L'esperienza della meditazione Chan, secondo Aliberth …

Alberto Mengoni durante un pranzo con amici

Ai primi di luglio del 2015 appresi che l'amico e fratello spirituale Alberto Mengoni, conosciuto anche come Aliberth, aveva lasciato il corpo (vedi http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2015/07/alberto-mengoni-ha-lasciato-il-corpo-ma.html).  Secondo  Aliberth  non è importante sapere chi egli fosse stato, né  cosa  ha fatto, ma soltanto la sua esperienza spirituale… 

Il motivo è che quando un individuo ha realmente capito ‘chi-è’, nel vero senso della parola, allora non c’è più bisogno che si distingua dagli altri, o che racconti i fatti della sua ‘individualità’.

L'insegnante Aliberth  volle  assumere di proposito questo nome, perché quando è ripetuto in continuità, come un 'mantra' ha il significato fonico-onomatopeico di 'Libertà". Libertà, non nel senso di avere la libertà di fare il proprio comodo nel mondo, ma ‘Libertà’, o Liberazione dal mondo (moksha), dai suoi tentacoli e attrazioni coinvolgenti, dal suo dualismo di bene e male, e infine dalla sua illusoria interpretazione di una presunta ‘realtà’. 

Egli quindi fu  un ricercatore della Verità autentica, che è passato attraverso quasi tutte le conoscenze religiose del Divino... Da piccolo è stato per una decina d’anni in collegi cattolici poi, dopo alcuni anni di indolenza e abulìa spirituale per colpa di sostanziali e spesso drammatiche esperienze nel suo periodo giovanile, ha cominciato a frequentare gruppi spirituali alternativi come gli 'Hare-Krishna' e i ‘Bambini-di-Dio’, e ad interessarsi di macrobiotica e vegetarismo. 

Pian piano, tutti questi avvenimenti ed approcci, lo portarono ad avvicinarsi a dottrine più profonde, viste dall’ottica delle ‘domande e risposte esistenziali' e, quindi, fu poi fortemente interessato all’insegnamento dell’'Advaita-Vedanta' Induista, sotto la guida del Maestro Italiano RAFAEL dell'Ashram-Vidyà, che egli frequentò  per almeno otto anni. Quasi contemporaneamente, egli sentì la necessità di avvicinarsi al Buddhismo. 

Nel 1984, dopo aver conosciuto Cristina, che sarebbe divenuta la sua compagna di vita e di Dharma e che purtroppo dopo 11 anni di totale sintonia lasciò lui e questo mondo a causa di un male incurabile, studiò insieme a lei il Buddismo sotto la guida di due grandi Lama Tibetani, Gheshe Sonam Cianchub dell’Istituto Samantabhadra di Roma e Gheshe Champa Ghiatzo, del Monastero Tibetano di Pomaia. Partecipando in maniera interessata ai loro insegnamenti, e frequentando ben due volte a settimana il Centro di Roma per almeno 12 anni, ottenne una buona preparazione nello studio della ‘vacuità’. Studio che poi gli fu estremamente utile quando nella sua mente esplose la scintilla della ‘comprensione-diretta’... Contemporaneamente, sotto vari maestri ed insegnanti di meditazione (come Corrado Pensa, Ajahan Thanavaro, Coleman, Bachelor ed altri) egli ebbe anche numerose esperienze di Meditazione 'Vipassana', e di Meditazione Zen, assistendo ad insegnamenti e pratiche di vari maestri Zen Italiani e stranieri.

Ma, la svolta effettiva, al suo interno è avvenuta grazie a particolari situazioni occorse nella sua vita e nella sua mente. Dopo aver sperimentato di persona, addirittura in due circostanze, l’esperienza di ‘sensazione-della-morte’ ed esser stato presente alla morte-reale della sua compagna (con la sua esemplare manifestazione di serenità e pazienza, frutto solo e senz'altro di una vera comprensione del messaggio salvifico del Buddha), egli ottenne alfine la ‘comprensione’ della vera essenza di ‘ciò che ognuno in realtà è. Poiché, come disse il Buddha, se una persona segue il Dharma 'con tutto il cuore e con vera sincerità', essa sicuramente 'vedrà la Verità e raggiungerà la Mèta', (altrimenti, non avrebbe senso darsi così tanto da fare nella spiritualità, rinunciando alla vita mondana e distaccandosi dalle varie occasioni di gratificazione e benessere materiale di questo mondo). 

Così infine, nel 1994, dopo aver avuto un’esperienza mistica su una montagna della Sabina mentre leggeva insieme a Cristina il ‘Sutra di Hui-Neng’, un testo sacro sulla ‘Illuminazione-Improvvisa’ del Chan Cinese, anche stimolato da Cristina, egli decise di fondare un piccolo Gruppo di Autocoscienza col nome di CENTRO NIRVANA. Questo centro finché Aliberth è stato presente, ha cercato,  di aiutare i pochi arditi che hanno avuto il coraggio (e la fortuna) di avvicinarsi all’insegnamento del Chan, a 'trovare il Vero ed Unico Maestro (ovvero, il Buddha)' al nostro interno. E per fare questo, egli si avvalse di tutte le possibili nozioni non-dualistiche delle varie dottrine Buddiste, Induiste, Taoiste e quando è il caso, anche Cristiane.

In particolare  l'insegnamento Chan si rifà principalmente al Buddismo Mahayana ed alla Scuola Madhyamika di Nagarjuna e dei Patriarchi del Chan Cinese, applicando la Meditazione Chan come forma di profonda auto-conoscenza (nel vero significato del termine, e non come ‘nozione-spicciola’) e assorbimento delle verità interiori acquisite con gli insegnamenti sulla 'Natura della Mente', tramandata dai Sutra e dalla visione di 'Silenziosa Comprensione' di Bodhidharma, e di 'Illuminazione Improvvisa' di Hui-Neng e di tutti i suoi seguaci.


Queste notizie biografiche e le informazioni specifiche sull'insegnamento di Aliberth le  ho riprese dal sito del Centro Nirvana prima che questo interrompesse le pubblicazioni.


(P.D'A.)



Altri articoli di e da Alberto Mengoni (Aliberth)

http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=alberto+mengoni

"Ricordi del bagno con vista nel deserto" di Chen Mao Ping - Recensione



....il villaggio di Ayong non era molto distante dalla costa dell'oceano Atlantico. Erano solo 200 Km andata e ritorno, e li si poteva coprire in un giorno. Avevamo sentito dire che Nouadhibou si trovava in una baia, mentre la costa occidentale facente parte del Sahara per circa 500 km era receduto, riuscimmo a giungere fino al mare senza  
perdere la strada e, procedendo man mano lungo la costa rocciosa, impiegammo ancora un'ora per trovare Nouadhibou.

- Guarda giù da quella parte - disse Josè. Fermammo la macchina presso
il bordo di una falesia . Alcuni metri più in basso, il mare azzurro
lambiva calmo un' insenatura a forma di semicerchio, al cui interno,
sulla spiaggia, erano state piantate innumerevoli tende bianche. C'era
un  andirivieni di uomini, donne e bambini, che a guardarli da lassù
parevano molto sereni. Inaspettatamente in questo mondo caotico c' era
anche questo modo di vivere. Feci un sospiro d' ammirazione, per
quello che era proprio il Regno della Fonte dei Fiori di Pesco 
(espressione del Tao - N.d.R. ) .

 Non si puo' scendere, ho cercato in lungo e in largo un posto dove
fermarsi ma non l' ho trovato, sicuramente le persone lì sotto avranno
un loro passaggio segreto- disse Josè dopo aver girato per un pò sulla
scogliera. Josè tirò fuori dalla  macchina una corda di canapa e la
legò al paraurti, poi prese una grossa pietra e bloccò le ruote.Dopo  che ebbe
assicurato la corda, la lanciò giù dalla roccia.

- Ora ti faccio vedere come si fa : non devi far gravare tutto
il peso del corpo sulla corda, ma puntare bene i piedi sulle pietre;
la corda serve solo a darti stabilità; hai paura ? - Ascoltavo la sua spiegazione
stando sul bordo del precipizio, mentre il vento soffiava da far
tremare.- Hai paura domandò di nuovo- . - Piuttosto - risposi
sinceramente .- Bene , se hai paura scendo prima io e tu mi segui -
Josè scese portando  con se il materiale fotografico. Io mi tolsi le
scarpe, e cominciai a scendere a piedi nudi il pendio.

 Giunta a metà strada ci fu uno strano volatile che viaggiò intorno a
me, e così mi affrettai a scendere a terra, temendo che potesse
beccarmi gli occhi. Il risultato fu che, non appena mi distrassi,
senza neanche troppa paura mi ritrovai a terra. - Shhh! Da questa
parte - fece Josè da dietro un masso. Arrivata a terra Josè mi pregò di
non fare rumore e solo ora mi accorsi che c' erano 5 o 6 sahariane
completamente nude, intente ad attingere acqua di mare. Portavano 

l'acqua sulla spiaggia con dei secchi e poi la versavano dentro un
recipiente grande,  provvisto nella parte  inferiore di un tubo da cui usciva l' acqua.

Una donna stava semisdraiata sulla spiaggia, mentre un 'altra le inseriva il tubo
all'interno del corpo, come fosse stata una lavanda intestinale o
enteroclisma, tenendo contemporaneamente il recipiente in mano. 

L'acqua defluiva fin dentro le viscere. Spinsi un attimo Josè, e
indicandogli il teleobiettivo lo pregai di montarlo, ma lui
guardandomi con aria assente, dimenticò di scattare le foto.

Se l' acqua nel recipiente grande si esauriva, la donna che era li
vicina ci versava un'altra secchiata. Quella, semisdraiata, essendo
ormai la terza volta che riceveva il trattamento, non poté fare a  meno di
emettere un gemito.L' altra aggiunse ancora una secchiata... Quando
finalmente le venne tolto il tubo. La moglie del padrone ci disse che
la lavanda veniva praticata 3 v. al giorno e durava in tutto una
settimana, come delle vere pulizie di primavera...


Dopo un pò la donna si rialzò e prese a camminare procedendo lentamente verso di noi.
Accovacciata sulla sabbia cominciò a scaricarsi, espellendo dall'intestino numerosi residui
fecali liquidi. Quando questi ebbero formato un mucchio, arretrò di qualche passo, 

espellendone di nuovo.

Dopo di che ricoprì il "materiale" con la sabbia. Così evacuando e
coprendo, dopo diversi mucchi non aveva ancora finito.  Quando ebbe
terminato la donna cominciò a saltellare e a cantare come se avesse
riacquistato il suo buon umore e le sue energie.

La scena risultò a me, scettica (sebbene certe pratiche di pulizia
esistano anche nella medicina tradizionale cinese e nell'ayurveda
indiano), essere così esilarante, che non riuscii a trattenermi dal
ridere. Josè si precipitò a tapparmi la bocca, ma era troppo tardi...
Essendo stati scoperti non potemmo far altro che alzarci in piedi e
notare che molti erano usciti dalle tende. La donna ci additò e quelli
corsero verso di noi con aria minacciosa...


Chen Mao Ping   Tratto da  "Ricordi del bagno con vista nel deserto"  



(Testo inviato da Gianni Donaudi)

"Le Origini Segrete della Razza Umana" - Recensione di Giuseppe Moscatello



"Le Origini Segrete della Razza Umana".  Questo il titolo dell’opera di Michael A. Cremo, tradotta da Giorgio Cerquetti per i tipi della OM Edizioni, l’articolo che leggerete invece nasce col puro scopo di divulgare le interessanti e fondate teorie dell’autore e per stimolare il lettore ad approfondire personalmente le sue tesi attraverso la lettura del suo voluminoso saggio.


   Quando compare l’homo sapiens sulla terra? Ossia il nostro più antico simile? I ritrovamenti di ossa con forma e caratteristiche riconducibili a quelle dell’uomo moderno oltre che vari utensili sono precedenti ai 200.000 anni, termine temporale posto dagli evoluzionisti (Corno d’Africa), attraverso i reperti si va indietro fino a 400 milioni di anni1. In realtà se si tenesse fede ai Veda la data andrebbe fissata a 2 miliardi di anni fa, l’inizio del corrente giorno di Brahma. I reperti ignorati dalla classificazione ufficiale vede i vari homo, australopithecus, habilis, erectus e Neanderthal, invece che in una evoluzione temporale alla conquista della posizione eretta, piuttosto come ominidi convissuti ai sapiens ma in seguito estinti. I paleo genetisti continuano a richiamare l’attenzione su passaggi evolutivi mancanti, che evidenziano salti evolutivi inspiegabili (anche per i vegetali di diffuso consumo), tant’è che il sapiens, risulta frutto di manipolazione genetica2.

   A sfavore della teoria darwiniana depone la statistica. Infatti considerando due miliardi di anni di tempo dalla comparsa della prima forma di vita, e guardando, ad esempio, il caso della coagulazione sanguinea, le probabilità che gli aminoacidi si formino e si combinino a fare le giuste proteine, per espletare le note funzioni complesse, si manifesta statisticamente impossibile, poiché il tempo per ottenere le combinazioni supererebbe quello disponibile. Il tutto poi casualmente. Tanto più che una volta realizzata la procedura corretta questa si sarebbe dovuta ripetere a scapito di quelle errate. Ma la vita, come la vediamo sul pianeta, si è organizzata in dinamiche ben più complesse (es. DNA) del processo di coagulazione. L’autore, quindi, dati alla mano, ci dimostra così che la vita non è legata al caso, e per l’impossibilità statistica che certe dinamiche avvengano e si ripetano al punto da prevalere su altre, viene così scartata l’ipotesi evoluzionista e la conseguente nostra provenienza dalle scimmie antropomorfe (primati).

    La storia della scienza compie nella metà del novecento una cieca virata verso il materialismo, abbandonando, nello studio della realtà universale, qualsiasi attenzione verso la metafisica e la spiritualità, intere generazioni di ricercatori sono istruiti a considerare che tutto sia composto da materia ordinaria regolata secondo le leggi del meccanicismo3.

   Ma la storia filosofica dell’umanità ci riporta un’altra rappresentazione della realtà, dell’universo e della sua creazione. L’autore passando in rassegna e comparando le cosmologie di svariati popoli dei continenti ottiene una trama analoga a quella della cosmologia dei Veda. In ordine incontriamo una Suprema Intelligenza Guida (Maha Visnu) che genera milioni di universi (galassie), quindi un Creatore o Demiurgo per ognuno di questi (Brahma per la Via Lattea), che a seguire crea i Deva, gli esseri celesti, gli esseri umani, animali, piante, spiriti, spettri, esseri inferiori e demoni; fino 8.400.000 “corpi” possibili, dai Deva ai microbi.

   Ecco che le antiche conoscenze dei popoli terrestri ci riportano ad un universo giammai composto di sola materia, bensì per lo più di spirito. Ma di cosa è composto un essere umano? L’uomo è fatto di materia, il corpo fisico, di mente, il corpo sottile o eterico e coscienza, ossia l’anima, lo spirito incarnato4.

   Tre gli elementi costitutivi quindi dell’essere vivente indicati dal nostro autore, non a caso Alfred R. Wallace (1823-1913) co-fondatore con Darwin della teoria evoluzionista si occupa di paranormale, ossia indaga parallelamente nel campo dello spirito e delle origini umane. Wallace ipotizza che alcune forze abbiano indirizzato il cammino evolutivo delle specie, una Mente originale dotata di Suprema Intelligenza ha, tramite la volontà, trasformato la materia e la forza nell’universo. L’orientamento positivista della filosofia della scienza ha però consentito solo alla teoria di Darwin di avere fortuna critica.

   Ma se c’è un’anima, va dimostrato, e il saggio di M. Cremo per buona parte si occupa di fare proprio questo, per dirimere qualsiasi dubbio in merito, riportando prove e testimonianze qualificate ed inoppugnabili del mondo paranormale, del resto la letteratura su questi fenomeni è sconfinata, tutte le antiche culture contemplano figure come lo sciamano, il guaritore, ecc; a riprova della capacita dello spirito incarnato e non incarnato di influenzare gli esseri viventi e la materia, eccone una rapida rassegna.  

   I medium, tanto per cominciare, fanno solo da tramite tra spiriti e umani, gli spiriti accordano ai medium questa facoltà di intermediari, la rassegna di fenomeni è estesa, tutti i fenomeni avvenuti in presenza di osservatori sono provocati dalla volontà dagli spiriti: il movimento di oggetti e più in genere interferenze sulla materia, tavoli o persone che levitano, penne che scrivono, interruttori che accendono o spengono luci, ecc.; oppure apparizioni di vario genere da sagome luminose evanescenti fino ad esseri risultanti densi al tatto, apparizioni di parti di un corpo, ad es. una mano che tocca i presenti ecc. Gli spiriti agiscono sulla realtà psichica e materiale tramite il pensiero che attua la loro volontà.

   Questa dinamica vale anche per gli esseri viventi, senza facoltà medianiche evidenti, che attraverso il pensiero influenzano al pari la realtà fisica e metafisica circostante, ad esempio riuscendo ad auto programmarsi inconsciamente (condizionando il proprio divenire corporeo e il proprio futuro esperienziale). Così anche gli esseri incarnati, senza intermediazione alcuna, riescono ad operare psichicamente, ecco dunque una rassegna di questi fenomeni.

   La trasmissione del pensiero, il fenomeno della telepatia, ove l’analogo apparato neurologico in due soggetti distinti funge da trasmettitore per uno e da ricevente nell’altro; il fenomeno della chiaroveggenza (non la divinazione che comporta l’intercessione di uno spirito),  quale capacità di conoscere eventi, luoghi o oggetti, a distanza5 e nel tempo, attraverso l’occhio della mente6, in questo caso il veggente rintraccia nell’infinito deposito eterico di memoria l’onda emanata da persone o cose e infine la figura nella propria mente; il fenomeno della psicocinesi, la facoltà di muovere gli oggetti e deformarli, ossia di applicare una forza d’intento che agisce sulla gravità e sulla coesione molecolare, un caso ancor più estremo è la capacità del pensiero di influenzare i generatori di numeri casuali (Random Number Generator), ove ognuno dei termini della coppia binaria 0 1 che in una serie si presenterebbero il 50% di volte, riportano invece percentuali differenti in funzione dell’intenzione del soggetto pensante.  

   L’esistenza dell’anima è accertata, ad esempio, nella reincarnazione, attraverso i casi di bambini che nei primi anni d’età ricordano la vita precedente, mentre le ipnosi regressive si spingono indietro sino ai ricordi fetali, prenatali.

   Gli esseri in vita raggiungono una propria consapevolezza, questa li accompagnerà dopo il trapasso, ma a causa (per esempio) dell’attaccamento essi rimangono vincolati alle cose terrene, ai propri cari, ai beni o a dei luoghi, questi esseri disincarnati restano come anime nella dualità e danno prova di intelligenza continuando ad avere contatto con i viventi. Così tra defunti e umani si hanno contatti, apparizioni con o senza la presenza di un medium; si conoscono anche casi di defunti che possiedono un vivente ossia occupano temporaneamente con la loro anima il corpo di un vivente, tra i casi di possessione c’è quella cosiddetta demoniaca, ossia l’anima che occupa il corpo è quella di un essere malvagio, inferiore, sono i casi oggetto di esorcismi ma riscontrati e risolti anche attraverso le ipnosi regressive.

   Data la visione cosmologica delle popolazioni terrestri che concordano sull’esistenza di infiniti universi abitati (gli “infiniti mondi” di G. Bruno) a questi va accordata la possibilità che siano abitati, bene le prove di vita extraterrestre non mancano di certo, benché un tacito accordo planetario e trasversale tenda da sempre a tacere la questione. Oltre agli innumerevoli avvistamenti, persino collettivi, vi sono casi di incontri con umanoidi e persino rapimenti di umani, esseri di tutte le fogge e dimensioni; d’altro canto gli indiani, negli antichi testi parlano con naturalezza di 400.000 specie umanoidi presenti solo nella Via Lattea, dei Deva e delle loro astronavi i Vimana.

   Ad ulteriore sostegno della fondatezza della natura spirituale preponderante della realtà universale, ulteriori esempi dell’azione dello spirito sulla grossolana materia sono le guarigioni. Spesso gli stessi medici curanti comprovano i casi diretti o a distanza, ove lo spirito incarnato (lo sciamano, il santo, lo yogi) miracolano in loro presenza o meno il malato, rigenerando ex nihilo integralmente un tessuto diagnosticato come totalmente compromesso. Oltre a queste vi sono le guarigioni procurate da esseri disincarnati, in questi casi il sofferente richiede con esplicita preghiera l’intervento dell’anima compassionevole, oppure quest’ultima agisce senza essere invocata, o ancora l’anima interviene in soccorso ‘richiamata’ da un intermediario, il medium appunto.

   Appartengono a questa categoria quelle anime compassionevoli che manifestandosi nella dualità guidano, confortano, miracolano gli individui e le cui apparizioni più note in occidente sono universalmente interpretate come mariane, mentre per le stesse in India si parla di avatar esseri esclusivamente spirituali che all’occorrenza e temporaneamente assumono un corpo luminoso, ossia visibile. La cultura cristiana popolare ha identificato come madonne gli esseri soprannaturali che dispensano tutt’oggi comprovati miracoli in tutti i luoghi di culto mariano alle persone meritevoli e pure di cuore.

    Un caso a parte sono le stigmate del Cristo che, sono sempre frutto dell’azione dello spirito sulla materia/corpo, ma sono la conseguenza di un’azione sinergica tra l’anima dello stigmatizzato e l’anima dell’essere incorporeo che lo coadiuva, si fa notare che i segni sul corpo variano in funzione dell’iconografia conosciuta dal ricevente (autosuggestione), mentre la sofferenza appare (a mio parere) piuttosto una beffa in contrasto con la promessa beatitudine.

   Altri fenomeni conosciuti e provati sono quelli della trasposizione suggestiva della madre sul feto, il caso principe è quello dei nei, ma spesso i nascituri riportano segni corporei ereditati dalle vite precedenti e trasmessi per mezzo del corpo eterico ancorato all’anima.

   Bene le prove dell’esistenza di un mondo spirituale ci sono tutte e pare che possano bastare, prima però di tornare alla questione dell’origine della razza umana e della vita, vi riporterò una mia considerazione a chiarimento delle dinamiche miracolistiche. Prenderò a riferimento un esempio “estremo”, quando uno spirito caritatevole, Madonna o Santo che sia, in un arco temporale mettiamo di 24 ore, realizza  il totale risanamento, ricostruzione, di un tessuto del corpo che, ad una precedente esame radiografico o tomografico risultava totalmente compromesso dalla più perniciosa cancrena, lo spirito non sta utilizzando di certo le proprie conoscenze mediche e tramite il pensiero gestendo passo per passo la rigenerazione dei tessuti.
    
Quanta conoscenza necessiterebbe un’operazione del genere: la complessità biochimica, le funzioni cellulari e istologiche, i vasi sanguigni, le terminazioni nervose che fanno capo ad altre aree dell’organismo, quanti specialisti occorrono solo per pensare i processi da realizzare. Ma nel caso del miracolo la funzione dei luminari la svolge questa conoscenza infinita che è stata già pensata, e in quanto pensiero/onda essa è ovunque nell’infinito spazio eterico, e la realtà che da essa si genera a sua volta la riflette all’infinito, le anime compassionevoli altro non fanno che armonizzare i flussi eterici indirizzando la loro volontà verso uno scopo specifico, la vibrazione/onda ricca di infinite informazioni conoscitive agirà sulla materia. L’Infinita Intelligenza Cosmica (ciò che è chiamato anche Dio) è ovunque. La creazione è quindi istantanea, si osservi il ragno che vomita e ingoia il filo che si materializza7 all’istante, all’occorrenza: Appena la sua volontà lo richiede esso appare alla sua coscienza, si crea. Quindi è la coscienza che crea trasformando l’etere in vortici stabili (particelle subatomiche) secondo le informazioni del pensiero/onda. Abbiamo così la risposta all’altro quesito, chi ha pensato tutto questo, chi ha elaborato questa conoscenza? Evidentemente un essere spirituale di somma intelligenza dalla cui coscienza sono scaturiti gli altri esseri, spirituali poi incarnati. Ancora la cosmologia indiana ci indica nei Deva, gli esseri di luce, le coscienze creatrici.

   Arriviamo dunque alle conclusioni di questo saggio, ovvero alla spiegazione di come l’uomo si è fatto carne, il nostro autore accoglie e ci indica la via del processo creativo descritto nelle cosmologie dei popoli. Il desiderio di individualizzarsi, il desiderio di assumere la posizione di fruitore indipendente da parte dello spirito, comporta la sua separazione dall’Unità dello Spirito Universale, il Sé cosciente supremo. Poiché non si può assumere questo dominio nel regno della coscienza pura, si deve cercare di assumerla in un altro dominio, quello delle energie materiali. Nel tempo l’originaria condizione esclusivamente spirituale degrada verso forme sempre più grossolane, fino a condensare matericamente nelle infinite e disparate forme viventi dell’universo. Letteralmente l’inverso dell’elevazione spirituale, noi non ci siamo evoluti dalla materia, piuttosto siamo scesi, ci siamo involuti dal livello della pura coscienza individuale. A questo processo creativo va aggiunto quello che Darwin e Wallace appurarono comunque sperimentalmente, ossia che gli esseri viventi posti in determinate condizioni mutavano, adattandosi e differenziandosi fisicamente per necessità, mettendo in rilievo una reale ed effettiva dinamica naturale e universale, alimentata dalla spinta atta alla promozione della vita, la sopravvivenza.

   A queste due modalità creative va affiancata e non trascurata l’opera di sperimentazione genetica sugli esseri viventi, umani e vegetali, descritta in tutti i testi dell’antichità, ad esempio in quelli dei Sumeri, nella stessa bibbia, oltre che nei Veda, a tal riguardo si è già accennato alle scoperte in campo paleo genetico, che mostrano evidenze ormai non più trascurabili. Chiuderei questo articolo con le parole dell’autore: se, seguendo la versione vedica, accettiamo che gli esseri umani, e le altre entità viventi, sono discesi, attraverso un processo di involuzione, da uno stato originale di pura coscienza, dove stavano in connessione col Sé cosciente supremo, allora dovremmo diventare interessati a quella che può essere chiamata ri-evoluzione, il processo per ritornare a quello stato originale.

Moscatello Giuseppe



1. Cremo, Michael A./ Thompson, Richard L., Archeologia proibita : storia segreta della razza umana, 2002 Roma.
2. P. Buffa, I geni manipolati di Adamo, 2015 Uno Editori.
3. Ne fa le spese l’incolpevole René Descartes che mai aveva separato il mondo materiale da quello spirituale, tant’è che scrive:” Con il termine Dio intendo una certa sostanza infinita, indipendente, sommamente intelligente, sommamente potente, e dalla quale io stesso, quanto tutto il resto che esiste – se dell’altro esiste – è stato creato”, da: Meditazioni metafisiche, 2001 Milano.
4. Malgrado l’uso indistinto nel testo del termine spirito, va posto un distinguo tra i termini anima e spirito: lo spirito è una entità individuale porzione dello Spirito Universale (Suprema Intelligenza Guida), l’Uno; l’anima è la condizione duale dello spirito, la incontriamo sia incarnata che disincarnata. Cfr. M. Vannini, Storia della Mistica Occidentale, 1999 Firenze.
5.  A riguardo della televisione, per gli esperimenti da lui condotti ma a pochi noti, va citato di diritto il Dott. Prof. Giuseppe Calligaris (1876-1944) neuropatologo, che ha speso l’intera esistenza per dimostrare il collegamento tra l’universo e il corpo, producendo una letteratura sperimentale enorme, cfr.: Calligaris Giuseppe, L'universo rappresentato sul corpo dell'uomo, 1937 Udine; oppure, La televisione degli astri: la luna, 1942 Brescia.
6. Ing. M. Todeschini (1899-1988) chiarisce magistralmente come nel piano mediano del telencefalo avvenga l’interfaccia tra le correnti eteriche scaturenti dalle terminazioni nervose, provenienti dai cinque sensi, e la psiche (anima). Ing. M. Todeschini, Teoria delle Apparenze, 1949 Bergamo.
7. Il concetto di materializzazione (ex nihilo) ossia l’etere che risuonando alle vibrazioni che giungono dai più remoti angoli dell’universo genera la materia sub atomica è una teoria proposta anche da Georges Lakhovsky (1869-1942) cfr. La nature e le sue meraviglie, 1938 Milano.



L'atteggiamento islamico verso gli animali e verso gli altri esseri umani


Islam, uomini e

 animali





Se nel Cristianesimo e nell'Ebraismo il paradiso è sempre stato riservato agli uomini, le religioni orientali tengono più da conto gli animali.

Buddhismo. Nelle vite precedenti Buddha è stato, tra l’altro, una tartaruga, una scimmia, un elefante e una lepre. A queste bestie, perciò, viene portato rispetto, ma anche a tutte le altre, che pure, per successive reincarnazioni, possono raggiungere il "nirvana".

Induismo. Sacra sopra ogni cosa è la mucca: grande, paziente, signora dei campi, fonte di latte. Ucciderne una è grave come uccidere un bramino; mangiarne la carne è un sacrilegio. La legge del Karma riguarda anche gli animali, che possono diventare uomini o Dei, perciò sono rispettati.

Islamismo. Per i musulmani l’asino porta disgrazie, il cane è l'essere più impuro che esista, impuro anche il maiale che è vietato mangiare. In compenso, il Paradiso è popolato di cammelli e cavalli, amatissimi da Maometto. Tanto amati che la moschea di Kaaba fu eretta nel punto in cui sì inginocchiava il suo cammello preferito è che il profeta annunciò che sarebbe volato in Paradiso col suo cavallo.


Dall'Enciclopedia Alfatematica PERUZZO INFORMATICA & dal Corano e dalle relative Sure.

Islam dall'arabo abbandono (è inteso alla volontà di Dio): è il nome della religione fondata da Maometto il Glorificatore. Visse tra il 570 e il 632 d.C. a La Mecca e a Medina.
I fedeli di questa religione sono i musulmani (dall'arabo muslim, credenti, il termine fu introdotto in Europa dai Bizantini nel Rinascimento); oggi i muslim sono parecchi milioni. I musulmani, al contrario dei cristiani che prendono il nome da Cristo, non gradiscono il termine maomettani, in quanto non vogliono dare l'impressione di adorare Maometto e per ciò essere scambiati per appartenenti ad una setta che prende il nome dal suo fondatore.
L'Islamismo trova il suo punto di partenza come il Giudaismo ed il Cristianesimo in un libro ispirato direttamente da Dio: Il Corano.
Il simbolo dell'Islam è una professione di fede scritta in arabo, che significa praticamente non c'è alcun Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta (Molti erroneamente credono che il simbolo dell'Islam sia la mezzaluna e la stella). Gli Arabi hanno imposto l'Islamismo ai popoli da loro conquistati, eccetto in Europa dove si scontrarono (in Italia, Spagna e Francia) con i Cristiani.
Prima della nascita di Maometto e della sua attività profetica, in Arabia vi era un Pantheon di culti religiosi,di tipo polidemonistico (patrimonio delle antiche tribù arabe). Ovvero gli esseri adorati sono abitatori di alcuni luoghi come alberi, sorgenti o monti, ai quali viene conferito un carattere divino tipico delle tradizioni pagane. Le maggiori divinità erano chiamate Yaghutti, Yang, Nasr, Suwa, Wadd, e altri.
Oggetto di culto e di adorazione a La Mecca, era la pietra nera. In quell'epoca preislamica gli Arabi furono senza dubbio in contatto con religioni monoteiste quali l'ebraismo e il cristianesimo. A La Mecca vi erano delle comunità ebraiche particolarmente importanti e potenti e le idee monoteiste non erano sicuramente oscure ad una parte dell'élite della popolazione (particolarmente ai membri della famiglia di Maometto). Ggli Arabi cristiani, si trovano nello Yemen, a Nejran (dove si sono insediati nel IV secolo) e alla frontiera persiana, ad Hira, sull'Eufrate; sono dei nestoriani; la tradizione musulmana riferisce che Maometto avrebbe conosciuto il cristianesimo alla fiera di Oqaz (vicino a La Mecca) ove avrebbe sentito un predicatore nestoriano.
Questa tradizione contrasta il fatto che le concezioni di Maometto sul Giudizio Universale, il destino dell'anima, la vita futura e la resurrezione, così come le sue allusioni ai profeti (di cui i principali sono per lui: Adamo, Noè, Abramo e Gesù), a Maria, al Pentateuco non sembrano provenire dal nestorianesimo. Si è supposto che Maometto abbia potuto accogliere una tradizione giudeo-gnostica. Infine alcuni testi arabi e anche il Corano riferiscono di una tendenza monoteista esistente in alcuni personaggi che non erano né ebrei, né cristiani, né pagani, ma saggi che praticavano la pietà e che venivano chiamati Hanif. La tradizione Hanif si afferma in Arabia prima della predicazione di Maometto e assume dei caratteri che precorrono la stessa religione del Corano. La storiografia è spesso divisa nella formulazione di un giudizio di autenticità storica per quanto riguarda la tradizione Hanif, ma sembra invece che essa, spogliata degli elementi fantastici, possa rappresentare con un buon margine di fedeltà la vita religiosa precedente a Maometto, e aiutare anche ad analizzare gli aspetti più profondi del pensiero del riformatore.
Le rivelazioni di Dio a Maometto sono contenute nel Corano, libro sacro dell'Islamismo, completato dalla tradizione (Sunna).
Dal Corano e dalla Sunna si deduce l'insieme delle regole che ordinano la vita del credente: il Fiqh, che è un codice giuridico-teologico.
Corano è la traduzione italiana dall'arabo Qur'an, il cui primo significato è messaggio trasmesso per mezzo della parola. Quando si incominciò a mettere per iscritto le parole del profeta, Qur'an prese abusivamente il senso di Kitab (testo scritto). Il Corano comprende 114 capitoli chiamati sure (arabo sura) di cui ciascuno porta un titolo e, in sottotitolo, il luogo della rivelazione (sure rivelate a La Mecca o sure date a Medina). La sure sono divise in versetti redatti in prosa ritmata araba: ve ne sono tre nella più corta (CX) e duecentottantasei nella più lunga (III, La Giovenca; esse sono classificate secondo la loro importanza, le più lunghe all'inizio, le più corte alla fine. Questa classificazione risale al Califfo Otman (che regnò dal 644 al 656): egli ha causato così uno sconvolgimento irrimediabile dell'ordine cronologico delle sure. In generale le più corte corrispondono alla predicazione de La Mecca (612-622) e le più lunghe alla predicazione a Medina (622-632). Una eccezione è stata fatta per la sura I, chiamata Al-Fatiha (colei che apre), scritta nel periodo de La Mecca, ma la cui importanza liturgica è notevole (i sette versetti che la compongono sono inclusi nelle preghiere quotidiane: viene chiamata a volte la Sura della glorificazione).
Viene chiamato spesso vulgata coranica il testo ufficiale del Corano, per analogia con la vulgata biblica); Maometto non ha scritto nulla. La sistemazione del testo si è svolta secondo la tabella.
Contrariamente alla Bibbia, il Corano non si presenta come un testo "ordinato" (anche se questo ordine dovesse essere artificiale); questo disordine apparente sconcerta il lettore occidentale e lo storico delle religioni. Lo specialista tedesco Nöldeke ha intrapreso, in collaborazione con altri studiosi, una monumentale Storia del Corano (Geschichte des Korans, Lipsia, 1919-1938) che considera sia i fattori stilistici, sia i fattori tematici; si deve a questo lavoro fondamentale una riclassificazione cronologica delle sure in quattro periodi. A titolo informativo notiamo che la prima traduzione latina del Corano è stata fatta da Robet de Retines nel XII secolo (scuola di Toledo) e che la vulgata ottomana fu stampata nel 1530 a Venezia da Paganini.
La prima traduzione completa fu quella di Andrè du Ryer, console di Francia al Cairo (1630-1640); la prima inglese fu quella di Georgei Sale (1734): essa apre il periodo degli studi storici oggettivi sull'islamismo.
In seguito sono state intraprese numerose traduzioni più o meno buone: in Francia è stata letta a lungo quella di Claude Savary (Parigi 1783); fra le traduzioni italiane, una delle più recenti è quella a cura di Martino Mario Moreno (Torino, UTET, 1967).
 Principali tappe della redazione del Corano.
612-632  -  Alcuni dei messaggi di Maometto sono trascritti da fedeli su materiali rudimentali (scapole di cammelli, pezzi di cuoio), soprattutto a partire dall'egira. 
632-634  - Primo raggruppamento di questi frammenti da parte del califfo Abu-Bakr, successore di Maometto. 
644-656  -  Il terzo califfo, Otman, ordina una recensione sistematica dei testi e conferisce loro un valore ufficiale. Tutte le trascrizioni anteriori sono scritte su ordine suo, al fine di imporre un testo invariabile: è ciò che si chiama la Vulgata ottomana.  
656-661  -  Sotto il califfato di Alì (genero e cugino germano di Maometto), circolano versioni differenti che corrispondono alle tendenze sciite; in particolare, quella di Ibn Maasud che sussisterà ancora per tre secoli, come una versione parallela alla versione ufficiale. 
685-705  -  Regno del califfo ommiade Abd-al-Malik che decide di unificare l'ortografia del Corano (le diversità dialettali portano, infatti, a numerose varianti). 
VIII, IX e X sec. -  Sette tipi di letture sono ammessi come canonici; essi saranno completati da sette letture tollerate. Nel X secolo, il canone coranico è definitivamente fissato. 
Il contenuto del Corano è dunque assai vario. La grandezza, l'unicità, la misericordia di Dio sono ampiamente trattate, nel testo religioso, accanto ad elaborate trascrizioni delle meraviglie del Paradiso e degli orrori dell'Inferno.
In molti passi, il Corano, presenta analogie con le leggende ebraiche e cristiane, dovute probabilmente ad una assimilazione di carattere orale da parte di Maometto, in quanto egli non sapeva né leggere né scrivere.

  
Periodi di predicazione    Sure    Stile    Temi della predicazione
La Mecca I 
(inizio
dell'apostolato 
di Maometto)    Dalla LIII alla fine    Versetti corti, 
stile lirico ed enfatico;
formule sacramentali 
all'inizio delle sure.    Annuncio del Giudizio Universale (Quel giorno gli uomini sorgeranno dai sepolcri, a gruppi, perché siano mostrate loro le loro azioni, XCIX/6). Affermazione della missione 
divina di Maometto (risposta alle critiche degli abitanti de La Mecca). Monoteismo 
(ma non vi è ancora a questo stadio condanna formale e rigida del politeismo). Polemica contro gli abitanti de La Mecca (specialmente dalla sura LXX); appello al 
pentimento e alla preghiera di cui la sura I, 
Al-Fatiha, è il prototipo (la preghiera coranica si fa, a quell'epoca, nella direzione di Gerusalemme).
La Mecca II    22 sure fra XVIII versetti e LIII    I versetti sono più lunghi; stile più polemico che lirico.    Monoteismo confermato (XXIII) e richiamo del ruolo profetico di Maometto. Esempi di tribù che si sono allontanate da Dio ed hanno accolto con sarcasmi e insulti i profeti come Mosé, Abramo, Noé. Esempio di Gesù, figlio della Vergine Maria (XIX).
La Mecca III (dopo il 619)    22 sure diversamente suddivise nel Corano    Apparizione dell'omelia; stile oratorio.    Stessi temi del periodo precedente (in particolare: enumerazione degli inviati da Dio, VI/84-89) e venerazione maggiore di Abramo, considerato il fondatore della religione primitiva e del santuario della Kaaba (XlV). Minacce contro i politeisti de La Mecca.
Medina    24 sure (di cui le più lunghe del Corano: sono quelle dal II al V) diversamente suddivise.    Versetti lunghi; stile vario (lirico, oratorio, imperativo, ecc.).    Ripresa dei temi de La Mecca.Disposizioni politiche, giuridiche e religiose (il califfato, la gerarchia sociale, la condizione delle donne, ecc.).Disaccordi e perfino conflitti politici e religiosi con gli ebrei di Medina; la preghiera si fa da ora innanzi verso La Mecca e non più verso Gerusalemme. Condanna dei cristiani.

La Sunna. Alla morte di Maometto non ci si accontentò soltanto di trascrivere le rivelazioni che egli aveva ricevuto da Dio per mezzo dell'arcangelo Gabriele, si raccolsero anche i suoi discorsi (hadith), oltre a dei commentari su alcuni passaggi oscuri del Corano e a dei consigli relativi al culto o ad esempi di morale quotidiana.
L'insieme degli hadith costituisce la Tradizione (al-Hadith); insieme ai modelli di azione e di comportamento del Profeta, essa costituisce la "Sunna", che è una regola d'azione a partire dal modello di vita del Profeta stesso.
Siccome il Corano non stabilisce delle modalità di vita e di preghiera, non soddisfa le esigenze particolari di culto dei singoli uomini; non indica, dunque, i caratteri specifici della vita religiosa islamica. La Sunna soddisfa queste esigenze e completa la predicazione coranica, assumendosi il compito di articolare la vita religiosa, modellata a somiglianza di quella del Profeta. 
La Sunna ha dunque un grandissimo valore per la religione musulmana, indirizzando il culto verso una dimensione razionale, nel tentativo di fondare una concezione del mondo, espressione di una totalità teorico-pratica. Il Corano, secondo i musulmani e Wahy Matlu è rivelazione esplicita; la Sunna è "rivelazione implicita o non espressa". Essa è di tre specie: tratta dai detti del profeta, dai suoi fatti o anche dal suo tacito assenso.
 L'imponente insieme degli Hadith che compongono la Sunna è stato scrupolosamente studiato dai teologi e dai dottori dell'islamismo, gli Ulema, che li divisero in tre gruppi: autentici, probabili, dubbi. Un hadith è autentico quando è stato approvato da tutti i dottori (è la regola del consensus omnium o ijma; questa regola si applica anche all'esegesi del Corano). Così si elaborarono i 16 libri Canonici degli Hadith : quelli di Al-Bokhari (morto nell'870), di Moslim (morto nell'875), di Abu-Daud (morto nell'888), di An'Nasàj (morto nel 915), di At-Tirmidhi (morto nell'892) e di Ibn-Maja (morto nell'896).

L'esegesi del Corano. L'interpretazione del Corano è stata compiuta in gran parte in relazione alla Sunna e allo Hadith; il commentario più importante è quello dell'iraniano At-Tabari nato a Amal nel nord della Persia (nell'839) e morto a Bagdad nel 923 (Commentario completo del Corano in 30 volumi). Come tutti gli altri dottori At-Tabari rifiuta ogni interpretazione individuale ed accetta soltanto la regola dell'ijma: egli è il padre dell'esegesi ortodossa del Corano.
Tra le altre scuole coraniche, quella dei Mu-Taziliti (IX secolo in Iraq) rivendica l'interpretazione individuale quando l'ijma non è soddisfacente (principale rappresentante l'iraniano Az-Zamakhshari, morto nel 1144); la scuola dei mistici persiani (esempio Ar-Razi morto nel 1209), si allontana ancor di più dalla tradizione sunnita.

*    Il Fiqh. Il Fiqh è l'equivalente di un diritto canonico, ma supera nettamente il campo teologico. Questo edificio giuridico-religioso, è in teoria intangibile in virtù del principio dell'ijma e secondo un proverbio arabo: La porta dell'interpretazione individuale fu chiusa.
Esso è opera degli ulema suddivisi in quattro scuole: 
*    la scuola Hanafita, fondata da Abu-Hanifa (699-767), che predomina in Turchia, Pakistan, Cina, Indonesia; 
*      la scuola malikita, fondata da Malik ben Anas (713?-795), che predomina in Africa del Nord, in alto Egitto e in Africa Occidentale; 
*    la scuola chafiita, fondata da Ach-Chafi'i (767-820) che predomina in Arabia del Sud, Basso Egitto, Africa Orientale Australe, Palestina;
*    la scuola Hanbalita, fondata da Amei bed Hubal (780-855), che predomina nell'Arabia Saudita.
I giureconsulti musulmani sono chiamati muftì (in Iran mollahi, in Turchia khodja): essi sono autorizzati a risolvere le polemiche. Non devono essere confusi con i magistrati incaricati di applicare la legge del muftì: i cadì.


Allah e i profeti. 
Elemento centrale dell'Islam è il carattere monoteistico della dottrina: l'affermazione di un unico Dio che domina il mondo e nello stesso tempo lo trascende.
Allah è il solo dio e Maometto il suo profeta; questa è la professione di fede che ogni musulmano deve enunciare con sincerità.
Allah, o più esattamente Al-llah colui che è degno di essere adorato è il Dio che si è rivelato agli uomini nelle "104 scritture sacre", di cui solo 4 sono rimaste: il Pentateuco degli Ebrei, i Salmi di Davide, il Vangelo di Gesù ed il Corano di Maometto. Il Corano è considerato la più completa e la più perfetta di tutte le Scritture.
Il monoteismo musulmano è analogo a quello degli Ebrei: i profeti ispirati da Dio sono tutti uomini, compreso Gesù. Non vi è nell'islamismo un Dio in tre persone, come nel cristianesimo, ma un Dio di cui l'unità è perfetta.
Qualità positive di Dio sono: vita, sapere, potenza, volontà, udito, vista, parola. L'onnipotenza di Dio annulla ogni legge naturale, si staglia su tutti i fenomeni della vita umana. I profeti sono in particolare enumerati nella sura VI (i Greggi), versetti da 84 a 89: Noè, Abramo (che ha fondato il santuario della Kaaba), Davide, Salomone, Giobbe, Giuseppe, Mosè, Aronne, Zaccaria, Giovanni, Gesù, Elia, Ismaele, Eliseo, Giona, Loth e finalmente Maometto.
Tali furono coloro ai quali rivelammo le Scritture, la Saggezza ed il dono di Profezia. Se la loro posterità disprezza questi benefici, noi li faremo passare ad una nazione più riconoscente (Corano , VI/89).
A parte Maometto, tutti questi profeti sono ebrei; ma il Corano cita anche,a varie riprese, dei profeti arabi (Salih, Hut).

Dio è puro spirito e le espressioni: viso di Allah, trono di Allah, mano di Allah devono essere prese in senso simbolico e metaforico. Come abbiamo già detto, egli è creatore onnipotente di tutto ciò che esiste, compreso l'uomo; le sue decisioni sono impenetrabili e riguardano la sorte di tutte le creature. Da ciò il tradizionale fatalismo musulmano. Ciononostante è necessario sottolineare che il Corano non sopprime il libero arbitrio, al contrario, è una delle "cinque basi della fede": la grazia, la salvezza è accordata in ricompensa ai fedeli; l'onnipotenza divina si accorda con la libertà umana.

Angelologia e mitologia musulmane.
Gli arcangeli siedono attorno al trono di Allah: Gabriele, il messaggero divino che ispirò Maometto, Michele, l'amico degli Ebrei, Azraele, l'Angelo della morte, che separa l'anima dal corpo e che esegue gli ordini temibili di Dio, infine Israfil (o Uriele), incaricato di suonare la tromba per annunciare la risurrezione e il Giudizio Universale. Un nugolo di angeli minori sostiene il trono di Allah, lotta contro i suoi nemici, si fa intermediario fra gli uomini e Dio, ecc.; sulla terra errano i geni (dijnn) buoni o cattivi, il cui capo è Iblis (equivalente di Satana) che corre per il mondo alla ricerca di un'anima da divorare.
Di fatto questa angelologia è limitata. L'islamismo, rigida religione nata da una reazione contro il paganesimo, che rifiuta ogni figurazione della divinità, ogni idolo, non ha praticamente mitologia.
Ciononostante esiste nella setta sciita una venerazione particolare nei riguardi di Alì (cugino e genero del Profeta) e dei suoi undici discendenti (i Dodici Imam, setta dei duodecimani).  Le credenze astrologiche sono molto diffuse e gli esseri sovrannaturali, più o meno malefici, riempiono molti racconti popolari: i ghul allontanano i viaggiatori dalle carovane prendendo le sembianze di un amico o di un parente, poi, dopo averli attirati in un luogo appartato, li divorano; i palis assorbono il sangue della loro vittima leccandole la pianta dei piedi; il nasnas prende la forma di un infermo che chiede al viaggiatore di essere trasportato sulle sue spalle per passare un corso d'acqua e che lo stringe allora con le sue lunghe gambe e lo annega; le donne partorienti sono attaccate dal demone Al , che divora loro il fegato e le dilania, ecc. La maggior parte di questi demoni vivono, secondo le leggende, nella "valle dell'Angelo della morte" fra Teheran e Isfahan.

La vita futura. Le credenze dei musulmani, riguardo al destino dell'anima, provengono da rielaborazioni popolari di alcuni passi del Corano. L'anima è immortale ed è destinata o all'inferno o al paradiso; un angelo, detto "della morte", ha il compito di eseguire la separazione dell'anima dal corpo. Il cadavere inanimato, una volta sepolto senza bara, riceverà da Dio i sensi della parola e dell'udito, per essere in grado di rispondere alle domande degli angeli Munkar e Nakir; si consuma così la prova di fede che, in caso di risultato negativo, imporrà la pena del sepolcro perpetuo. I profeti e i martiri godranno direttamente il benessere del paradiso, dove verranno accolti nel ventre di bellissimi uccelli verdi. In un livello intermedio, (Al-Barzak), saranno destinati coloro che, sulla bilancia dell'estremo giudizio musulmano, risulteranno né troppo buoni, né troppo cattivi. Le altre anime attendono il momento, il Giudizio Universale annunciato dalle trombe di Israfil. Numerose sure descrivono ciò che sarà questa fine del mondo e sembra che Maometto abbia fermamente creduto che avrebbe assistito a questa apocalisse, di cui prende i principali tratti dalla corrente del pensiero giudeo-cristiano. Il cataclisma cosmico accompagnerà un gigantesco terremoto, il fuoco discenderà dal cielo; allora i morti risusciteranno, le anime raggiungeranno i corpi che avevano lasciato al momento della prima morte, comprese le anime degli animali tormentati dagli uomini e quella della Mawuda, la fanciulla sepolta viva (simbolo delle innocenti vittime della barbarie umana); i morti risuscitati sfileranno allora davanti ad Allah, i buoni separati dai cattivi e la rassegna, la lettura del Libro  ove ogni anima sarà giudicata per le sue azioni, comincerà. Gli increduli, i perversi e gli empi andranno all'inferno, compreso Iblis, l'angelo decaduto;  .. Essi avranno abiti di fuoco e si verserà sulla loro testa acqua bollente. Essa divorerà la loro pelle e le loro viscere. Essi saranno colpiti con bastoni armati di ferro. Tutte le volte che il dolore li farà fuggire dalle fiamme,  essi vi saranno risospinti e si dirà loro: provate la pena del fuoco (XXII/20-22). Le calamità che attendono i cattivi sono ampiamente descritte nel Corano; i piaceri del paradiso, luogo meraviglioso ove un'acqua fresca scorre fra le palme e i prati, non lo sono da meno. Le beatitudini sono descritte come un eterno banchetto ove i credenti si distendono su morbidi strati rivestiti di broccato e di seta; essi bevono una bevanda celeste che non inebria, servita da efebi, e si svagano con vergini che diventano le loro spose celesti, le "uri" dai seni di alabastro, dai begli occhi neri.Le prescrizioni pratiche dell'islamismo (Din).  Il fedele regola la propria vita con alcune norme pratiche che rivelano la particolare dedizione alla religione del Corano. Queste prescrizioni pratiche, ancora oggi in vigore, sono particolarmente osservate dall'uomo di religione islamica, il quale celebra il suo sacrificio con gioia e ascetica disposizione.

1) la Shahada (professione di fede) è la formula coranica che introduce nella comunità islamica: «Non c'è alcun Dio all'infuori di Allah: Maometto è il suo profeta»; 2) la preghiera rituale (salat) da compiersi in cinque momenti fissi della giornata: il venerdì, a mezzogiorno, deve essere recitata nelle moschee più importanti; 3) l''elemosina di legge', espressione della solidarietà islamica; 4) il digiuno del mese di Ramadan, che consiste nell'astenersi, dall'alba al tramonto, dal mangiare, dal bere e dall'avere rapporti sessuali; 5) il pellegrinaggio alla Mecca, da compiersi almeno una volta nella vita. Un ulteriore impegno per il credente è la 'guerra santa' (gihad) contro i pagani che rifiutano la conversione (ma non contro i fedeli delle religioni monoteistiche: cristiani, ebrei e zoroastriani).  

1) La preghiera (Salat). E' il primo dovere del musulmano, che deve pregare cinque volte al giorno: prima e dopo il sorgere del sole, a mezzogiorno, prima e dopo il tramonto del sole; la preghiera può essere rivolta a Dio in un luogo di prosternazione (masjid = moschea) o in tutt'altro luogo; non è raro vedere, nei paesi musulmani, i lavoratori pii prostrarsi sul loro luogo di lavoro. L'appello alla preghiera (adhan) è annunciato da un muezzin dall'alto del minareto (torre che fiancheggia una moschea). I termini invariabili dell'adhan, enunciati in arabo anche nei paesi musulmani ove la lingua comune non è l'arabo (Pakistan, Turchia, Iran, ecc.), sono i seguenti:  Allah è il più grande. Attesto che non vi è Dio al di fuori di Allah. Attesto che Maometto è il messaggero di Allah. Venite alla preghiera. Venite alla salvezza. Allah è il più grande. Non vi è Dio al fuori di Allah. La formula: Allah è il più grande si dice in arabo: Allah akbar.La preghiera musulmana è preceduta da un rito di abluzione: il viso, la testa, le braccia fino ai gomiti e i piedi fino alle caviglie nel caso dell'abluzione minore; il corpo intero, dopo ogni tipo di rapporto, relazione o comunque contatto di natura sessuale: è l'abluzione maggiore. Se manca l'acqua si utilizza della sabbia. 

La preghiera comprende sette movimenti rituali accompagnati dalla recitazione delle formule liturgiche:  1.  Il credente stende le mani da ogni lato del suo viso e recita la formula Allah akbar. 2.  Il credente, sempre in piedi, recita la Fatiha (prima sura del Corano): Nel nome di Allah, benefattore misericordioso. Lode ad Allah, signore dei mondi Benefattore misericordioso,/ Sovrano del giorno del Giudizio! Te noi adoriamo, a Te domandiamo aiuto! Conduci noi sulla Retta Via,  la Via di coloro ai quali Tu hai dato i Tuoi benefici,  che non sono né l'oggetto del Tuo cruccio né gli smarriti 3.  Inclinazione delle anche. 4.  Il credente si rialza. 5.  Si lascia scivolare dolcemente sulle ginocchia e si prostra, con il viso per terra. 6.  Si siede sui talloni. 7.  Seconda prostrazione, con il viso al suolo. La preghiera si compie nella direzione de La Mecca, che è il "punto di adorazione" (kibla). Il venerdì, che è per i musulmani l'equivalente della nostra domenica, gli uomini devono andare alla moschea per partecipare alla preghiera diretta dall'imam. 2) Il digiuno durante il mese di Ramadan. Il digiuno fu istituito da Maometto a Medina, quando decise di differenziarsi completamente dalle usanze religiose ebree, le quali prescrivevano un digiuno, il Kippur, meritorio ma non obbligatorio. (Il mese di Ramadan è il nono del calendario musulmano). É un digiuno parziale che impone a tutti i fedeli, fra l'aurora e il crepuscolo, l'astensione completa dal cibo, dalle bevande e dalle relazioni sessuali. Ne sono dispensati i vecchi e i bambini di meno di dieci anni, le donne incinte, le donne al momento delle loro mestruazioni, i malati. Il digiuno termina con la festa dell' A'id ac-caghir (la rottura del digiuno). 70 giorni dopo ha luogo l' A'id al-kabir che è l'ultimo giorno dell'anno musulmano (il calendario è lunare): esso é seguito dalla festa del primo mese dell'anno nuovo, il Moharram . Tutte queste feste religiose danno luogo a festeggiamenti. 3) Lo Zakat. E' un'elemosina obbligatoria per ogni musulmano: serve principalmente come aiuto destinato ai poveri e alla diffusione, pacifica o armata, dell'islamismo. Essa derivò da elargizioni volontarie che Maometto distribuiva ai poveri, o usava per le proprie battaglie religiose. 4) Il Pellegrinaggio a La Mecca. Esso deve essere compiuto da ogni Musulmano almeno una volta nella vita. Durante il pellegrinaggio si celebrano feste imponenti, nelle quali vengono ripetuti dei tipici rituali: visita della Kaaba, bacio della pietra nera, processione e corsa, tra le due colline di Safa e Marwah, a La Mecca.  - 

Tutti i musulmani sono circoncisi (non è una prescrizione coranica, ma un'usanza); la circoncisione ha luogo generalmente prima dell'età di dodici anni.  - I divieti alimentari sono numerosi: le bevande alcoliche, la carne di maiale, la carne di animali morti naturalmente o uccisi contrariamente ai riti sono proibiti.  - La rappresentazione delle immagini umane è proibita; non è una proibizione coranica, ed è attualmente molto poco osservata.  - La guerra santa ( jihad ) è sia una lotta interna che deve condurre il credente contro le proprie passioni e i suoi istinti pagani, che una lotta esterna, di carattere militare, contro i pagani, i politeisti e gli idolatri. Questa definizione della jihad sembra non applicarsi alle guerre contro i popoli monoteisti (ebrei e cristiani). 

Ciò nonostante l'ultima guerra santa fu predicata nel 1914 dal sultano di Turchia contro gli Alleati. Ogni credente deve sposarsi ed assicurare la propria discendenza.  Contrariamente a ciò che si crede in generale, è raccomandata la monogamia, e la poligamia è solo permessa. Per poligamia bisogna intendere sia la poligamia legale (un musulmano ha diritto, al massimo, a quattro spose), che la poligamia di fatto, che riguarda le concubine (il numero di concubine non è limitato). Il velo, imposto dal Corano alle donne, tende ad essere abbandonato nei paesi musulmani più evoluti, ma in alcuni di essi  è stato restaurato per legge. 

La vita del Profeta (Sira) ci è nota soltanto grazie alla tradizione islamica, come la vita di Gesù tramite la religione cristiana; in altri termini, la leggenda dorata si fonde costantemente con i racconti storici ed è difficile intraprendere una sintesi oggettiva. Si deve ad un fedele di Medina, morto verso il 769 (più di 130 anni dopo la morte di Maometto), chiamato Ibn-Ishaq, un Riassunto della vita edificante di Maometto, riassunto coerente e seguito dalla tradizione; anche il Corano contiene numerose allusioni biografiche. Prima della Egira.  La famiglia del Profeta. L'anno di nascita di Maometto non è molto chiaro, e l'unica data sicuramente attendibile della sua cronologia è il 622 d.C., anno in cui emigrò nella città di Medina. Si sa comunque che iniziò la sua missione religiosa a quarant'anni e avendo predicato per dieci anni a La Mecca, sua città natale, si può supporre che la sua nascita sia avvenuta circa 50 anni prima dell'Egira, ovvero intorno al 570 d.C. La famiglia del Profeta è abbastanza agiata, ma il padre Abdallah muore dopo solo due mesi dalla nascita di Maometto e la madre Amina dopo circa 6 anni. Rimasto orfano, il giovane Profeta, allevato dallo zio Abu-Talib (morto nel 620), soffre la precarietà di una vita senza agiatezze. Già in questo primo periodo della sua vita, Maometto risente dell'influsso della religione araba ed ha costantemente di fronte a sé il grandioso  scenario del pellegrinaggio a La Mecca, dove vede convenire arabi di ogni religione da ogni parte del paese. Nel 595 egli sposa Khadidya, una ricca vedova de La Mecca, maggiore di quindici anni, dalla quale ottiene l'appoggio morale di un forte spirito femminile. Da Khadidya egli ha 6 figli, dei quali sopravvive soltanto Fatima, la figlia prediletta del profeta. In questo periodo egli intraprende alcuni viaggi che gli permettono di conoscere gli aspetti dei culti religiosi giudaico e cristiano. Khadidya muore nel 619 e Maometto sposa Aicha, figlia del suo amico Abu-Bakr, di appena 9 anni; in seguito contrasse parecchie unioni, più per motivi politici che affettivi, ma Aicha resterà fino alla morte la sua sposa preferita. La figlia Fatima sposa Alì, figlio di Abu-Talib, che era genero e cugino germano di Maometto.  La rivelazione e l'inizio della predicazione. Non abbiamo alcun dato sui quindici anni che seguono il primo matrimonio di Maometto (595-610): certamente - pur dedicandosi al commercio - egli meditò sulle sue inquietudini religiose, maturando la crisi mistica che determinò poi la sua missione profetica.  Verso i quarant'anni egli ha le prime ansie mistiche: crede di vedere comparire l'arcangelo Gabriele che lo persuade della sua missione profetica. Egli confida le sue visioni a Khadidya, la convince. Ma questa sarà la sola, insieme ad un piccolo gruppo di fedeli fra cui Abu-Bakr, Omar ed il genero Alì, a sostenerlo nei primi tempi della sua predicazione. Dopo la morte di sua moglie avrebbe avuto luogo il Miraj, l'ascensione di Maometto: guidato da Gabriele egli sarebbe stato trasportato a Gerusalemme, poi si sarebbe elevato attraverso i sette cieli, glorificato dai profeti dell'Antico e del Nuovo Testamento: Abramo, Mosè, Gesù, Giovanni, Enoch.  I primi anni della predicazione del profeta sono caratterizzati da diffidenze e ostilità: schernito come visionario, impostore, indovino e poeta (i poeti nell'antichità araba erano considerati una maledizione), è avversato soprattutto dal ceto dei commercianti , i Quvaish, che temono per la loro supremazia economica.  L'Egira. La predicazione di Maometto, che annunciava il Giudizio universale (il giorno di Jahvé secondo gli Ebrei), fu dunque accolta a La Mecca da canzonature e sollevò anche l'ostilità del partito conservatore. Maometto si rivolge allora agli abitanti della città di Yathrib che gli erano più favorevoli, ma la sua situazione continua ad essere difficile, tanto che i suoi pochi fedeli sono costretti a rifugiarsi presso il re cristiano di Abissinia. A La Mecca, il partito dei nemici di Maometto diventa sempre più potente e pericoloso, e questo lo obbliga a fuggire dalla sua città natale con i discepoli rimasti, il 24 settembre 622. Questa fuga (in arabo Hijra ) è chiamata l'egira.  Maometto giunse a Yathrib: in seguito la città cambiò nome e venne chiamata Madinat-el-Nebi (la città del Profeta), in italiano Medina.  Nel 639 il califfo Omar decise che l'anno dell'egira avrebbe segnato il punto di partenza del calendario musulmano. Dopo l'Egira.   La lotta contro La Mecca. Giunto a Medina, Maometto non è più un predicatore isolato ma un vero capo religioso. Egli estende la sua influenza agli ebrei e ai pagani di Medina, ai quali impone, con una politica intellettuale, l'osservanza di alcune regole di vita musulmana. Nel primo anno di vita a Medina emana un editto per regolarizzare le norme di convivenza attraverso il superamento della tribù come elemento di base nella società, avviando così il primo passo essenziale verso la costituzione dello stato musulmano. Il secondo articolo di questo editto, infatti, affermava un concetto fondamentale dell'Islam: la sostituzione dell'unità tribalista con l'unità religiosa. Sempre a Medina, Maometto riforma la legislazione della città, costituisce la prima moschea e, nel 624, intraprende una campagna contro gli abitanti de La Mecca ed in particolare contro i Quvaish, suoi nemici da sempre. A Badr (località a circa 105 km. da Medina) avviene il primo scontro di notevole entità con i Quvaish, rimasto nella tradizione islamica come un evento storicamente famoso. I musulmani, largamente in minoranza, riescono a sconfiggere i Quvaish, forse un migliaio, dopo una battaglia assai cruenta nella quale cadono circa un centinaio di persone. La vittoria viene attribuita dai musulmani al favore divino e coloro che vi hanno preso parte sono dunque glorificati dai fedeli. Questo evento dà l'opportunità a Maometto di fissare le norme relative alla guerra santa, ufficializzando così l'obbligo morale per il popolo islamico di combattere, come nemici, gli infedeli. Dopo il successo di Badr, le forze musulmane dovettero subire una lieve sconfitta a Ohod, dove venne ucciso lo zio di Maometto, Hamzah. Il profeta riuscì comunque a rianimare i suoi e quando i Quvaishiti, nel 627, con circa 10.000 uomini, assediarono Medina, li sconfisse con un abile esempio di tecnica militare: seguendo il consiglio del persiano Salman, divenuto poi nella tradizione un famosissimo personaggio, fece scavare intorno alla città un fossato, che gli permise di difenderla e mettere in scacco il nemico. L'obiettivo di Maometto era, in ogni caso, la conquista de La Mecca, già da lui dichiarata il centro dell'Islam. Nel 628 (6º anno dell'egira) egli stipula una tregua con i Quvaishiti, nella quale si prevedono dieci anni di non belligeranza e la libertà di alleanza con qualunque popolo. Ottenuto il permesso di entrare a La Mecca, il profeta svolge nel 629 il cosiddetto pellegrinaggio minore con duemila musulmani, procacciandosi le prime simpatie nella città a lui precedentemente così ostile. Il momento di conquistare la città nemica è finalmente arrivato. Maometto, dopo aver rotto la tregua con un pretesto, nel mese di Ramadan dell'ottavo anno dell'Egira (gennaio 630), marcia contro la Mecca ponendo fine alla ormai agonizzante resistenza dei Quvaishiti, che gli aprono le porte senza combattere. A La Mecca conferma il suo spirito diplomatico, non si abbandona ad alcun saccheggio, strage, o vendetta; distrugge gli idoli pagani, ma mantiene il culto della pietra nera, consacrando così la città alla ormai dilagante religione islamica. Inoltre si assicura, con un undicesimo matrimonio con la figlia di un capo de La Mecca, gli ultimi legami di cui ha bisogno per consolidare la sua autorità.  Il pellegrinaggio. Da abile politico quale è, Maometto non sopprime il pellegrinaggio pagano che si svolge a La Mecca, ove si adora, nel tempio della Kaaba, la pietra nera. Questo pellegrinaggio è un vero simbolo di unione, poiché tutte le tribù nomadi vi si ritrovavano. Egli lo conserva, ma gli dà un significato esclusivo, avendo raccomandato Dio ad Abramo:  ... di non ammettere affatto idoli e di purificarlo per i fedeli che faranno il giro della sua cinta, che vi pregano e che si inchinano davanti al Signore (Corano , sura XXII, versetto 27). Nel 632, l'ultimo anno della sua vita, Maometto compie il trionfale pellegrinaggio a La Mecca, nella quale viene accolto da dominatore, ormai al culmine della sua carriera politica e religiosa. Questa data segna anche il primo pellegrinaggio esclusivamente musulmano. Maometto morì l'8 giugno 632, di una pleurite, a Medina. Venne seppellito sul posto ove si trovava il suo letto di morte. Questa stanza fu in seguito collegata alla moschea. La leggenda racconta che Fatima, sua figlia, prese un po' di polvere che copriva la bara e gridò:  Quando si è sentita la polvere della sua tomba, si può trovare odore ai profumi più squisiti? La morte di Maometto fu una perdita irreparabile per tutta la comunità islamica; la sua figura venne glorificata e la sua azione considerata il massimo della perfezione sovrumana.   

SUNNITI E SCIITI.  I due primi califfi che succedettero a Maometto, furono scelti fra i compagni del Profeta che l'avevano seguito a Medina: Abu-Bakr (632-634) e Omar (634-644). Con Otman (644-656), diventa potente il partito de La Mecca: Otman appartiene infatti al ricco clan degli Ommiadi, fino ad allora tenuto in disparte dal potere. Egli morì assassinato, vittima dei mille conflitti che agitavano il mondo musulmano la cui unità era ancora fragile. Il genero di Maometto, Alì, gli successe nel 644 e si oppose immediatamente all'ommiade Moawia; Alì, sostenuto dagli Iraniani e dai Mesopotamici, fu vinto nel 657 nella battaglia di Siffin, da Moawia, sostenuto dai Siriani; egli fu assassinato nel 661: il posto era libero per la dinastia degli Ommiadi che doveva dominare l'Islam per quasi un secolo. Questa divisione politica causò una divisione religiosa. Il partito di Alì (in arabo sci'a, da cui il termine sciita ) considera i primi tre califfi degli usurpatori e venera i successori legittimi di Alì. Gli sciiti sono predominanti in Iran e in Iraq (Mesopotamia); ma si trovano pure nello Yemen, nel Libano e in India. Essi rappresentano tuttavia una setta minoritaria nell'Islam: meno del 10% di tutti i musulmani (quasi tutti gli altri sono sunniti).
Le prime ribellioni sciite furono soffocate nel sangue dalla repressione ommiade. Era evidente, sin d'allora, il profondo contrasto tra la tradizione musulmana e le minoranze sciite, le quali si andavano sempre più affermando come movimenti di opposizione religiosa. Le credenze e dottrine fondamentali della sci'a pongono le loro basi su due elementi fondamentali: Imam e Mahdi. Imam è una parola araba che indica colui che dirige la preghiera, dunque il capo supremo, la più alta personalità religioso-politica; dotato di una trascendente infallibilità, l'Imam non è un semplice mortale, ma è privilegiato da una particolare immanente assistenza divina. Il Mahdi introduce nella religione islamica, o meglio in una setta islamica, il concetto di salvatore futuro del mondo, concetto di derivazione giudaica. Mahdi è infatti colui che verrà a debellare la malvagità e l'ingiustizia dal mondo; la sua immensa bontà, rimasta nella fantasia degli sciiti, è indice di un migliore destino e di una sicura guida verso l'affermazione della giustizia. La peculiarità religiosa della sci'a è il prodotto di questi due elementi fondamentali che, al di là delle differenti tendenze interne, rappresentano i fili conduttori del culto sciita.  
Fra gli sciiti si trovano numerose sette fra cui le principali sono le seguenti:  gli imamiti , che pensano che il dodicesimo discendente del Profeta, il dodicesimo imam, apparirà di nuovo prima del Giudizio Universale sotto una forma che ricorda il Messia e che essi chiamano il Mahdi;  I duodecimani , che arrivano al punto di adorare i dodici imam come incarnazioni successive della divinità;  gli ismailiti , la cui setta è nata nel IX secolo, che formano un gruppo a parte in seno allo sciitismo. Essi professano una teologia particolare: Dio non ha creato direttamente l'universo bensì la ragione universale, che ha generato, a sua volta, l'anima universale, a partire dalla quale sono stati prodotti la materia fondamentale, lo spazio e il tempo; da questi cinque principi è nato l'universo. Il compito religioso dell'uomo è quello di ritrovare la ragione universale che si incarna periodicamente in un personaggio particolare, la cui venuta al mondo è accompagnata da quella di un profeta: Adamo, Noè, Alì, gli Imam. La religione definitiva è, secondo gli ismailiti, quella dell'Imam Ismail (verso il 770), da cui la setta deriva il suo nome (da non confondere Ismail con Ismaele, il figlio di Abramo e della sua serva Agar, di cui gli Arabi del Nord si consideravano i discendenti).
Il capo spirituale degli ismailiti è l'Aga Khan. Agli ismailiti si ricollegano: i Drusi (popolo siriano la cui religione comprende inoltre un elemento sufi); gli assassini (hashashin o mangiatori di hashish) la cui setta forte e potente, fondata nel 1090 da Hassan-ben-Sabbah, fece regnare il terrore in Iran e in Siria fino alla sua dispersione effettuata dal sultano Mameluk; i Karmati (setta fondata nell'887; dottrine panteistiche e socialiste); gli Zaiditi (Yemen), che credono anche ai dodici Imam, ma non riconoscono loro nessun carattere sovrannaturale (di tutti gli sciiti, gli zaiditi sono coloro che si avvicinano di più ai sunniti).  I sunniti cioè coloro che seguono rigorosamente la Sunna (la tradizione), rappresentano la stragrande maggioranza dell'Islam attuale (più del 90% dei musulmani). Essi accettano i primi tre califfi come legittimi; adottano la rigida versione otmaniana del Corano, e si ricollegano ad una delle quattro scuole ortodosse citate sopra. Essi riconoscono alla Sunna un'autorità pari a quella del Corano e, ben inteso, non venerano i dodici Imam.  A fianco dei sunniti e degli sciiti, vi sono nell'islamismo, come in ogni religione, numerose sette (Maometto ne prediceva 72), di cui ecco le principali: i kharigiti (dissidenti) . Sono gli oppositori fanatici all'ascesa di Alì al califfato (fu proprio un kharigita che l'assassinò nel 660); ai nostri giorni questa setta, che fu una specie di terza forza fra i sunniti e gli sciiti nel VII secolo, è quasi completamente estinta; si trovano alcune comunità kharigite a Zanzibar, in Tunisia (Gerba), e in Algeria (Mzab); i mutaziliti sono piuttosto dei filosofi influenzati dal neoplatonismo (essi hanno sostenuto la teoria della libertà umana). A loro opposti, i murigiti rappresentano una tendenza fatalistica che vede, nella predestinazione e nella fede, le condizioni necessarie e sufficienti della salvezza individuale; i wahhabiti. Le sette wahhabite devono il nome a Muhammad Abd-Wahhab, fondatore e principale condottiero. I wahhabiti imposero una interpretazione molto rigida del Corano, all'insegna del più severo monoteismo. Contrari ad ogni modernismo, i seguaci di questa setta proibivano ogni lusso (tabacco, ornamento delle moschee), il culto dei santi ed ogni forma di lassismo morale; spesso portati alla violenza, i wahhabiti arrivano al punto di distruggere monumenti e saccheggiare la tomba di Maometto. Gli yazidi sono eretici musulmani che si trovano soprattutto nel Kurdistan (regione di Mossul) e in Armenia. La loro religione è una sintesi di giudeo-crstianesimo e di islamismo: la divinità suprema è immutabile ed inattiva, è un agente creatore di Dio, un demiurgo che ha costruito l'universo. Questo angelo creatore non è altro che Iblis (Satana) che è dunque una potenza benefica (gli yazidi sono stati soprannominati per questo gli adoratori del Diavolo). Gli yazidi venerano particolarmente lo sceicco Adi-ben-Musafir, un mistico morto nel 1155.
IL SUFISMO.  Il termine deriva dall'arabo suf "lana"; originariamente si dava questo nome agli asceti che portavano un vestito di lana ordinaria, in segno di rinuncia alle vanità del mondo. Verso la fine del VII secolo e all'inizio dell'VIII secolo, in Persia, molto più che nei deserti dell'Arabia, appaiono degli asceti, paragonabili ai primi eremiti cristiani e che sono all'origine di quel movimento mistico che è stato chiamato sufismo. Fra i grandi nomi del sufismo, bisogna citare: Rabiia-al-Adawiuya (morta nell'801), che visse e morì a Bassora, ove insegnava poeticamente una dottrina dell'amore mistico (il fatto di annoverare una donna fra i suoi fondatori è una delle peculiarità del sufismo); l'egiziano Dhu'I-Lun Misri (morto verso l'859), un teosofo; Al-Hallaj, il martire mistico di Bagdad (morto nel 922); il mistico persiano Abu Sa'id-ibn-Abiib-Khayr (morto nel 1047); Jaial ad-Din-Rumi (1207-1273), nato a Balkh, nel Khorassan (che fondò la setta del dervisci) la cui danza inebriante simbolizza sia il movimento circolare degli astri, sia la rivoluzione interna dell'anima grazie all'estasi (l'opera principale di Rumi è il Mathnawi). L'idea fondamentale del sufismo ha per origine non soltanto alcuni passaggi del Corano, ma anche le numerose tesi più gnostiche, panteistiche, ecc. che circolavano nel mondo bizantino, e anche il buddismo. La dottrina sufista è una dottrina dell'unità: la totalità delle cose create, compreso l'uomo, non è che un'immensa manifestazione della divinità. Questo panteismo condiziona il destino umano. Lo scopo del saggio sufista è quello di raggiungere una completa immersione dell'io individuale nella sostanza universale. Questa immersione (fana) si compie passando per tre tappe: l'osservanza della legge, alla quale il sufista obbedisce non per timore, ma per amore di Allah; l'ascetismo, la preghiera e la meditazione (è ciò che il sufismo chiama la Via); infine il raggiungimento della certezza assoluta, paragonabile alla beatitudine del buddista che raggiunge il nirvana. Il sufismo ha alimentato - ed alimenta ancora - la filosofia e la poesia dell'islamismo: il filosofo Al-Ghazali (morto nel 1111) ha tentato di effettuare una sintesi dell'islamismo ortodosso e del sufismo; le poesie di Omar Khayyam celebrano l'estasi attraverso la quale il sufista raggiunge la beatitudine divina. Non bisogna credere che l'islamismo sia rimasto paralizzato in una tradizione puramente coranica; come tutte le grandi religioni del mondo, ha subito nella nostra epoca importanti trasformazioni.  
Nel Pakistan, un riformatore, Mirza Ghulam Ahmad (1835-1908), fondò, nel 1880, una nuova setta che si basava su una sintesi dell'islamismo, dell'induismo e del cristianesimo. Proclamava specialmente che Gesù - come il Mahdi degli sciiti - non era morto sulla croce, ma aveva lasciato clandestinamente la Palestina per trasmettere il suo messaggio ad altri popoli prima di morire all'età di centovent'anni. Questa setta si chiama ahmaddiya; essa ha inviato dei missionari in Europa (vi sono delle moschee a Southfields, a Londra ed in Africa). La riforma modernista è lo scopo principale della setta chiamata salafiyya . Il suo principale rappresentante è lo sceicco Muhammad Abduh, che insegnò all'università Al-Azhar, al Cairo, ed animò la rivista Al Manar (Il faro) a partire dal 1857; proclamò che un ritorno sincero e rigoroso al Corano e alla Sunna avrebbe consentito l'integrazione dell'Islam nel mondo contemporaneo. Lo sceicco Abduh ha cooperato con l'afgano Sayyd Ahmad Khan (1817-1898), creatore del panislamismo. Il modernismo si ritrova anche nel commentatore contemporaneo, lo sceicco Al-Maraghi, che tende a mettere sotto gli occhi dei credenti (egli si rivolge agli Egiziani) una esegesi modernizzata del Corano, spogliata delle sue armature scientifiche tradizionali. Ad una tendenza vicina alla setta salafiyya si ricollega la scuola dei Fratelli musulmani (fondata nel 1945 in Egitto): essa sostiene che è possibile edificare, sul Corano, una società adattata al mondo moderno e senza classi sociali.   Il movimento anticoranico nell'Islam. Si può superare il Corano in due modi: sia annunciando la venuta di un altro profeta, più grande di Maometto, che purificherà la religione e la società, sia sviluppando una ideologia anticlericale. Alla prima tendenza appartiene la religione fondata dall'iraniano Mirza Alì Mohammed (1820-1850), nato a Sciraz e che si chiama babismo (da Bab: la porta); Mirza Alì Mohammed annunciava un libro sacro destinato a sostituire il Corano; egli fu fucilato a Tabriz, il 9 luglio 1850, per ordine dell'imperatore di Persia. Un discepolo di Bab, Mirza Husayn Alì (1817-1892), trasformò il babismo in una religione chiamata beaismo (da Beha-Ollah, gloria di Dio); questa setta esiste ancor oggi, essa ha come capo un protettore che ha parlato nel 1947 all'Organizzazione delle Nazioni Unite. La comunità beaista ha per centro amministrativo Haifa. L'altra tendenza anticoranica è quella dei marxisti, che denunciano nel Corano un ostacolo all'evoluzione della società degli uomini e che rimettono in questione le strutture di tutta la società musulmana.
Alla fine di questo capitolo sull'Islam, non si può passare sotto silenzio l'improvviso risveglio di religiosità in atto in tutti i paesi musulmani, accompagnato, in molti di essi, da forme di integralismo fanatico, che rischia di mettere in serio pericolo la pace mondiale. Fino a un certo punto il fenomeno non è limitato alla religione islamica, dato che un indubbio risveglio integralistico è in corso anche nel mondo cattolico, ed è facilmente spiegabile con la crisi dei valori politici, laici in cui, forse troppo generosamente la generazione precedente aveva creduto.
Per spiegare la violenza con cui il fenomeno si manifesta nell'Islam, non ci si può fermare a questo cosiddetto riflusso, ma bisogna cercare le cause nella stessa storia dell'Islam, una religione che alle sue origini fu anche una formidabile potenza politica e militare, che nel nome del Profeta (il quale, non dimentichiamolo, fu anche un grande condottiero), prima unificò il popolo arabo e poi sottomise ad esso molti altri popoli del Medio Oriente, dell'Africa settentrionale e anche dell'Europa (Spagna, Sicilia).
É quindi comprensibile che oggi i musulmani, appena liberati dal colonialismo europeo e tornati ad essere protagonisti della politica mondiale, dopo essere stati per molti secoli succubi della cinica politica delle potenze occidentali, siano animati da un desiderio di rivincita, nel nome dei valori religiosi che un giorno fecero l'Islam non solo più potente ma anche più civile della barbara Europa medioevale. Insomma questo risveglio di religiosità nell'Islam corrisponde anche a un risveglio politico, che non poteva certo basarsi sui valori politici occidentali, oggi in crisi nello stesso Occidente. 
A cura di  Joe Fallisi

NOTE 

1) MAOMETTO, profeta dell'Islam (La Mecca 570 ca-Medina 632). Si hanno scarse notizie biografiche sul periodo precedente le prime predicazioni, durante il quale esercitò diversi mestieri, custode di greggi, guida di carovane, commerciante. Verso il 610 ebbe le prime crisi religiose che culminarono nelle rivelazioni che giungevano, da quanto egli affermava, direttamente da Dio, e che trascrisse, su dettatura divina, nel Corano. Iniziò quindi la predicazione fra i suoi concittadini, per diffondere i dogmi iniziali della sue fede, ossia l'unicità di Dio, la sua bontà, la giustizia e l'onnipotenza, il supremo, imminente giudizio dell'umanità, la missione, a lui stesso affidata, di richiamare il suo popolo sulla retta via. Da questa prima propaganda derivò l'adesione alla sua dottrina di alcuni parenti. A causa, però, della persistente ostilità delle classi più elevate della Mecca, le quali rimanevano fedeli al politeismo, per motivi prevalentemente economici, M. fu costretto a trasferirsi, nel 622, a Yathrib, in seguito chiamata Medina (città del profeta); dopo questa migrazione (ègira), iniziò la seconda fase della vita di M., alla quale si fa risalire anche la nascita ufficiale dell'Islam. In questo periodo Maometto assunse anche il ruolo di capo dello Stato e di legislatore. Il contrasto tra Medina, musulmana, e la Mecca, rimasta fondamentalmente pagana, continuò per circa sette anni, durante i quali ebbero luogo sia trattative diplomatiche che scontri armati, terminati infine con la vittoria decisiva di M., che nel gennaio del 630 conquistò con le armi la città natale; qui egli eliminò gli aspetti idolatrici della Kaaba, la pietra nera venerata nei pellegrinaggi rituali, dai quali escluse tutti gli infedeli, politeisti, ebrei, cristiani ecc. Morì circa due anni dopo, lasciando nel Corano un vasto complesso di dogmi, inerenti i lineamenti dell'ordine sociale e giuridico, la guida spirituale per la venerazione della sua persona, le argomentazioni sull'origine divina della rivelazione a lui trasmessa; questo insieme di precetti, disposizioni, guide pratiche, sono tuttora considerate norma definitiva e immutabile da tutti popoli musulmani. Dopo la sua morte si diffusero diverse leggende sulla sua figura, ma le notizie storicamente più attendibili sono quelle contenute nel Corano e nella Sira, biografia apologetica scritta nell'VIII sec. da Ibn Ishaq.)  
2) GIUDAISMO, per alcuni sinonimo di ebraismo, per altri, specificamente, la religione e la legge quali furono fissate dopo il trionfo del farisaismo e la dichiarazione di ereticità del sadduceismo, nell'insegnamento ufficiale rabbinico. In questo senso, giudaismo indicherebbe il kenesheth letteralmente=sinagoga in quanto comunità d'Israele.)  
3) CRISTIANESIMO, dottrina religiosa e morale predicata da Gesù Cristo e dai suoi Apostoli, tramandata nel Nuovo Testamento. Gesù ha presentato il suo messaggio come il coronamento della religione ebraica, lo sviluppo della religione giudaica. Egli diceva di essere il Messia annunciato dai Profeti, inviato da Dio non per abolire, ma per completare la parola di Mosè. Il c. presentò novità tali che soppiantò molte delle dottrine precedenti. Punto di partenza sono i due misteri della Trinità e dell'Incarnazione: Dio è unico nella natura, ma trino nelle persone Padre, Figlio e Spirito Santo; la seconda persona, cioè il Figlio, si è incarnato e fatto uomo per la salvezza del mondo. Il frutto dell'incarnazione è Gesù Cristo, che è venuto al mondo per rivelare la nostra salvezza. L'atto solenne del culto è la celebrazione della Messa, ripetizione delle consacrazione del pane e del vino che Gesù stesso effettuò nell'ultima cena. La virtù per eccellenza è la carità, atto d'amore verso le creature che è atto d'amore verso Dio, e deve esercitarsi verso ogni uomo, senza distinzioni di sorta. Nato in un ambito ristretto, da un piccolo popolo sconosciuto (gli ebrei), nonostante l'ostilità del giudaismo di Gerusalemme e del paganesimo della Roma imperiale, il c. ebbe rapida diffusione e si rivelò subito come religione universale. I seguaci dell'insegnamento di Gesù, perseguitati per tre secoli e costretti a praticare segretamente il loro culto, ottennero nel IV secolo il riconoscimento della loro libertà religiosa dall'imperatore Costantino (313), e, con l'Editto di Teodosio (380), il c. divenne religione di Stato. Dall'idea dell'uguaglianza degli uomini davanti al Padre che è nei Cieli, derivarono lentamente mutamenti radicali: l'ingresso del c. nella storia del mondo comportò non solo una rivoluzione religiosa, ma anche una rivoluzione sociale che impose una nuova era al corso della storia. Al cristianesimo si convertì non solo il mondo greco-romano, ma anche quello dei barbari; nei secoli XV e XVI, epoca delle grandi scoperte geografiche, i missionari portarono la parola del Messia anche in Africa, Asia, America ed Australia. L'azione sociale del c. si è accompagnata a un'azione intellettuale e culturale. I misteri dell'insegnamento di Cristo hanno modificato le prospettive delle scienze fisiche ed umane; poesia, teatro, romanzo hanno preso come tema lo spirito dell'uomo; l'architettura acquistò nuove forme religiose e sociali; la pittura cercò di dare nuove immagini ai valori spirituali, anche la musica divenne un'espressione dello spirito. Non esiste un'interpretazione unica del c.: nel corso dei secoli ci sono state numerose eresie e scismi. Oggi si distinguono quattro gruppi fondamentali: il cattolicesimo, che si distingue per la sua unità giuridica e carismatica; la Chiesa ortodossa d'Oriente, che si è separata dalla comunione con la Chiesa universale con lo scisma di Michele Cerulario, patriarca di Costantinopoli, che ruppe con il papato nel 1504; le Chiese evangeliche (protestantesimo, luteranesimo, chiese riformate) e l'anglicanesimo. Ai nostri giorni si delinea comunque un movimento di riunificazione tra le confessioni separate. Il cattolicesimo, pur sostenendo di essere il solo autentico cristianesimo, rispondente al pensiero di Gesù che vuole che tutte le chiese si ritrovino e riuniscano, ha dato un carattere ufficiale a questo nuovo orientamento nell'ambito del Concilio Vaticano II. Fuori del cattolicesimo, l'ecumenismo raccoglie tutte le Chiese unite nella fede di Cristo, Figlio di Dio Salvatore.)   
4) CORANO, (in arabo Qur'an, lettura) è il libro sacro dei Musulmani, della cui religione costituisce la base. Il nome, che in arabo significa il recitare, il leggere ad alta voce, poi si restrinse a significare la lettura liturgica del libro sacro e quindi anche il libro sacro o anche soltanto il brano letto. Quest'opera contiene tutti i precetti che Maometto predicò come rivelazione avuta da Dio (Allah) tramite l'arcangelo Gabriele. Tali precetti, religiosi, morali, giuridici e di vita pratica, furono conservati per tradizione o scritti a frammenti su materie varie (pezzi di pergamena, di pelli, di scapole d'animali, ecc.) dai primi fedeli del Profeta, e vennero poi raccolti e presentati al califfo Abu Bekr (morto nel 634 d.C.). Il califfo Othman (morto nel 644) redasse definitivamente il libro sacro, quale pervenne a noi attraverso le varie edizioni arabe e le traduzioni in diverse lingue, compresa la nostra. Il C. è composto di 114 sure, o capitoli, divise in un migliaio di versetti; la molteplice e complessa materia che vi è riunita senza un ordine apparente forma il testo religioso e civile per mezzo del quale l'Islamismo si propagò in tutto l'Oriente, trasformandone la civiltà. La teologia islamica ufficiale considera il C. parola di Dio, non di Maometto, ed è perciò parola increata. Il libro a noi pervenuto sarebbe la copia dettata dall'arcangelo a Maometto di parti di un archetipo (la madre del libro) scolpito su pietra (la tavola ben custodita) che esisterebbe in cielo. La predicazione di Maometto però, come gli studi moderni hanno messo in luce, risente della tradizione ebraica e soprattutto dell'omiletica cristiana, specialmente di quella dei Cristiani di Siria. La recitazione del C. è regolata da norme fisse di pronuncia e di modulazione. Brani del C. fanno parte delle 5 preghiere canoniche che ciascun Musulmano praticamente deve recitare durante il giorno.) 
5) ALLAH, traduzione araba della parola dio (al ilàh). Il dio dei musulmani è unico, onnipotente, creatore dell'universo. Si è rivelato agli uomini per mezzo dei profeti Abramo, Mosè, Gesù e Maometto, con il quale si è compiuta la rivelazione. É celebre la formula del credo musulmano, risalente a Maometto, pronunciata dal muezzin tutti i giorni, all'alba e al tramonto, dall'alto di ogni moschea, quindi ripetuta dai fedeli; essa recita: Là ilàh illà Allàh, Muhammad rasul Allàh (nessun Dio vi è eccetto Allah, Maometto è il profeta di Allah).)  (DEMONISMO, forma di religione primitiva che spiega i fenomeni naturali come manifestazioni di spiriti demoniaci in contrasto tra lo)   6) NESTORIANESIMO, la eresia cristologica del V sec. predicata da Nestorio (v.), patriarca di Costantinopoli ed esposta nel Libro di Eraclide, scritto dallo stesso. Momento centrale della dottrina è essenzialmente la teoria sulle due nature di Cristo: mentre l'ortodossia ipostatica, ontologica ed essenziale considera l'unione inscindibile della natura umana e di quella divina nell'unica persona di Cristo, per i Nestoriani è solo una congiunzione, personale e volontaria, di cui il Verbo divino si è compiaciuto; da ciò deriva l'accusa fatta al n. di sostenere la dottrina delle due persone distinte. Inoltre il n. non considera Maria come Madre di Dio, ma solo come madre del Cristo-uomo. Il n. nega che il peccato originale sia insito nella natura umana, considerandolo solo una imitazione di quello di Adamo. Dalla fine del XIV sec., iniziò il decadimento della chiesa nestoriana, fino a quando, nel XVI sec., quasi tutti i nestoriani ritornarono alla Chiesa cattolica, formando il gruppo dei caldei.)   
7) PENTATEUCO, denominazione dei primi cinque libri della Bibbia (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) chiamati dagli Ebrei col nome torah=legge.)   
8) GNOSTICISMO, complesso di dottrine filosofico-teologiche elaborate nel bacino del Mediterraneo orientale fra la seconda metà del I e il IV sec d.C., in seno alla Chiesa cristiana. Considerato come eretico già dai Padri apostolici e combattuto poi dagli apologisti, lo g., che deriva dalla filosofia ellenistica, dal giudaismo e da antiche religioni misteriche dell'area iranico-babilonese, oppone all'accettazione della fede la conoscenza razionale delle verità divine. Caratteristica fondamentale è il forte dualismo fra Dio (il Pleroma) e la materia: in conseguenza del peccato, dal mondo divino originario è stata espulsa una divinità inferiore, il Demiurgo (spesso assimilato al Dio degli Ebrei), che ha creato l'universo e l'uomo; l'organizzazione della materia è affidata ad eoni, emanazioni di Dio, distribuiti secondo una gerarchia decrescente di esseri. Altro principio basilare dello g. è la convinzione che solo un certo numero di individui (gli gnostici) riceva la rivelazione divina, arrivando così a conoscere l'origine, la natura e il destino dell'uomo e a liberarsi dal mondo materiale; tale conoscenza porta alla salvezza, limitata dunque a pochi iniziati. Si diffusero numerose scuole e sette gnostiche, le cui dottrine differivano fra loro e che assunsero spesso caratteri ereticali. I principali maestri furono Simon Mago, Carpocrate, Basilide e Valentino, iniziatori di gruppi in seno alle singole correnti cristiane.) che avrebbe alimentato il suo misticismo  
9) MISTICISMO, fenomeno religioso il cui carattere essenziale è la ricerca di un contatto immediato con la divinità trascendente fino a immedesimarsi, confondersi e annichilirsi in essa attraverso la contemplazione e l'estasi: il trascendente diviene così immanente, la conoscenza razionale e la stessa fede sono superate dall'esperienza ineffabile (intelletto e le volontà sono annichilite nel predominio assoluto del sentimento). Questo fenomeno è antico quanto l'uomo e questa esperienza del divino in vari modi è stata ricercata in tutti i tempi.). 
10) HANIF, nella tradizione islamica, termine che indicava i precursori di Maometto, passato ad indicare nel Corano i depositari della vera fede.).  
11) SUNNA, raccolta di precetti, regole e consuetudini etico-giuridiche supplementari al Corano con intercalate leggende dei tempi di Maometto e dei primi 4 califfi. Il contenuto viene attribuito all'insegnamento orale del Profeta e dei suoi primi seguaci.)  
12) SURA, ciascuno dei 114 capitoli in cui è diviso il Corano. Fonti dell'Islam sono: 1) il Corano, raccolta delle rivelazioni testuali fatte da Dio a Maometto per mezzo dell'angelo Gabriele;  2) gli hadit ossia le tradizioni orali, delle quali esistono molte raccolte e il succo di esse è la sunnah ossia il modo consuetudinario di agire di Maometto proposto come modello al fedele e imposto dalla legge nelle controversie giudiziarie;  3) l'igma'-al-ummah o al-igma' che è l'opinione concorde della comunità dei fedeli. Vi è poi il fiqh che tratta il modo pratico di vita, aiutandosi anche nelle decisioni con l'analogia.)  
In base alla concezione islamica, in cui non c'è spazio per i sacerdoti e per i sacramenti, godono di altissimo prestigio i dottori della legge (muftì), i cui pareri in materia giuridica devono basarsi sui libri sacri. La sharia (legge) indica i cinque 'pilastri' o precetti irrinunciabili per ogni buon musulmano adulto: 1) la Shahada (professione di fede) è la formula coranica che introduce nella comunità islamica: «Non c'è alcun Dio all'infuori di Allah: Maometto è il suo profeta»; 2) la preghiera rituale (salat) da compiersi in cinque momenti fissi della giornata: il venerdì, a mezzogiorno, deve essere recitata nelle moschee più importanti; 3) l''elemosina di legge', espressione della solidarietà islamica; 4) il digiuno del mese di Ramadan, che consiste nell'astenersi, dall'alba al tramonto, dal mangiare, dal bere e dall'avere rapporti sessuali; 5) il pellegrinaggio alla Mecca, da compiersi almeno una volta nella vita. Un ulteriore impegno per il credente è la 'guerra santa' (gihad) contro i pagani che rifiutano la conversione (ma non contro i fedeli delle religioni monoteistiche: cristiani, ebrei e zoroastriani).