sono alti (Vara), e
maestosi (Raktapanodyata) bevano costantemente e godano (o fanno
godere) le belle donne ? (Muhurmuhuh prapivanti ramayanti varanganam).
Con gli occhi rossi, essi sono sempre euforici e pieni di carne e vino
(Sadamangsasavaih purnah). Essi hanno il potere di favorire e punire.
Essi sono oltre i Veda (Vedasyagocarah). Essi godono del vino e delle
donne (Madyastrisevane ratah)" (Vashistha tuttavia vedeva solo la
superficie del rituale).

Così parlò il grande Yogi dopo aver visto i riti che sono al di fuori
dei Veda (Veda-vahishkrita, vedi sopra). Poi inchinandosi umilmente
con le mani giunte, disse: "E come, questo tipo di inclinazioni,
possono riuscire a purificare la mente? Come possono esserci Siddhi
senza i riti vedici?" (Manah-pravrittireteshu katham bhavati Pavani -
Kathang va siddhir jayate veda karyyang vina prabho).

Il Buddha disse: "Oh Vashistha, ascolta mentre io ti parlo dell’
eccellente Sentiero Kula, per il solo fatto di conoscere come si
diventa in poco tempo Rudra stesso. Io ti parlo brevemente dell’Agama,
che è l'essenza di ogni cosa e che porta a Kulasiddhi. Prima di tutto,
il Vira (l’eroe) deve essere puro (shuci). Il Buddha qui enuncia le
condizioni in cui solo i riti sono ammissibili. La sua mente dovrebbe
essere penetrata con la discriminazione (Viveka) e liberata da tutte
le condizioni di Pashubhava (stato di un non iniziato-pashu, o
uomo-animale). Egli dovrebbe evitare la compagnia dei pashu e rimanere
da solo in un luogo solitario, privo di lussuria, di rabbia e di altre
passioni. Dovrebbe sempre dedicarsi alla pratica Yoga e la sua volontà
dovrebbe essere ferma nell’imparare lo yoga, Egli dovrebbe sempre
percorrere il sentiero Yoga e conoscere appieno il significato dei
Veda (Vedarthanipuno mahan). Così, l’uomo pio (Dharmatma), di buona
condotta e di grandezza di cuore (audarya) dovrebbe, in modo graduale,
trattenere il respiro, e attraverso il sentiero della respirazione
raggiungere la distruzione della mente. A seguito di questa pratica,
colui che raggiunge l'auto-controllo (Vashi) diventa uno Yogi. Negli
stati più lenti della pratica il corpo all’inizio suda. Questa è la
fase più bassa (Adhama). La fase successiva è intermedia (Madhyama).
Qui c'è una sorta di tremore (Kampa). Nel terzo o più alto stadio
(Para) si è in grado di levitare (Bhumityaga). Con il raggiungimento
del Siddhi in Pranayama, si diventa un maestro di Yoga. Divenuto uno
Yogi con la pratica di Kumbhaka (trattenuta del respiro) egli dovrebbe
essere un Muni (dedito al silenzio) e pieno di motivazione e devozione
(ekanta-bhakti) a Shiva, Krishna e Brahma. Quell’uomo puro dovrebbe
realizzare con la mente, l'azione, e la parola, che Brahma, Vishnu e
Shiva sono instabili come l'aria in movimento (Vayavigaticancalah). In
questo modo viene forse rivelata la natura transitoria di questi
Devatà, rispetto alla suprema Shakti. L'uomo con la mente stabilizzata
dovrebbe fissarsu sulla Shakti, che è la Coscienza (Cidrupa).
Dopodiché, il Mantrin dovrebbe praticare Mahavirabhava (il sentirsi un
grande eroe) e seguire il Sentiero del Kula, la Shakti-cakra, il
Vaishnava Sattvacakra e il Navavigrah e dovrebbe adorare l'eccelso
Kulakatyayani, e la pratyaksha Devata (cioè, la Divinità che risponde
alla preghiera) che concede la prosperità e che distrugge ogni male.
Lei è la coscienza (Cidrupa), Lei è la dimora della conoscenza (Jñana)
ed è pure Coscienza e Beatitudine, brillante come dieci milioni di
lampi, di cui tutti i Tattva sono l'incarnazione, ed è anche Raudri
con diciotto braccia, amante del vino e della carne
(Shivamangsacalapriyam, nel tes, ma la prima parola dovrebbe essere
Sura). L'uomo dovrebbe fare Japa del Mantra, rifugiandosi in Lei, e
seguendo il Sentiero Kula. Chi nei tre mondi conosce un Sentiero
superiore a questo? Per la grazia da essa acquisita, il grande Brahma
stesso è diventato il Creatore, e Vishnu, la cui sostanza
èSattva-guna, oggetto di adorazione di tutti, altamente meritevole di
culto, il grande, e il Signore di Yajurveda, divenne capace di
protezione. Da ciò, l’irato Hara, il Signore delle Viras, Signore
dell’ira e di grande potenza, è diventato il Distruttore di tutti. Per
grazia di Virabhava, i Dikpalas (Protettori delle quattro direzioni)
sono diventati simili a Rudra. Con un mese di pratica, il potere di
attrarre (Akarshanasiddhi) è raggiunto. In due mesi si diventa il
Signore della Parola. In quattro mesi si diventa simili ai Dikpalas,
in cinque mesi si diventa ‘cinque frecce’ (probabilmente come maestri
dei cinque tanmatra), e in sei mesi si diventa Rudra stesso. Il frutto
di questo metodo (Acara) è al di là di tutti gli altri. Questo è
Kaulamarga. Non c'è nulla che lo superi. Se c’è Shakti, il Vipra
diventa uno Yogi completo con la pratica di sei mesi. Senza Shakti,
perfino Shiva non può fare nulla. Che diremo dunque di uomini di poca
intelligenza?".

Detto questo, Colui la cui forma è Buddha (Buddharupi) fece la pratica
della Sadhana. Egli disse: "Oh Vipra, fai in modo di servire
Mahashakti. Pratica la Sadhana con il vino (Madyasadhana) e quindi tu
potrai ottenere la visione dei Piedi di Loto del Mahavidya!" -
Vashistha, dopo aver ascoltato queste parole del Guru e meditando
sulla Devi Sarasvati andò al Kulamandapa per praticare il rituale del
vino (Madirasadhana) e dopo aver fatto ripetutamente Sadhana con il
vino, carne, pesce, grano arrostito, e con la Shakti, divenne un
completo Yogi (Purnayogi).

Un racconto simile è dato nel Brahmayàmala. Ci sono comunque alcune
varianti. Così, mentre nel Rudrayamala, si dice che Vashistha sia
giunto sulla riva dell’oceano, nel Brahmayàmala egli arriva a
Kamakhya, dal grande tantrico Pitha e nel santuario della Devi. (La
prevalenza del Suo culto tra la gente Mongola Assamese è degna di
nota.) Si può qui aggiungere che in questo Brahmayàmala si afferma che
prima del momento dell’adorazione, non si deve assumere il vino, e né
la Shakti essere nuda. Con la violazione di queste disposizioni, si
dice che la vita sia accorciata, e l'uomo vada deve all'inferno.

Secondo il racconto della Brahmayàmala, lamentandosi Vashistha del
proprio insuccesso, gli fu detto di andare alle Montagne Blu
(Nilacala) e di dedicare il culto a parameshvari vicino Kamakhya
(Karma, in Assam). Gli fu detto che solo Vishnu in forma di Buddha
(Buddharupi) conosceva questo culto in accordo a Cinacara. La Devi
disse, "Senza Cinacara, non si può farmi piacere. Vai da Vishnu, che è
Udbodharupi (illuminato) e adoraMi secondo l’Acara insegnata da Lui".


Vashistha allora andò da Vishnu nel paese Mahacina, che è dalle parti
dell’Himalaya (Himavatparshve), un paese abitato da grandi sàdhaka e
migliaia di donne belle e giovani, i cui cuori erano allietati con il
vino, e le cui menti erano beate per il godimento (vilasa). Esse erano
adornate con abiti e colori che ispiravano l'amore (Shringaravesha) e
il movimento dei loro fianchi faceva tintinnare le loro cinture di
sonagli. Libere sia dalla paura che dal peccato della vergogna che
incatenava il mondo. Esse circondano Ishvara e sono devote al culto
della Devi. Vashistha si meravigliò notevolmente quando lo vide in
forma di Buddha (Buddharupi) con gli occhi offuscati dal vino. Egli si
disse: "Cosa sta facendo Vishnu nella Sua forma di Buddha? Questa
mappa (Acara) si oppone al Veda (Vedavadaviruddha). Io non approvo
tutto ciò (Asammato mama)." Mentre stava così pensando, sentì una voce
proveniente dall'etere che diceva: "Oh tu, che sei devoto alle buone
azioni, non pensare così. Questa Acara è risultata eccellente nella
Sadhana di Tarini. Lei non è contenta di tutto ciò che è contrario a
questa. Se tu vuoi guadagnare la sua grazia rapidamente, devi quindi
venerarla secondo Cinacara". Sentendo quella voce, i capelli di
Vashistha si rizzarono sulla testa e lui cadde a terra. Essendo pieno
di giubilo, pregò Vishnu in forma di Buddha (Buddharupa). Buddha, che
aveva bevuto il vino, vedendolo fu molto contento e gli disse:

"Perché sei venuto qui?" Vashistha, inchinandosi a Buddha, gli disse
del suo culto di Tarini. Buddha, che è Hari e pieno di conoscenza
(Tattvajñana), parlò delle cinque Makara (cioè, le cinque cose che
iniziano con la lettera M, e sono Madya, il vino, e così via) che sono
nella pratica di Cinacara (Majnanam Cinacaradikaranam), dicendo che
questo non dovrebbe essere divulgato (un'ingiunzione comune riguardo a
questo rituale, e che lo rende sospetto dal punto di vista degli
avversari). "Se lo pratichi, tu non sprofonderai più nell'oceano
dell'essere. Esso è pieno della conoscenza dell'Essenza (Tattvajñana)
e dà la liberazione immediata (Mukti)." - Egli passa poi a spiegare
una caratteristica principale di questo culto, ed in particolare la
sua libertà dalle regole rituali del culto ordinario, di cui sopra,
con cui il sàdhaka è cresciuto. E' il culto mentale. In esso la
balneazione, la depurazione, la penitenza (japa), e il culto
cerimoniale è solo con la mente. (Nessun atto esteriore è necessario;
il bagnarsi, e così via, è nella mente e non realmente in acqua, come
invece è nel caso nel culto più basso e meno avanzato). Non ci sono
regole riguardo alle fasi di buono o cattivo auspicio, o di ciò che
dovrebbe essere fatto di giorno e di notte. Nulla è puro o impuro (non
c'è nessun difetto rituale di impurità), nessun divieto di assunzione
del cibo. La Devi deve essere adorata, anche se il fedele ha assunto
il suo cibo, e anche se il luogo fosse impuro. La donna, che è la Sua
immagine, deve essere adorata (Pujanam striya) e non dev’essere fatta
alcuna offesa ad essa (stridvesho naiva kartavyah).

A proposito del ‘Buddha’, citato nel testo, qui siamo di fronte ad un
evento in cui potrebbe mai essere possibile che Sakyamuni, o un
qualche altro Buddha del Buddismo, possa esserne stato coinvolto?

Secondo la credenza Indù, il Ramayana è stato composto nell’era Treta,
e Vashistha era il sacerdote di famiglia di Dasharatha e Rama
(Adikanda VII.4,5,VIII.6), (Ayodhya-Kanda V.1). Il Mahabharata fu
composto nell’era Dvapara. Krishna apparve nel Sandhya tra questa e il
Kali-yuga. E sia Kurukshetra che Buddha esistevano nell’era Kali.
Secondo questa cronologia, Vashistha che era dunque il Guru di
Dasharatha, esisteva prima di Sakyamuni. Ci sono stati, tuttavia,
altri Buddha prima di Sakyamuni. Il testo non menziona Buddha
Sakyamuni o Gautama. Secondo la tradizione buddista, vi furono molti
altri Buddha prima di lui, come Dipankara "Il Luminoso", Krakuccanda e
altri. Il termine Buddha è un termine applicabile ad ogni Illuminato,
chiunque egli sia. Ma, senza dubbio, gli Orientalisti Occidentali
diranno che entrambi questi Yàmala sono stati composti dopo il tempo
di Sakyamuni. E, se è così, il loro autore, o gli autori, in quanto
Indù, sarebbero consapevoli del fatto che secondo la Cronologia Hindu
Vashistha fosse anteriore a Sakyamuni. A parte il fatto dell’esservi
altri Buddha, in accordo alle "tipologie" Induiste come distinte dalle
"forme" di varie cose, idee e fedi, che sono persistenti, anche se le
forme sono variabili, così come è il caso con le idee platoniche o con
archetipi eterni. In questo senso, né i Veda, il Tantra-Shastra, né il
Buddismo, hanno avuto un inizio assoluto in un dato tempo. Siccome i
‘tipi’ di idee o fedi sono senza inizio (Anadi), anche se le ‘forme’
possono essere variate di epoca in epoca, ed anche se forse alcuni dei
tipi possono essere stati latenti in alcune delle epoche. Se i Veda
sono Anadi (senza inizi) così lo sono i Tantra-Shastra. Per la visione
yogica del Rishi, che rende latenti le cose manifeste, le forme
variabili mostrano i loro tipi nascosti. Nessuna cosa è quindi
assolutamente nuova. Un Rishi nel Treta Yuga saprà che quella
apparentemente inizierà nel Kali o nel Dvapara, ma è già realmente
latente nella sua propria era. Vishnu appare alla sua visione come
l'incarnazione di quel culto che è già latente, ma in seguito
evidente. Inoltre in una determinata era, ciò che è latente in un
particolare territorio (dico Aryavarta) può essere manifesto in un
altro (dico Mahacina). In questo modo, secondo l'Hindu Shàstra, c'è
un’essenziale conservazione di tipi soggetti alle condizioni di tempo,
luogo e persona (Deshakalapatra). Inoltre, secondo questi Shastra, il
potere creativo è un principio che si riproduce. Ciò significa che il
processo del mondo è ciclico, secondo una legge periodica. Il processo
in un Kalpa è sostanzialmente ripetuto in un altro, e Vashistha, il
Buddha, e tutto il resto è apparso non solo nel presente, ma in grandi
cicli o Kalpa precedenti. Così come non vi è un assoluto primo inizio
dell'Universo, così niente sotto il sole è assolutamente nuovo.
Vashistha, quindi, potrebbe aver ricordato Buddha passati, come
avrebbe potuto prevedere quelli lì da venire. E nella visione yogica
sia il passato che il futuro possono proiettare le loro ombre nel
presente. Tutti i Purana e Samhita illustrano questi principi di
intuizione yogica del prima e del dopo. Per la mente di Ishvara, sia
il passato che il futuro sono noti. E così è per coloro che, nel
necessario grado o livello, condividono le qualità della Mente del
Signore. La data in cui un particolare Shastra viene compilato è, da
questo punto di vista, senza importanza. Perfino uno Shastra più
moderno può trattare con la materia antica. Nel trattare con gli
evidenti anacronismi presenti nell’Hindu Shastra, si deve tenere a
mente questi principi. Questa, naturalmente, non è l'opinione degli
"studiosi Orientali" o degli Indiani che si sono spaventati in merito
alle credenze del loro paese come assurde. E' comunque una visione
ortodossa. E come ha detto un mio amico Indiano alle cui opinioni mi
sono riferito, "Ciò che la società di Ricerca Psichica dell'Occidente
sta concedendo ai buoni 'medium' e 'soggetti' vari non può essere
negato dai nostri antichi superuomini - i Rishi".

Le caratteristiche peculiari da notare in questa storia sono queste:
Vashistha doveva sapere quali che fossero i riti Vedici, normalmente
intesi. Egli è descritto come un Vedantavit. Eppure, egli fu sorpreso
nel vedere il rito Cinacara e lo disapprovò. Egli ne parla come
"aldifuori dei Veda" (Vedavahishkrita), e si schierò perfino contro di
esso (Vedavadaviruddha). In altra parte, tuttavia, viene mostrato il
suo collegamento con i Veda, per il fatto che la Devi promulga poi che
questo rito Acara è collegato con l’Atharvaveda, e indirizza Vashistha
a seguire sempre questo Veda, e parla dell’Acara in modo di non
esserle contrario, ma come un qualcosa così elevato da essere aldilà,
ed oltre, il rito ordinario Vedico (Vedanamapyagocarah). Così, egli è
pienamente istruito nell'importanza del Veda (Vedarthanipuno).  E fu
per grazia della dottrina e della pratica del Tantra Cinacara che
Vishnu divenne il Signore della Yajurveda. Il significato primitivo
qui, sembra essere che la dottrina e la pratica si trovano impliciti
nei Veda, ma vanno oltre ciò che viene normalmente insegnato. Vishnu
dice quindi che questi riti non devono essere propagandati. Pertanto,
quale altro significato dobbiamo ancora attribuire alla parola
Visnubuddharupa? Buddha significa "illuminato", ma qui il termine
sembra indicare un particolare tipo di Buddha, anche se di Vishnu si
parla come Udbodharupi, e della Devi comeBuddheshvari. Il Tara- Tantra
la chiama Kulabhairava. Come è noto, il Buddha era un incarnazione di
Vishnu. Si dice poi che Vashistha andasse in Mahacina (Tibet)
sull’Himalaya, e quindi nel paese dei Bauddha (Bauddhadesh). I Bauddha
(Buddisti) che seguono il rito Panchatattva sono considerati Kaula. Ed
è degno di nota che il fiore della Devi sia il Jaba, l'ibisco
scarlatto, o la rosa Cinese. Poiché quest’ultimo nome può indicare che
forse essa non è indigena nell’India, bensì è originaria della Cina da
dove potrebbe essere stata importata probabilmente attraverso il
Nepal. E questa leggenda, incorporata così come è nel Shastra stesso,
mi sembra di primaria importanza nel determinare l'origine storica del
rituale Panchatattva.



Fonte: http://www.centronirvana.it/articolididharma147.htm