15 agosto – Commemorazione del Divya Diksha di Baba Muktananda

 


Il 15 agosto ricorre la Divya Diksha del mio Maestro Baba Muktananda (iniziazione spirituale ricevuta da Nityananda il 15 agosto 1947). Ovviamente ricorderò l’evento con una canto dedicato al Guru, l’Arati, che terrò alle ore 12 a Treia.

Ed ora alcune parole sul significato del Divya Diksha (iniziazione spirituale) raccontando l’esperienza da me vissuta con il mio Maestro Baba Muktananda. 

Come potrei riportare l’incontro avuto con me stesso, come potrei descrivere l’io dinnanzi all’Io? Questo riconoscimento del Sé avviene come stabilito dal destino. Per me accadde allorché mi trovai dinnanzi al mio Guru Muktananda. Ma definire un “qualcuno” Guru è un’offesa alla verità, poiché Guru non è  una persona è semplicemente la Coscienza che anima e manifesta ogni persona. Quella stessa Coscienza che io sono.

Ma prima di giungere a questa “esperienza” dovrei fare molta strada indietro nel tempo, nel raccontare spezzoni e spezzoni del mio sogno, della mia identificazione con lo spurio “io” che ho creduto di essere per tanto tempo. Questo discorso metafisico è alquanto strano, non c’è altri che “Io” eppure quando si parla di “io” automaticamente la mente produce un soggetto che si prefigura come usufruitore di ogni esperienza vissuta, è un’identità riflessa nello specchio della coscienza, è un’immagine speculare che non potrà mai essere il vero “Io” eppure ne rappresenta le caratteristiche… come ogni immagine speculare…

Lascio da parte ogni tentativo goffo di descrivere l’indescrivibile e mi soffermo sull’aspetto riferibile di quell’incontro con il Sé, quel momento di realizzazione e di assoluta libertà e presenza che avvenne… presente ora come allora e come sempre sarà….. Ma quella meravigliosa “ri-unione” non poteva avvenire che nel momento stabilito dal fato, non poteva succedere ad esempio nel 1970 allorché Swami Muktananda visitò Roma e soggiornò in una semplice casa di Via Trionfale presso una semplice famiglia di italiani qualsiasi, la famiglia di Giacomo e Giovanna Pozzi.

In quel tempo vivevo a Verona e  stavo ancora godendo dell’assoluta creatività del mio piccolo io, l’immaginario Max Paolo D’Arpini. Dovevo spogliarmi di quelle vesti per mezzo di un viaggio a ritroso, nell’abbandono dell’identificazione, un viaggio che fisicamente mi portò ad attraversare tutta l’Africa, sino a perdere ogni voglia di essere qualcuno o qualcosa ed infine mi consegnò davanti a me stesso, ed allo stesso identico momento di fronte al  Swami Muktananda. Accadde –ma come può accadere una cosa che sempre è e sempre sarà?-  alla fine di  giugno del 1973.

Paolo D’Arpini




Gli stivali della guerra di Russia... e gli imbrogli della politica fascista (e poi democristiana)



Il prof. Antonio  Pantano in un  suo intervento  (*) a 19’ ca afferma: “...qualcuno ha messo su una pagina Facebook  la fotografia di un residuo di  uno scarpone italiano di perfetto cuoio,  usato  sul fronte russo ottant’anni fa. Io mi sono permesso di ricordare quello che aveva commentato  mio padre, che era andato in Russia equipaggiato, essendo ufficiale, per conto proprio… Quando arrivò al fronte si accorse  che le truppe germaniche avevano degli stivali  di feltro.  Vide che gli stivali erano stati tutti confezionati, perché c’erano le etichette, ad  Alessandria.  Facendo dei calcoli, siccome i militari tedeschi sul fronte russo sono stati più di un milione, significava che  due milioni di pezzi, non qualche scatola ma addirittura degli interi treni hanno portato da Alessandria in Germania e poi sul fronte russo i calzari per affrontare non solo il gelo ma soprattutto l’umidità, perché sappiamo tutti che la neve, la pioggia, al feltro non fanno nulla. Tutto scivola, mentre invece i calzari di cuoio perfetto col ghiaccio si spaccano, resistono un giorno, due, tre e poi si spaccano... Perché è successo questo?”


Scrissi al prof. Pantano per ringraziarlo e per precisargli  che mio padre si accorse del grande  inganno in atto.  Svolgeva servizio presso  una  Caserma di Biella che coordinava la partenza di militari per  la Russia.   Anche lui, nonostante alcune ferite riportate sul fronte francese, sarebbe dovuto partire ma,  dalla   lettura di svariata documentazione, si accorse che sarebbero partiti con abiti confezionati con stoffe non adatte al grande gelo russo.  D’accordo con il suo capitano avvisò tutti i militari del grande tradimento in atto e che avevano quindi, di fronte a prove inconfutabili,  la possibilità di ribellarsi a tali ordini.   Non furono perseguiti perché le prove del tradimento erano schiaccianti. A fine guerra  Giuseppe Pella, che divenne poi ministro del Tesoro, contattò mio padre, che era suo  parente,  per chiedergli di occuparsi di una sezione biellese della Democrazia Cristiana.  Accettò  al solo scopo di poter chiedere  agli industriali biellesi, -  molti di loro  sapevano dell’inganno -, di aiutare tutte le famiglie che avevano avuto figli morti al fronte o ritornati dopo anni di mancato lavoro, malati, feriti e in miseria. Gli industriali accolsero l’invito elargendo ricche donazioni  ma il Vescovo di allora  propose  che fosse la Chiesa ad occuparsi della loro distribuzione, che in realtà mai avvenne.  Pertanto mio  padre lasciò immediatamente l’incarico conferitogli da  Pella e da allora la sua vita sociale e lavorativa  non fu ovviamente facile. 


In questo video  https://www.youtube.com/watch?v=IXfphIuWwLQ – “I lanifici Rivetti,  un’azienda del grande 900 tessile biellese “ al    33,11 – un’operaia che lavorava in quel periodo  presso il  lanificio  dice, in dialetto  piemontese:  “allora si lavorava per la guerra, e ce n’era poco di lana.  Quelli là, quei poveri cristi che hanno mandato in Russia  il grigio-verde invece di essere spesso così era spesso colà che quando lo tiravi si apriva.  Io ho detto se   quelli che vanno in Russia mettono queste stoffe crepano tutti i di freddo. E difatti  sono crepati di freddo”.


E se l’avevano capito gli operai …

 

La storia si ripete. Cambiano le forme e gli effetti  ma non  le vere cause  http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/categorie/scienze-finanziarie-economiche/

 

Paola Botta Beltramo




(*) - Intervento menzionato: :https://www.youtube.com/watch?v=sPEFFzkUQNo



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Mio commentino: “Io sono nato da uno di quei reduci dalla guerra di Russia… uno che era rimasto invalido e che fece in tempo a tornare prima della disfatta finale. Ma questa storia merita un piccolo chiarimento. Mio padre durante la ritirata restò indietro con i piedi  congelati e non poteva più camminare, i suoi lo abbandonarono. Sarebbe stato fatto prigioniero o ucciso se alcuni civili  russi “benevoli” non l’avessero preso, caricato su un carro e -a loro rischio- riconsegnato entro le linee italiane. Poi fu rimandato in Italia dove essendo invalido non continuò a svolgere servizio militare. Io nacqui poco dopo la liberazione di Roma, il 23 giugno del 1944. Quindi debbo la vita ad un russo….” (Paolo D’Arpini)


Africa...



Mi sento come allora, quando stavo in Africa, niente davanti niente dietro, nessun luogo per andare, nessun luogo per tornare, nessun luogo per restare.

Vagare trasognato, viaggiare solo perchè lo spostarsi era l’unico modo di sopravvivere a me stesso. Ringraziando la fame, la sete, la fatica, la paura, la meraviglia che mi teneva in piedi, mi dava la forza e lo stimolo di andare… ma dove?  

Senza meta, pian piano, attaccato al respiro che mi accompagnava e mi consolava nella mia solitudine estrema.  

A volte amante della terra, sdraiato sui bordi di qualche sentiero nella foresta, nella brousse, la febbre alta per la malaria, senza vedere nessuno attorno senza preoccuparmi se ci fosse o non ci fosse qualcuno attorno. 

L’importante era  respirare, respirare e guardare il cielo… freddo caldo... chi li ha conosciuti in quel limbo materno che è l’Africa? Il freddo ed il caldo erano solo notte e giorno, alternarsi di pensieri, nuvole di passaggio, pioggia, sole, sole, pioggia. 

Africa, il cuore  si strugge e lo spirito  ride!
 

Paolo D’Arpini



Africa

I feel like I felt then, when I was in Africa, nothing before me and nothing behind me, nowhere to go, nowhere to go back to, no place to stay. Day dreaming, travelling just for the sake of moving, the only way to survive myself. Thankful for being hungry, thirsty, tired, fearful, the awe that kept me standing gave me strength and encouraged me to go….. but where? Without a goal, slowly, holding on to my breath that kept me company and comforted me in my deep loneliness.  Sometimes lover of the earth, laying down on the sidewalk of a path in the forest, in the “brousse“, with malaria and  high fever, no one around to be seen and without worrying whether there was or there wasn’t someone by me. As long as I could breathe, breathe and look at the sky… cold hot… who has ever met them in that maternal limbo called Africa? Cold and hot were just night and day,  alternate thoughts, clouds passing by, rain, sun, sun, rain. Africa the heart sighs and the spirit laughs!

Translated by Ilaria Gaddini

Rimembranze. Calcata: La Dimora di Kali

 


Nel 2008, quando ancora vivevo nella casarsa sulla fogna comunale di Calcata, per sbarcare il lunario ogni domenica mi recavo in un bugigattolo in un vicoletto nascosto del paese vecchio, lì aspettavo qualche rado “avventore” che volesse farsi leggere la mano da me. I “clienti” erano davvero rari e la tariffa era “ad offerta libera”, che molto spesso risultava irrisoria. 

Comunque con circa duecento euro al mese raggranellati e la raccolta di erbe selvatiche e pochi ortaggi ed alcune cibarie ricevute in omaggio da amici devoti, riuscivo a sopravvivvere. Pagando anche un modesto affitto di 50 euro al mese, le bombole del gas, le bollette della luce e del telefono (necessarie per il collegamento ad internet, precedentemente dal 2004 al 2007 andavo a candele), e le imposte comunali  per acqua e rifiuti (pur che di rifiuti  ne producessi quasi nulla, anzi alleggerivo il peso andando ai secchioni a raccogliere tutto l'organico gettato dai ristoranti per alimentare gli ultimi animali che avevo in custodia  ed anche materiale vario per piccole costruzioni e recinti  nel Tempio della Spiritualità della Natura, ecc.) 

Durante le ore di attesa dei clienti nella così detta  Stanzetta del Pastore (di cui sopra) solevo leggere e rileggere un libro di poesie dedicate alla Madre Universale, Kali. Purtroppo quando lasciai Calcata nel 2010 e non sapendo ancora quale sarebbe stato il mio destino a Treia, se vi sarei rimasto o meno, lasciai il libro nella Stanzetta ma quando vi tornai dopo un paio d'anni, per una visita, trovai che il piccolo rifugio, con le sue suppellettili e libri e oggetti vari, era stato completamente “svuotato”, ovvero riportato ad essere un buco senza identità. Mi dispiacque soprattutto per la perdita del libro di poesie sulla Madre. 

Per fortuna alcune le avevo ricopiate e pubblicate sul blog del Circolo Vegetariano, il 7 agosto 2008:

Calcutta / Calcata: La Dimora di Kali

Più volte ho equiparato Calcata a Calcutta, il significato ed il nome sono gli stessi, in India e nel resto del mondo per entrambe la pronuncia è “Calcata” che significa in sanscrito “Dimora di Kali”.Kali è la Dea Suprema, l’energia che crea ogni cosa, l’aspetto dinamico della Coscienza (che è Shiva).

In particolare nel Bengala, dove appunto si trova la città di Calcutta sulle rive del Gange, c’è un’antica tradizione devozionale sotto forma di inni dedicati alla Dea. La Madre è descritta come luce e tenebra, illusione e conoscenza, amore odio, bene male, nobiltà ed ignominia, insomma tutte le categorie degli opposti. Kali è maya, la grande incantatrice, ed è kundalini, colei che ci risveglia dal grande sonno. Tutto è nelle sue mani e nulla può manifestarsi all’infuori di lei. Kali viene raffigurata mentre danza, estatica e nuda, sul corpo dormiente di Shiva.

Solo lei è la Terribile e la Benefica.

L’adorazione di Kali assume tutte le forme del possibile rapporto con il femminile, ella è madre, sorella, figlia, amica ed amante. Solitamente i devoti preferiscono rivolgersi a lei come Madre Universale, ma esistono culti che la venerano con amore filiale, in forma di giovinetta vergine, e vi sono inoltre gli approcci devozionali tantrici che la vedono come amante divina.

Qui raccolgo alcuni inni sacri che la dipingono in questi 3 aspetti.

Dal Devi Mahatmya.

Quell’energia
che in tutti gli esseri è detto Coscienza
sia riverita, riverita, riverita.
Quell’energia
che in tutti gli esseri è noto come Ragione
sia riverita, riverita, riverita.
Quell’energia
che esiste in tutti gli esseri come Quiete
sia riverita, riverita, riverita.
Quell’energia
che esiste in tutti gli esseri come Compassione
sia riverita, riverita, ricevuta.
Quell’energia
che si manifesta in tutti gli esseri come Illusione
sia riverita, riverita, riverita.

Dal Mahanirvana Tantra

Misericordiosa,
vaso di misericordia,
la cui compassione è senza limiti,
che sei raggiungibile solo per la Tua compassione.
Tu che sei fuoco,
bronzea,
nera di colorito.
Notte oscura.
Tu sei nera come un cumulo di nubi,
tu che ti compiaci della devozione delle vergini
e sei il rifugio dei devoti delle vergini.
Tu che ti compiaci della celebrazione delle vergini
ed assumi la forma della vergine.
Oh Bella, oh strisciante,
che ispiri tutti i desideri
eppure liberatrice dalle catene del desiderio.
Oh gioiosa,
sollievo dalle sofferenze,
a te m’inchino….


Dal Karpuradi Stotra

Oh Madre,
tu partorisci il mondo e lo proteggi
ed al momento della dissoluzione
riassorbi in te la terra ed ogni cosa.
Possa Devi, la Madre,
che appare nella forma di tutte le cose
apportare benefici
a tutti coloro che cantano le sue lodi.

Ed ora alcune poesie di Ramprasad, santo poeta nato a Calcutta nel 1718.

Tara, mi ricordi ancora?
In un qualsiasi altro posto
Non avrei potuto implorarti.
Ma ora, Madre, mi hai dato speranza,
hai reciso le mie catene
Madre, Madre mia,
tutto ciò che è mio è finito.
Ho offerto il mio dono!

Nella piazza del mercato di questo mondo,
la Madre sta seduta e fa volare i suoi aquiloni.
Su centomila, di uno o due taglia la fune.
E quando l’aquilone s’innalza nell’infinito
oh! come ride e batte le mani.

Oggi o fra cento secoli,
non sai quando avverrà la confisca dei beni.
In mano hai solo il momento presente.
Mente, oh mente mia,
affrettati a produrre il raccolto!
Spargi ora il seme che i tuoi maestri ti hanno dato
ed innaffialo con l’acqua dell’amore.

Dalla terra in cui mai fa notte,
lei è venuta a me.
Ed il giorno e la notte non sono più nulla per me.
Dite quel che volete, io sono sveglio.
Sttt… ho restituito il sonno a colei cui apparteneva.
Ho mandato il sonno a dormire per sempre.

… Amo l’oscura bellezza di Syama,
il battito del cuore, i capelli arruffati, l’amo e l’adoro!

Ora una poesia che la rimprovera della sua “crudeltà”, scritta da un portoghese, Ferenghee, sposato ad una vedova indiana, che visse in Bengala verso la fine dell’800.

Oh Kali mia, vuoi esser buona ora con me?
Ma quando mai
hai manifestato il tuo favore a qualcuno?
Tu, Syama, con Shiva sei stata tanto crudele
da scacciarlo dalla dorata Kasi
ed indurlo a rifugiarsi in un crematorio
e vivere da mendicante.

Un brano del magico poema di Avadhut, dedicato al grande crematorio di Calcutta, il Kaligath.

..e qui presso l’antico crematorio si può udire l’eterno pianto:
oscuro, muto, grigio, orribile, incolore,
soffocato, inudibile, incomprensibile,
lo si sente nel cuore.
Non è come un pianto di tristezza.
Non ha alcuna sfumatura di dispiacere
né alcuno spasimo…
Nel mezzo di quel pianto sconosciuto s’innalza il canto di Kali!
Amo quell’Oscura Bellezza,
con i capelli arruffati, che seduce il mondo,
così io l’amo…
Quella nera amata risiede nel mio cuore!

Ecco la prima strofa d’una poesia di Swami Vivekananda, il famoso discepolo di Sri Ramakrhisna, nato e morto a Calcutta.

Vieni, Madre, vieni!
Le stelle sono coperte,
nubi sopra nubi,
l’oscurità è vibrante, sonante.
Il ruggente turbine del vento
è abitato dalle anime di un milione di pazzi
fuggiti dal manicomio,
che sradicano gli alberi,
spazzano via i pellegrini dal cammino.
Il mare si è unito alla furia
e onde alte come montagne s’innalzano
verso un cielo di pece.
Un lampo di fosca luce
rivela mille e mille ombre della morte,
sudicia e nera,
che diffonde piaghe e dolori,
ballando ebbra di gioia.
Vieni, Madre, vieni!

Ed ora una poesia dedicata alla nostra Calcata scritta da Antonella Pedicelli

Il tempio antico onora
la nuova gemma di primavera,
una danza di calici
innalza versi all’occhio umano,
divino nell’ebbrezza gaudente
di satiri e fate.
Giocano aliti di vento
e rincorrono re e regine
su spighe d’oro effigiati.
Tace la voce cupa
della Terra dura,
la Madre respira piano
e nutre la povera gente
di pietà eterna.
Una foglia piega
l’ala timida
e scrive “gioia”
sui nudi crostoni
cesellati a mano
da pietre vive:
respiro del Cielo
di mondi lontani.


Paolo D’Arpini





L'identità di “genere” nel pensiero non è ecologica...

 


L'accettazione anzi la suggestione (in senso albionico da "suggestion") di poter modificare la propria identità di genere partendo da un pensiero, tra l'altro molto spesso indotto dalla cultura corrente estremamente ideologica  e fuorviante, non aiuta la liberazione dagli schemi, anzi crea nuove gabbie e schiavitù. 

Se poi tale variazione ideologica viene "migliorata" attraverso interventi chirurgici (trangender) crea ulteriori danni psichici ed anche ecologici. Più si interviene con questo tipo di scienza chirurgica e più ci si allontana dall'ecologia umana. 

Secondo me, questa non è ecologia e nemmeno chiarezza di spirito è solo adesione ad un materialismo perverso che non nulla di "naturale". 

Tempo addietro  aderii alla teoria della pansessualità, di cui assieme a Peter Boom (un caro amico omosessuale) sono stato estensore, leggendola  si può meglio comprendere  la mia posizione riguardo alla libera espressione sessuale e si può intuire  come la pervicacia nel perseguire  una identità di genere ideologica, come espressa nell'inutile ddl Zan,  sia completamnete fuori da ogni ragionevole necessità di vita. E' solo una proposta politicamente utile che avvalora però l'alienazione dell'uomo dall'uomo e crea ulteriori separazioni  sociali e identitarie che non servono a pacificare la mente né la società...  ma forse qualche “libertario” non percepisce queste sottili  conseguenze collegate al testo di legge Zan, sulla "identità di genere, nel pensiero..."

Paolo D'Arpini 


P.S. Qui al link che segue un testo chiarificatore sulla teoria della pansessualità scritto diversi anni fa:   https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2014/11/pansessualita-ecologica-e-spirituale.html

Osho: "Non tradire tuo figlio" (Stralcio dal libro)



Le nazioni hanno bisogno di idioti: altrimenti chi andrebbe a combattere? Il sistema ha bisogno di utili  idioti: altrimenti come farebbero alcune persone ad arricchirsi sempre di più con il lavoro e il sangue degli altri? Questa "civiltà" ha bisogno che esista un numero di persone prive di intelligenza, quanto più grande possibile, altrimenti chi diventerebbe cattolico, protestante, hindu o musulmano?


L’intera struttura della società è organizzata in modo che pochissime
persone possano sfruttarne milioni; e agli sfruttati sono state date delle consolazioni: «Tutto questo succede perché hai compiuto cattive azioni nelle vite passate». Voi non sapete nulla delle vostre vite passate, quindi questa consolazione vi sembra buona: «Cosa posso farci?».

Oppure vi viene detto: «E la prova del fuoco della tua fede in Dio: accetta il tuo destino e sarai ricompensato mille volte dopo la morte».

Le religioni si sono rifugiate nel passato, come il giainismo, il buddhismo e l’induismo - che sono tutte orientate verso il passato - oppure hanno trovato rifugio oltre la morte, come le altre tre religioni: cristianesimo, giudaismo e Islam. Non c’è molta differenza.

Tutto ciò che avviene, accade mentre si vive, e quelle religioni, invece, lo trasferiscono o prima della nascita o dopo la morte.

La strategia è la stessa.

L’intento è fare in modo che vi lasciate sfruttare, che arriviate a dare a chi vi sfrutta fino all’ultima goccia del vostro sangue, sentendovi però profondamente appagati dalle loro consolazioni, in quanto “così va il mondo”.

Voglio dirvi, con estrema chiarezza, che tutte queste religioni hanno fatto un gioco che è andato a tutto vantaggio degli interessi istituzionali. I vostri preti non sono altro che servi dei vostri politici. L’intera storia dell’umanità è stata una tragedia, e se non iniziamo a ribellarci in quanto individui, abbandonando tutte le nazionalità, tutte le religioni, tutte le divisioni razziali, e dichiarando che questo pianeta ci appartiene nella sua globalità, che le linee tracciate sulle carte geografiche sono false e inesistenti, se gli individui non cominciano a mutare l’intero sistema educativo...

Il sistema educativo dovrebbe insegnare l’arte della vita, dovrebbe insegnare l’arte di amare, l’arte della meditazione e infine l’arte di morire splendidamente.

Il vostro non è un sistema educativo: si limita a creare impiegati, capistazione, postini, soldati... e voi la chiamate istruzione!

Siete stati truffati.

E la truffa è durata così a lungo che lo avete completamente dimenticato, e continuate a ripercorrere lo stesso vecchio tracciato.

Io levo la mano contro tutto il passato dell’umanità. Non solo non è stato civile, ma neppure umano. Non ha in nessun modo aiutato le persone a fiorire; non è stato una sorgente di vita, ma una calamità, un crimine compiuto su vasta scala... qualcuno deve opporsi, qualcuno deve metterlo in chiaro: «Noi rinneghiamo il nostro passato. E cominceremo a vivere, fondandoci sul nostro essere interiore per creare il nostro futuro. Non permetteremo che sia il passato a dargli forma».

Io vorrei che voi accettaste una sola preghiera, la risata, perché quando ridete con totalità siete nel presente. Non potete ridere nel futuro e non potete ridere nel passato.

Tutti coloro che hanno creato questa umanità ritardata le hanno sottratto ogni vivacità, qualsiasi risata, tutti i sorrisi, e hanno trascinato tutti in un’esistenza priva di autenticità. E se non sarete autentici e sinceri, non potrete far sbocciare il seme che vi è stato dato dall’immensa compassione di questo universo.

La vita non dovrebbe essere una cosa seria... Dovrebbe essere profonda allegria, divertimento. E ogni individuo dovrebbe avere l’assoluta libertà di essere se stesso.

L’unica limitazione dovrebbe consistere nel non interferire nella sfera vitale di un altro individuo; anche se si tratta di tua moglie, di tuo marito, di tuo figlio, non importa.

Per me, l’essenza di una persona veramente religiosa consiste in un profondo rispetto per l’individuo.

Sii te stesso e lascia che ciascuno sia se stesso e questa vita, questo pianeta, possono diventare qui e ora un paradiso terrestre. Ma bisogna fare qualcosa e subito, perché tutti questi idioti si stanno preparando a un suicidio globale.

Se non vi rivoltate contro il passato e tutta la sua eredità, non potrete salvare l’umanità, e con essa questi alberi meravigliosi, gli uccelli che cantano, questo piccolo pianeta che da poco si è evoluto fino a essere consapevole.

Gli scienziati ipotizzano l’esistenza della vita su milioni di pianeti nell’universo, ma finora questa ipotesi non è stata confermata da nessuna prova... la sola prova che la vita si possa evolvere fino a questo livello di consapevolezza, di amore, di silenzio, di esperienza del cosmo, è qui, su questo piccolo pianeta.

Questa Terra e i suoi abitanti devono essere salvati a qualunque costo dalla calamità rappresentata da tutto il vostro passato. È necessaria una discontinuità assoluta: si dovrebbero bruciare tutti i libri di storia.

L’intero sistema educativo andrebbe impostato sulla gioia, sull’amore, sulla libertà, sulla consapevolezza e sul massimo rispetto per tutte le forme di vita.

Osho image.png







Tratto da "Non tradire tuo figlio“