Lucrezia Borgia
NEPI - Lei, Eleonora, è una ragazza biondina, rossetto scarlatto, un
paio di fuseaux blu, un bambino con un ciuffo di capelli castani in
braccio e un marito dietro il bancone del bar di famiglia. Ha ventotto
anni, "Volevo i pantaloni" non l' ha mai letto, parla un italiano di
paese, è timida e adesso "si vergogna", ha paura, forse non lo
"rifarebbe più". Eppure è diventata la Lara Cardella di Nepi, un borgo
medievale alle porte di Roma, nell' antica terra dei Falisci, con il
duomo, la torre del vecchio castello Borgia e il palazzo Farnese,
maestoso, con l'orologio, nella piazza del Comune. In mezzo alla
quiete paesana, allo struscio, su e giù, perpetuo, su via Roma, è
caduta una lettera, pubblicata da un giornale locale, che ha fatto
rumore. L' ha scritta proprio Eleonora. Ha parlato di droga ("dovrebbe
essere liberalizzata" e ancora "un nostro sbaglio è considerato un
marchio di vita") di sesso, di preservativi, di rapporti omosessuali
("ci sono ragazzi che hanno anche rapporti omosessuali, ma lo
nascondono. Quelli che lo vogliono nascondere sono quelli che
strillano più forte degli altri ' brutti froci' e allora si capisce
che hanno qualcosa da nascondere"), di giovani senza futuro che vivono
in un paese dove "su quasi ottomila abitanti non c' è nemmeno un
cinema, una discoteca e poi manca il lavoro". E dopo la confessione,
che apre uno spiraglio nel muro d' ipocrisia di una tranquilla vita di
provincia, arrivano le minacce. Un gruppo di ragazzi l' aggredisce
verbalmente. "Le parole preservativo e sesso le usano soltanto le
puttane. Certe cose non si possono dire...perciò non permetterti più
di scrivere lettere ai giornali per parlare di omosessuali, Aids,
droga e sesso a Nepi, altrimenti...". Altri, invece, si limitano ad un
"ma chi te lo ha fatto fare"!
A pubblicare la lettera e a diffondere le reazioni con un fax è "Mondo
Falisco", un giornale della zona, un foglio di quattro pagine curato
da Paolo D' Arpini, quarantenne dai capelli candidi, gran patron di
un' associazione vegetariana a Calcata, il paesino che riunisce una
colonia d' artisti, benedetta da Paolo Portoghesi, che ha casa
sull'alto di una rupe.
E ieri a Nepi i giornali con la notizia passano di mano in mano, nei
bar, in piazza, sulla scrivania del sindaco democristiano Pietro
Soldatelli. "Siamo giovani di Nepi dai 17 ai 30 anni" scrive Eleonora
"non abbiamo un nostro vivere, la gente ci sovrasta con le sue idee, i
suoi pregiudizi". E ancora: "Qui esistono soltanto pochi bar che
devono essere chiusi a mezzanotte, ed è qui che noi giovani dopo il
lavoro passiamo le serate; non abbiamo una nostra identità e la gente
in alto sembra condannarci e non ci parlano".
Quindi racconta di "bar cosiddetti perbene" dove "si gioca a carte e
girano parecchi soldi". E di storie di sesso. "Di sesso" spiega "si
parla poco e troppo poco apertamente. Il sesso ancora lo facciamo
molto di nascosto, ma il preservativo lo usiamo, perché non vogliamo
beccarci l' Aids" Infine un desiderio. Vogliamo essere lontani da ogni
emarginazione. Speriamo tanto di poter avere un futuro migliore.
Dateci coraggio, tendeteci una mano per raggiungere la nostra
identità. Sarà per noi un futuro più limpido". Ma la mano tesa non
arriva e qui, in queste stradine medievali di Nepi, diventata il
modello di una vita di provincia ipocrita, perbenista e che lascia ai
giovani soltanto flipper e videogiochi nei retrobottega dei bar, si
respira un' aria da alzata di scudi.
Dentro al bar Borgia, un localetto vicino alle mura, la meta preferita
dello struscio degli adolescenti, ci sono capannelli. Ma è vero che
qui non rimane che il flipper? Un ragazzo grosso, basettoni, riccio,
ride. "E certo che è vero! Non lo vedi?". Ma altri non sono d'accordo.
"Chi vuole, prende la macchina e se ne va, nei paesi vicini,
in discoteca" dice Roberto, un venticinquenne biondo, occhiali neri,
tuta rossa "Il cinema non c' è, lo hanno chiuso dieci anni fa, ma non
ci andava nessuno". E in piazza? Un capannello di donne. "Sesso?
Omosessuali? Quella lì ha denigrato tutto il paese!" dice una
trentenne bruna "I preservativi? Magari li usiamo pure, ma bisogna
scriverlo ai giornali?". Il parroco, don Giuseppe, è un sacerdote
anziano, magro, il volto scavato. Dice: "Non è vero che qui non ci
sono iniziative. All'oratorio fanno conferenze sulla droga, si
riuniscono, organizzano sport". Ma dentro il bar, Eleonora ribatte:
"Qui basta mettere un paio di anfibi e dicono che sei un naziskin. Noi
giovani non abbiamo un' identità, non troviamo lavoro. Siamo immersi
nel nulla, lo struscio, il flipper, il videogioco e lo struscio. E
argomenti come sesso, droga, omosessualità sono tabù". E' la foto di
tanta provincia italiana, vista da dietro il bancone di un bar di
paese. "Nepi è bellissima, ma come tanti altri piccoli comuni dello
Stivale" dice Peter Boom, attore e scrittore olandese rifugiatosi qui
a scrivere gialli d' azione "sembra votata all' autodistruzione
culturale. La lettera di Eleonora è un modo per cominciare a
parlarne".
PAOLO BOCCACCI
Archivio la Repubblica.it - 28 febbraio 1993
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