Sappiamo che la nostra mente esamina ed elabora classi di fenomeni sui quali, per moltissimi svariati motivi, nel corso della nostra vita, abbiamo proiettato la nostra attenzione, costruendo un insieme di paradigmi abituali che selezionano tra mille altri possibile i fatti che vogliamo notare ed ai quali vogliamo pensare.
Sappiamo che tutto ciò avviene in gran parte anche in modo inconscio, essendoci abituati ciascuno a percepire preferenzialmente alcune impressioni ed emozioni piuttosto che altre.
L’intera nostra ricettività, d’altronde, dipende a priori dalla nostra struttura corporea e funzionalità fisiologica: ad esempio, i pesci di profondità hanno occhi sensibili all’ultravioletto (per noi invisibile), che, essendo composto di fotoni più energetici di quelli ottici, penetra più a fondo sott’acqua, mentre la luce rossa e infrarossa viene assorbita molto prima; ma i predatori terrestri notturni, invece, hanno una forte sensibilità all’infrarosso: uno di loro, nonostante la scarsa luminosità lunare, vede immediatamente nel panorama circostante la macchia infrarossa prodotta dalla temperatura di un organismo vivente, che è una potenziale preda da catturare.
Sappiamo con certezza dell’esistenza di altre forme di radiazioni, oltre a quelle ottiche, da quando abbiamo imparato a costruire strumenti sensibili ad infrarossi, onde radio, microonde, raggi X, e così via (fu nel XVIII secolo che William Herschel constatò per primo l’esistenza degli infrarossi, mentre sperimentava la reattività termica dei termometri alle diverse componenti di luce solare scomposta dal passaggio di un prisma trasparente, e si accorse che anche i termometri posti oltre il fascio rosso venivano riscaldati), dopodichè abbiamo imparato a costruire antenne radio, radar, recettori di raggi X e gamma, fotomoltiplicatori, contatori geiger, ed ogni altro genere di rilevatori di quanti energetici.
I fisici perciò hanno cominciato ad esaminare in quali vari modi ci apparirebbe l’Universo se fossimo sensibili a tipi di interazioni diverse da quelle che ci sono proprie: come sarebbe visto questo stesso Universo, se fossimo formati da agglomerati di neutrini ?
Tuttavia, da migliaia di anni molte antiche filosofie asiatiche ritengono che la nostra stessa coscienza abbia posto, all’origine, le condizioni per la formazione di questa struttura umana, immersa in questo particolare universo percettivo (assieme alle particolari tendenze karmiche che ci caratterizzano), che è solamente una piccola angolazione di percezione della realtà, in sè enormemente più vasta, e suggeriscono di agire in modo da rendere comprensibile e percepibile una realtà più ampia, più globale, di cui questa presente è solo una parzialissima apparenza.
Il metodo di indagine di tali filosofie è quello interno della meditazione e della analisi logica dell’esistenza.
E’ probabile che tutti possano trarre beneficio da un simile ampliamento della coscienza, che conduca la mente umana ad uno spazio di percezione ed elaborazione quanto più possibile ampio, più vasto di quello ordinario, che risulta certamente limitato, e per molti aspetti inutilmente insoddisfacente.
Da una migliore soddisfazione interiore deriverebbe certamente una maggiore felicità. Sarvamangalam
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