Il karma genealogico... tra Jung ed Hamer




C. G. Jung ha dimostrato, attraverso le sue ricerche, che esiste una correlazione tra l’inconscio individuale e quello collettivo, una trasmissione psichica inconscia tre le generazioni che ora viene studiata dalla psicogenealogia, dalla programmazione neuro-linguistica, da alcuni neuro scienziati (che affermano che il motto “penso dunque sono” si può trasformare in “penso dunque siamo”), dalla fisica quantistica (aspazialità-atemporalità-sincronicità) ecc.
Scrisse Jung nel suo libro “Ma vie”: “Mentre lavoravo al mio albero genealogico, ho capito la strana comunanza di destino che mi lega ai miei antenati. Ho fortemente il sentimento di essere sotto l’influenza di cose o problemi che furono lasciati incompleti o senza risposta dai miei genitori, dai miei nonni, dai miei bisnonni e dai mei antenati. Mi sembra spesso che sia una famiglia, un karma impersonale che si trasmette dai genitori ai figli. Ho sempre pensato che anch’io dovevo rispondere a delle domande che il destino aveva già posto ai miei avi, domande alle quali non si era ancora trovata una risposta, o anche che dovevo risolvere o semplicemente approfondire dei problemi che le epoche anteriori lasciarono in sospeso.La psicoterapia non ha ancora tenuto abbastanza in conto queste circostanze:”
Un caso che mi ha molto colpita riguarda una giovane che, quindici anni anni fa, mi chiese informazioni sulle scoperte del dr. R. G. Hamer perchè desiderava capire la causa del suo tumore. Mi raccontò che il suo nome le era stato assegnato in ricordo di due parenti decedute anni prima della sua nascita, una cugina e una zia. La cugina si ammalò e morì giovane della stessa grave malattia che lei ebbe da adolescente e la zia si ammalò e morì a seguito del suo stesso tumore. Il fatto di essere sopravvisuta, si disse quasi miracolosamente, alla sua prima malattia l’aiutò a ben sperare anche nel caso della nuova diagnosi di tumore. Desiderava però conoscere le cause e l’evoluzione biologica del suo tumore che comprese poi attraverso le scoperte del dr. Hamer. Questo caso così particolare evidenzia come alcune scoperte possono aiutare la guarigione e la risposta ad alcune di quelle domande che, come sopra esposto, Jung aveva posto a seguito delle sue intuizioni.
Paola Botta Beltramo








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Commento di Marco Bracci: 

"Nelle parentele, strette o meno strette, e nelle amicizie anche, ci si lega a seguito delle caratteristiche del proprio carattere, che è determinato dalle colpe di cui si è caricata l'anima nel corso della vita presente e di quelle passate. Perché? Perché lo scopo dell'incontro e dell'eventuale unione fra esseri umani è quello di riconoscersi tramite l'osservazione dei difetti dell'altro, e il riconoscimento dei propri, al fine di rischiarare l'anima. Spiego meglio. I difetti che si vedono negli altri sono di due tipi, quelli che ci lasciano più o meno indifferenti e quelli che ci fanno irritare o addirittura arrabbiare. E sono proprio questi ultimi quelli che noi stessi abbiamo, tenuti ben nascosti dal nostro ego dentro il subconscio, ma che vengono fuori nei momenti di rabbia e di tensione. Quindi, passati i primi anni di convivenza e affievolitasi quell'attrazione fisica che noi chiamiamo amore (ma che non lo è quasi mai, in quanto è solo finalizzata all'unione carnale), cominciano ad arrivare le incompatibilità, vale a dire le "rispondenze". La moglie si irrita perché il marito vuole uscire il sabato perché la domenica vuole sempre vedere la partita di calcio. E lei vuole uscire la domenica perché il sabato deve fare le pulizie. Qual è la differenza? Nessuna, tutti e due sono cocciuti e non disposti ad andare incontro alle esigenze dell'altro, quindi si accusano a vicenda di essere fissati, non disponibili, "ti interessa di più la partita/pulire di me" ecc. ecc., e spesso si arriva ai ferri corti e, specie in questi ultimi decenni, alla separazione o, peggio, al tradimento.
Vedere un difetto in un altro è di per sé giusto, perché aiuta a indirizzare il nostro comportamento verso mete più elevate, ma quando questo difetto ci irrita dobbiamo esaminare noi stessi e vedere dove anche noi lo mostriamo. Una volta scoperto, se ne chiede perdono e ci si sforza di non mostrarlo più. Così facendo, ci si incammina verso la meta della purezza assoluta e, man mano che si fanno dei passi, si viene aiutati sempre più dal mondo spirituale e quindi ci si incolpa sempre meno. In tal modo l'anima si purifica sempre più, finché un giorno non avremo più bisogno di incarnarci e di soffrire e proseguiremo il nostro cammino evolutivo nelle sfere di luce, quali aiutanti di coloro che invece sono ancora legati al mondo materiale e/o contribuiremo all'espanzione dell'Universo.
Se questo processo di riconoscimento dei nostri errori non viene messo in atto, esiste solo un altro modo per ripulire l'anima dalle colpe con cui l'abbiamo avvolta: la sofferenza fisica tramite malattie o disgrazie.
Per tornare all'argomento iniziale, si riscontarno malattie simili in discendenti di una stessa famiglia perhé nella famiglia si incarnano anime con colpe simili, da cui deriva l'ereditarietà, che comporta sofferenze simili.
In conclusione, o ci si riconosce e si cambia volontariamente, evitando così le sofferenze fisiche (solo l'ego soffre, ma è bene, perché prima o poi deve scomparire del tutto) o si cambia, prima o poi, tramite la sofferenza fisica. Altre vie non esistono."