Un re voleva scegliere tra i suoi sudditi l’uomo più saggio e nominarlo suo primo ministro. Quando alla fine la selezione si ridusse a tre uomini, decise di sottoporli a una prova suprema. Li fece entrare in una stanza del suo palazzo e installò una serratura che era l’ultima novità del genio meccanico. I candidati furono informati che chi di loro fosse stato in grado di aprire per primo la porta avrebbe avuto l’onorabile carica.
I tre uomini si misero subito all’opera. Due di loro cominciarono a elaborare complicate formule matematiche per scoprire la giusta combinazione del lucchetto. Il terzo uomo, invece, si sedette sulla sua sedia senza far nulla. Alla fine, senza preoccuparsi di mettere nero su bianco, si alzò, andò alla porta, girò la maniglia e la porta si aprì. Era sempre stata aperta, per tutto il tempo!
Questa è la situazione. Non c’è lucchetto, la porta è aperta. E le persone pensano e ripensano a metodi e mezzi per far scattare la serratura. Le persone provano diverse metodologie, praticano mille cose per uscire. Ma sono già fuori. Finché non smetteranno di pensare, non comprenderanno mai la realtà della situazione.
L’uomo non è in schiavitù, pensa solo di esserlo. E poiché lo pensa, è in schiavitù. Non c’è differenza tra un Buddha e un uomo comune. Ma l’uomo comune pensa che ci sia una differenza e allora c’è.
Sei tu che crei le tue prigioni, le tue serrature. E poi cerchi di scoprire i modi per uscirne.
Il buddhismo va al cuore della faccenda direttamente. Il buddhismo dice: non c’è nessun lucchetto, nessun nodo da sbrogliare. Questo è ciò che intendo quando dico che il buddhismo risolve il problema con un colpo di spada. Non c’è nessun luogo dove andare, niente da fare. Ci sei già e lo sei già: apri gli occhi. Pensate a quei due grandi pensatori della storia – dovevano essere matematici, dovevano essere ingegneri – naturalmente avevano dedotto che la serratura doveva essere frutto di un grande ingegno meccanico e che dovevano trovare la combinazione giusta. E si erano messi al lavoro.
E avrebbero potuto continuare a lavorare per l’eternità: pensate che avrebbero trovato la soluzione? Non c’è possibilità di trovare una soluzione se il problema non esiste.
E anzi si sarebbero ritrovati sempre più imbrigliati, sempre più in trappola; non nel problema, perché non c’era alcun problema, ma nelle risposte che avrebbero inventato.
È lì che le persone si bloccano. Un hindu è bloccato dalla sua risposta. Un cristiano è bloccato dalla sua. Le persone si bloccano nelle filosofie, ma non è necessaria alcuna filosofia. La vita basta a se stessa. Non ha bisogno di elaborazione, non ha bisogno di spiegazioni, non ha bisogno di analisi.
Ma se entri a far parte del gioco analitico, può andare avanti all’infinito. Una cosa porterà a un’altra e a un’altra ancora. E ti ritroverai in una catena. E dal momento che il problema non sarà mai risolto, perché non c’è nessun problema da risolvere, dovrai continuare a cercare risposte.
Il buddhismo ti riporta sulla Terra. Dice: prima guarda se la serratura è chiusa a chiave, se c’è una serratura sulla porta.
Come può esserci una serratura alla porta dell’esistenza? Ne facciamo parte, chi la chiude? Per cosa? Chi crea il problema? E per cosa? Noi siamo l’esistenza: siamo in lei, lei è in noi. Se lo vedi, ti rilassi. In quel rilassamento, sorge la visione.
È quello che è successo al terzo uomo. Non stava meditando, pensando, analizzando, inventando, deducendo. Si è semplicemente seduto lì sulla sedia senza far nulla. Questo è il fulcro della meditazione.
La parola “meditazione” non è la parola giusta, perché “meditazione” significa anche “pensarci, meditarci su”. L’inglese non ha una parola giusta per tradurre dhyan, perché dhyan significa esattamente “non meditarci su”, dhyan significa esattamente “non pensarci”. Dhyan significa non fare nulla, semplicemente rilassarsi ed essere.
Quando sei solo in silenzio e non fai nulla, la tua prospettiva è infinita, la tua percezione è chiara e puoi vedere fino in fondo. Seduto in silenzio sulla sua sedia senza far nulla, l’uomo riuscì a vedere che non c’era alcuna serratura nella porta. Semplicemente si alzò, girò la maniglia e uscì.
Questa è anche la mia esperienza. Questa parabola non è solo una parabola, non è una parabola inventata. È la parabola di tutti i Buddha: è così. Questa non è solo una storia inventata, è l’esperienza condensata, l’esperienza più essenziale di tutti i Buddha: non c’è la serratura nella porta. Ti siedi in silenzio, raggiungi uno stato di visione, di purezza, senza alcun pensiero a inquietarti, senza una nuvola di pensiero che si muove intorno alla tua coscienza – lo specchio pulito senza la polvere del pensiero – e improvvisamente sei in grado di vedere che non c’è serratura né porta né nemico né morte né nascita. E tu non devi andare da nessuna parte e non devi diventare nessuno.
Sei perfetto così come sei. Sei già in quello spazio chiamato paradiso. Inizia a godertelo, non farne un problema. Nel momento in cui crei un problema, smetti di divertirti. Come puoi divertirti se non risolvi il problema? E un problema crea altri dieci problemi, fino alla nausea.
Taglia via il primo problema! La vita non è un problema. Buddha dice: “La vita è semplice”.
Testo di Osho da: Take It Easy
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