I primi cosiddetti cristiani non erano altri che appartenenti ad una setta giudea che rifiutava il potere romano, anzi lo considerava “nemico”, anche in seguito alla distruzione di Gerusalemme completata da Vespasiano e Tito ed alla conseguente “diaspora”.
In verità la “diaspora”ebraica era una esondazione iniziata da tempi molto anteriori alla distruzione di Gerusalemme. La caratteristica del popolo ebreo era il nomadismo. Ebrei di varie sette già da secoli popolavano diversi paesi del mondo antico. La persecuzione dei romani contro alcuni membri di queste sette furono semplicemente una risposta alla mancanza di riconoscimento dell’autorità imperiale da parte dei suoi appartenenti. Presso i romani non esisteva alcuna persecuzione religiosa nei confronti di alcun credo. Infatti i romani furono maestri di sincretismo, ogni popolo aveva il diritto di conservare i propri dei ed usanze, purché riconoscesse l’autorità politica rappresentata dall’Impero.
E qui sta il nodo. Gli appartenenti ad alcune specifiche sette ebraiche, fra cui quelle proto-cristiane, non riconoscevano l’autorità imperiale e quindi erano condannati come “sovversivi” politici e non come ”praticanti d'una religione”.
Le cose cambiarono allorché queste sette ebraiche, che inizialmente, mantenevano la tradizione di appartenenza etnica alle “tribù d’Israele” e quindi a tutti gli effetti facevano parte dei giudei circoncisi, iniziarono a “convertire” anche i Gentili al loro credo e quindi accettarono nelle loro fila anche i non giudei. Soprattutto schiavi, provinciali e popolino minuto.
In effetti la nuova "religione" faceva comodo a Roma, era un modo per controllare le masse e renderle mansuete con la promessa di un "paradiso" post mortem: "..porgi l'altra guancia - ..beati i poveri di spirito perché d'essi è il regno dei cieli.. - ..date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio...". Tanto per menzionare alcuni dettami "salvifici".
Ovviamente questo segnò una linea di demarcazione fra i “giudei puri” (discendenti da madri ebree) e quelli “spuri” che si mescolavano ed accettavano i Gentili come correligionari. Ad un certo punto la frattura diventò insanabile ed i cristiani, pur avendo accettato in toto l’antica tradizione biblica, per la loro promiscuità genetica si distinsero dai giudei e conquistarono terreno nelle classi povere e derelitte dell’impero fino a diventare una maggioranza numerica riconosciuta.
A quel punto le cose avevano assunto una forma completamente diversa e gli ultimi imperatori romani trovarono più conveniente usare il “cristianesimo” come legante per l’Impero. Ovviamente i capi cristiani stessi facilitarono questo gioco, corrompendosi con il potere politico, anzi pian piano si sostituirono ad esso. Infatti i papi di Roma erano considerati gli eredi degli imperatori.
Paolo D'Arpini