La civiltà è un modo delle forme di vita associata umana nella storia della nostra abitazione del pianeta. Ad occhio rappresenta solo lo 0,16% del tempo della storia del nostro genere primate. Come e perché iniziò e lungo qui da dire, si tratta, al solito, di un sistema di cause interagenti, ma poiché è sorta più volte da più parti deve esserci stato al fondo un andamento comune.
La più probabile causa di fondo è stata l’avvento di un regime climatico particolarmente favorevole, l’Olocene. Il miglior clima ha sciolto il ghiaccio in acqua e il resto della natura ha prodotto più cibo vegetale e quindi animale, gli umani hanno vissuto una fase “paradiso terrestre” così narrato dopo che le condizioni peggiorarono di molto, nel ricordo.
A quel tempo, secondo alcuni paleoantropologi, gli umani che nel XIX secolo bollammo spregiativamente come “primitivi”, lavoravano per la sussistenza e il minimo confort necessario alla vita, tre-quattro ore al giorno. Il resto del tempo lavoravano artigianalmente assieme, chiacchieravano intorno al fuoco, ridevano, giocavano, facevano sesso.
Ma se dentro i gruppi umani la vita era niente male, fuori di questi le minacce erano tante, in fondo la forma sociale che ereditiamo dalla storia evolutiva di altre specie, serve proprio per opporre al vaglio adattivo gruppi e non singoli come pretendono i biologi molecolari riduzionisti e deterministi, perdonatemi ma non posso fare a meno di aggiungere “anglosassoni”. C’è un vincolo di coerenza delle immagini di mondo che parte dai barbari germanici trasferitisi nell’isola ad Hobbes (uno dei rari studiosi dell’Alto Medioevo inglese anche perché le fonti sono assai scarne e quindi si fa presto a farsene una idea), Locke, Smith, Ricardo, Malthus, Thatcher fino a Dawkins e compagnia anglo-brit. L'intera economia anglosassone parte dalla variabile di scarsità, ma le variabili sono due, l'altra è la ridistribuzione. Nella gestione delle immagini di mondo, a volte si ottiene narrativamente di più non aggiungendo qualcosa ma sottraendolo alla vista.
Ad ogni modo, queste condizioni favorevoli aumentarono il volume dei gruppi umani, molti presero a stanzializzarsi. Cacciavano, raccoglievano (soprattutto) e integravano con piccola agricoltura che non fu affatto una invenzione tecnica che trasformò i modi produzione come narrano all’unisono marxisti e liberali con mentalità che replica la Rivoluzione industriale del capitalismo all’eternità entrambi confortati di aver scoperto una “legge” dell’economia e così confortati dal fatto che l’economia sia una scienza con le leggi come la fisica. Nelle cose umane non c'è alcuna legge, questa è la sola legge (negativa), semmai regole.
Ad un certo punto, masse umane consistenti, entrarono in periodi climatici più turbolenti e meno umidi con una raggiunta densità abitativa importante.
Domanda crescente, offerta naturale calante, questo il motivo per il quale gli umani si densificarono presso i fiumi (l’acqua non cadeva più con regolarità dal cielo). Ma è anche il motivo per il quale la caccia e la raccolta (calanti anch’essi) vennero sostituite da un incremento dell’attività agricola, praticata da almeno 10.000 prima. Nascevano così le prime città, la civiltà, la gerarchia sociale, la religione (stante che forme varie di spiritualità di gruppo sono longeve quanto l’uomo), la guerra organizzata, la scrittura e le immagini di mondo di una certa complessità. La gerarchia sociale non nasce affatto dai modi di produzione ma è il modo più semplice per gestire e coordinare una società dotata di una certa massa, l’autorganizzazione delle masse consistenti è auspicabile negli ideali ma è tremendamente improbabile se non accompagnata da una intenzionalità molto sofisticata, consapevole e ben distribuita.
Potremmo dire allora che la civiltà nasce perché non si poteva più alzarsi la mattina e dire “ok, oggi che si mangia?” per poi andare per boschi o prati o ruscelli a procurarselo, bisognava programmare, pensarci prima ed organizzarsi collettivamente di conseguenza. Naturalmente l’offerta relativamente abbondante di cereali e vegetali ma anche animali allevati, aumentò la popolazione al prezzo di malattie, dominio dei maschi sulle femmine, degli anziani sui giovani, dei forti sui deboli, fragilizzazione ossea ed una cascata di innovazioni adattative con impatti vari sulle forme sociali e loro dinamiche. Questo ci dice lo studio di decine di testi di paleo-et cetera, negli ultimi anni la tecnologia ci ha permesso di estrarre moltissime informazioni dai resti degli scavi e così sembra si possa dire sia andata, più o meno e non solo in Masopotamia che è quella che consociamo meglio, la storia più antica e quella più vicina a noi.
La civiltà umana ha avuto poi cinque-seimila anni di storia, fasi alterne con vari eventi separati tra popoli e territori.
Secondo gli statistici dell’ONU, oggi festeggiamo l’arrivo dell’ottavo miliardesimo di umano vivente. Il mondo intero è diventato una Grande Mesopotamia, ormai siamo tutti stipati con vari stili di vita sullo stesso pianeta. Vi arriviamo però impreparati come impreparati furono coloro che dal “paradiso terrestre” si ritrovarono a mangiare il sudore della propria fronte misto ad un po’ di miglio francamente deludente rispetto al barbecue di cervo, domandandosi quale colpa avessero visto che il loro dio gli aveva così duramente puniti. O almeno questo raccontavano i gestori dell’immagine di mondo al potere dando a tutti la colpa che non era di nessuno. Dare le colpe è una delle principali attività del potere.
Saprete e leggerete come tutto ciò porta ad un gigantesco problema adattivo di tipo ecologico, ambientale, climatico. Ma dovrete aggiungere parecchio altro per capire il perché del titolo del post. Ad esempio, il conflitto per spazio e risorse (terra, minerali, energia, acqua) che ha portato di recente la geopolitica a prendere il posto della virologia che già aveva preso il posto dell’economia. Poi dovrete aggiungere il ridisegno dei sistemi di relazione tra culture diverse, economie e finanze diverse, credenze diverse, modi politici diversi con sciame di lotte tremende per garantirsi le migliori condizioni di possibilità a noi e non ad altri. Migrazioni ovviamente, treni di feedback non lineari che percuotono l’omeostasi del sistema umano e naturale, deliri tecnologici nella credenza magica che ogni problema complesso abbia soluzioni semplici che poi è in breve “farci i soldi” credendo di risolvere un problema creandone una decina ex-novo. Infine, ma solo perché lo spazio per scrivere ed il tempo per leggere è tiranno, l’effetto che tutto ciò ha nelle nostre specifiche forme di vita associata. Partendo dall’umanità alle varie civiltà, la nostra civiltà occidentale, l’Europa che è di natura diversa dall’Anglosfera, l’Italia e via così.
Dopo seimila anni, ci troviamo oggi e per la prima volta, con un problema adattivo inedito: riuscirà l’umanità a riconfigurarsi per essere complessivamente adatta a vivere in così tanti con così meno a disposizione di ognuno? Si tratta di un problema di ridistribuzione a dimensione planetaria e non solo tra classi sociali interne una data società, sebbene le due cose siano correlate ovviamente, come lo furono quando iniziò la civiltà.
Da ciò conseguono cascate e cascate di novità perturbanti. Le forme di vita associata, le nostre singole esistenze, le immagini di mondo. Chi scrive si occupa di questo, prioritariamente e lo fa con metodo di studio suo, indipendente, non solo nel descrittivo ma cercando anche di conseguirne il prescrittivo. Coltivo una nuova disciplina, la mondologia. Farà sorridere l’enormità dell’intento; eppure, non c’è proprio niente da ridere. Noi abbiamo il logos, il discorso con cui interpretiamo cose e fenomeni ed oggi abbiamo un nuovo oggetto iper-complesso che è il mondo. Un “mondo” in generale ce l’avevamo anche prima, ma quello di oggi si presenta come un sistema in sé alla ricerca della sua coerenza e compatibilità interna ed esterna a condizioni nuove, inedite, problematiche, con poco tempo per trovare le soluzioni, mentre il mondo stesso continua a cambiare velocemente e profondamente.
Il mondo è entrato nella prima fase storica planetaria, dove cioè le dinamiche sono sincroniche per tutto il sistema umano e i battiti di farfalla lì fanno uragani qui, questa è l’Era complessa. Ed è di questo mondo che ci sforziamo di dare una immagine, una immagine di mondo adatta al mondo che è oggi, non quello di un secolo o un millennio fa, solo qui e non lì. Non è un mio piglio definirla una nuova era storica, mi pare un fatto oggettivo secondo numero-peso-misura, materialisticamente e spiritualmente parlando.
Dovremmo forse condividere un po’ di più questo problema perché è il problema di tutti i problemi. Certo sono cose preoccupanti, complicate, prima di dire dovremmo studiare molto, cambiare molte credenze cui siamo affezionati e molti modi di essere e fare, ma è anche una formidabile spinta al cambiamento, è un cambiamento che tanto avverrà comunque, a noi sta “”solo” cercare di direzionarlo da una parte o da un’altra.
Mi sento di citare un filosofo pessimista ma forse era solo pessimista nella ragione anche se la moglie disse che era troppo “pesante” (la moglie era H. Arendt) e per questo lo mollò. Diceva il nostro e non lo trovo affatto un pensiero pessimista, al contrario, che bisognava far in modo che il mondo non cambiasse senza di noi.
Se avremo o meno un futuro con un discreto adattamento a cotanta complessità emergente dipende solo ed esclusivamente da questo.
Pierluigi Fagan
(Appoggio solo una scarna ANSA sulla notizia del dato, troverete analisi un po’ più esplicative sulla stampa odierna, dategli un occhio, sono cose importanti tra un Kherson, un Montesano ed un Xi Jinping, tutte parti e conseguenze del tema posto: https://www.ansa.it/.../onu-la-popolazione-mondiale...).
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