Jorge Maria Bergoglio lancia il sinodo sulla sinodalità

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Si è appena concluso il Sinodo (A)massonico della dea Pacha mama, che Bergoglio ha già preannunciato per un futuro più o meno prossimo un altro Sinodo sulla sinodalità.

Sembra un gioco di parole, ma quando si muove Bergoglio c’è da tremare. Un tal Sinodo, infatti, fa subito pensare che sul termine sinodalità ci sia poca chiarezza e, dunque, un sinodo sulla sinodalità avrebbe come punto di partenza un fondamento assai debole, passibile di qualsiasi stravolgimento e rivolgimento.

Vieppiù questa supposta confusione sul termine sinodalità porterebbe a pensare ad un’approvazione e ad un rafforzamento dell’attuale versione del Sinodo, come passepartout per aprire e scardinare qualsiasi porta, facendosi latori di tutto ed il contrario di tutto. Il Sinodo (A) massonico ne è una prova inconfutabile.

La sinodalità, infatti, tanto conclamata e declamata a parole, è stata per l’occasione assai poco applicata. Il contestatissimo Instrumentum laboris è stato redatto, per esempio, da una manciata di perone appartenenti al REPAM, la rete ecclesiale panamazzonica, mentre le nomine dei padri sinodali sono state fatte a senso unico, quasi tutte di parte bergogliana, leggi: Spadaro ed il card. Marx.

Il tutto ovviamente condito col grano e con l’olio della solita stampa schierata, fatta di pennivendoli di regime, i cui commenti entusiasti hanno finito col tralasciare punti interrogativi e parecchie perplessità di una certa consistenza, sia sulle tematiche che sulla metodologia di intervento degli stessi padri sinodali, come se si trattasse di una pura e semplice assemblea parlamentare e non invece di un con-venire dei padri sinodali su temi essenziali, quali per esempio l’assoluta fedeltà alla dottrina e alla tradizione, senza le quali non può esserci sinodalità, dal momento che è Cristo stesso che sinodalizza i padri convocandoli e costituendoli in unità. Quisquiglie, direbbe Bergoglio! Anzi “cosetta”, come ama teologicamente esprimersi in punta di lingua “papa imbroglio”.

Una di quelle tante “cosette” che hanno consentito a Bergoglio, durante il precedente Sinodo sulla famiglia di scardinare, con una nota a piè di pagina dell’Esortazione post sinodale Amoris Laetitia, “la grandezza di due millenni”, ovvero quel comandamento divino secondo il quale “l’uomo non separi ciò che Dio ha unito (Mt 19-6). Perfino quel giornalista pacato che è Vittorio Messori, si è dovuto alla fine sbilanciare affermando durante un’intervista che “l’impressione è che Bergoglio metta le mani su quello che invece un Papa dovrebbe difendere…”.

Ma tant’è.

Quisquiglie,  anzi “cosetta”. Cosette delle quali sarebbero prigionieri, a dire sempre di Bergoglio, quelle “elite” cattoliche che “non amano nessuno, credendo di amare Dio”. Eppure perfino all’interno del suo ben orientato Sinodo (A) massonico, non sono mancate quelle “elite” cattoliche, il cui voto contrario per poco non faceva naufragare il punto 111 del documento finale, ovvero l’ordinazione al sacerdozio dei cosiddetti viri probati: su 181 votanti, con un quorum fissato a 121 voti, i “placet” sono stati 128, i “non placet 41”, e gli astenuti 11. La cosetta ha stizzito non poco il povero Bergoglio, che ha dovuto suo malgrado ingoiare il rospo.

L’obiettivo primario, naturalmente, era quello di aprire all’ordinazione di “viri probati” in Amazzonia, per estendere poi la novità alla Chiesa universale: “Proponiamo di stabilire criteri e disposizioni da parte dell’autorità competente, nel quadro della Lumen gentium par. 26, per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti della comunità, che abbiano un diaconato permanente e fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana mediante la predicazione della Parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica”.

Insomma un giro di parole, tortuoso e pieno zeppo di paletti e condizioni restrittive per ottenere una maggioranza appena risicata.

Non parliamo poi delle cosiddette rivoluzioni liturgiche che prima, durante e dopo il Sinodo (A) massonico hanno imperversato all’interno delle mura vaticane e di alcune chiese italiane. Una su tante, quella del Sacro Cuore – e sottolineo Sacro Cuore – di Verona, dove il parroco ad un certo punto della cosiddetta veglia del Bien Vivir, ha fatto leggere all’interno della Chiesa – e sottolineo all’interno della Chiesa – la preghiera idolatrica della Pacha mama, divinità Inca: “Pachamama di questi luoghi, bevi e mangia a volontà questa offerta, affinché sia fruttuosa questa terra. Pachamama buona madre, Sii propizia!! Sii Propizia!! Fa’ che i buoni camminino bene e non si stanchino. Fa’ che la semente spunti bene, che non succeda nulla di male, che il gelo non la distrugga, che produca buoni alimenti. A te lo chiediamo: donaci tutto. Sii propizia!! Sii propizia!!”.

Chiaro? Ma l’offerta suprema non è il Sacrificio eucaristico durante la Santa Messa? E la preghiera che Cristo ci ha insegnato non è il Padre Nostro? Dimenticavo: questa è “cosetta” da elite cattoliche. Dal vangelo secondo Bergoglio… Parola di Bergoglio. Peraltro, la tradizione della Chiesa è ricca di preghiere nei quattro tempora, rivolte a Dio creatore per rogare la sua benedizione sui frutti della terra.

E la differenza non è poca, sol che consideriamo come i martiri cristiani si siano sempre rifiutati anche a prezzo della propria vita di sacrificare agli idoli, come ad esempio offrire una scrofa gravida a Cerere/Demetra. Il prete della parrocchia veronese che ha rivendicato e fatto suo il gesto idolatrico, non ha fatto altro che obbedire pedissequamente alle disposizioni della Conferenza Episcopale Italiana che si occupa di missioni, presieduta dal Vescovo di Bergamo mons. Francesco Beschi.

Siamo arrivati all’abominio? Forse che sì, forse che no. Un fatto è certo. Per questo ed altro Bergoglio è stato eletto, per soddisfare le bramosie gesuitiche di una Massoneria pseudo spirituale che va molto a braccetto con il sincretismo New Age e la Teologia della liberazione ora camuffata da teologia indio.

Ce lo rammenta anche il noto vaticanista della Stampa, Marco Tosatti, che nel 2015 riprende una biografia sul card. Godfried Danneels scritta da Jurgen Mettepenningen e Karin Schelkens, secondo cui il cardinale belga avrebbe lavorato per anni per esautorare Benedetto XVI al fine di avviare una drastica riforma della Chiesa, la “mafia di San Gallo “, come ha narrato lo steso Danneels, una loggia super segreta di cui facevano parte Carlo Maria Martini, il vescovo olandese Van Luyn, i cardinali tedeschi Walter Kasper e Karl Lehman, l’italiano Achille Silvestrini e quello Britannico Basil Hume.

Il card. Martini, oltre che gesuita sarebbe stato iniziato alla massoneria, voce peraltro confermata anche dal Gran Maestro del Grande Oriente Democratico, Gioele Magaldi, nel volume: Massoni. Società a responsabilità limitata (Chiarelettere editore). Ma sul sig. Bergoglio, chiamato a traghettare la comunità dei fedeli lungo un cammino di “fratellanza, di amore, di fiducia tra noi” (parole di Bergoglio), non pesano solo le ombre del progressismo e della Massoneria, ma anche una sua collusione con la dittatura militare argentina. Un’accusa sconcertante lanciata dal giornalista e scrittore argentino Horacio Verbitsky, le cui prove sono raccolte nel volume “L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina”, pubblicato in Italia nel 2006 per i tipi della Casa editrice Fandango.

Sarà a causa di questa collaborazione con i militari argentini che Marcantonio Colonna (pseudonimo) ha vergato il volume “Il Papa dittatore”? Uno dei passaggi del libro che più hanno destato scalpore è quello in cui l’autore solleva il velo sul giudizio su Bergoglio scritto nel 1991 dal superiore generale della Compagnia di Gesù, l’olandese Peter Hans Konvelbach, morto nel 2016, nel corso delle consultazioni segrete pro o contro la nomina dello stesso Bergoglio a Vescovo ausiliare di Buenos Aires.

Scrive lo pseudo Marcantonio Colonna: “Il testo della relazione non è mai stato reso pubblico, ma il seguente resoconto è stato rilasciato da un sacerdote che ha avuto accesso ad essa prima che scomparisse dall’archivio dei gesuiti. Padre Konvelbach accusava Bergoglio di una serie di difetti, che vanno dall’uso abituale di un linguaggio volgare alla doppiezza, alla disobbedienza nascosta sotto una maschera di umiltà e alla mancanza di equilibrio psicologico. Nell’ottica di una sua idoneità come futuro vescovo, la relazione ha sottolineato che come provinciale era stata una persona che aveva portato divisione nel suo ordine”.

Così è se vi pare, direbbe ancora oggi Pirandello. E chi meglio di lui saprebbe riscrivere oggi in commedia la doppiezza del Bergoglio, uno nessuno centomila? Tutto prende sul serio e di tutto se la ride, proprio come lo scrittore e commediografo siciliano. Ma è un sorriso, per dirla con Machiavelli, che “drento non passa”.

E’ lo sberleffo di un narcisista ed egocentrico che finge di amare gli uomini, ma che in realtà svende al mondo.

Amen. Giuseppe Bracchi

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