Advaita e Maya - La creazione del mondo nella visione non-dualistica


I saggi advaitins, non dualisti, che non considerano separati o diversi l’osservatore, l’osservato e l’osservazione,  od in altre parole l’io individuale, Dio ed il mondo, difficilmente perdono tempo a descrivere il  dispiegamento della creazione nello spazio tempo. Per tali saggi tutto è nell’eterno  “presente”,   nel qui ed ora, e l’illusione di una evolversi dal passato verso il futuro è considerata una semplice allucinazione, un’immagine mentale che non merita particolare spiegazione.  “Conoscenza aggiunta” è definita la conoscenza del processo manifestativo, una sorta di favola aneddotica che non ha alcun valore dal punto di vista della Verità ultima.
Eppure, per effetto di un parlato dialogativo, in cui vengono esaminati anche  aspetti “banali” della conoscenza, talvolta è accaduto che persino saggi della mole di Ramana Maharshi o Nisargadatta Maharaj “perdessero tempo” a descrivere il processo formativo dell’esistenza e del mondo manifesto.  Nel tempo più vicino a noi, quando era  ancora in vita Nisargadatta, cioè sino al 1981, esistevano già i magnetofoni a nastro e perciò la descrizione dei dialoghi informali o formali in cui il saggio, rispondendo  alle domande di alcuni ricercatori, spiegava i modi manifestativi della coscienza  come suoi aspetti  dispiegatisi  nelle varie forme,  era di facile raccolta e riepilogo… Le sue parole venivano registrate in nastri e poi traslitterate, un lavoro paziente ma con una base solida di riferimento. Al tempo di Ramana Maharshi, che lasciò il corpo nel 1950, invece non era possibile usare attrezzature tecniche, tutti i suoi detti erano trascritti da devoti che assistevano ai suoi discorsi, comunque tali trascrizioni sono affidabili poiché veniva sempre chiesta conferma al saggio  prima della stampa definitiva. In questo contesto dobbiamo essere particolarmente riconoscenti al devoto Telgu di nascita (originario dell’Andra Pradesh), Sri Munagala S. Venkataramiah, che nell’arco di 5 anni (1935-1939) raccolse parecchi detti  di Ramana Maharshi  pronunciati durante vari incontri tenuti nell’Ashram di Tiruvannamalai.    
In particolare, ai fini di una comprensione empirica del processo manifestativo,  ho rilevato una spiegazione tenuta il 7 gennaio del 1937 (Talks) che è particolarmente significativa, essa è riferita alla strofa n. 6 dell’Arunachala Ashtaka.
In questa strofa  si analizza il piccolo punto = ego; il piccolo punto composto da tenebre = l’ego che consiste di tendenze latenti; l’osservatore o soggetto o ego che sorge espande se stesso nella forma di ciò che è visto,  l’oggetto e  l’organo interno di percezione. La luce riflessa operante nella mente deve essere soffusa affinché tale ego possa sorgere. In pieno giorno una corda non può essere scambiata per un serpente. La corda stessa non può nemmeno essere vista se c’è tenebra fitta così ché  non c’è possibilità di scambiarla per un serpente. Solo in una luce  debole o soffusa può  accadere l’errore di scambiare una corda per un serpente.  La stessa cosa avviene per il Puro e Radiante Essere che emerge come ego, ciò è possibile solo in una luce circonfusa da tenebra. Questa tenebra è altrimenti conosciuta come  l’Ignoranza Primitiva (o Peccato Originale).  La luce che traspare attraverso questa ignoranza è chiamata “Luce Riflessa”. Tale  Luce Riflessa è conosciuta come Ishwara o Dio. Infatti è noto che la manifestazione di Ishwara avviene attraverso Maya (il suo potere di Illusione).  L’altro nome in cui tale Potere è chiamato è “Pura Mente”,  o qualità Satva, ciò implica che ci sia anche una “mente impura” e questa è rappresentata dall’ego, che  è  un passo successivo nella riflessione della Luce della Consapevolezza Suprema attraverso la qualità Rajas, od attiva,  della mente.
Infine sorge l’aspetto esteriore o materiale della manifestazione, attraverso la qualità Tamas, o inerzia, che  si manifesta in forma degli organi interni di percezione e dei loro oggetti esterni.
Dal punto di vista fisiologico può dirsi che questo processo di esternalizzazione procede attraverso il cervello. I diversi stati di veglia, sogno e sonno profondo hanno quindi origine da quella ignoranza originale, con la mente che si rivolge all’esterno (attraverso il processo proiettivo dell’apparato interiore) sperimentando la condizione di veglia e sogno e ritirandosi nel sonno profondo in  stato di latenza. Tutti questi ovviamente sono solo “fenomeni” che  appaiono attraverso la Luce Riflessa sul Substrato dell’Esistenza e Consapevolezza  Assoluta dell’auto-luminoso Sé.
Quindi il mondo non può essere “indipendente” dalla sua Sorgente, ed è così che l’Unico Essere diventa molti. Il Potere che manifesta questo Gioco dell’Esistenza è davvero grande! E la realizzazione della propria originale Natura è lo scopo gioioso della vita.
Paolo D’Arpini


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