Destino e libero arbitrio, un'esperienza personale....




Oggi sento il bisogno di fare ulteriore chiarezza, per quanto possibile, sul discorso della scelta del destino, della vita e morte del corpo, del significato dell’anima individuale e della libertà assoluta dello Spirito. 
Alla base di tutto pongo la mia esperienza, impiantata nella memoria, del momento in cui la coscienza stava illuminando la formazione di un corpo nel grembo di mia madre, essendo questa coscienza individuale denominata “anima”, in cui percepii chiaramente il decorso karmico che quella forma psicofisica (quel me stesso) era destinata a compiere. Vidi le sue propensioni, le sue radici geniche, le tendenze innate, le vicende destinate, le difficoltà, la gloria, il sacrificio, insomma tutto quel che doveva essere compiuto attraverso quello specifico individuo umano. Ebbene nel percepire tutto ciò chiaramente sentivo una certa riluttanza ad affrontare le prove, meglio dire a testimoniarle, o renderle possibili attraverso la presenza cosciente che io sono. Eppure, il delinearsi del destino incipiente nello specchio della mente, che lo registrava e quindi lo immagazzinava come una pellicola che poi sarebbe stata proiettata nel corso della vita, comportava una parvenza di libero arbitrio nell’accettare il fato o nel rifiutarlo. 
Certo questa sensazione di accettazione o rifiuto era totalmente soggettiva e non poteva in alcun modo modificare il corso degli eventi preordinati, ma avrebbe potuto lasciare una traccia sotto forma di insoddisfazione e rifiuto, con le conseguenze che potete immaginare nel dispiegamento della vita che stava per manifestarsi.
Il senso di ribellione che avrebbe comportato tale rifiuto avrebbe perniciosamente ritardato il compimento dello scopo prefisso dell’anima stessa…. Ma, un momento, occorre chiarire un concetto. Cos’è l’anima?
In sanscrito essa viene chiamata “Jivatman” che significa anima individuale, mentre l’Assoluto viene chiamato “Paramatman”. Avrete notato che il suffisso “Atman” permane in entrambi i termini, mentre cambia solo il prefisso. Da ciò si intuisce l’identità fra le due espressioni. L’anima individuale quindi è la “coscienza personale” che illumina la particolare forma non essendo però diversa nella sua natura dalla Coscienza Universale, che viene definita anche Ishwara o Dio. Allo stesso tempo questa suddivisione in Dio, Anima e Mondo è solo funzionale alla manifestazione, che si svolge nell’ambito dello spazio-tempo, in realtà esiste solo una pura ed assoluta consapevolezza non duale e priva di ogni empiricità, essendo Unica e quindi non osservabile né conoscibile. Questa consapevolezza è lo Spirito.
Allorché questa pura Consapevolezza si riflette in se stessa, come moto spontaneo della sua natura, sorge l’ “Io”. Da questa prima illuminazione nasce poi la sembianza “Io sono” (Dio è definito nella Bibbia “I Am That I am”) e dall’”io sono” deriva l’identificazione “Io sono questo” (ovvero lo specifico nome e forma). Da questo processo ne consegue un’osservazione e riflessione a tutto campo delle variegate espressioni vitali (viene posta in atto la creazione e la molteplicità degli esseri). 
Avrete però intuito che l’identità indivisa dell’Essere unico, lo Spirito, non perde le sue caratteristiche pur rivestendosi di un’ipotetica illusione separativa, utile ai fini della manifestazione. Insomma il puro ed assoluto “Io” non duale è sempre presente, in forma immanente e trascendente, in ogni cosa ed in ogni aspetto della coscienza manifesta. Nella materia bruta è latente (”in fieri”) e nella coscienza universale ed individuale è l’aspetto illuminante della consapevolezza.
Il compimento del destino globale, inscindibile nell’insieme, è presente nella summa di tutti i fotogrammi possibili (ed impossibili) delle infinite forme e nomi (che nascono e muoiono in continuazione) e che sono le varianti del decuplo aspetto dell’illusione (la Creazione stessa). Essendo questi dieci aspetti: coscienza ed energia; le tre qualità: armonia, moto, inerzia; i cinque elementi sottili e materiali (Etere, Aria, Fuoco, Acqua, Terra). Ma di questo ne abbiamo già parlato abbondantemente in altri articoli.
Occorre però capire che tutto questa descrizione in corso appartiene comunque al modo manifestativo, per cui rientra in una conoscenza relativa e dualistica. Non può essere perciò considerata “Conoscenza” spirituale, che è aldilà di ogni descrizione possibile essendo pura esperienza diretta del Sé, ma serve ad accontentare l’anima, o mente speculativa, che sente il bisogno di ragionamenti sottili per poter alfine decidere di sottomettersi al Potere Superiore del Sé. Non che la sua sottomissione sia necesaria alla realtà già in atto, nel senso che diviene operativa attraverso una specifica “scelta”…. meglio infatti sarebbe dire che tale sottomissione corrisponde al riconoscimento della propria identità originaria ed alla rinunzia dell’illusione separativa.
Nel percorso apparente che l’anima compie verso il ritorno a casa (dalla quale non si è mai allontanata se non nella considerazione speculare dualistica) essa attraversa il mondo infernale dell’identità con le forze egoiche e materiali più dense, il mondo umano delle emozioni e dei sentimenti ed il mondo paradisiaco del compimento del bene e dell’amore. Queste chiaramente sono tappe intermedie, trappole della coscienza duale per mantenere l’anima avvinghiata all’illusione separativa, parte del gioco che “imprigiona” ciò che mai può essere imprigionato. Per cui l’anima sembra dover scegliere attraverso le esperienze di vita e di coscienza che l’attendono come portare a compimento questo percorso.
Ed a questo punto debbo riferire anche dell’esperienza diretta del Sé, che ognuno di noi può avere nel momento opportuno, in cui si ha la piena consapevolezza della propria natura originaria, dell’identità nello Spirito eternamente libero, e tale esperienza è uno degli aspetti che aiutano infine l’anima a rinunciare alla sua illusoria identità separata. Corrisponde al momento in cui la maturazione dell’anima è vicina al superamento dei vincoli infernali, mondani e religiosi e si manifesta sotto forma di “Grazia” del maestro interiore, dello Spirito che è la sola ed unica verità.
Ed a questo punto ogni discorso tace.

Paolo D’Arpini

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     Collage di Vincenzo Toccaceli

Commento di Marco Bracci: "Concordo con Paolo sul discorso della scelta che l’anima fa su come vivrà la prossima vita terrena, ma non sul momento in cui fa tale scelta. Premetto che io non ho un’esperienza personale, ma porto quello che il Cristo ha detto anche nei mesi scorsi in alcune sue rivelazioni (sintetizzate nel libro e nei video dal titolo “La mia vita. La vita che io stesso ho scelto”) e riassunte nella poesia attribuita a Hermann Hesse “La vita che ho scelto”. In conclusione, l’anima sceglie si, ma solo se incarnarsi o meno, dopo che le è stata spiegata quale sarà la sua vita terrena e a quale scopo la vivrà. Ovviamente, strada facendo, il libero arbitrio potrà far dirottare l’anima verso mete diverse da quelle predisposte. In tal caso non rispetterà i piani preparati per la sua evoluzione, con conseguenze negative per lei. Insomma, il programma di studi di ogni anno scolastico è predisposto dal Ministero e ogni studente sceglie la scuola che vuol frequentare in base a tale piano di studi. Se, dopo scelta la scuola, non segue tale piano, deve ripetere l’anno ed eventualmente cambiare scuola. Così è per l’anima con la vita terrena (le vite terrene)."

1 commento:

  1. Aggiungo anche che il grande Dante (o chi per lui) scrisse: "NEL MEZZO DEL CAMMIN DI NOSTRA VITA, MI RITROVAI PER UNA SELVA OSCURA, CHE LA DRITTA VIA AVEA SMARRITA." Lo spirito puro smarrisce la "via", cioè diventa anima e si ritrova in una selva oscura (la vita terrena più volte ripetuta), per poi, conclusi gli studi e dimostrato di aver imparato e messo in pratica, ritornare al suo stato di grazia originario.

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