La gente scopre qualcosa, impara come funziona, e si mette a sfruttare la natura pensando che sarà per il bene dell’umanità. Il risultato di tutto ciò, finora, è che il pianeta è diventato inquinato, la gente disorientata e noi abbiamo aperto le porte al caos del mondo moderno.
In questo podere noi pratichiamo l’agricoltura del non fare e mangiamo cereali, verdure e agrumi integrali e squisiti. Esiste una fondamentale e significativa soddisfazione nel solo fatto di vivere vicino all’origine delle cose. La vita è canto e poesia.
Il contadino divenne troppo occupato quando la gente cominciò ad analizzare il mondo e decise che sarebbe stato «bene» fare questo o quello. Questi trent’anni mi hanno insegnato che i contadini sarebbero stati meglio se quasi quasi non avessero fatto proprio niente.
Più la gente fa, più la società si sviluppa, più aumentano i problemi. La crescente devastazione della natura, l’esaurimento delle risorse, l’ansia dello spirito umano, tutte queste cose sono state provocate e diffuse dal tentativo dell’umanità di realizzare qualcosa. In origine non c’era nessuna ragione per progredire e non c’era nulla che dovesse essere fatto. Siamo arrivati al punto in cui non abbiamo altra via che portare avanti un «movimento» che non porti avanti niente.
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