Le leggi del tubo

 


Nel tubo delle nostre certezze veniamo spinti avanti dalla nostra biografia. Come avanguardia di noi stessi lottiamo spavaldi per la verità senza avvederci dei tubi altrui. Senza dare loro la dignità che pretendiamo per la nostra.


  1. Le nostre espressioni rispettano sempre la legge del tubo. È la prima legge del tubo.

  2. La seconda legge ci obbliga alla parzialità. E quindi al conflitto. Questo è di due tipi: endogeno ed esogeno.

  3. Conflitto endogeno. Ha a che fare con la coerenza, quindi con la nostra struttura morale. Questa colpirà tanto più severamente (senso di colpa) quanto più accreditiamo noi stessi alla candidatura di persona che vive nel Giusto.

  4. Conflitto esogeno. Tende a non generarsi tra parzialità comunemente orientate e tra quelle complementari, in cui il conflitto non ha terreno per essere. In tutte le altre relazioni è ordinario.

  5. Tanto per C e D, come in tutte le circostanze, le ragioni del conflitto vengono meno in occasione della presa di coscienza dell’io, della sua struttura tubolare, della sua forza vergante, del suo dominio avvolgente su di noi.

  6. La terza legge dice che nel tubo constatiamo – e quindi esiste – il mondo che inconsapevolmente concepiamo come esterno a noi. La nostra virginea ma egoica concezione lo racconta a noi stessi come oggettivo, là, di fronte, pronto per essere frequentato e utilizzato.

  7. Dentro al tubo, come espressione di un esercito, siamo in testa, sospinti in avanti dall’orda della nostra biografia. È la quarta, brutale, legge del tubo.

  8. La quinta dice che in ogni istante la spinta ci impone scelte, ruoli e posizioni.

  9. Nel tubo non vediamo altro che quelli, ovvero, null’altro è visto e quindi null’altro conta. Tuttavia, non abbiamo tentennamenti nel patrocinarli di libero arbitrio, razionalità, buon senso. Ovvero dei migliori titoli suggeriti dal tubo.

  10. Scelte, ruoli e posizioni costituiscono la sensazione del presente e dei suoi obblighi; così li percepiamo e rispettiamo. Ovvero a quanto nel momento siamo in grado di coniugare tra gli elementi riconosciuti e/o disponibili nel tubo.

  11. Detti elementi soddisfano e rinforzano l’io. E corrispondono sempre alla selezione di matrice biografica del nostro criterio di avanzamento, la cui logica è mantenere in equilibrio la struttura di noi stessi, seguitare a riconoscerne il senso e quindi la verità. [Praticamente un antidepressivo, fatto salvo che a sua volta, anche per la depressione, di tubo si tratta]. I dati sbilancianti vengono scartati, quelli complementari o di pari orientamento vengono accettati e integrati. La biografia resta così sui binari dentro il suo autoreferenziale tubo.

  12. La sesta legge non fa sconti. Per quanto la dinamica del tubo sia gioco comune agli uomini tutti, ognuno rifiuta – dov’è finito il buon senso e la razionalità non si sa; cioè si sa: è finita nella garrota dell’interesse personale – di riconoscere le verità delle altre biografie. Proprio quelle dalle quali estrarrebbe filoni di conoscenza.

  13. Se la sesta non fa sconti, la settima le sta davanti. Più la nostra determinazione è alta, più il tubo si fa stretto.

  14. Il tubo può stringersi fino a permetterci di considerare un solo aspetto tra gli infiniti.

  15. È il caso delle emozioni quali causa della perdita del controllo. Sono vortici acceleratori di definitiva affermazione di cecità e sordità. Sono anche la punta di diamante dell’ego e del suo tubo, impediscono di riconoscere il mondo in forma differente da quella che ci fanno vivere. Lo cancellano proprio. In caso di dominio dell’emozione la nostra forza distruttrice è massima. Come pure la distanza dal nostro centro creativo e di benessere.

  16. L’ottava imprime una svolta, allude ad una liberazione. Non è come dirlo, ma resta un’evoluzione disponibile a tutti*. Vedere il tubo e la vita al suo interno, quella che ognuno di noi esprime, rappresenta ed afferma, permette di emanciparsi dal suo ristretto campo e forte vincolo. Il destino ritorna a noi. [*Si tratta di un tutti potenziale. Anche in questo caso le eccezioni confermano la regola. Si tratta di coloro che per modestia spirituale, per ideologia, nonché per timore di rivisitare se stessi, seguitano a sostenere il proprio io, fornendo risibili – non per loro – ragioni autoreferenziali].

  17. Progressivamente le zone in ombra di noi stessi prendono luce e dichiarano come, quanto e quando agivano su di noi a nostra insaputa, imponendoci obblighi che assolvevamo, senza percepirne il diversivo che erano nei confronti della vita piena, della vita nostra.

  18. Contemporaneamente, al diffondersi del chiarore si rivela l’inconsistenza del tubo. È il disvelamento della sua autoreferenzialità, che fino ad allora ci aveva imposto come vera la realtà che preferiva mostrarci. Quello che ordinariamente impiegavamo come arma, spranga o bacchetta. Per delucidazioni, osservare i bacchettoni, i maestrini, gli esperti.

  19. Bacchettoni, baroni e chi crede di essere altro dagli altri sono vividi e qualificanti esempi di cosa sia e di come si impieghi il tubo, di come si esprima, di cosa permetta, obblighi e impedisca.

  20. La nona si allinea alla precedente. Uno degli impedimenti generati dal tubo è l’ascolto. Ma non in assoluto. Non quello di carattere e scopo egoistico, d’interesse, dettato dal valore e dall’importanza personale. Bensì quello idoneo ad andare oltre la propria parzialità, a riconoscere, legittimare, investire di pari dignità l’altrui. La liberazione dall’io, dal suo conosciuto, coincide con il momento in cui il tubo viene meno, lasciandoci al cospetto di un’altra realtà seppur di forma identica alla precedente. È il momento in cui le proiezioni di pregiudizi e preconcetti, ovvero di noi stessi, come cera al calore, si sciolgono liberando la realtà da noi stessi. Rivelandoci quanto e come la in-vestivamo di attributi scambiandole poi per doti sue proprie.

  21. A quel punto, il poco che vedevamo entro la condotta non è più rinchiuso, costretto dalle nostre idee e dai nostri saperi. Quel poco ritorna a far parte del tutto. Liberi dal conosciuto vediamo ora la contiguità delle cosiddette parti; riconosciamo che la realtà è nella relazione; che essa, oppostamente all’idea oggettiva, dipende da noi; che senza di noi svanisce; che non la osserviamo, che non possiamo osservarla; che ne facciamo parte; che la costituiamo.

  22. L’infinito che siamo ci riprende a sé. È la decima legge del tubo.

  23. In assenza di egocentrismo, possiamo osservare ancora più distintamente l’azione dei tubi, degli io. Di come si muovono, pensano e parlano. È la chiaroveggenza. Ed è l’undicesima legge del tubo. La chiaroveggenza non è che la visione energetica delle forze in campo, di come agiscono, di come e da chi sono dominate, di come e chi dominano. È un registro dove leggere forze e vulnerabilità nostre e altrui, in tutti i contesti. Energie di cui osserviamo tanto la forza, anche lacerante, il transito fluido o impedito, le strozzature, l’arrovellarsi in matasse, il comprimersi in cancri, quanto, quindi, la loro ambivalente dote, patologica o santa in funzione di come ci attraversano e scorrono, di come si inceppano e stridono. Nella visione energetica si constata la partecipazione o la negazione al flusso cosmico dell’energia e con essa la conseguente condizione di vita. I cui opposti sono i gradi della pena da un lato e quelli dell’armonia dall’altro.

  24. A tubo svanito vediamo anche come le tensioni d’energia ci portino alla sopraffazione dell’altro e di noi stessi, alla riduzione di creatività, alla lotta per vincere le gare di importanza personale. Quantomeno a non sfigurare, e a mentire pur di galleggiare; a vedere che solo entro il tubo avevamo creduto di trovare la ragione dei nostri comportamenti.

  25. La dodicesima è un memo. Il tubo, come l’infinito, è a sua volta immortale. Nel senso che l’eventualità del suo riapparire ci accompagna sempre. La legge infatti dice che, anche se si è conosciuto il diametro infinito e il centro di noi stessi, il tubo può ripristinarsi. Circostanze opportune fanno decadere il nostro dominio sulle energie in campo, da dominanti diveniamo dominati. Dunque, le ricadute nel dominio dell’ego sono sempre un’eventualità latente. Una qualunque nostra azione di attacco o difesa dettata dall’importanza personale ne dimostra la presenza, la ricostituzione. Evidenzia il ritorno nel dominio del tubo. Non solo, il tubo si ripristina in tutte le circostanze della vita amministrativa, nella quale, effettivamente, ogni ambito esprime una verità alla quale attenersi per frequentarlo, per dialogare. La briscola, il calcio, la democrazia ne sono campioni. Se è Picche non si può prendere con Cuori; se è Picche e tutti lo rispettano, l’ordine si afferma, la libertà è massima, l’evoluzione garantita quanto la tradizione. Ma la consapevolezza della vacuità e dell’arbitrarietà del tubo fa ora la differenza. Lo potremo utilizzare come strumento, alla bisogna. Per poi posarlo. Restando così noi stessi, restando capaci di realizzare il nostro miglior destino, il nostro miglior benessere.

  26. Tredicesima. E l’altrui. Capaci ora di gratitudine incondizionata e di atti di deliberata bellezza.

Lorenzo Merlo 



Oroscopo cinese. Entriamo nell'anno del Bufalo di Metallo - Inizia il 12 febbraio 2021 e termina il 31 gennaio 2022


Il maestro Lao Tzu che cavalca un bufalo

Il 12 febbraio 2021 entriamo nell'anno del Bufalo di Metallo (oro) che terminerà il 31  gennaio 2022. Abbiamo un anno intero per sperare che la ponderatezza e la pervicacia del Bufalo ci porti a superare le contingenze difficili in cui ci troviamo. Già possiamo intravvederlo, dal posizionamento  di questo archetipo (che segue il Topo situato nell'estremo nord - inverno)  che è collegato all'esagramma dell'I Ching  Fu (Il Ritorno), ovvero l'apparire di una prima linea chiara sotto le linee scure precedenti.  Inoltre  dobbiamo considerare l'elemento abbinato a questo anno, ovvero il Metallo, che secondo la tradizione cinese è l'Oro, puro e prezioso.


“Esagramma 24, Fu – Il Ritorno” – Archetipo del Bufalo. Il segno è caratterizzato da una linea chiara (cioè intera) alla base che sale verso l’alto spingendo le 5 linee spezzate soprastanti. Per I Ching è “La Terra Sopra il Tuono”

Esso significa radice e tronco del carattere. Il bene, la luce che compare in basso è all’inizio, quasi insignificante, ma è abbastanza forte per affermarsi durevolmente, nella sua peculiarità (come gli è congeniale), di fronte a ogni tentazione dell’ambiente. La parola “ritorno” suggerisce anche l’idea di una continua inversione di rotta dopo gli errori, nonché l’idea della conoscenza di sé e dell’autocritica occorrente per correggersi. In riferimento alla formazione del carattere si intende che il principio chiaro si dirige di nuovo verso la luce interiore voltando le spalle alla confusione dell’esteriorità.

Nel fondo dell’anima, allora, si scorge il divino (l’Uno). Questa coscienza è ancora allo stato germinale, appena un inizio, ma come tale chiaramente distinto da tutti gli oggetti esterni. Riconoscere questo Uno significa riconoscere la propria natura nella forza ascendente della vita. “Nel segno Il Ritorno si vede il senso del Cielo e della Terra”. Qui si esprime l’idea che la forza luminosa è il principio creativo del Cielo e della Terra. È un ciclo eterno, dal quale, l’esistenza scaturisce sempre di nuovo, proprio nel momento in cui può sembrare completamente sconfitta. Questo esagramma è coordinato al solstizio invernale ovvero il momento in cui la luce, dopo un continuo abbassamento,  riprende la sua crescita. La Luce in questo caso corrisponde anche alla Coscienza, la capacità di vedere le cose con  chiarezza e quindi essere in grado di rispondere alle situazioni con maggiore responsabilità (dal latino responsibility, ovvero capacità di dare risposte adeguate).

Nell’antica Cina, in questo periodo, “I mercanti non viaggiavano e il sovrano non visitava le contrade”. Il Bufalo approfitta di questo momento per riposare e ponderare con cautela la situazione, con metodicità, disciplina, senso dell’ordine (anche gerarchico), giusto tempo e giusto luogo, in modo da redigere un quadro di valori in cui le cose procedono al loro posto. Ovvio che queste caratteristiche non tengono conto dell’emozionalità. “La mia è la forza stabilizzatrice che perpetua il ciclo della vita. Io resto immobile nelle prove delle avversità, risoluto e irreprensibile. Mi sforzo di seguire l’integrità, di portare il fardello della rettitudine. Obbedisco alle leggi della Natura, spingendo con pazienza la ruota del Fato. Così io intesso il mio destino”.

Alcune caratteristiche del Bufalo: è dotato di straordinario autocontrollo e capacità di dedizione; scarseggia in senso dell’humor e immaginazione; impacciato nei sentimenti ma fedele. Si carica di lavoro, a volte è burbero e brontolone. Non ama ricevere consigli, ha un discreto senso degli interessi. Solitamente prende le cose molto sul serio, è diligente e analitico. Severo, tende al pregiudizio ed è conservatore.




Secondo la teoria dei Cinque Elementi, ogni segno dello zodiaco è associato ciclicamente a uno dei 5 elementi: Oro (Metallo), Legno, Acqua, Fuoco o Terra. Questo significa che, per esempio, un anno del Bufalo di Metallo  si verifica una volta ogni 60 anni. Infatti i nati  tra il 15 febbraio 1961 al 4 febbraio 1962 avranno quest'anno l'occasione di una vera e propria "rinascita", diciamo una seconda opportunità di crescita, partendo dall'esperienza già vissuta ed avendo ora la possibilità di emendarsi e trovare nuove soluzioni per la propria esistenza.  

Secondo l'astrologia cinese, le caratteristiche di una persona derivano dal segno zodiacale e dall'elemento associato all’anno di nascita. Il Metallo di quest'anno porterà un po' tutti noi, ma in particolare i nati dell'anno 1961, ad avere scontri di volontà con gli altri, anche con i suoi superiori che non sono d'accordo con i suoi punti di vista. La contrapposizione porterà comunque chiarezza, intensità e decisione e -se perseveranti nell'onestà e nel coraggio-  tali Bufali saranno in grado di far valere le proprie ragioni, infatti quando è necessario il Bufalo sa essere eloquente e sa ben usare le sue qualità per affermarsi nella società. Il Bufalo di Metallo non è un sentimentale ma ha un forte senso di responsabilità e sa mantenere la parola data.

Gli aspetti negativi di questo Bufalo di Metallo è che a volte tende a forzare le situazioni, può diventare addirittura fanatico.  Non risparmia fatiche per ottenere i risultati da lui desiderati. Se non ci riesce può diventare meschino e vendicativo, soprattutto se ritiene di essere stato "imbrogliato". Comunque il Bufalo è rappresentativo dell'energia femminile  "minervina" quindi non sarà aggressivo se non in risposta all'aggressività altrui. Vedasi in tal senso il comportamento classico della Dea Minerva.  Ed ognuno di noi, in parte, assorbirà le qualità "bufaline" che contraddistinguono quest'anno! 
E tu che Bufalo sei?

Buon anno del Bufalo di Metallo a tutti!

Paolo D'Arpini



Origini della fisica quantistica. L’Empirio-Criticismo e l’Energetismo...

 


Il fisico e filosofo viennese Ernst Mach (1838-1916) è stato uno dei più influenti personaggi della cultura scientifica della seconda metà dell’800. L’eco delle sue idee in materia di conoscenza e di ricerca scientifica ha percorso tutto il secolo successivo, attraverso l’opera del Circolo scientifico-filosofico di Vienna, che alle sue concezioni – in parte - si ispirò, e attraverso le impostazioni date alla Fisica Quantistica dalla corrente maggioritaria dei fisici quantistici, facente capo a Bohr, Heisenberg, Born, Pauli, Dirac, Feynman, ed alla cosiddetta “Scuola di Copenaghen”. 

Le concezioni di Mach si scontrarono con quelle più “realiste” dell’amico e collega Boltzmann, convinto dell’esistenza di un mondo materiale esterno a noi, fatto di atomi e particelle, interpretabile con analisi meccaniciste e metodi matematici probabilistici rigorosi(1)(2)(3).

La filosofia di Mach, che prese il nome di “Empirio-Criticismo”, metteva in primo piano le percezioni (considerate come entità “ontologiche”, cioè come essenze reali). La descrizione dei fenomeni percepiti prevedeva l’uso di equazioni matematiche che portassero a risultati esatti riscontrabili con esperimenti. L’analisi della realtà sottostante, e delle cause dei fenomeni, veniva considerata irrilevante, ed anzi metafisica ed “anti-economica”. Una posizione simile sarà presa anche da Bohr con il suo Principio di Complementarità (che esamineremo in un prossimo numero) ed esplicitamente anche da Dirac e Feynman. Mach riteneva che la differenza tra mondo psichico interno e realtà esterna fosse artificioso; che la conoscenza fosse basata su una serie di “elementi” a metà strada tra fisico e psichico; e che la scienza accertasse solo le variazioni delle sensazioni, scegliendo alcuni dati sensibili che si prestassero maggiormente ad essere trasformate in simboli. Di qui ne derivava il carattere essenzialmente convenzionalistico della Scienza, di cui comunque Mach non ha mai negato la validità. L’esasperato “fenomenismo” empirista di Mach faceva somigliare la sua filosofia a quella di Berkeley (N. 55) che nel ‘700 aveva supposto un mondo immateriale fatto solo di percezioni. Non può essere esclusa una certa influenza esercitata sul pensiero di Mach da parte di contemporanee filosofie “fenomenologiche” (e sostanzialmente irrazionaliste) come quelle dei contemporanei Husserl e James, anche se la filosofia di Mach si è mantenuta in realtà sempre entro un ambito razionalista e scientista.

Tra coloro che si schierarono con Mach, va ricordato il valente chimico-fisico tedesco Wilhelm Ostwald (1853-1932), premio Nobel per la Chimica nel 1909 per i suoi studi sui catalizzatori che favoriscono ed accelerano le reazioni chimiche. Egli era sostenitore della teoria detta “Energetismo” – secondo cui la realtà era costituita solo da scambi energetici - ma finì con il compromettersi con strane affermazioni secondo cui ormai il bipolarismo materia-spirito era superato. Sostenitore della teoria energetista fu anche il filosofo – anch’egli tedesco - Georg Helm (1851-1923), che al numero precedente abbiamo visto impegnato a fianco di Ostwald in un famoso dibattito a Lubecca nel 1895 in cui entrambi contestarono le tesi atomiste di Boltzmann. Anche Mach aveva aderito all’energetismo in polemica con le teorie atomiche. Sulle stesse posizioni fu il fisico francese e storico della scienza Pierre Duhem, grande critico di Galilei (cui preferiva i fisici medioevali francesi Oresme e Buridano) e sostenitore dell’Olismo (dal greco antico “olùs”, cioè “tutto”), teoria che afferma che ogni teoria è la somma di tante diverse teorie. Di lui ci interesseremo in prossimi numeri. Su posizioni simili a quelle di Mach, anche se con alcune significative differenze, fu il filosofo tedesco Richard Avenarius (1843-1896), docente a Zurigo, che utilizzò, come Mach, il concetto di “relazione funzionale” al posto di quello di “causa”, accusato di essere metafisico.

A Mach ed alla sua posizione empirista, ed al suo notevole acume, va comunque attribuito il grande merito di aver svolto una critica serrata verso i concetti di “Spazio Assoluto” e “Tempo Assoluto” attribuiti a Newton. Mach fece notare che il concetto di tempo scaturisce solo dall’osservazione di una sequenza di avvenimenti reali. Non esiste un’entità reale come il “Tempo” (come pensava Sant’Agostino che concepiva un Tempo creato da Dio). Analogamente l’idea di spazio nasce solo da una relazione tra vari oggetti diversi tra cui uno può essere preso come riferimento. Quindi, ad esempio, possiamo considerare i moti con riferimento alle stelle fisse e non rispetto ad un fantomatico spazio, o etere, immobile. Anche la gravità e le forze d’inerzia devono essere riferite non ad un’inesistente e metafisico “Spazio” o “Etere” fisso, ma al complesso di tutte le masse reali dell’Universo. Anche il concetto di “Massa”, come definito da Newton, era criticato come essenzialmente “convenzionale”, e derivabile dal principio di azione e reazione, così come sarebbero convenzionali tutte le grandezze della Fisica, sostanzialmente prive di un significato “reale”. Queste conclusioni estreme rischiano – però - di oscurare il fondamentale lavoro fatto dal meccanicismo materialista dei secoli precedenti rappresentato da Galilei e Newton. Il grande contributo di Mach nella creazione di una nuova fisica del ‘900 (in particolare la teoria della “Relatività Ristretta”) fu comunque riconosciuto dallo stesso Einstein, che pure era vicino a posizioni più “realiste”, e fu in polemica con Bohr ed Heisenberg, sotto vari aspetti vicini alle posizioni di Mach, come vedremo a proposito della Fisica Quantistica.

Mach fu anche un ottimo fisico teorico e sperimentale, interessandosi in particolare al problema degli oggetti che si spostano più velocemente delle onde sonore, superando la cosiddetta “barriera del suono”. Ancora oggi il “Numero di Mach” indica il rapporto tra la velocità di un oggetto e quella delle onde sonore

Viceversa, l’ostinata posizione di Mach e degli “energetisti” ed “empirio-criticisti” contraria al riconoscimento della teoria atomica e del carattere materiale e “particellare” della realtà fisica, mostrò i suoi limiti quando – come già abbiamo riferito a numero precedente – J.J. Thomson, Einstein e Perrin dimostrarono l’esistenza reale di atomi e particelle. Nel 1900 il grande fisico Max Planck mostrò che persino l’energia non è continua, ma è particellare, e si presenta sotto forma di quantità discrete (Quanti), che nel caso delle onde elettromagnetiche prendono il nome di “Fotoni”, come ipotizzato da Einstein nel 1905. Una parziale rivincita degli energetisti si ebbe solo quando Einstein stabilì l’equivalenza massa-energia, come vedremo quando parleremo della “Relatività ristretta”.

Negli ultimi anni di vita anche Mach dovette affrontare una serie di polemiche, oltre a quelle avute con Boltzmann. Vivaci furono le polemiche con Max Planck, divenuto sostenitore dell’atomismo e di una visione “realista” del mondo esterno, e durate fino al 1908-1910 (3). Nel 1909 fu pubblicata l’opera filosofica di Lenin: “Materialismo ed Empirio-Criticismo”, nella quale il grande rivoluzionario russo – nella sua polemica contro un gruppo di socialisti russi che aveva abbracciato le teorie di Mach ed Avenarius – difese energicamente (e – a parere di chi scrive – giustamente) le ragioni di una visione realista e materialista dell’esistente.

Vincenzo Brandi



  1. L. Geymonat, “Storia del Pensiero Filosofico e Scientifico”, Garzanti, 1970 e seg.

  2. RBA, “Grandi Idee della Scienza – Boltzmann”

  3. W. Adorno, “Storia della Filosofia”