Per non dimenticare quanto "cattivi" fossero i popoli precolombiani poi civilizzati dai "buoni" europei
I sacrifici rituali venivano effettuati di giorno, in piazze monumentali e templi, alla presenza di folle straboccanti. Le vittime venivano portate in cima alle scale delle piramidi che sorgevano nel centro della capitale Tenochtitlàn (sita nell’area in cui oggi sorge Città del Messico).
Davanti alle statue di pietra delle principali divinità, quattro sacerdoti-macellai afferravano saldamente la vittima, ciascuno tenendola per un arto, e la adagiavano su una pietra bassa e spianata. Un quinto sacerdote, allora, gli apriva la cassa toracica, strappandone via il cuore ancora pulsante, e lo comprimeva contro una statua, mentre gli inservienti facevano lentamente scivolare il corpo della vittima giù per la scalinata della piramide.
Quando questo arrivava ai piedi della stessa, altri inservienti ne staccavano il capo e consegnavano il resto al seguito del ‘proprietario’, cioè del capitano o dell’aristocratico i cui soldati avevano catturato il defunto.
Il giorno seguente, il corpo veniva tagliato a pezzi, e gli arti cucinati e mangiati nel corso di un banchetto cui partecipavano il proprietario e i suoi ospiti: la ricetta preferita era lo stufato insaporito con pepe, pomodori e gigli triturati.
Il tronco e il cuore venivano (probabilmente) gettati agli animali dello zoo reale, mentre la testa veniva conficcata su una lancia di legno e disposta in bella mostra su una ‘rastrelliera dei teschi’ assieme alle teste delle precedenti vittime. La più ampia di tali rastrelliere era collocata nella piazza principale di Tenochtitlàn, e poteva contenere fino a 60.000 teschi.
I sacrifici umani erano ritualizzati ed avevano lo scopo di commemorare gli avvenimenti più importanti sul piano storico, quali vittorie militari o costruzioni e ampliamenti di piramidi e templi. In occasione dell’ultima riconsacrazione della piramide di Tenochtitlàn, avvenuta nel 1487, si calcola che nel corso di quattro giorni e quattro notti siano stati sacrificati dai 15.000 ai 70.000 prigionieri i quali, contrariamente a quanto si vuol far credere, non collaboravano assolutamente al loro sacrificio...
Parte seconda: cannibalismo
La società Azteca è l’unica tra le grandi società di tipo statale a praticare il cannibalismo, dove per cannibalismo è da intendersi il consumo socialmente accettato di carne umana stante la disponibilità di altri cibi.
Ma cosa li spingeva a tale pratica?
Bisogna innanzitutto mettere in chiaro che il cannibalismo è un sottoprodotto della guerra guerreggiata: altrimenti detto, non si va in guerra per procurarsi carne umana, ma si mangiano i prigionieri.
Ciò significa che i costi sostenuti vengono accollati per intero ai costi della guerra.
Ma come spiegare che lo Stato Azteco fu l’unico a non reprimere il cannibalismo guerresco? Valeva la pena di mangiarsi i prigionieri, distruggendo così un potenziale di ricchezza qual è la forza lavoro umana? La scelta dell’élite Azteca di mangiarsi la gallina dalle uova d’ora è in buona parte probabilmente da ascriversi alla scarsa disponibilità di buone fonti di cibo animale, tanto che alcuni antropologi hanno messo in luce il legame tra la pratica del cannibalismo e l’assenza, presso gli stessi Aztechi, di erbivori addomesticati: e proprio la carenza di fonti di cibo di origine animale aumentava il valore del nemico in quanto carne e ne diminuiva il valore quale servo, schiavo e contribuente.
È forse opportuno sottolineare che il grado di generale povertà e fame non costituiva una differenza di fondo tra il sistema di sussistenza degli Aztechi e il sistema di sussistenza di tutte le altre società di tipo statale che repressero con vantaggio il cannibalismo.
È probabile che i contadini indiani o cinesi non vivessero molto meglio dei contadini Aztechi. Le ristrettezze non si facevano sentire solo a livello di massa, ma anche a livello di élite militari e religiose e relativi seguaci. Reprimendo il cannibalismo guerresco, le élite del Mondo Antico registrarono significativi incrementi sia dal punto di vista della ricchezza che da quello del potere. Salvando la vita ai loro prigionieri, avevano la possibilità di intensificare la produzione di beni di lusso e di cibo animale destinato al loro consumo personale e alla ridistribuzione nell’ambito dei loro seguaci. Forse anche la gente comune ne trasse un certo qual beneficio, ma non era questo il punto importante. Presso gli Aztechi, invece, la pratica del cannibalismo guerresco non comportò molti miglioramenti nelle condizioni di vita del contadiname. Ma continuò perché continuava a procurare benefici alla élite, e reprimerla avrebbe significato una diminuzione, e non un incremento, delle loro ricchezze e del loro potere.
Commento di Gianni Donaudi - Ricevuto via email:
RispondiEliminaAutodeterminazione dei Popoli! Anche i Celti per un certo periodo di tempo facevano S.U. - E non dimentichiamoci che a "sinistra" ci sono tanti che la pensano come voi. In nome del "progresso". E non importa per loro che i "conquistadores" fossero cattolici. Erano "illuminati" e pur sempre "superiori" a quei barbari precolombiani!
A me sembra invece che Evola riconosca nei precolombiani "qualcosa di Solare e di Aquilino" . Ancora recentemente in Perù è stato fondato un movimento "nazionalpopolare" che si rifà direttamente agli INCAS.
Scriveva bene cantautore di sinistra (quella vera!): "CRISTOFORO COLOMBO HA AVUTO IL SOLO TORTO
DI AVER SCOPERTO GLI U.$.A PRIMA DI ESSER MORTO"