La donna, incarnazione primigenia dell'energia creatrice, e la sua posizione nelle diverse religioni



Per l’8 marzo di quest’anno saremo a Treia (MC),  per vivere l’esperienza dell’incontro "sottile" fra il maschile ed il femminile. (Vedere Programma:http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2014/03/treia-8-marzo-2014-alla-ricerca-del.html)

Avvicinandosi la data fatidica mi sembra opportuno analizzare quegli aspetti della cultura femminile che hanno contribuito alla formazione della nostra civiltà umana.
Il femmineo e la sua simbologia sono mutati radicalmente nel corso dei secoli. Nella remota antichità il femminile era rappresentativo di un potere creativo assoluto e totale.
Tutte le divinità si mostravano in aspetto femminile od in forme che evocavano tale qualità, a cominciare dalla Grande Madre, la natura stessa, sino a Madre Acqua, Madre Luna ed anche Madre Sole, etc. (la formula sacra più antica, il Gayatri Mantra, è dedicato a Savitri, la dea dell’energia solare).


Le donne in quanto incarnazione primigenia del potere procreativo erano pertanto degne di amore e di devozione. La paternità era “sconosciuta” (ovvero ignorata), la madre esisteva di certo e questo era un dato incontrovertibile… 


Come poi l’operazione procreativa accadesse era lasciato agli umori materni che venivano influenzati o sollecitati dall’amore rivolto dai maschi verso tutte le madri. Insomma il padre era un semplice elemento ispirante per promuovere la maternità, non un fattore primo ma un incidentale aiuto….


Questo sino ad un certo punto, finché non cambiarono pian piano le cose e le responsabilità nelle funzioni creatrici si rovesciarono. Ma non avvenne tutto assieme, questo andamento evolutivo dal matrismo al patriarcato prese secoli e secoli per consolidarsi. Gli studi dell’archeologa lituana Gimbutas tendevano proprio a dimostrare l’esistenza di un lunghissimo periodo di transizione fra matrismo e patriarcato. Sicuramente gli “autori” del patriarcato nacquero sulle sponde dell’Indo, la civilizzazione più antica sulla faccia della terra (antecedente ai Sumeri ed agli Egiziani di migliaia di anni), in quel “paradiso terrestre” avvenne il riconoscimento del valore della paternità come fattore “portante” e di conseguenza come elemento stimolativo per una nuova religione e mitologia. Ma il processo anche qui fu lento, dovendo giustificarsi con fatti sostanziali che ne garantissero l’accettazione per mezzo di consequenzialità storica e di significati allegorici.

Avveniva così ad esempio nella mitologia induista in cui Parvati, la Dea primordiale crea da se stessa un figlio che la protegga dall’arroganza dei maschi che servivano Shiva, il suo sposo. Questo suo figlio, Ganesh, è talmente potente che è in grado di impedire l’accesso alla camera della madre a Shiva stesso (perché non aveva chiesto il permesso di avvicinarsi, notate bene questo particolare importante in cui si garantisce alla madre il diritto di scelta nel rapporto). A questo punto Shiva invia le sue truppe maschili all’attacco di Ganesh ma tutti i suoi “gana” vengono sconfitti e Shiva medesimo vien lasciato con un palmo di naso ed infine è solo con l’inganno e chiedendo aiuto all’altro dio maschile, Vishnu, definito il conservatore, che riesce a sconfiggere Ganesh… ma non fu una totale debacle…. poiché poi, per amore di Parvati, Shiva accetta di essere padre, ovvero riconosce che Ganesh è suo figlio e lo ristora alla vita, cambiandogli però testa… (ed anche qui notate le simbologie connesse…).


Questa descrizione fantastica la dice lunga sul significato della trasformazione epocale in corso 15.000 anni prima di Cristo…. Molto più tardi, ma sempre in un ambito di civiltà indoeuropea, vediamo addirittura che è il dio maschile a creare da se stesso. Ed è quanto avviene a Giove che, non aiutato dalla consorte, produce dal proprio cervello Minerva. I tempi a questo punto son già mutati, il patriarcato ormai impera sovrano, le donne sono fattrici (od etere buone solo a passare il tempo), persino l’amore, quello vero e nobile, si manifesta fra maschi (vedasi la consuetudine di tutti i maestri greci di avere ragazzini per amanti). In quel tempo la condizione femminile era alquanto scaduta ed in Europa od in Medio Oriente restavano sacche di resistenza solo qui e lì.
Ad esempio nella tradizione giudaica la trasmissione della appartenenza al “popolo eletto” avveniva (ed è ancora oggi così) per via materna, ultimo rimasuglio matristico in mezzo ad una serie di regole molto patriarcali e misogine. 


Tale misoginia fu assunta –in modi differenti- anche dalle altre due religioni monoteiste: il cristianesimo e l’islamismo. Nell’islamismo però, malgrado la visione della donna in chiave di sudditanza, si salvò il criterio di bellezza e nobiltà dell’amore sensuale, infatti il profeta Maometto ebbe diverse mogli e persino il suo paradiso era riempito di belle donne accoglienti. Questo almeno consentiva un naturale intercourse di rapporti fra i due sessi. Purtroppo non avvenne la stessa cosa nel cristianesimo ove prevalse, anzi peggiorò, la misoginia originaria ebraica.


Se nell’ebraismo la divinità, sia pur vista in chiave di “dio padre”, manteneva un distacco verso le cose del mondo, essendo un dio non rappresentabile e puro spirito, nel cristianesimo per poter giustificare la divinità del “figlio” si cancellò completamente il ruolo creativo della madre. Maria concepì vergine dallo spirito santo, la sua è una prestazione completamente passiva e deriva da una scelta del dio padre di impalmarla e renderla madre. Insomma la povera Maria è equiparabile ad una “prostituta” spirituale. 

Da questa visione deriva anche la ragione cartesiana pseudo scientifica che indica la natura come passiva, inerte e pure stupida… Insomma lo spirito maschio “infonde” la vita e la “buona” madre porta in grembo quanto le viene concesso di portare….


Capite da voi stessi che tale proiezione è ormai improponibile ed obsoleta, sia pur che la maggioranza degli uomini ancora vi si crogiola, illudendosi con favole religiose ed ideologiche della “superiorità” maschile, della “superiorità” dell’intelligenza speculativa scientifica, della “superiorità” del potere e della forza. Così non si fanno passi avanti nell’evoluzione della specie. 

E’ ovvio che entrambi questi aspetti, matrismo e patriarcato, hanno avuto una loro funzione storica per lo sviluppo delle “qualità” della specie umana. Ora è giunto il tempo di comprenderne la totale complementarietà e comune appartenenza, ma non per andare verso una specie unisex, bensì per riconoscere pari valore e significato ad entrambi gli aspetti e funzioni…. in una fusione simbiotica.


Anche se… diciamola tutta… il femmineo avrà sempre la mia riconoscenza e rispetto ed amore devoto, poiché merita di essere “prediletto” per la sua specialità… Purché rinunci a satana ed alle sue pompe, ovvero all’uso indirizzato e furbo di tali buone qualità..!

Paolo D'Arpini

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