Oggi vi racconto l'incontro strano che ebbi a Calcata con un ciclista giapponese, avvenuto un bel po’ di tempo fa, per farvi entrare nell’atmosfera rarefatta della città invisibile che è Calcata. Esiste e non esiste… e così i suoi personaggi e visitatori…. tutti assurdi, unici… evanescenti.
Anche lui veniva da Osaka!
C’è un po’ d’agitazione in piazza, mi accorgo subito che una novità è nell’aria mentre mi siedo sui gradini della chiesa, in un normale giorno feriale senza turisti, nel centro storico di Calcata.
“E’ arrivato un ciclista dal Giappone!” Lorenzo Bizzarri mi dice “Ha attraversato l’intera Asia in bicicletta ed ora è giunto sin qui e sta riposando a casa mia”. Non passa molto tempo che vedo comparire un giovane nipponico, dall’aria sveglia, mi avvicino a lui mentre lui stesso si sta avvicinando a me, ci salutiamo con le mani sul petto e lo invito a sedersi sui gradini per scambiare due parole.
“Da dove vieni e come viaggi?” Gli chiedo e lui, in un inglese un po’ scolastico: “Vengo da Osaka, dal Giappone, con questa mia bicicletta, ho attraversato tutto il sud della Cina, lì non è stato difficile, tra l’altro conosco il cinese, poi son andato in Tibet dove ho visitato molti monasteri ed infine ho fatto il giro dell’India, fermandomi anche a Calcutta…” Mentre così dice mi mostra un ciondolo con l’effige di Vivekananda e di Ramakrishna Paramahansa, due famosi santi del luogo consacrato a Kali. “Questa cavigliera di conchiglie mi è stata invece regalata in Kerala, in un tempio vicino all’oceano indiano”. Non posso fare a meno di commentare “Allora stai facendo un pellegrinaggio?! Da quanti anni sei in viaggio, come fai a mangiare, a ripararti dalla neve e dal gelo sui passi, dal calore rovente dei deserti…”. Mi risponde tranquillo “Sono ormai due anni che viaggio sempre pedalando, non ho fretta, forse andrò in Africa od in America, sto raccogliendo materiale per un mio studio antropologico, secondo me siamo tutti fratelli, le distinzioni politiche e religiose tanto strombazzate non esistono per la gente comune, quella delle strade secondarie e dei piccoli centri, per dormire ho con me una minuscola tenda che in qualche modo mi ripara dalle intemperie, certo quando piove molto, come i giorni scorsi in cui son rimasto bloccato a Roma, allora la tenda diventa tutta bagnata, ma io dormo lo stesso, in fondo son giovane ho solo 27 anni, per il mangiare vado avanti a scatolette, qualche volta mi cucino una pasta con un fornelletto che mi porto appresso, in casi fortunati -come stasera qui a Calcata- un’anima gentile mi ospita. Ho sempre viaggiato senza noie, persino in Pakistan ed Afganistan, di solito ben accolto da tutti, solo in Iran ho avuto un po’ di difficoltà, stranamente con i giovani che non amano quelli dell’estremo oriente, sarà perché molti invasori della Persia erano mongoli, chissà? Comunque ho capito che nessuno, in se stesso, è particolarmente xenofobo salvo che ci sia di mezzo la politica o la religione. Per noi in Giappone è forse più semplice accettare le differenze, vi sono varie forme di pensiero, lo Shinto, il Buddismo, lo Zen, l’Animismo, ma nessuna preclude l’altra.
Tu ad esempio di che religione sei?”. Visto che ora è passato lui all’offensiva delle domande, ribatto prontamente “Prima diciamoci almeno i nostri nomi, io mi chiamo Paolo e tu?” Mi sussurra un nome che suona come “Ushiko” ed immediatamente mi vien voglia di chiedergli, “Ma che vuol dire?” Ci pensa lungamente, assorto e con vari moti del volto e mi risponde “Oceano, vuol dire uomo-oceano”.
Immediatamente mi sovviene la storia Zen del lottatore Grandi Onde che meditando sul suo stesso nome divenne invincibile, e questo ragazzo che mi sta al fianco, così minuto ma forte, così semplice ma saggio, mi sembra improvvisamente l’incarnazione dell’oceano. Allora rispondo alla sua domanda “Necessariamente essendo nato in Italia la mia matrice religiosa è quella cristiana, ma indipendentemente dal sentiero non può esservi differenza nel fine supremo, quelli che noi chiamiamo i profeti ed i santi, Gesù, Maometto, Buddha e tutti gli altri sicuramente non son differenti dall’Essere Supremo che tutti pervade”. Oceano mi sorride e gli brillano un po’ gli occhi di soddisfazione nell’ascoltarmi, intanto si è fatta sera, abbiamo chiacchierato per più di un’ora intervallata da meditabondi momenti di silenzio, alla fine ci salutiamo, stavolta dandoci la mano, e ripromettendoci di scrivere qualcosa di questo incontro, lui tiene un diario di viaggio ed io ho il vezzo delle storie commemorative.
Il pomeriggio del giorno dopo risalendo al Centro Storico incontro il mio amico sculture Massimo Bormioli, gli chiedo “Hai saputo del ciclista? E’ già ripartito?” E lui “Si stamattina presto, voleva arrivare sino ad Assisi” Ed io “Hai visto che coraggio, pedalare per migliaia di kilometri, da Osaka fino a Calcata” E Massimo di rimando ” Pure lui veniva da Osaka? Ma lo sai che alcuni giorni fa mi capitò di ospitare un altro ciclista giapponese che stava facendo il giro del mondo in bicicletta, anche lui veniva da Osaka…..!”.
Paolo D’Arpini
P.S. Massimo Bormioli è un artista forse sconosciuto ai più, per chi ha frequentato negli anni scorsi Calcata forse resta una memoria di un personaggio strano vestito di bianco con i sandali ai piedi, estate ed inverno, l’aria ieratica, che stazionava nella piazza davanti alla chiesa e prendeva il sole se faceva freddo oppure stava all’ombra vicino a qualche vicoletto ventilato se faceva caldo.
RispondiEliminaMassimo era -dico era non perchè sia deceduto ma solo perché ha interrotto la sua attività e la sua permanenza nel borgo più chiacchierato della Tuscia- un artigiano artista del legno intagliato a coltello. Per alcuni anni visse a Calcata in un piccolo studio, dormendo sul tavolaccio che gli serviva da tavolo da lavoro, mangiando cibo semplice e sfarfallando nel paese con movimenti eterici. Alcuni lo chiamavano “il francescano” altri -più maligni- “il sacrestano”. Certo un personaggio particolare lo era, al limite fra la saggezza e la pazzia, fra la bontà e la malizia, fra l’innocenza e l’esibizione. Pomeriggi su pomeriggi ho dialogato con lui sui gradini della chiesa e malgrado non fosse possibile “concretizzare” alcunché era per me una grande fonte di ispirazione e riflessione, essendo lui Cinghiale d’Acqua ed io Scimmia di Legno.
Poi se n’è fuggito da Calcata, ha lasciato il luogo ed anche la memoria, così celere è la immissione e la cancellazione nell’inconscio collettivo di questo paese che rappresenta lo Yn e lo Yang nella sua pienezza. Definisco spesso Calcata “Sodoma e Gomorra” e contemporaneamente la chiamo “la sacra dimora di Kali”. Massimo Bormioli è stato uno dei rappresentanti di entrambi questi mondi….
Ora lascio da parte questa rimembranza e vi racconto di un incontro strano che ebbi a Calcata con un ciclista giapponese, avvenuto un po’ di tempo fa quando Massimo era ancora presnte, per farvi entrare nell’atmosfera rarefatta della città invisibile che è Calcata…. esiste e non esiste… e così i suoi personaggi e visitatori…. tutti assurdi, unici… evanescenti. (P.D'A)