Zen e spiritualità laica - La verità é una cosa molto semplice…
Asino nascosto che guarda - Foto di Gustavo Piccinini
“La verità non può essere perseguita, é sempre presente e manifesta, altrimenti non sarebbe verità ma semplice descrizione. E la descrizione non é mai la sostanza…” (Saul Arpino)
L’idea del “ritorno”, che costituisce uno degli elementi di primaria importanza nel Tao-te-king, affiora già nel Libro dei Mutamenti (I Ching).
Sotto l’esagramma Fu si legge: “Ritornare é pervenire al Tao..”.
Un commento attribuito a Confucio dice: “La ragione del Cielo é abbagliante e si abbassa sino alla terra. La ragione della Terra é umile e si eleva al Cielo. La ragione del Cielo diminuisce ciò che é elevato ed aumenta ciò che é basso. Gli spiriti nuocciono a ciò che é pieno e fanno del bene a ciò che è vuoto. La ragione del Cielo detesta ciò che é pieno di sé ed ama colui che é umile. L’umiltà é onorata e splendente: essa si abbassa e non può essere sormontata, essa é il fine del saggio!”
L’esaltazione della semplicità, descritta nel Tao-te-king preesisteva a Lao Tze. Un moderno filosofo cinese, Lang-si-ciao ritiene che il “non agire” taoista corrisponda alla “semplicità” dell’I Ching.
Se Lao Tze rielaborò alcuni pensieri già esistenti nella Cina antica e si valse di essi come pietre per edificare la montagna di Golconda del suo sistema filosofico, non é però detto -come alcuni studiosi sostengono- che tali concetti provenissero dall’antica India… E’ vero che la filosofia Vedica sembrerebbe la più antica elaborata dall’uomo, e le sue implicazioni influenzarono il pensiero metafisico del mondo conosciuto. Ma questo é ciò che appare in quanto tale ricerca del vero risulta “codificata” nella memoria e quindi si fa riferimento ad essa come ad una “fonte”.
Personalmente sono dell’opinione che sia il Taoismo che il Vedanta, entrambi di natura non-dualistica, fiorirono spontaneamente per logica propria. Simili sistemi trovarono luce non solo in Cina ed in India ma pure in Europa, in Asia minore, in Africa e nelle Americhe. Tutto avvenne a partire da quel periodo di “Fioritura Culturale” che potrebbe essere indicato nella fine del neolitico, con la scoperta dell’agricoltura e quindi dell’aumento delle risorse alimentari disponibili, che facilitarono lo sviluppo del pensiero analitico concettuale ed artistico, ed è contemporaneo alla scoperta della scrittura.
Alcune immagini non dualistiche sono riconoscibili, ad esempio, nel pensiero ebraico con “Io sono quell’Io sono” o nella filosofia presocratica…. con il concetto del “Tutto” che continuamente si svolge in se stesso.
Insomma inutile cercare ove il pensiero originale dell’Assoluto, “che tutto comprende e da cui tutto é originato ed a cui tutto ritorna” (inteso come superamento del teismo personale), sia apparso per la prima volta… si può invece supporre che tale filosofia sorga all’interno di varie famiglie umane, nel momento in cui la raffinatezza del pensiero raggiunge un culmine.
“Tutto é uno e perfetto in se stesso”, affermano le Upanishad dell’India ed il perseguire il “perfezionamento” é solo la proiezione di un concetto basato su un altro concetto… la verità é qualcosa di molto semplice….
Ed ora una storiella Zen (come è stata ri-raccontata da Alberto Aliberth Mengoni): Un’anziana donna cinese aveva due grandi vasi, ciascuno sospeso all’estremità di un palo che lei portava sulle spalle. Uno dei vasi aveva una crepa, mentre l’altro era perfetto, ed era sempre pieno d’acqua alla fine della lunga camminata dal ruscello a casa, mentre quello crepato arrivava mezzo vuoto. Per due anni interi andò avanti così, con la donna che portava a casa solo un vaso e mezzo d’acqua. Naturalmente, il vaso perfetto era orgoglioso dei propri risultati. Ma il povero vaso crepato si vergognava del proprio difetto, ed era avvilito di saper fare solo la metà di ciò per cui era stato fatto. Dopo due anni che si rendeva conto del proprio amaro fallimento, un giorno parlò alla donna lungo il cammino: “Mi vergogno di me stesso, perché questa crepa nel mio fianco fa sì che l’acqua fuoriesca lungo tutta la strada verso la vostra casa”. La vecchia sorrise: ”Ti sei accorto che dalla tua parte del sentiero ci sono dei fiori, ma non ci sono dalla parte dell’altro vaso? È perché io ho sempre saputo del tuo difetto, perciò ho piantato semi di fiori dal tuo lato del sentiero ed ogni giorno, mentre tornavamo, tu li innaffiavi. Per due anni ho potuto raccogliere quei bei fiori per decorare la tavola. Se tu non fossi stato come sei, non avrei avuto quelle bellezze per ingentilire la casa”. Ognuno di noi ha il proprio specifico difetto. Ma proprio la crepa e il difetto che ognuno ha, fa sì che la nostra convivenza sia interessante e gratificante. Bisogna prendere ciascuno per quello che è e vedere ciò che c’è di buono in lui.
E per finire un’invocazione di Chuang-tze: “Mio Maestro, mio Maestro, tu che distruggi senza essere cattivo! Tu che edifichi senza essere buono! Tu che fosti prima dei tempi e che non sei vecchio! Tu che copri tutto come il Cielo, che porti tutto come la Terra, che sei autore di tutto senza essere abile.. Comprenderti così, ecco la gioia celeste. Sapere che io sono nato per la tua influenza, che alla mia dipartita rientrerò nella tua Via, che riposando comunico allo Yin la tua modalità passiva, che agendo comunico allo Yang la tua modalità attiva: ecco la felicità suprema… L’azione dell’Illuminato si confonde con l’azione del Cielo, il suo riposo col riposo della Terra. Il suo saldo Spirito domina il mondo!”
Paolo D’Arpini
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