Nel corso degli anni vissuti a Calcata ho goduto immensamente nello sviluppare forme immaginarie di ciò che Calcata potesse rappresentare per ognuno di noi, nuovi venuti e vecchi abitanti del luogo.
E questa immaginazione assunse spesso la forma di "spettacoli" all'aperto, potevano essere mostre d'arte in piazza, concertini improvvisati e soprattutto recite e performances di vario genere.
Vi ho già raccontato della mia esperienza teatrale con i Vecchi Tufi e poi con il Teatro Cinabro. Questa passione per il teatro fu l'ultima cosa a tenermi legato a Calcata. Fino a pochi giorni prima di andarmene recitai... E sembrava che dovessi continuare a farlo sempre poiché se qualcuno mi chiedeva “Ma è vero che te ne vuoi andare da Calcata?”
Io rispondevo sorridendo… “Beh, chissà, può darsi di sì o può darsi di no..". Ed in realtà il giorno che assieme a Caterina, che era venuta a prendermi, lasciai Calcata non lo dissi a nessuno, me ne partii alla chetichella come se dovessi andare semplicemente al paese nuovo a bere un cappuccino. Ed infatti così facemmo, il 3 luglio 2010, andammo su al baretto in piazza e bevemmo il cappuccino e poi proseguimmo per Treia come se nulla fosse...
In verità ormai per me Calcata era diventata un luogo invivibile, una specie di Sodoma e Gomorra, ma la gente mi vedeva come immerso in un mondo fantastico… con addosso il marchio “Calcata”, dove poter sognare, litigare, arrabbiarsi ma alla fine dove è tutto un teatro… Un luogo che sarebbe piaciuto a Caravaggio…
Bene anche questo pezzetto di memoria è stato raccattato per il divertimento dei posteri...
Ciao Calcata, Paolo D'Arpini
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