LE STORIE, LE AVVENTURE, I RICORDI, LA CARRIERA, LA VITA (Nota autobiografica di Paolo D'Arpini)

 

Paolo D'Arpini a Verona, all'età di 15 anni

Dati "bruti" 

Sono nato a Roma, in Via Ariberto da Intimiano, il 23 giugno 1944, da Giustina Tirabosco, originaria di Bagnoli di Sopra,  e da Aldo D'Arpini (probilmente originario da Arpino), nella casa dei miei nonni paterni, dove vissi sino ai primissimi anni '50, poi la mia famiglia si trasferì a Grottaferrata (nei Castelli Romani) fino alla morte di mia madre avvenuta nel 1954. Dopodiche fui relegato nel collegio salesiano di Roma "Sacro Cuore". Dal 1957 seguii mio padre a Verona, dov'egli si risposò con Noemi. Dopo qualche anno mio padre tornò a Roma, ed io con lui, ma per poco, infatti all'età di 15 anni "scappai di casa" e tornai a Verona ove rimasi con alterne vicende sino all'età di 27 o 28 anni circa, poi...



Scrivevo nel Novembre 2007 sul blog del  Circolo Vegetariano VV.TT. di  Calcata:  

"Vivo in una casupola fatiscente sulla rupe esterna di Calcata, vicino al lavatoio ed alla fogna comunale. Non dispongo di alcun reddito se non il soccorrevole, saltuario, sostegno di amici compassionevoli e piccolissimi proventi da attività culturali. Sono soddisfatto della mia condizione, mi sento libero."

Reminiscenze

Volendo però raccontare come tutto ciò è avvenuto debbo fare alcuni passi indietro, sia nel tempo che nel luogo, ed ecco che mi ritrovo nel 1967 in cui nacque a Verona il mio primo figlio, avevo 23 anni. All’anagrafe, mia moglie Evelyne (francese) ed io, lo chiamammo Massimiliano ma in casa egli era Davide. Forse un altro dei miei tentativi inconsci di mascherare e nascondere qualcosa sulle mie origini. Infatti si sospetta che la mia famiglia fosse di origine ebraica, si convertì e cambiò cognome durante il periodo della promulgazione delle leggi razziali del fascismo. Nei miei tratti genetici c’è il vizio –forse- di voler creare confusione sulla mia ascendenza. Ovviamente non sono ebreo, sono stato battezzato con un nome cristiano: Paolo. Eppur ancora recentemente un’amica ascoltando il racconto delle mie origini ha commentato sarcasticamente: “Ah adesso capisco perché sei così… a me gli ebrei non son mai piaciuti”. Ed io -hai voglia a spiegare-: “…ma no, son cristiano, non sono ebreo… anzi sono totalmente laico”. Non mi è sembrato però che le giustificazioni sortissero qualche effetto,  ho così capito com’è profondo il pregiudizio in tanta parte dell’umanità. Ringrazio quindi Dio per questa ennesima lezione. Occorre essere sempre più modesti se si vuole sopravvivere.


Il karma è karma...

Purtroppo nella mia vita non ho mai avuto un dono spiccato per la modestia, ho sempre considerato me stesso e la mia opera come un degno percorso evolutivo. Abitando a Verona avevo già collaborato, nel 1967-68, ad una rivista locale che si chiamava Verona Beat, un cult tipico di quegli anni, ebbi la fortuna di intervistare personaggi tipo Adriana Asti, Gino Bramieri, L’Équipe 84 e compresi subito come fosse facile manipolare la pubblica opinione. Lo scoprii facendo decollare nelle classifiche dei primi dieci complessi beat, fra cui alcuni molto famosi e conosciuti nazionalmente, un fantomatico gruppo da me inventato chiamato “Les Fades” (che significa ‘gli stupidi’ in francese) facendolo quasi arrivare al top ten. Quando i miei amici di Verona Beat scoprirono l’amaro inganno persi il posto al giornale ma ciò mi giovò immensamente giacché potei così dedicarmi alla mia vera passione: la poesia.

Nel 1970 stampai con i tipi a piombo (e pressa manuale) di Gabriel Rummonds (un americano che editava libri d’arte a Verona) il mio primo libricino: “Ten poems and ten reflections”. Su carta gialla quasi filigranata e inchiostro rosso, la copertina, fatta a mano,  era rivestita  in cartoncino avana. Poi passai anche alle poesie visive che esposi in varie gallerie del Veneto, a Verona e Padova, ecc.  ed a Milano nell’atelier della poetessa Vittoria Palazzo.

Nel 1971 Fondai una delle prime associazioni culturali libere, si chiamava “Ex” che voleva dire ‘fuori’ (dagli schemi). La sua sede era in un locale storico in piazzetta San Marco in Foro a Verona, ove sino a poco prima c’era l’ultima vera osteria antica “Da Amelia” in cui si ritrovavano i poeti dialettali e l’intelligenza veronese. Anche in questo caso, con l’aiuto di Lina Boner e Maria Uyttendaele, mi divertii un mondo ad accompagnare il successo di gruppi emergenti come i Gatti di Vicolo Miracoli (ricordo Smaila che suonava per noi quasi tutte le sere) ma anche il santo bevitore Francesco Guccini, Jerry Calà, Massimo Altomare, Checco Loy e tanti artisti poi divenuti celebri che collaborarono con la nostra sala espositiva (in alleanza con la più famosa galleria moderna di Verona, la Ferrari) o che ci allietavano con le loro recite e performance. Tutto si svolgeva in un retro-cantina ben riscaldato su soffici cuscini in polistirolo espanso autoprodotti che spesso avevano buchi causati dalle numerose sigarette che tutti fumavamo. In questa bolgia infernale della cultura stavo attuando un mio desiderio sincretico che però meritava un ulteriore sviluppo.

Fu così che nel 1972, lasciando mia moglie Evelyne, con il mio primo figlio Maximilien, e la mia giovanissima  amante Michi,  incinta,  fuggii  in Africa con l’intento  dichiarato "di fare un servizio fotografico e scrivere un libro". (In realtà ero disperato...).  Il viaggio durò parecchi mesi e mi portò a vagare per tutta l’Africa equatoriale. A piedi o con mezzi di fortuna, con crisi di malaria, con situazioni estremamente imbarazzanti (passavo dal Katanga proprio durante il periodo delle sommosse o da Bangui quando c’era l’imperatore pazzo Bokassa) eppure sempre più pulito nel pensiero, sempre più consapevole del valore della sopravvivenza. Ringrazio -è doveroso farlo- tutte le ambasciate italiane dei vari paesi da me visitati che hanno contribuito con le loro prebende all’esperienza più vera e più sentita di un mio ritorno alle origini fisiche, nella Mamma Africa. Infine, stanco e non sapendo  cos'altro  fare (se non prendere il sole a Malindi e fumare il narghilè) decisi di imbarcarmi per l’India.


Sbarcavo a Bombay il 23 giugno del 1973

Me lo ricordo bene, perché era il mio 29° compleanno.  Da quel giorno non mangiai più carne, ma senza specificatamente deciderlo, e da quel giorno scoprii ciò che avevo sempre sospettato potesse esistere: essere se stessi. Accadde farfugliando parole senza senso dinanzi al mio Guru Muktananda che fui toccato dallo Spirito.

Nel frattempo (in Belgio) nasceva la mia prima figlia, si chiama Barbra, essa è nata per insegnarmi l’umiltà dell’incompletezza. L’arroganza non ha giustificazioni, oppure è l’ineluttabilità del destino, ma ero troppo preso dai miei ‘nuovi’ compiti e non potevo né volevo più occuparmi delle cose del mondo. Allorché tornai in Italia abbandonai Verona e la vecchia vita, lasciando la prima moglie ed il primo figlio, contemporaneamente abbandonando anche la mia seconda compagna  e la prima figlia.

Tornai a Roma dov’ero nato ma da cui ero fuggito orrificato, nel 1974 affrontai la madre matrigna, andai ad abitare in casa dello zio Giordano, che era morto e la casa vuota. Vissi così in Via Emanuele Filiberto, vicinissimo a Piazza Vittorio, -con il suo salutare mercato- meditando, cantando, astenendomi da ogni rapporto sessuale e producendo traduzioni di testi sacri e lavorando come addetto alle pulizie da Valentino (il couturier). Una bella esperienza che contribuì alla mia maturazione al punto di spingermi infine  sino a Calcata, su indicazione di Moreno Fiorenzato, per fondare un nuovo modello di Comunità.

Siamo ormai giunti al 1977 

A quel tempo avevo già avviato una ditta artigianale che distribuiva prodotti integrali, antesignana del settore, si chiamava Annapurna in omaggio alla Madre Terra (Anna/Cibo – Purna/Perfezione). Mi ero divertito anche a produrre simpatiche etichette e buste in carta (disegnate da Moreno) nonché libricini di ricette e buoni consigli.

Di lì a qualche anno, dopo un’esperienza forte con il teatro da strada nei Vecchi Tufi, fondai assieme ad alcuni amici (Sandra Forti, Rita Guerrieri, Pino Roveri, Gemma Uyttendaele) il Circolo Vegetariano VV.TT. di Calcata. Poco prima era già nata la mia seconda figlia Caterina (nel 1979 in Belgio) e con la fondazione del Circolo nasceva anche il mio secondo figlio Felix (1984), nella nostra casa di Calcata, che allora si trovava in Via di Porta Segreta. Con lui ebbi un rapporto da madre/padre-figlio. Oggi, che egli ha raggiunto l’età dei diritti civili ed è a sua volta padre sento che questa esperienza -l’essermi occupato di un figlio a tempo pieno- mi ha redento da tante fughe precedenti, riavvicinandomi anche alle due figlie Caterina e Barbara, purtroppo non al primo, Davide, che abita a Parigi e non vedo più da tantissimi anni, anche se di tanto in tanto ci siamo scritti.

Ascesa nel mondo dell'informazione

Verso il 1987 iniziai a collaborare con vari giornali, prima in forma incerta, poi pian piano avanzando all’interno del settore. Iniziai a scrivere per il Corriere di Viterbo e Gazzetta della Flaminia, proseguendo poi come pubblicista per Il Messaggero, Paese Sera, Momento Sera, Il Giornale d’Italia, Mondo Sabino, Avvenimenti, Cuore, Aam Terranova e altre testate. Contemporaneamente i comunicati stampa emessi dal Circolo (inviati all’AGI, ANSA e ADN-kronos) venivano pubblicati su diversi quotidiani (Corriere della Sera, La Repubblica, L’Unità, Il Manifesto, La Stampa, Il Giornale, Il Tempo, L’Indipendente, etc.) e su periodici nazionali (Bell’Italia, Airone, Oggi, Gente, Panorama, l’Espresso, etc.). Mentre le varie Tv mi invitavano in studio o venivano a filmarci a Calcata. Una volta per il Festival degli Uomini Casalinghi (con Antonio D’Andrea) vennero Fininvest e Rai al completo, tutte le reti.

Un momento di gloria durato circa 10 anni e fu proprio durante questo periodo, verso i primi anni ‘90, che conobbi Antonello Palieri, che allora lavorava all’Adnkronos, egli contribuì assai (assieme ad altri amici dell’Ansa e dell’Agi) a rilanciare messaggi di ecologia profonda e di spiritualità laica. Ricordo la campagna per il salvataggio delle trecentomila mucche da immolare alla CEE, la proposta del bioregionalismo, la petizione per la libertà di sepoltura nel proprio terreno, la battaglia per la salvaguardia di Calcata e delle falde acquifere della valle del Treja.

Le battaglie più sporche, contro l’inceneritore con discarica da installarsi a Civita Castellana ed il mega-lunapark  di Michael Jackson che si voleva realizzare a Campagnano, mi costarono invece la visibilità mediatica. Purtroppo essendomi messo contro le gerarchie del potere economico, politico, ne conseguì una mia messa in naftalina.

Scomparii quasi dai giornali e dalle televisioni e come personaggio  fui molto ridimensionato. Ciò mi ha giovato enormemente. Infatti adesso mi dedico solo allo scrivere necessario ed alla poesia (quasi come agli inizi). L’unico vezzo che mi resta è la pubblicazione saltuaria di qualche articolo su riviste amiche e su qualche blog ecologista, Avendo nel frattempo pubblicato diversi libri tra cui l'ultimo "Chi sei tu?", basato su I Ching e lo studio comparato degli archetipi zodiacali cinesi.

E fin qui andrebbe tutto bene, in fondo sono un uomo che ha vissuto, dando e prendendo molto dalla vita, già questa è una bella soddisfazione. Essendo nel corso degli anni  diventato nonno di 5 nipotini maschi … ed infine dal 13 giugno 2008 (h. 20,32) la discendenza è stata assicurata essendo nata Mila la mia prima nipotina femmina.
Ho parlato di  5 nipoti maschi e non posso esimermi dal menzionarli:  Sava e Teo, nati da mio figlio Felix; Matteo e Massimo, nati da Katrien, mia seconda figlia naturale;  e Diego,  nato dalla mia prima figlia naturale Barbra (di tutti  questi nipoti da diversi anni  ho purtroppo perso le tracce, alcuni abitano a Roma e uno addirittura in Nuova Zelanda).

A Calcata con alcuni nipotini

Intanto per me sono subentrati importanti cambiamenti 

A partire dal mio sessantacinquesimo anno di età ricevo una caritatevole pensioncina in qualità di nullatenente,  che non dispone di altre risorse finanziarie, il che mi ha consentito sinora di sopravvivere. E comunque  dal 3 luglio 2010 il mio domicilio abituale non è più la casupola sopra la fogna comunale di Calcata.
Seguendo le tracce di Caterina, mia nobile ed amorevole compagna di vita, che venne a rapirmi per amore,  sono diventato un “pendolare” fra  la sua casa di Treia (Marche) e quella di Spilamberto (Emilia), dove lei risiede,  in attesa di stabilirmi con lei in un luogo definitivo…

La leggenda continua

Ma sapete una cosa?  Dopo  qualche anno che avevo lasciato Calcata,  ho ricevuto da Carlo Maria Ponzi, un giornalista de Il Messaggero di Viterbo, una email in cui mi chiedeva se è vero che non abito più a Calcata o se è una semplice leggenda metropolitana… Ed ecco cosa gli ho risposto: “La verità non solo (come dicono i laici) non può essere posseduta, essa non può nemmeno venire perseguita.Infatti la verità é sempre presente e manifesta, altrimenti non sarebbe verità ma semplice descrizione. E la descrizione non é mai la sostanza…

Ciò é vero - nel mio caso – anche dal punto di vista empirico… proprio così… Non abito più a Calcata… in verità non intendo nemmeno tornarci… se non in forma di una apparizione ectoplasmica.
Per fortuna che la terra è tonda ed indivisa, l’aria che vi circola è la stessa, l’acqua pure… ed inoltre “nulla si crea e nulla si distrugge…” Per cui posso dire di essere ancora presente a Calcata… (come immagine iconica).

Però, chi volesse  incontrarmi in carne ed ossa, a Treia, può prendere un appuntamento con me scrivendo alla email: spiritolaico@gmail.com.     Vi consiglio di affrettarvi  poiché "il tempo passa e non aspetta...".

Au revoir ou adieu,  Paolo D'Arpini







All'ingresso del Circolo VV.TT. di Treia


Ultime modifiche all'autobiografia  apportate il 12 novembre 2022. Pubblicate sul blog Riciclaggio della Memoria.  

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