Dov'era Calcata? In una notte senza tempo con fuochi, grotte, ruscelli e polenta

Calcata e rupeL’antico borgo medievale di Calcata, ormai invaso dallo snobismo degli pseudo-intellettuali romani, che vi hanno preso casa dopo i primi alternativi e post-hippies degli anni 70, è un po’ Cetona, un po’ Ios. Ma spero non diventi una nuova Capalbio "di potere" (o lo è già diventata?) o, peggio, una Pitzidia (vicino Matala, Creta) o una Myconos di terraferma, dove sporcizia, abusivismo edilizio, neon, cemento, noia, criminalità e droga sono più frequenti che a Soho, e i soliti americani, greci e giapponesi vanno a fotografare a caro prezzo "gli altri che si divertono". Ma, diceva quel saggio, se vanno tutti i guardare gli altri, va a finire che non si diverte nessuno. La vita come voyerismo, imitazione, esibizione, snobismo, è una vita finta.
Lontani i "bei tempi" alternativi, quando ci si imbatteva nello stupore ingenuo degli abitanti veri, gli indigeni, che chiedevano in cambio della nostra invasione pacchiana e rumorosa, o dai toni insopportabilmente paternalistici e saccenti, almeno semplicità e naturalezza. Ma ora che il borgo è popolato da architetti, giornalisti, funzionari Rai, pittori e scultori, e conta anche pub e "restò", rimangono solo gli antichi tufi, quelli veri non quelli scolpiti ex novo oggi, che sono un'ulteriore sopraffazione intellettualistica sull'antica roccia vulcanica, a testimonianza dell’antica semplicità.
Per fortuna, almeno fino a quando ha potuto resistere, c’era il vero nume tutelare di Calcata, che non è il "prepuzio di N.S.Gesù Cristo", figuriamoci, un tempo venerato in una chiesa, ma il locale Circolo Vegetariano, semplice e povero, spesso animato dai guizzi geniali e imprevedibili di Paolo d’Arpini che lo aveva fondato, singolare figura di saggio, spiritualista laico, naturista, erborizzatore selvaggio, Robinson anticonsumista, asceta metropolitano, bambino-vecchio, post-hippy, insieme poeta e mago come gli aruspici etruschi. Uno dei pochi che era ancora capace, tra i telefonini, i computer, le insegne al neon e le "installazioni" avanguardiste del nulla della nuova Calcata trendy, di sentire i ritmi segreti della Natura: tronchi, edera, erbe, massi, selve, ruscelli e grotte, a cui lui come gli Antichi dà un'anima e attribuisce anche sfumature di una spiritualità ancestrale, immanentistica, direi nobilmente pagana.
Prima che si rifugiasse sconsolato nelle Marche, il genius loci ancestrale di Calcata organizzava memorabili quanto alternativi “ultimi dell’anno”, stonatissimi tra tutti quegli snob romani trapiantati lì. Ve ne voglio raccontare uno, l’ultimo.
Per l’ultimo giorno dell’anno, altro che mondanità futile, d'Arpini aveva organizzato una discesa catartica agli inferi vegetali, alle selve profonde dei valloni tutt’intorno all'alta rupe della Calcata snob, approfittando della singolare circostanza che quel "tutt’intorno" è selvaggio come, anzi, più che ai tempi degli Etruschi. E altro che tacchi a spillo: ha condotto le fanciulle tra forre, fossi, spine e fango, proponendo la notte dell'ultimo dell'anno, in pieno inverno, di guadare torrenti che manco il contadino d'estate passerebbe, di fare l'asse di equilibrio su un tronco, di districarsi tra i rovi.
Un vero rito di iniziazione. Per ritrovare, in controtendenza, nella nottata dell'apparenza, degli abiti eleganti, delle abbuffate di carne, creme, pessimi panettoni e champagne artificiali, dei fuochi finti e delle parole false, la sostanza dei modi semplici, i riti istintivi dell'amicizia, una saporita cena vegetariana, le abilità primigenie dell’uomo (lui li chiama "atti di coraggio"), i soffi e i rumori veri della Natura, l'immersione negli elementi, il freddo e il caldo naturali, la casa atavica (la grotta). E se rito deve essere – deve essersi detto giustamente il saggio-matto d'Arpini – che sia almeno compiuto attorno al fuoco atavico in una grotta. Grotta che lui chiama "tempio". Altro che i pub e le magioni degli intellettuali arredate in uno studiatissimo stile finto-povero dell’acropoli soprastante. Insomma, lo spirito della Natura, il contatto con gli elementi: l’acqua, il fuoco, l’aria, la terra.
Ma chi è questo d’Arpini, l’ultimo degli ingenui o il primo dei provocatori? Temo, anzi, spero, un po’ l’uno, un po’ l’altro. 
Come l'hanno presa gli incauti invitati? Ecco la bella testimonianza dello stesso d'Arpini, la cronaca della strana notte di ieri, una "notte senza tempo" perché sarebbe stata la stessa 2500 anni fa. L’ultima notte dell’anno proposta da un acquisito calcatese purosangue che in realtà è ormai un anti-Calcata fin nelle midolla, almeno per com’è diventata. Tanto che l’ha dovuta lasciare 

Nico Valerio.

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Ed ecco cosa è successo
“Già dal mattino gli auspici sono favorevoli, il sole brilla in cielo, le poche nubi sparse sospinte dal vento svaniscono in una direzione sconosciuta. Voilà, il cielo è terso e limpido. Trascorro la giornata tranquillamente a preparare il Tempio, sistemando le candele ed i moccoli nei punti strategici. Mio figlio Felix ha potato parecchi alberi ed i rami secchi giacciono invitanti. Ne raccolgo alcuni e li accatasto.
Torno a casa. I primi prenotati per la serata arrivano alle 17: sono 4 ragazzi giovanissimi di Ronciglione, anzi due ragazze di 16 anni e due ragazzi di venti. Hanno portato con loro diverse specialità dolci e salate preparate dalle loro mamme: mhmmm... ottimo aspetto hanno queste torte.
Conduco i giovani al Tempio e do loro l'incarico di accatastare e spaccare un po' di legna, accendere il fuoco nel camino per stemperare l'ambiente ed altri lavoretti. Io torno al Circolo e lì vado avanti nei preparativi scenografici e culinari. Sistemo una pila di arbusti che mio figlio aveva lasciato sullo spiazzolo, preparo il letto per il falò, accendo il fuoco e lo curo sino a che la fiamma è scoppiettante. Nel frattempo arrivano altri ospiti, vengono da Campagnano. Lascio l'uomo al compito di fuochista e prendo la donna, Rosalia, con me in cucina per sistemare ed apparecchiare la tavola.
Ormai è buio, le candele sono accese, l'atmosfera è dolce e romantica. Mano a mano che giungono gli atri prenotati, la massa dei cibi consegnati aumenta, stavolta veramente tutti hanno fatto il loro dovere e c'è una grande varietà di insalate, pietanze, pizze, pane, olio, vino, etc. Mentre fuori sul falò i maschi preparano le bruschette, all'interno del Circolo io mi intrattengo con le ragazze e le signore che, un po' freddolose, circondano la stufetta con le mani protese verso il caldo.
Ecco si crea familiarità ed amicizia fra tutte queste persone che non si sono mai incontrate prima, ognuna per un motivo o per l'altro attratta dalla particolarità della manifestazione. Si parla di archetipi, di dieta vegetariana, di rapporti fra il maschile ed il femminile. Finalmente siamo tutti dentro, stretti stretti perché il Circolo è piccolissimo, siamo solo in 11 si sta come dentro all'uovo primordiale. Sì avete letto bene solo 11 persone, tutte prese e coinvolte e vicine le une alle altre come se si conoscessero da sempre.
La polenta è cotta, iniziamo a mangiare con gusto, portata dopo portata le pance si riempiono e il tepore della stanza coinvolge tutti in una sorta di maggiore intimità.
Insomma senza quasi accorgersene siamo arrivati al dolce, e tra una chiacchiera e l'altra, tutte chiacchiere sensate e non vuote, giunge il momento di scrivere i pensierini. Quelli che vengono condivisi li trascrivo di seguito (*) e gli altri, i desideri segreti e le aspirazioni per il nuovo anno vengono invece riposti in saccoccia di ogni partecipante per caricarli durante il viaggio di forza emendatrice.
Alle 22.30 partiamo per il bosco, tutti pimpanti all'inizio, e sempre più emozionati e sconvolti durante il tragitto... Le ragazze hanno estrema difficoltà a continuare il cammino fra i rovi e la discesa ripida devastata dal continuo passaggio di cinghiali. Questo sentiero del Parco è un po' una "frana"....
Giunti al primo fiumiciattolo, il Rio, si pone il problema della traversata. Nessuno vuole guadare togliendosi le scarpe, e così conduco la comitiva lungo il greto reso scivoloso e fangoso dalle piene recenti sino a giungere ad un grosso tronco caduto fra le due sponde che serve da passatoia per i cinghiali e le volpi, e qui siamo di fronte alla vera prova di coraggio.
Io avanzo spedito per dare il buon esempio, seguito da Mara una signora di Roma veramente coraggiosa, ma una delle ragazze viene presa da una crisi isterica e da un attacco di panico, malgrado sia da noi incoraggiata in tutti i modi, e si mette a strillare che non ce la fa... Un'altra ragazza della sua stessa età, Gloria, di Caprarola, per dimostrare che si può fare, attraversa l'improvvisato ponte carponi, a quattro zampe, e giunge sull'altra sponda. Anche altri tre maschietti osano affrontare la passerella sull'abisso. Ma sull'altro lato, dove sostano i "rimasti", il senso di pericolo e di incapacità è troppo forte, e nessun altro ce la fa a compiere il "salto" oltre il mondo conosciuto. Dopo mezz'ora di tira e molla il gruppo iniziale si scinde, una parte procede verso la sopravvivenza ignota, ed una parte ritorna alla sopravvivenza conosciuta (tornano indietro ad attenderci al Tempio).
La traversata effettuata dal minuscolo branco di 5 persone, due femmine e tre maschi, è simbolica di una capacità ancestrale ad andare avanti, come fecero i nostri antichi avi quando lasciarono l'Africa per invadere il resto del mondo... A questo punto le difficoltà non hanno più importanza si va verso l'ignoto, quel che viene viene!
La sensazione di essere fuori dal tempo e dal mondo viene però scacciata dopo un'ora di impervio cammino dai botti e dalle girandole e fuochi d'artificio che si vedono illuminare la notte sopra l'acrocoro di Calcata: è mezzanotte per loro... per noi è solo chiarore nell'avanzare nella notte buia. Ma l'incanto dell'abbandonarsi alla natura in qualche modo si è rotto, il mondo conosciuto si è riaffacciato alla mente.. ora per il gruppo ci sono solo le difficoltà del ritorno alla civiltà e non l'avventura fine a se stessa...
Stremati ma felici terminiamo il tragitto, arriviamo infine al Tempio della Spiritualità della Natura. Lì ad attenderci c'è il resto della compagnia, hanno tenuto il posto caldo. La ragazza impaurita che non voleva cavalcare il tronco all'andata, mi guarda vergognosa ma io le sorrido...
Invito tutti nella grotticella della Madre Terra e lì cantiamo dolcemente un mantra antico che ci riappacifica con la vita e con noi stessi. Restiamo in silenzio per un po' ed infine completiamo il rito davanti al focolare acceso, ognuno "confessa" a turno il suo desiderio inespresso e brucia il foglietto di carta consegnando al sacro fuoco il messaggio.
La cerimonia è conclusa, congedo tutti e li saluto, qualcuno sente il bisogno di scambiarsi gli auguri per il nuovo anno e così ci abbracciamo a turno, come una famiglia che si ritrova... una grande famiglia elettiva!" 

Paolo D’Arpini - 1 gennaio 2009

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(*) Pensierini condivisi dai partecipanti:
 
"A volte basta poco per sentire e percepire un po' di amicizia da chi non conoscevi" 
"Percorriamo sempre la stessa routine ed abbiamo poche possibilità di uscirne fuori, e quando vi riusciamo bisogna approfittarne. Spero che questo capodanno diverso sia il preludio per un anno diverso..." 
"Speriamo che l'originalità di questo incontro porti a noi tutti un 2009 pieno di energie positive da vivere" 
"Sono contento di questo capodanno atipico perché mi consente di apprezzare il contatto con la natura ed il piacere della condivisione" 

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