Dall’infanzia all’eternità… come la memoria biologica influisce sul pensiero


Caterina Regazzi

Alcune vicende –non vicende che mi stanno capitando in questi giorni mi avevano già fatto venire voglia di mettere su carta, come su un diario, alcune parole, che cercheranno di rappresentare delle impressioni e che forse serviranno a chiarire nella mia mente e nel mio cuore, una visione. Sì, perché sempre di “visione” si tratta;  assolutamente non credo di vedere e rappresentare una “realtà”. Non mi ricordo più chi diceva, forse lo hanno detto in molti santi ed anche il fisico Einstein, che l’ “osservatore” fa sempre parte dell’evento e l’osservazione non è mai un’azione neutra ma ha un ruolo fondamentale nella manifestazione.

Ecco, mi sono già persa, penso di dire una cosa, e mentre la scrivo o cerco di scriverla, ne viene fuori un’altra….

Un altro flash che ho vissuto poco fa e che assieme ai pensieri precedenti mi ha fatto decidere di scrivere è stata l’immagine di me bambina, di ritorno da scuola, davanti al negozio di fiori, quasi arrivata al portone di casa, a Roma, in Via Luigi Ronzoni 41, che penso: “Preferisco gli animali alle persone… sono molto più semplici da capire, non ti deludono, non ti tradiscono e non ti abbandonano mai. Non c’è bisogno con loro di essere simpatici e intelligenti, puoi essere quello che sei”.

Chissà quali grosse delusioni aveva subito quella bambina, nella sua delicata sensibilità, forse una madre un po’ distratta ed incapace di attenzioni adeguate (ma quand’è adeguata l’attenzione di una madre?), forse un’amichetta  troppo superficiale che non soddisfaceva la sua necessità di andare in profondità, forse un’altra amichetta troppo “avanti” invece, per il suo livello di crescita e da cui fu presto trascurata ed abbandonata…

Oltre all’amore per la natura fu quella predizione per –come dicono gli animalisti- gli “animali non umani” a farmi scegliere in seguito il mio corso di studi.

Cos’è che spinge rispettivamente l’uomo e gli animali a fare quello che fanno, ad essere come sono? Di un animale si può forse dire che sia “buono” oppure “cattivo”? Sicuramente no, l’animale è puro istinto e se, disgraziatamente compie un atto dannoso per qualche altro essere vivente,  lo fa unicamente seguendo uno stimolo e non certo per calcolo o per ottenere un risultato, con un fine “altro” diverso da quello di coprire la necessità del momento.

L’essere umano invece, me compresa, tranne che in alcuni casi e situazioni alquanto eccezionali, agisce spesso per raggiungere un obiettivo che a volte può anche non essere chiaro allo stesso individuo. Ci si potrebbe chiedere “cosa c’è di male ad avere un obiettivo?”. Avere uno scopo più o meno importante e difficile da raggiungere si dice  sia stata la spinta che ha fatto progredire l’umanità (“volli… volli, fortissimamente volli” – Ugo Foscolo). Ad esempio: raggiungere un benessere psicofisico, soddisfare un semplice desiderio,  ottenere una sicurezza materiale nella vita,  instaurare un rapporto appagante, fino al perseguimento di fini politici, sociali o religiosi che a loro volta ci diano il piacere di sentire che stiamo facendo il “bene” (obiettivo questo molto sottile). A volte, pur che l’agire sembra indirizzato ad uno scopo comune, in realtà viene perseguito un vantaggio personale…. E questo è l’aspetto più subdolo (talvolta inconscio).

Che fare una volta che si è percepito questo? Ed è quel che mi son chiesta io arrivata a questo punto…. Guardare fuori dalla finestra, vedere che oggi è nuvolo e nebbioso, ma domani forse ci sarà il sole, così come c’era ieri. E sentire che tutto ciò non ha importanza, che le buone maniere e l’educazione non hanno importanza e non devono condizionare il nostro esistere e che meno tutto ciò ha importanza e  più nitida sarà la nostra visione del film che stiamo vivendo, interpretando così la parte che ci compete al nostro meglio, qui ed ora.

Caterina Regazzi 

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