15 agosto – Commemorazione del Divya Diksha di Baba Muktananda

 


Il 15 agosto ricorre la Divya Diksha del mio Maestro Baba Muktananda (iniziazione spirituale ricevuta da Nityananda il 15 agosto 1947). Ovviamente ricorderò l’evento con una canto dedicato al Guru, l’Arati, che terrò alle ore 12 a Treia.

Ed ora alcune parole sul significato del Divya Diksha (iniziazione spirituale) raccontando l’esperienza da me vissuta con il mio Maestro Baba Muktananda. 

Come potrei riportare l’incontro avuto con me stesso, come potrei descrivere l’io dinnanzi all’Io? Questo riconoscimento del Sé avviene come stabilito dal destino. Per me accadde allorché mi trovai dinnanzi al mio Guru Muktananda. Ma definire un “qualcuno” Guru è un’offesa alla verità, poiché Guru non è  una persona è semplicemente la Coscienza che anima e manifesta ogni persona. Quella stessa Coscienza che io sono.

Ma prima di giungere a questa “esperienza” dovrei fare molta strada indietro nel tempo, nel raccontare spezzoni e spezzoni del mio sogno, della mia identificazione con lo spurio “io” che ho creduto di essere per tanto tempo. Questo discorso metafisico è alquanto strano, non c’è altri che “Io” eppure quando si parla di “io” automaticamente la mente produce un soggetto che si prefigura come usufruitore di ogni esperienza vissuta, è un’identità riflessa nello specchio della coscienza, è un’immagine speculare che non potrà mai essere il vero “Io” eppure ne rappresenta le caratteristiche… come ogni immagine speculare…

Lascio da parte ogni tentativo goffo di descrivere l’indescrivibile e mi soffermo sull’aspetto riferibile di quell’incontro con il Sé, quel momento di realizzazione e di assoluta libertà e presenza che avvenne… presente ora come allora e come sempre sarà….. Ma quella meravigliosa “ri-unione” non poteva avvenire che nel momento stabilito dal fato, non poteva succedere ad esempio nel 1970 allorché Swami Muktananda visitò Roma e soggiornò in una semplice casa di Via Trionfale presso una semplice famiglia di italiani qualsiasi, la famiglia di Giacomo e Giovanna Pozzi.

In quel tempo vivevo a Verona e  stavo ancora godendo dell’assoluta creatività del mio piccolo io, l’immaginario Max Paolo D’Arpini. Dovevo spogliarmi di quelle vesti per mezzo di un viaggio a ritroso, nell’abbandono dell’identificazione, un viaggio che fisicamente mi portò ad attraversare tutta l’Africa, sino a perdere ogni voglia di essere qualcuno o qualcosa ed infine mi consegnò davanti a me stesso, ed allo stesso identico momento di fronte al  Swami Muktananda. Accadde –ma come può accadere una cosa che sempre è e sempre sarà?-  alla fine di  giugno del 1973.

Paolo D’Arpini




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