Origini della fisica quantistica. L’Empirio-Criticismo e l’Energetismo...

 


Il fisico e filosofo viennese Ernst Mach (1838-1916) è stato uno dei più influenti personaggi della cultura scientifica della seconda metà dell’800. L’eco delle sue idee in materia di conoscenza e di ricerca scientifica ha percorso tutto il secolo successivo, attraverso l’opera del Circolo scientifico-filosofico di Vienna, che alle sue concezioni – in parte - si ispirò, e attraverso le impostazioni date alla Fisica Quantistica dalla corrente maggioritaria dei fisici quantistici, facente capo a Bohr, Heisenberg, Born, Pauli, Dirac, Feynman, ed alla cosiddetta “Scuola di Copenaghen”. 

Le concezioni di Mach si scontrarono con quelle più “realiste” dell’amico e collega Boltzmann, convinto dell’esistenza di un mondo materiale esterno a noi, fatto di atomi e particelle, interpretabile con analisi meccaniciste e metodi matematici probabilistici rigorosi(1)(2)(3).

La filosofia di Mach, che prese il nome di “Empirio-Criticismo”, metteva in primo piano le percezioni (considerate come entità “ontologiche”, cioè come essenze reali). La descrizione dei fenomeni percepiti prevedeva l’uso di equazioni matematiche che portassero a risultati esatti riscontrabili con esperimenti. L’analisi della realtà sottostante, e delle cause dei fenomeni, veniva considerata irrilevante, ed anzi metafisica ed “anti-economica”. Una posizione simile sarà presa anche da Bohr con il suo Principio di Complementarità (che esamineremo in un prossimo numero) ed esplicitamente anche da Dirac e Feynman. Mach riteneva che la differenza tra mondo psichico interno e realtà esterna fosse artificioso; che la conoscenza fosse basata su una serie di “elementi” a metà strada tra fisico e psichico; e che la scienza accertasse solo le variazioni delle sensazioni, scegliendo alcuni dati sensibili che si prestassero maggiormente ad essere trasformate in simboli. Di qui ne derivava il carattere essenzialmente convenzionalistico della Scienza, di cui comunque Mach non ha mai negato la validità. L’esasperato “fenomenismo” empirista di Mach faceva somigliare la sua filosofia a quella di Berkeley (N. 55) che nel ‘700 aveva supposto un mondo immateriale fatto solo di percezioni. Non può essere esclusa una certa influenza esercitata sul pensiero di Mach da parte di contemporanee filosofie “fenomenologiche” (e sostanzialmente irrazionaliste) come quelle dei contemporanei Husserl e James, anche se la filosofia di Mach si è mantenuta in realtà sempre entro un ambito razionalista e scientista.

Tra coloro che si schierarono con Mach, va ricordato il valente chimico-fisico tedesco Wilhelm Ostwald (1853-1932), premio Nobel per la Chimica nel 1909 per i suoi studi sui catalizzatori che favoriscono ed accelerano le reazioni chimiche. Egli era sostenitore della teoria detta “Energetismo” – secondo cui la realtà era costituita solo da scambi energetici - ma finì con il compromettersi con strane affermazioni secondo cui ormai il bipolarismo materia-spirito era superato. Sostenitore della teoria energetista fu anche il filosofo – anch’egli tedesco - Georg Helm (1851-1923), che al numero precedente abbiamo visto impegnato a fianco di Ostwald in un famoso dibattito a Lubecca nel 1895 in cui entrambi contestarono le tesi atomiste di Boltzmann. Anche Mach aveva aderito all’energetismo in polemica con le teorie atomiche. Sulle stesse posizioni fu il fisico francese e storico della scienza Pierre Duhem, grande critico di Galilei (cui preferiva i fisici medioevali francesi Oresme e Buridano) e sostenitore dell’Olismo (dal greco antico “olùs”, cioè “tutto”), teoria che afferma che ogni teoria è la somma di tante diverse teorie. Di lui ci interesseremo in prossimi numeri. Su posizioni simili a quelle di Mach, anche se con alcune significative differenze, fu il filosofo tedesco Richard Avenarius (1843-1896), docente a Zurigo, che utilizzò, come Mach, il concetto di “relazione funzionale” al posto di quello di “causa”, accusato di essere metafisico.

A Mach ed alla sua posizione empirista, ed al suo notevole acume, va comunque attribuito il grande merito di aver svolto una critica serrata verso i concetti di “Spazio Assoluto” e “Tempo Assoluto” attribuiti a Newton. Mach fece notare che il concetto di tempo scaturisce solo dall’osservazione di una sequenza di avvenimenti reali. Non esiste un’entità reale come il “Tempo” (come pensava Sant’Agostino che concepiva un Tempo creato da Dio). Analogamente l’idea di spazio nasce solo da una relazione tra vari oggetti diversi tra cui uno può essere preso come riferimento. Quindi, ad esempio, possiamo considerare i moti con riferimento alle stelle fisse e non rispetto ad un fantomatico spazio, o etere, immobile. Anche la gravità e le forze d’inerzia devono essere riferite non ad un’inesistente e metafisico “Spazio” o “Etere” fisso, ma al complesso di tutte le masse reali dell’Universo. Anche il concetto di “Massa”, come definito da Newton, era criticato come essenzialmente “convenzionale”, e derivabile dal principio di azione e reazione, così come sarebbero convenzionali tutte le grandezze della Fisica, sostanzialmente prive di un significato “reale”. Queste conclusioni estreme rischiano – però - di oscurare il fondamentale lavoro fatto dal meccanicismo materialista dei secoli precedenti rappresentato da Galilei e Newton. Il grande contributo di Mach nella creazione di una nuova fisica del ‘900 (in particolare la teoria della “Relatività Ristretta”) fu comunque riconosciuto dallo stesso Einstein, che pure era vicino a posizioni più “realiste”, e fu in polemica con Bohr ed Heisenberg, sotto vari aspetti vicini alle posizioni di Mach, come vedremo a proposito della Fisica Quantistica.

Mach fu anche un ottimo fisico teorico e sperimentale, interessandosi in particolare al problema degli oggetti che si spostano più velocemente delle onde sonore, superando la cosiddetta “barriera del suono”. Ancora oggi il “Numero di Mach” indica il rapporto tra la velocità di un oggetto e quella delle onde sonore

Viceversa, l’ostinata posizione di Mach e degli “energetisti” ed “empirio-criticisti” contraria al riconoscimento della teoria atomica e del carattere materiale e “particellare” della realtà fisica, mostrò i suoi limiti quando – come già abbiamo riferito a numero precedente – J.J. Thomson, Einstein e Perrin dimostrarono l’esistenza reale di atomi e particelle. Nel 1900 il grande fisico Max Planck mostrò che persino l’energia non è continua, ma è particellare, e si presenta sotto forma di quantità discrete (Quanti), che nel caso delle onde elettromagnetiche prendono il nome di “Fotoni”, come ipotizzato da Einstein nel 1905. Una parziale rivincita degli energetisti si ebbe solo quando Einstein stabilì l’equivalenza massa-energia, come vedremo quando parleremo della “Relatività ristretta”.

Negli ultimi anni di vita anche Mach dovette affrontare una serie di polemiche, oltre a quelle avute con Boltzmann. Vivaci furono le polemiche con Max Planck, divenuto sostenitore dell’atomismo e di una visione “realista” del mondo esterno, e durate fino al 1908-1910 (3). Nel 1909 fu pubblicata l’opera filosofica di Lenin: “Materialismo ed Empirio-Criticismo”, nella quale il grande rivoluzionario russo – nella sua polemica contro un gruppo di socialisti russi che aveva abbracciato le teorie di Mach ed Avenarius – difese energicamente (e – a parere di chi scrive – giustamente) le ragioni di una visione realista e materialista dell’esistente.

Vincenzo Brandi



  1. L. Geymonat, “Storia del Pensiero Filosofico e Scientifico”, Garzanti, 1970 e seg.

  2. RBA, “Grandi Idee della Scienza – Boltzmann”

  3. W. Adorno, “Storia della Filosofia”


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