E se anche il mondo finisse... ?



Da dove viene la paura? E dove va? Tutte le tue paure sono frutto della tua identificazione.

L’uomo ha un’immensa capacità di adattamento a qualsiasi situazione.

Si dice che solo l’uomo e lo scarafaggio abbiano questa immensa capacità di adattamento a qualsiasi situazione. Ecco perché, dovunque trovi un uomo, trovi anche uno scarafaggio e dovunque trovi uno scarafaggio, trovi anche un uomo. Procedono insieme, tra loro esistono delle analogie. Perfino in luoghi lontani come il Polo Nord o il Polo Sud… Quando l’uomo raggiunse questi luoghi, si accorse improvvisamente di aver portato con sé alcuni scarafaggi. Erano in perfetta salute, vitali e in grado di riprodursi.

Se ti guardi intorno, vedi che l’uomo vive in moltissimi climi e in condizioni geografiche diverse, in situazioni sociologiche, politiche e religiose diverse, eppure riesce sempre a sopravvivere. È sopravvissuto per secoli: le situazioni cambiano continuamente e l’uomo continua ad adattarsi.

Non hai niente da temere. Se anche il mondo finisse… E allora? Tu finiresti con il mondo. Pensi forse che rimarresti in un’isola – da solo – mentre il mondo finisce? Non preoccuparti: avrai almeno la compagnia di qualche scarafaggio!

Se il mondo finisce, qual è il problema? Molte volte mi hanno fatto questa domanda, ma qual è il problema? Se il mondo finisce, finisce. La sua fine non creerebbe alcun problema, perché non saremmo più qui, saremmo finiti con il mondo e non rimarrebbe più nessuno a preoccuparsi. Sarebbe davvero la massima liberazione dalla paura.

La fine del mondo significa la fine di ogni problema, la fine di ogni disagio, la fine di ogni nodo allo stomaco. Nella fine del mondo io non vedo alcun problema! Ma so che voi tutti siete pieni di paura.

Il motivo è sempre lo stesso: la paura è una manifestazione della mente. La mente è codarda – deve essere codarda perché non ha alcuna sostanza – è totalmente vuota, perciò ha paura di tutto. La paura fondamentale della mente è che un giorno possiate diventare consapevoli. Quella sarebbe davvero la fine del mondo!

La paura fondamentale della mente non è la fine del mondo, ma è la possibilità che diventiate consapevoli, che entriate in uno stato meditativo nel quale dovrebbe scomparire: ecco la paura fondamentale! A causa di questa paura, la mente vi tiene lontani dalla meditazione e crea conflitto verso una persona come me, una persona che tenta di diffondere la meditazione e di mostrarvi la via della consapevolezza e dell’essere testimoni. La mente è la mia antagonista e non senza motivo, la sua paura è davvero fondata.

Forse non ne siete consapevoli, ma la mente è terrorizzata dall’avvicinarsi a qualsiasi cosa possa creare una maggiore consapevolezza. Sarebbe l’inizio della fine per la mente. Sarebbe la morte per la mente.

Ma il vostro essere interiore non ha niente da temere. La morte della mente è la sua rinascita, l’inizio di una vita reale. Dovreste essere felici, di fronte alla morte della mente dovreste rallegrarvi, perché non potreste godere di una libertà maggiore. Nient’altro potrebbe darvi le ali per volare alti nel cielo, nient’altro potrebbe far sì che tutto il cielo sia vostro.

La mente è una prigione.

Consapevolezza è uscire dalla prigione, ossia riconoscere di non essere mai stati in prigione, di aver soltanto pensato di esserci. E tutte le paure scompariranno.

Io vivo nello stesso mondo, ma non ho mai avuto paura, neppure per un istante, perché nulla mi può essere sottratto. Certo, potrei essere ucciso e starei a guardare ciò che accade, perché colui che ucciderebbero non sono io, non è la mia consapevolezza.

Nella vita umana la consapevolezza è la massima scoperta e il tesoro più prezioso. Senza la consapevolezza sei destinato a vivere nelle tenebre, pieno di paure. E continuerai a crearti paure sempre nuove, all’infinito. Vivrai nella paura, morirai nella paura e non sarai mai in grado di gustare neppure un minimo di libertà. E questo è da sempre il tuo potenziale; avresti potuto rivendicarlo in qualsiasi momento, ma non l’hai mai fatto.


Osho


Testo  tratto da: Beyond Psychology



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