Chi erano gli Unni?



Quando parliamo di storia e di Eurasia, torna spesso nei nostri discorsi un popolo: gli Unni.

La natura di questi è controversa, poiché provenivano dall'area centrale del blocco euroasiatico (demograficamente ed etnicamente caotica) ed erano dediti al nomadismo. Questo rende tutte le ricostruzioni da ricavare da fonti antiche e indirette, spesso tendenziose.
Conosciamo gli Unni (occidentali), gli Unni bianchi (centroasiatici) e gli Unni rossi (Mongolia, Nord della Cina), ma abbiamo alcune difficoltà a capire se si tratti di diversi rami dello stesso popolo (la distanza e la differenze culturali farebbero pensare di no).
La teoria di un popolo unico deriva forse da una similitudine tra il nome attribuito a questi dalle fonti greco-latino e da quelle persiane. Gibbon sosteneva che gli Xiongnu in Mongolia, respinti dai cinesi, si fossero spostati verso Occidente, arrivando a dividersi in Asia Centrale nelle due diramazioni note: Unni bianchi (iranici) e Unni (europei).
Basava questa teoria sulla somiglianza tra i nomi dei popoli e il comune areale centro-asiatico (in realtà molto vasto).
Contro questa teoria vi erano alcuni elementi: profili fisiologici diversi, grande distanza spaziale e temporale (duecento anni) tra gli Xiongnu e gli Unni occidentali.
Le identità dei popoli nomadi erano spesso molto labili; diverse bande di guerrieri (non necessariamente un popolo) si riunivano dietro un leader carismatico e lo seguivano in migrazioni e saccheggi. Anche le lingue erano più fluide di quanto possiamo pensare oggi.


Ad esempio:
- Dopo la migrazione a Nord dei Rus di Kiev, l'influsso ugro-finnico fu determinante nel ripopolare le città e la nobiltà russa a lungo si mescolò con la nobiltà mongola, che a sua volta riceveva ciclicamente -come pegno di alleanza- giovani principesse cinesi.
- Gruppi come Vandali e Longobardi, nel loro spostamento verso Occidente, avevano incorporato gruppi minori. I Vandali portarono con loro Alani (di etnia iranica) e Suebi; i Longobardi portarono piccoli gruppi di Gepidi e Avari.
- Il dominio di Attila fu sempre composito: più che uno stato unno, dobbiamo immaginarlo come un'entità politica con un gruppo militare-banditesco al vertice (le cui truppe erano composte da: Unni, Gepidi, Ostrogoti, Rugi, Sciri, Eruli, Turingi, Alani e Burgundi).
Dobbiamo dunque chiederci: e se "unno" non fosse il nome di un popolo, ma di una categoria militare? Di una compagnia guerriera?
Nella fucina di popoli e di eventi che fu l'Asia Centrale, la parola "unno" avrebbe potuto indicare un guerriero particolarmente valoroso, forte, feroce, determinate caratteristiche o comportamenti bellici, persino un gruppo di saccheggiatori dediti a una qualche divinità (l'etimologia cinese condurrebbe a un culto del cane - o all'uso dei cani nordici durante il combattimento?).
Gli Unni di Attila erano turcofoni, provenivano dall'Asia Centrale e inglobarono al loro interno alcune bande di combattenti di origine germanica. Mentre, gli Unni Bianchi erano di origine indoeuropea del ramo iranico e provenivano dall'odierna zona tra Iran e repubbliche centro-asiatiche.
Per affrontare lo studio storico-antropologico e linguistico delle steppe dovremo essere disposti a cambiare i nostri parametri e adattarci a una situazione più dinamica, caotica.
Le identità erano più labili, gli spazi più estesi, persino le differenze per noi oggi quasi insormontabili tra lingue e gruppi etnici erano più facili da appianare. Così, poteva capitare che un pastore di renne finnico sposasse nella tundra una donna di etnia slava o germanica; che molti secoli dopo le corti dei mongoli furono le più tolleranti con mercanti e predicatori di ogni tipo.
Alle due estremità dell'Eurasia erano due poli ad alta concentrazione demografica (Europa/Mediterraneo e Cina/Corea/Giappone), nelle aree più calde c'era un corridoio temperato di civiltà complesse (Medio Oriente, India, più tardi Russia e in alcuni periodi Indocina); tutte queste regioni sarebbero diventate imperi, città e stati, identità forti e guerre di religione.
Nella steppa, invece, rimaneva ancora in vita un'alternativa radicale, una strada che tracciava una separazione tra due mondi dai tempi della Rivoluzione Neolitica: quello delle città e quello dei nomadi, fatto di barbarie (almeno così percepite dalle città), ma anche di scambi e alleanze, di mescolanze culturali e tolleranza.
Non possiamo capire la storia d'Eurasia, senza questi pastori nomadi che canta Battiato: "Ancora oggi le renne della tundra, trasportano tribù di nomadi che percorrono migliaia di chilometri in un anno e a vederli mi sembrano felici".

Gabriele Germani





Integrazioni:

Stefano Sacchini
L’etnonimo 'xiongnu' è argomento di controversie in quanto non è traducibile. I due ideogrammi cinesi che lo esprimono, considerati nel loro valore semantico, significano "schiavi urlanti" o "schiavi malvagi". Ma nessun studioso ha mai preso 'xiongnu' nel suo significato letterale. L'opinione prevalente è che le due sillabe debbano considerarsi esclusivamente nel loro valore fonetico, quindi come trascrizione di un nome straniero. Ma quale fosse questo nome, nonostante le ipotesi avanzate, nessuno è stato finora in grado di dire. C’è da dire, inoltre, che gli studiosi non concordano neanche sull’appartenenza linguistica del popolo Xiongnu: oltre alla teoria proto-turca c’è anche quella paleosiberiana
Fabio Fiorillo
Gli unni probabilmente non sono mai stati un popolo, ma in origine una confederazione di gruppi nomadi. Dunque lo spostamento verso occidente sarebbe stato quello di una organizzazione militare (costituita da sempre nuovi elementi etnici) e non di una popolazione migrante.

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