Marea telepatica, “De profundis” ed il popolo italiano



Sto leggendo, ancora una volta, il “De profundis”. La prima volta, l’ho letto una trentina d’anni fa, ed  è il primo libro,  del quale ho pensato: ”come è scritto bene!”

E’ stato anche l’unico libro, sul quale ho formulato tale pensiero.

Ora, con le maree telepatiche che mi spingono ad apparire all’esterno, a diventare scrittrice, mentre il mio ruolo, per me chiaramente definito era di lettrice, l’ho ripreso in mano, proprio per quel pensiero.

L’ho riletto una volta, adesso lo sto rileggendo una seconda, sempre per poter essere una scrittrice.

Già, dalla prima volta, che l’ho ripreso in mano, ho notato il suo giocare con i fiammiferi, e come questo mi ricordava il popolo italiano.

Lui si vede vivere, penso comune a molti italiani, non solo a me: e si chiede, con il suo lucido cervello” dove andrò a finire?”.

Lui commette un’azione dopo l’altra, sempre più depravata, sempre un più grave; cioè, lui si vede commettere un’azione dopo l’altra, sempre più depravata e sempre un po’ più grave; lui è un uomo molto famoso, famoso nella Londra della ricerca , se vogliamo, anzi , anche in America era stato chiamato, per cui , possiamo dire che era famoso, nel mondo della ricerca, della riflessione.

Molto onorato: le sue commedie erano sempre accompagnate dal successo.

Non aveva nulla a che fare con la Londra Vittoriana, se vogliamo dire, ma questa si teneva lontano da lui, con le sue critiche.

E lui, al seguito di questo piccolo Lord, iniziò la discesa morale, con quasi una unica curiosità: ”dove andrò a finire?”

Lo dice chiaramente nel De Profundis.

Ed io penso a me, al popolo italiano.

A me, in questo clima di insicurezza economica, che spando e spendo: ”dove andrò a finire? Quello che compro, mi serve per stare in piedi, per affrontare gli attacchi energetici?“.

Al popolo italiano, che nella telepatia riversa tutta la sua crudeltà, la sua indifferenza al rispetto umano.

Riecheggiano le Fosse Ardeatine, con la frase:  ”abbiamo fatto una retata sull’autobus, tutti quanti sono comunisti, tranne questi cinque. Che ne facciamo?”

Risposta: “Visto che ormai sono qui, ammazzali”

L’indifferenza alla persona, al rispetto della persona.

E dietro ogni frase orripilante che ascolto, cui segue un’altra ancora più orripilante, sento la medesima domanda” dove andrò a finire? Questa sensazione di sicurezza, che mi dà la telepatia, e che mi fa scoprire un me, ancora più brutto, ancora più brutto, dove mi porterà?”

Oscar Wilde ha pianto la sua risposta, in un posto ove si piange ogni giorno, e dove, se non si piange, il cuore è essiccato.

Oscar Wilde canta il suo dolore, la risposta che ha avuto, è stata molto lontana dalla sua immaginazione.

Lui la usava, per fare ridere, in un teatro dell’assurdo, per fare cambiare un poco un popolo.

Un’immaginazione grande, insomma, ma la risposta fu molto più grande, anzi lontana, da qualsiasi immaginazione, fantasia,o arte, con il quale avesse voluto guardare – rivestire la realtà.

Nei suoi lunghi periodi, senza virgole o punto e virgola, ti fa sentire a quale dolore, annientamento, può portare il curioso, pigro, indagare sé stessi: giorno dopo giorno, azione dopo azione, con la eterna domanda”dove andrò a finire?”

In un mondo ,così sicuro, tutto è ridotto ad una parola : carcere, dolore, parole che sembrano incollate sopra una parete, tanto significano solo le “d” le “p” ,le “e” ,le “o”, di cui sono composte.

Poi, un “De Profundis” arriva: anche lui ha giocato con i fiammiferi, un adulto, una persona onorata dalla società, una persona, che giocando con i fiammiferi, non si poteva far male, con l’eterno ritornello nella mente:”dove andrò a finire?”

Ed è  un gioco tra lui ed il male, fino a che lui non è più il protagonista, è  il male.

Mi affidavo alla mia volontà, dice, sapevo che al momento opportuno avrebbe vinto; ed invece no.

Quanti italiani, italiane, come ci chiamano i nostri emigranti, nel telepatico, vanno nel gioco dei fiammiferi.

Sembra un gioco stupido, all’inizio, e le nostre parole tirano altre parole, ed il svelare un lato del nostro carattere, ci spinge a svelarne ancora un pochino, sempre in quella direzione, ad edificare piano, piano, dentro di noi, cioè, all’esterno, nella mente altrui, siamo nel telepatico, un essere che diventa sempre più mostruoso, un essere che non esiste, o che esiste?, con l’eterna domanda”dove andrò a finire?”

“ Sono in terreno inesplorato, la telepatia; dove andrò a finire?”

Oscar Wilde impiega un libro per descriverlo, si chiama “De Profundis”.   

Milena Auretta dr Rosso


Psicologia e unità corpo/mente

La scienza è partita dalla filosofia, come ricerca intellettuale della verità ed è approdata al metodo scientifico, basato su ipotesi e verifiche sperimentali, condivisibili dalla maggioranza degli studiosi. Essendo l’uomo così complesso è difficile applicare questo metodo, che invece è risultato molto utile nello studio della natura nei suoi aspetti fisici, chimici e  biologici. Si è allora verificata una tendenza alla specializzazione degli studi nel tentativo di semplificare e suddividendo l’uomo in varie parti, ogni scienza ha approfondito un aspetto diverso con sue teorie e metodi propri.
La psicologia ha incontrato ancor più difficoltà, poiché la mente e il comportamento umano sono influenzati da molti fattori interni ed esterni, i quali risultano poco controllabili scientificamente. Come è noto si è sviluppata una medicina che separava i vari organi, il sistema nervoso e la mente, che invece sono tutti strettamente  collegati. In seguito lo sviluppo della psicosomatica, che studia proprio l’influsso reciproco tra la psiche e il corpo, ha dimostrato questa unità ormai in modo chiaro per tutti. La stessa psicologia  nel suo tentativo di diventare scientifica aveva adoperato modelli, quali l’animale e il computer, che non corrispondono alla specifica realtà umana e aveva concentrato l’attenzione su aspetti interni, inconsci, trascurandone altri.
Oggi assistiamo a un grande interesse verso il vegetarismo, la medicina naturale e la psicosomatica, tanto che in Italia si parla di oltre 10 milioni di persone, in costante aumento, che già si rivolgono a queste terapie ed è stato presentato un disegno di legge per regolamentare il settore, come avviene in altri paesi europei, essendo già attivi in molti ospedali italiani dei  reparti di medicina naturale.
Una tendenza nuova e positiva è quella verso una integrazione delle scienze che recuperano così la visione globale dell’uomo che già gli antichi avevano. Anche all’interno della psicologia e della medicina si tende a rimettere insieme quelle parti che si erano separate per motivi di studio, ma che sono in continua interazione.
Inoltre la psicologia, la medicina, e la medicina naturale in particolare, possono integrarsi tra loro, rispondendo meglio alle necessità diagnostiche e terapeutiche della gente, ormai delusa dalla medicina tradizionale e da alcune forme di psicoterapia e psichiatria che consideravano poco l’unità corpo/mente.
dr. Ciro  Aurigemma  

Auto-conoscenza con I Ching e Zodiaco cinese




Libro dei Mutamenti

Confucio andò a trovare Lao Tze e gli chiese: “Cos’è lo Yin e cos’è lo Yang?” Rispose Lao Tze: “Lo Yin è lo yin è lo Yang è lo yang”.
“Allora cos’è il Tao?” domandò ancora Confucio. E Lao Tze: “Il Tao entrambi li comprende ed entrambi li supera, altro non si può dire”.
E rimasero in silenzio.

In questo breve dialogo immaginato si condensa la saggezza cinese. E’ da queste premesse che dobbiamo partire se si vuol tentare di penetrare nel mondo archetipale del Libro dei Mutamenti. Penetrare non vuol dire “capire” ma “orizzontarsi”. In effetti non c’è una direzione da seguire ma solo un intuito legato alla coscienza del continuo mutamento. Senza mutamento non c’è vita.

Aggiustamento alle condizioni presenti è naturale e propizio, reagire contro il contesto in cui ci si muove è sfavorevole. Semplice no? Persino banale, anzi è inevitabile. E’ come coprirsi quando fa freddo e spogliarsi quand’è caldo. Ma è sempre così nella vita individualizzata di ognuno? Di fatto, dicono i saggi Cinesi, sì.

Ma come viverlo consapevolmente? La risposta è: Aderendo al Tao. Seguendo cioè la Virtù e la via del nobile, nel costante fluire dei mutamenti.

Nella coscienza tutto è in movimento nulla è fermo. Sono 64 questi modi espressivi della coscienza, definiti esagrammi, e nascono da 8 trigrammi primordiali che indicano le 8 direzioni e le otto tendenze innate del divenire, essi sono: Kien, il Creativo; Kun, il Ricettivo; Chen, l’Eccitante; Sun, il Penetrante; Kan, il Profondo; Li, il Luminoso; Ken, il Riflessivo; Tui, il Sereno. Ecco da questi trigrammi per moltiplicazione spontanea sorgono (8X8) i 64 esagrammi. Esemplificazioni, immagini, di stati di un mutamento ciclico ed allo stesso tempo evolutivo, in senso elicoidale. Ogni forma vivente nasce con alcuni di questi esagrammi, in evidenza congenita.

Come fare a sapere quali sono gli esagrammi correlati alla nostra particolare nascita, o incarnazione, è tuttavia molto semplice. Partendo dall’alternarsi dello Yin e dello Yang ognuno nasce con aspetti diversi sulla base dell’anno, ora e mese. Questi aspetti disegnano un trigramma, se poi si considerano gli stessi aspetti in chiave elicoidale ordinata essi possono cambiar posizione e darci quindi un altro trigramma. Questi due trigrammi sovrapposti, in basso il primo ed in alto il secondo, ci dicono quali sono gli esagrammi archetipali di nascita.

Poi occorre vedere gli esagrammi energetici, correlati ai 5 elementi. Anche qui è facile basta continuare a considerare gli aspetti Yin e Yang correlati ad ogni elemento che appare nel quadro della nascita. Primo aspetto è quello dell’anno, seguito dal fisso dell’archetipo incarnato, poi l’ora, il mese, il luogo e la condizione dell’ente (se maschile o femminile) otteniamo così un esagramma rovesciabile (diventano cioè due) che indicano le propensioni “elementali” della nascita. Sapersi orizzontare in questo mondo psichico a cosa serve? Semplicemente a riconoscere ciò che si è già.

Non è nelle intenzioni del Libro dei Mutamenti promuove alcunché o fissare delle immagini comparative, da tutto nasce un tutto che segue tutto. Il saggio che incarna questa visione non desidera cambiare nulla in funzione di un ipotetico ottenimento “altro”. In pratica significa: libertà espressiva e gioia di vita.




Zodiaco Cinese

Il calendario cinese considera 13 lune nuove in un anno, il capodanno combacia con l’ultimo giorno che precede la successiva lunazione. L’origine del calendario lunare cinese si fa risalire al 2637 a.C. quando l’imperatore Huang Ti iniziò il computo del tempo. Si dice che all’epoca egli avesse sessantun anni, il fatto lascia sospettare che tale sistema fosse già in uso da un periodo molto antecedente… Infatti il ciclo dei 12 archetipi rapportati ai 5 elementi richiede un periodo di 60 anni per compiere un giro completo, ciò significa che al 60° compleanno si ripropongono condizioni del tutto simili a quelle presenti al momento di nascita. Una curiosità: in Cina ed in Giappone le persone che compiono 60 anni vestono di rosso, come simbolo di rinascita.

La collana archetipale del sistema cinese è rappresentata da dodici animali, significativi della psiche universale. Si narra, ma è una leggenda, che questi animali si presentassero in sequenza al Buddha morente ed in riconoscimento del loro omaggio il Risvegliato dedicò ad ognuno, in alternanza Yang e Yin, un anno del ciclo, in una spirale evolutiva continua ed infinita. La serie inizia con il Topo, la capacità di sopravvivenza e di acquisizione; il Bufalo, la stabile quadratura organizzativa; la Tigre, il senso di vivere per un ideale, la Lepre, amore per la bellezza e l’armonia; il Drago, raggiungimento sempre in vista; il Serpente, assorbimento ed anche attaccamento; il Cavallo, vasta libertà espressiva; la Capra, calda sensibilità emotiva; la Scimmia, abilità sperimentativa e speculativa; il Gallo, accuratezza nel particolare; il Cane, riflessione e protezione; il Maiale, vitalità e spontaneità comportamentale.

Diceva Chuang Tzu: … il grasso da sé frigge sul fuoco, la cannella è tagliata perché commestibile, l’albero della vernice viene inciso perché utile. Tutti riconoscono l’utilità dell’utile ma chi riconosce l’utilità dell’inutile?

I 5 elementi cinesi, posti in circolo autogenerante, sono: la Terra, che rappresenta la devozione, il Metallo che significa giustizia, l’Acqua vale per modestia e saggezza, il Legno simboleggia l’etica e l’empatia, il Fuoco la lucidità dell’immagine, i costumi. Questi “5 stati di mutamento” si irradiano nelle forme, in varie sfumature espressive, sino a colorare l’intera gamma vitale delle “10.000 creature” nate dall’incontro fra Cielo e Terra (Yang ed Yin).

Paolo D'Arpini




Nota. Chi fosse interessato ad approfondire la conoscenza di questo sistema può contattarmi allo 0733/216293, oppure scrivere a: circolo.vegetariano@libero.it

I Ching, zodiaco cinese integrato dal sistema elementale indiano




“La casa è il corpo più grande” diceva il poeta e saggio Kalil Gibran ed è vero… perché sentire di stare a casa sorge dal senso di presenza in cui si riconosce la propria casa. Quindi la casa non è un luogo ma uno stato di coscienza. 

Ma non è detto che questa condizione di totale “affrancatura” debba essere raggiunta con la morte, può avvenire anche nel corpo il momento in cui i legacci col mondo vengono recisi, il momento in cui il senso di identificazione con l’ego viene sciolto, per ritrovare la propria natura originaria nel Sé.

Questa scoperta di Sé, in verità, non é ottenibile in alcuna forma ma é solo un “riconoscimento”… Per aiutare questa “ricerca” ho sviluppato un metodo di auto indagine, che parte dalla conoscenza delle propensioni innate manifestate nella propria mente. La mente personale é in realtà una sorta di immagine speculare, non realmente esistente, ma dobbiamo partire da questa se vogliamo scoprire il reale “soggetto”.


Introduzione generale al discorso:
“Semplici attori, finché separati, poi, superata la dualità, non ha più nessuna importanza… Il fiore non ha più nome né forma è solo un fiore unico ed irripetibile nel giardino della Coscienza” (Saul Arpino).


Tema trattato: “La conoscenza di sé attraverso gli archetipi e gli elementi cinesi ed il sistema indiano. Indagine sulle componenti psichiche energetiche e come armonizzarle nelle varie condizioni della vita”

Premessa
La nostra vita è legata ad una serie di circostanze di cui non abbiamo il controllo ma, come diceva Nisargadhatta, noi siamo parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati…. Di conseguenza, essendo coscienza nella coscienza, siamo in grado di riconoscere il flusso energetico nel quale siamo immersi e far sì che il nostro pensiero e la nostra azione siano in sintonia con la qualità dello spazio-tempo vissuto. In questo perenne rimescolamento energetico, noi siamo come navigatori senza meta, o guerrieri –se preferite- liberi di affrontare il contingente senza paure.

“Se temi la sofferenza –diceva un samurai- come fai a combattere?”

Vediamo ora che dal tutto il tutto si dipana dinnanzi ai nostri occhi…. 12 animali si presentano al Buddha morente ed ognuno ottiene di incarnare le caratteristiche psichiche che contraddistinguono i tre aspetti di anno, mese e ora, in base alle propensioni naturali, di ogni essere vivente. Essi sono maschili e femminili e manifestano le loro caratteristiche tramite le 5 componenti fondamentali: Terra (devozione), Metallo (giustizia), Acqua (saggezza), Legno (etica), Fuoco (costumi).

Il funzionamento è più o meno quello del caleidoscopio. Alcuni elementi colorati e tre specchietti interni. Girando il tubo si ottengono diverse composizioni. Malgrado l’esiguità delle componenti i risultati possono essere infiniti. Questo stesso concetto (traslato ai 5 elementi ed ai tre aspetti psichici incarnati) mostra la variegazione di tonalità di colore e movimento attraverso la quale la coscienza individuale si manifesta (la forma ed il nome). La coscienza di sé, che noi chiamiamo persona, è un coordinatore interno, adattato all’individuazione, il quale si appropria delle funzioni messe in atto. Lo chiamiamo: io. 

Questo ‘io’ (o assuntore interno) è l’apparenza identificativa individuale nella quale solitamente ci riconosciamo. Propriamente parlando questo “ego” è esso stesso la “conseguenza” delle energie messe in moto dai vari elementi e dai tre archetipi incarnati, quindi è inerte (come un programma), ed è un oggetto nella coscienza.

I tre archetipi psico-emozionali, inscindibili nel loro miscuglio, rappresentano:
Il senso dell’io, ego = anno di nascita;
l’intelletto o intuizione = ora di nascita;
la memoria o predisposizione = mese di nascita.

Capire il senso dell’abbinamento archetipale con le condizioni dell’ora e del mese di nascita, è facile da accettare giacché siamo abituati a pensare che ogni momento della giornata ed ogni stagione ha i suoi modi, e tutte le creature sono soggette a questi modi. Ma il primo aspetto dello zodiaco cinese, quello dell’anno, è più duro a digerirsi per la nostra mentalità razionalistica. Come è possibile che un dato anno possa essere qualitativamente diverso dall’altro solo sulla base di un calendario arbitrariamente deciso dall’uomo?

Impostosi nella cultura cinese e dell’estremo oriente e provenendo da una tradizione pluri-millenaria (sicuramente di origine matristica) il calendario ciclico, di 13 lune e di 12 archetipi animali (che rotano abbinati agli elementi in turni di 60 anni), è stato anno per anno vagliato e corroborato dall’esperienza di milioni e milioni di persone, in cui i comportamenti corrispondevano ai modelli indicati in un raffronto oggettivo e riscontrabile nei fatti. Alcuni analisti vedono un significato in un’altra coincidenza, il percorso dodecennale che la terra compie attorno al sole per fare un giro completo (una specie di viaggio in treno con 12 stazioni annuali). Si può anche fare a meno di credere a questa “qualità del tempo” ma stando ai risultati essa è confermata, ahimè! Quegli archetipi animali esistono e sono riconoscibili nelle caratteristiche variegate degli individui di tutto l’emisfero settentrionale (la nostra metà del mondo), senza peraltro sapere cosa succede nell’emisfero meridionale (che teoricamente dovrebbe avere valenze rovesciate).

Con tutti questi dubbi in testa, siamo un po’ come gli alchimisti che sperimentano onestamente e coraggiosamente con i loro tre elementi basici, inserendo all’occorrenza nuove figure e varianti. Questo è il lavoro ingrato e meraviglioso del “navigatore nel sé”. L’Ulisse in noi, disincantato e schietto, che “vede” e riesce ad orizzontarsi, avverte l’odore delle cose incombenti per come si stanno manifestando. Non per opporvisi ma per esprimersi al meglio e proseguire nel viaggio. Chiunque potrebbe farlo se sta attento ai segnali costanti e continui che la vita ci manda.


L’intelligenza intuitiva –lumen- non è propriamente basata sulla percezione sensoriale o sul raziocinio ma sulla abilità di orientarsi prima che la percezione sensoriale od il pensiero abbiano modo di esprimersi. Quindi è una capacità naturale –immediata- dell’intelligenza, che viene prima ancora dell’istinto. Un sentire ed allo stesso tempo una sintesi analogico-analitica. E’ l’intuizione innata che ci dice tutto quello che è, come è, senza analisi risolutive, bisogno di prove o riscontri.

Si procede a naso –dicevo- ed infatti l’olfatto appartiene all’elemento Terra, quello più solido. La matrice di ogni manifestazione concreta. E’ la Terra stessa che fa nascere tutti gli esseri e li nutre in se stessa. Mentre il Cielo energizza e vivifica con la coscienza tutte le forme. Ma attendiamo un po’ prima di affrontare il discorso dello Yin e dello Yang e degli elementi e torniamo ai tre archetipi. Essi “sembrano” tre in verità son tre aspetti della stessa personalità. Ognuno di noi manifesta una forma esemplare a tre facce (designanti le nostre caratteristiche). Sul come sopravviene l’influenza di una o l’altra di queste facce, sul perché capiti ad una piuttosto che un’altra, diremo che è destino!

Le tendenze innate che si riflettono nello specchio, perennemente cangianti, son le correnti in cui l’io si muove. Se vogliamo osservare una cosa piccola bisogna ingrandirla attraverso il microscopio, ma se vogliamo ampliare il campo di azione dobbiamo distaccarci il più possibile dalle cose attorno a noi, in modo da percepire il senso d’insieme. Questa corsa in tondo verso l’auto-conoscenza è un vagare trasognato, un’attenzione senza risposta, solitudine e silenzio, osservazione e contemplazione, fluire limpido nei mutamenti, sorridere nel rincorrere il vuoto. Ma allora di cosa continueremo a parlare?

La fase “intermedia” dell’illuminazione, quella del santo, rientra ancora nella sfera del mentale, delle cose che possono essere discusse e trasmesse. Flash di realizzazione, esperienze al limite del transpersonale, che contemporaneamente ci consentono di riconoscerci in sintonia elettiva, colori dello stesso arcobaleno, e di ciò possiamo ancora parlare, attraverso evocazioni consapevoli. La trasmissione, o meglio il riconoscimento, avviene per immagini (come succede ai bambini che riconoscono l’aggregazione concettuale, il senso, di parole sconosciute); questa “trasmissione” può essere fatta utilizzando vari modi comunicativi e sensoriali: per empatia emozionale, a voce, con lo sguardo, con il tatto, ed anche con lo scritto, se esso rispecchia fedelmente le qualità necessarie e si crea un’attenzione indisturbata al tema trattato.

Un detto Taoista per “cristallizzare” l’immagine: “Il santo comprende l’intrigo del mondo ed abbraccia l’universo senza sapere perché. Questo è il manifestarsi della sua natura”.

Ed ora una storiella:
Alcuni suoi seguaci domandarono al bandito Hòu:”Anche per i ladri esiste una strada (Tao)?” – “Eh, certo che sì.. – rispose Hòu- Santità è intuire dove giace un tesoro nascosto, Eroismo è entrare per primo nella casa, Giustizia è uscirne per ultimo, Saggezza è distinguere il colpo che si può tentare, Umanità significa essere equanimi nel dividere il bottino. Al mondo non è mai esistito un gran ladro che non abbia manifestato queste qualità”. (Chuang Tze)

Il momento in cui inizia l’anno.
Nell’antico calendario romano l’inizio dell’anno ricorreva a marzo ed anche in India ed in Cina infatti questo è il tempo in cui la vita torna a manifestarsi con forza. Questo periodo di marzo aprile è anche il momento dell’equinozio primaverile, delle piogge e della crescita del grano. L’elemento cinese correlato (dal 21 gennaio al 20 aprile) è il Legno. Il Legno corrisponde alle emozioni, al tatto, alla fantasia, alla creatività. I suoi archetipi sono la Tigre, la Lepre e il Drago ed i nati negli anni, nell’ora o nel mese di questi animali saranno particolarmente avvantaggiati negli anni di Terra. Infatti il legno possiede la terra e trae da essa nutrimento con le radici. L’esagramma dell’I Ching, significativo di questo periodo, è Ta Chuang – La Potenza del Grande. Il segno indica un tempo in cui il valore interiore emerge con impeto ma incombe il pericolo che ci si fidi della propria potenza senza chiedersi ogni volta dove sia il giusto, senza aspettare il tempo opportuno. Per questo si dice ”Propizia è perseveranza” Infatti la vera Potenza è quella che non degenera in mera violenza. Ovvero si può abbandonare un atteggiamento bellicoso senza doversene pentire. Intesa del Tutto con il Tutto.

Appendice.
Attraverso le capacità riflettenti dell’organo interno (antakharana) siamo in grado di manifestare energie psicofisiche in rispondenza a quelle percepite fuori di noi. Questa rispondenza è automatica ed inevitabile, è una legge naturale. Pensare di sfuggirne il corso è assurdo come pensare di cambiare il film mentre la pellicola viene proiettata. Ma l’atteggiamento interno è importante! Infatti l’accettazione del proprio destino scioglie l’attaccamento all’utile ed all’inutile che ci spinge nel ciclo delle rinascite. 

Nell’ignoranza ci identifichiamo con i personaggi e ci consideriamo autori e responsabili del gioco vissuto, con guadagno e perdita, la verità è che il nostro io, la coscienza individuale, la persona da noi incarnata, è solo un’immagine. Il risultato di un automatismo distratto e di una identificazione illusoria. Questo dobbiamo comprendere bene se non vogliamo che la mente ci imbrogli. Non cadiamo nel delirio dell’io separato, anche se la coscienza che lo anima è vera sin d’ora e siamo già dotati del capitale iniziale per quella “conoscenza di sé” è assurdo e ridicolo pensare di “ottenerla” –strettamente parlando non è possibile. Essa è già integralmente manifesta qui ed ora e quindi non perseguibile come ottenimento altro. Presente sempre….. ma ne teniamo conto, ne siamo consapevoli?

Se ci sentiamo attratti da questa “conoscenza” occorre dire che non c’è corso o spiegazione o esperimento che possa trasmetterla, può essere solo riconosciuta (risvegliata) per simpatia nel momento della maturazione. Siccome non è un “conseguimento” continuiamo ad “andare avanti a fiuto”.

Paolo D’Arpini


Foto di Gustavo Piccinini


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La scrittura è stata inventata dalle donne, nell'antica Europa....


Le tavolette di Tartaria: la scrittura più antica del mondo? Pare proprio di sì. Siamo di fronte a qualcosa di sensazionale che riscrive – scusate il gioco di parole – la storia della scrittura. Fino a poco tempo fa si pensava che il sistema più antico di scrittura fosse quello di Sumer, poi i reperti trovati nell’Alto Egitto dal professor Günter Dreyer hanno dimostrato che ancor prima ne esisteva uno egizio. Ma anche questa teoria adesso è sorpassata, dopo che le nuove analisi hanno rivalutato l’importanza delle tavolette di Tartaria.
Ora il primato spetta alla Vecchia Europa, vale a dire alla cultura del Danubio. Le tavolette furono scoperte già nel 1961 in Romania, appunto nel sito di Tartaria (Turda), in Transilvania, nella valle del Mures. Ma le prime analisi al carbonio 14, eseguite negli anni Sessanta, le datarono  nel III millennio e sembrò quindi che fossero più “giovani” dei reperti con scrittura sumera. Inoltre la somiglianza di alcuni segni tracciati sulle tavolette di Tartaria con alcuni simboli della fase pittografica (e quindi più antica) del sistema sumero portò gli studiosi a postulare una parentela fra le due scritture.
Tartaria/Turda in Romania nella valle del Mures, in provincia di Alba. Qui sono state trovate le tavolette con la scrittura più antica del mondo. „Alba in Romania“ von TUBS - Eigenes WerkDiese Vektorgrafik wurde mit dem Adobe Illustrator erstellt.Diese Datei wurde mit Commonist hochgeladen ..Diese Vektorgrafik enthält Elemente die von folgender Datei entnommen oder adaptiert wurden: Romania location map.svg (von NordNordWest).. Lizenziert unter Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 über Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Alba_in_Romania.svg#mediaviewer/Datei:Alba_in_Romania.svgTartaria/Turda in Romania nella valle del Mures, in provincia di Alba. Qui sono state trovate le tavolette con la scrittura più antica del mondo.
„Alba in Romania“ von TUBS – Eigenes WerkDiese Vektorgrafik wurde mit dem Adobe Illustrator erstellt.Diese Datei wurde mit Commonist hochgeladen ..Diese Vektorgrafik enthält Elemente die von folgender Datei entnommen oder adaptiert wurden: Romania location map.svg (von NordNordWest)CC BY-SA 3.0


Alcuni archeologi ipotizzarono che della gente della Mesopotamia si fosse recata nell’area danubiana in cerca di giacimenti metalliferi. Sappiamo, infatti, che proprio in questa zona della Transilvania sono state scoperte le tracce più antiche di lavorazione del rame (VI millennio a.C.). Così le due culture lontane e differenti sarebbero entrate in contatto. I Sumeri avrebbero esportato il loro sistema arcaico pittografico nella Vecchia Europa. Questa la tesi di allora, che però iniziò a vacillare quando non si riuscirono a decifrare le tavolette di Tartaria servendosi dei pittogrammi sumeri. Oggi l’evidenza ha messo sottosopra la teoria del passato. Il primato passa alle tavolette di Tartaria che, a quanto pare, sono il risultato di uno sviluppo molto più antico e del tutto indipendente da quello sumero.
Le ultime analisi al C 14 eseguite all’inizio del 2000 e calibrate con l’ausilio della dendrocronologia hanno dimostrato che le tavolette di Tartaria risalgono a un periodo che si estende dal 5370 al 5140 a.C.. Sono più vecchie del sistema di scrittura sumero di circa 2000 anni .
 Molto interessante è poi il fatto che le tavolette danubiane siano state trovate in una fossa funeraria tutta particolare, insieme con altri oggetti e con dei resti di ossa carbonizzate.
Particolare perché? Perché le ossa appartenevano a una donna di circa 50 anni che soffriva di artrite e però, come ipotizza Haarmann, doveva essere una persona molto influente della comunità agricola, probabilmente una sciamana. Le tavolette farebbero parte, quindi, di un suo corredo magico-religioso e potrebbero contenere delle formule sacre. Ancora una volta viene confermata l’importanza della donna nella società della Vecchia Europa.


SEGNI DI SCRITTURA DAPPERTUTTO, DALLE STATUETTE SACRE AL VASELLAME DI USO QUOTIDIANO
Ma non dobbiamo certo pensare che le uniche tracce del sistema di scrittura del Danubio siano quelle impresse sulle tavolette di Tartaria.  Ciò non basterebbe a conferire a tali simboli un valore linguistico. I segni tracciati sui reperti di terracotta trovati n Transilvania non sono un fenomeno isolato. Appaiono su gran parte dell’oggettistica della cultura Vinca: statuette, vasi, boccali, ciotole, modellini di altari, altri utensili di uso domestico. A chi replica che potrebbero essere semplici ornamenti privi di significato, il linguista Harald Haarmann risponde con un’obiezione categorica:
" Il modo in cui sono state applicate le iscrizioni sulle statuette si differenzia chiaramente dall’ordine delle decorazioni o dei motivi ornamentali. La decorazione ornamentale è caratterizzata da una rigida simmetria, mentre la collocazione di segni di scrittura che esprimano parole non soggiace a nessun principio di simmetria, la sequenza dei segni si orienta in base al contenuto dell’informazione e non alle norme estetiche di motivi ornamentali.(Geschichte der Sintflut, pagg. 95-96)
Tant’è vero che quattro anni fa il professor Haarmann ha scritto anche un saggio sull’introduzione alla scrittura della cultura danubiana la quale, a suo avviso, presenta due categorie ben evidenti di segni: simboli di carattere pittografico e simboli astratti. Quelli di carattere pittografico raffigurano oggetti animati e inanimati legati alla vita quotidiana della comunità, come parti del corpo umano e animale, piante, utensili, strutture architettoniche, elementi della natura come acqua o sole. I simboli astratti, che costituiscono anche la maggior parte dei segni di scrittura danubiani, si basano in prevalenza sui segni a “v” che sono soggetti a variazioni per mezzo di strisce e punti.
Tavoletta di Tartaria con i segni di scrittura più antica che risalgono al VI millennio a.C. „Tartaria amulet retouched“ von Mazarin07 - Eigenes Werk. Lizenziert unter Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 über Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Tartaria_amulet_retouched.PNG#mediaviewer/Datei:Tartaria_amulet_retouched.PNG
Tavoletta di Tartaria con i segni di scrittura più antica che risalgono al VI millennio a.C.
„Tartaria amulet retouched“ von Mazarin07 – Eigenes Werk. CC BY-SA 3.0
I simboli non sono pochi: stiamo parlando di un sistema di scrittura con più di 230 segni. Inoltre più di 1500 iscrizioni sono state identificate sui numerosi reperti della Vecchia Europa. È interessante il fatto che alcuni tipi di segno sembrino corrispondere a una collocazione particolare su certi tipi di oggetti: per esempio, i simboli con una certa forma appaiono sempre e soltanto sul fondo di contenitori, altri invece sul bordo degli stessi, altri ancora si trovano esclusivamente sulle statuette femminili.
Dunque il materiale di studio non manca. Il problema principale riguardo alla decrittazione e alla trascrizione di questo sistema di scrittura, è che fino a oggi non si abbiano a disposizione delle iscrizioni bilingue, di modo da poter fare un raffronto tra i caratteri della Vecchia Europa e quelli di un idioma differente, procedendo quindi alla traduzione dei simboli in questione.
Interessante è il fatto che, a differenza della cultura sumera, in cui inizialmente la scrittura fu usata soprattutto per scopi burocratici (ad esempio per compilare liste di merci oppure contrassegnare otri di vino), i segni della cultura danubiana sono impressi esclusivamente su oggettistica sacra. Si tratta, quindi, di simboli sacri. D’altra parte non è da escludersi che anche nelle culture orientali, come la sumera, ci sia stato un primo stadio di scrittura a scopo religioso e che soltanto più tardi i segni siano stati adoperati per uso pratico. Non è detto che l’esigenza di scrivere sia nata per forza da necessità quotidiane, potrebbe invece essere stata legata originariamente al culto. Il fatto che molti studiosi si mostrino restii a considerare uno scenario del genere, non può che ostacolare la decifrazione di eventuali primi stadi di scrittura ancora sconosciuti.
Torniamo alla Vecchia Europa. Facendo un raffronto con altre antiche culture, salta subito all’occhio dell’esperto la somiglianza fra il sistema di scrittura del Danubio e quello della valle dell’Indo. Il più antico dei due è, ovviamente, il sistema della Vecchia Europa, i cui caratteri appaiono sulle tavolette di Tartaria già all’alba del VI millennio e poi su numerosi oggetti della cultura Vinca risalenti alla metà del V. Mentre lo sviluppo della scrittura presso le culture di Harappa e Mohenjo Daro è stato datato, in base agli studi più recenti, nel IV millennio a. C. Però questa somiglianza e il fatto che entrambe le culture si siano sviluppate probabilmente su base ecumenica e non su di una struttura a gerarchica con la presenza di differenti strati sociali e tutto ciò che questi comportano, infittisce il mistero.
Ma fino a quando fu scritta questa lingua sconosciuta del Danubio? Fino a quando fu parlata? Da un’analisi che mette a confronto gli elementi linguistici appartenenti alle lingue protoindoeuropee e quelli derivati dalla lingua della Vecchia Europa che trovarono accesso nel vocabolario indoeuropeo, nonché dall’analisi dei reperti danubiani che riportano segni di scrittura, possiamo dedurre una datazione approssimativa della durata della scrittura (e lingua) della Vecchia Europa. Nella regione centrale dei Balcani fu usata sino al tardo periodo del rame, vale a dire sino al 4400-4000 a. C., mentre nella Grecia settentrionale sopravvisse fino al 3200 a. C.  e nella cultura di Tripolye (Romania/Ucraina) fino al III millennio a. C..
D’altra parte sappiamo che le culture della Vecchia Europa subirono un duro colpo in seguito all’impatto con le tribù protoindoeuropee giunte delle steppe euroasiatiche. Diversi elementi lo provano: tracce evidenti di abbandono improvviso di ampi centri abitati e ben funzionanti della cultura danubiana – come l’avanzato sito di Tripolye in Ucraina – distrutti da incendio; una veloce trasformazione della struttura sociale preesistente da matrifocale a patriarcale con evidenti indizi di cambiamento repentino nelle pratiche funerarie e della nuova stratificazione linguistica, laddove i dialetti indoeuropei sostituirono poco a poco quelli della Vecchia Europa.
ESODO DALLA VECCHIA EUROPA E RITORNO ALLE ISOLE GRECHE
Questa situazione, secondo il professor Haarmann, portò alla migrazione delle genti della Vecchia Europa in altri territori, in cerca di nuovi spazi in cui poter vivere secondo le tradizioni dei loro padri. Non stiamo parlando di intere popolazioni, ovviamente, ma di alcuni clan che si rifiutarono di accettare la religione e il modus vivendi dei nuovi arrivati e preferirono andarsene, emigrando verso il meridione. Perché proprio il meridione? Perché da lì erano venuti i loro antenati che, partendo dall’Anatolia nell’VIII millennio a. C., si erano poi stabiliti in Tessaglia, dove sono stati trovati molti reperti che recano le loro tracce, prima di continuare il lungo viaggio raggiungendo i Balcani e la costa del Mar Nero.
Segni di scrittura Vinca

Segni di scrittura Vinca

















Le genti che decisero di abbandonare la valle del Danubio dopo l’arrivo dei Protoindoeuropei, si trasferirono nelle isole dell’Egeo. Infatti proprio qui, nella cultura preistorica delle isole Cicladi e di Creta, si trovano elementi della cultura danubiana risalenti al IV millennio a. C., quindi ad un periodo che corrisponde alla seconda migrazione protoindoeuropea dalle steppe asiatiche ai territori del Danubio. Le tracce di tale transfer di usi e costumi sono molte.
A partire dal culto incentrato intorno a una divinità femminile, all’uso di maschere rituali (spesso a forma di uccello), ai simboli sacri dell’uccello e del serpente (ricordiamo le donne-uccello e serpente della cultura danubiana), ai motivi ornamentali di spirali, meandri, doppie asce, all’immagine della dea con il bambino in grembo, al culto dei tori e agli ornamenti sacri con bucranio, alla tradizione di celebrare i riti religiosi in cortili aperti su piattaforme di culto, sino a una particolare tecnologia molto sofisticata della tessitura e della ceramica. E, soprattutto, la traccia principe: il passaggio di molti vocaboli della Vecchia Europa nel vocabolario indoeuropeo del greco antico.
Harald Haarmann ipotizza ormai da anni una parentela fra la scrittura dell’Egeo e quella del Danubio. Il professore scrive:
" Le testimonianze più antiche dell’uso della scrittura cretese Lineare A giungono da un periodo intorno al 2500 a. C. (…)La tradizione di scrittura della Creta antica ha tratto ispirazione dalla Vecchia Europa non soltanto per quanto riguarda un trasferimento di idee, ma anche per quanto concerne le chiare convergenze fra i due sistemi, le tecniche usate dai due sistemi (linearità, uso dei segni diacritici, ecc.) e il patrimonio di segni adottati. Il sistema Lineare A è costituito da circa 120 segni e più della metà di questi presenta paralleli grafici con i simboli della Vecchia Europa.(Haarmann, “Das Rätsel der Donauzivilisation”, pag. 245)



 Dunque la scrittura delle tavolette di Tartaria non è scomparsa senza lasciare traccia. E nemmeno la lingua della Vecchia Europa. Ancora oggi, nelle nostre lingue derivate da dialetti indoeuropei, vi sono numerosi vocaboli tratti dal quel mondo agricolo ed ecumenico. Anzi, sembrerebbe proprio che la cultura del Danubio abbia apportato l’impulso decisivo alla nascita dello sviluppo culturale che ebbe luogo in epoca preistorica nell’Europa meridionale e nell’Egeo, preparando così il terreno alla formazione del periodo classico dell’Antica Grecia.
Sabina Marineo

Meditazione durante le fasi lunari




La luna ci appare sotto diversi aspetti che si chiamano fasi lunari e che  dipendono dalle posizioni relative del sole e della luna, rispetto alla terra.  Il tempo impiegato dalla luna a compiere un giro completo intorno alla terra  equivale a circa ventisette giorni solari medi.

Una di queste fasi è il plenilunio e si ha quando la luna non è più tra la  terra e il sole, ma è la terra che si trova tra la luna e il sole. In questo  modo la faccia illuminata della luna ci è chiaramente visibile e non è più  celata verso il sole.

Il momento più fruttifero del plenilunio, è quello che va da due giorni  prima del plenilunio, abbraccia il giorno centrale in cui avviene, e prosegue nei due giorni dopo. Questi sono i cinque giorni magici nei quali è possibile  sfruttare al massimo l’energia positiva di questo periodo, preparandosi ad essi  dal momento in cui termina il novilunio, ovvero quindici giorni prima del  plenilunio (i giorni variano da mese a mese). Durante questi cinque giorni, la “Gerarchia Spirituale” attiva energie  Cosmiche, Solari e Planetarie specifiche, con le quali inonda l’umanità,  invitandola a salire verso l’alto.

Nei quindici giorni che vanno dal novilunio al plenilunio è propizio fare  una meditazione creativa, mentre, il periodo che va dal plenilunio al novilunio  dovrà essere adoperato per trasmutare i frutti della meditazione, in qualità dell’animo.

La meditazione è un potente metodo di servizio all’umanità quando la mente  viene usata come un canale di ricezione delle energie di luce, amore e volontà  di bene, e per dirigerle nella coscienza umana. Il momento del plenilunio di  ogni mese offre la grande opportunità di meditare – meglio se in gruppo – come  mezzo di cooperare con il Piano divino o Intenzione per il nostro mondo.


(Redazionale)