"Psicopatologia del radical chic" di Roberto Giacomelli

 


Nel 1970, per la prima volta, il giornalista Tom Wolfe definì i “radical-chic”: erano la casta dei ricchi borghesi che - per moda o per noia - sostenevano apertamente le posizioni della pseudo sinistra. Questi “rivoluzionari da salotto”, animatori della “sinistra progressista” che va a braccetto con il capitalismo, sono oggi la più influente lobby ideologica dell’Occidente: dominano i grandi media internazionali, presidiano le Università, la Magistratura e i gangli vitali dello Stato, orientano il linguaggio, emettono sentenze e stilano i pressanti speech codes del “politicamente corretto”. Chi non si allinea ai loro dogmi, come dimostra il grottesco teatrino mediatico che invade i nostri schermi, è tacciato di razzismo, fascismo, sessismo e xenofobia.


Il loro credo, divenuto il verbo laico del globalismo, è fondato sulla narrazione sradicante e liberal della “società aperta”, tesa a distruggere ogni residua forma di identità in nome di una fantomatica uguaglianza che trova riscontro nelle esigenze predatorie del mercato: dal cosmopolitismo “no border” all’immigrazionismo multiculturale, dal progressismo individualista alle rivendicazioni omosessualiste, dalle teorie “gender fluid” alla destrutturazione della famiglia, passando per il superamento dei popoli, delle tradizioni, delle spiritualità e delle Civiltà. Una marcia inarrestabile, oggi identificabile nella furia iconoclasta della “cancel culture” e nella riconfigurazione green e digitale del “grande reset”: un processo di sovversione che coinvolge - con curiose convergenze - le frange militanti della sinistra radicale e le grandi holding multinazionali, le presunte “minoranze” e i colossi della Silicon Valley.

Ma chi sono, realmente, i radical chic? Quali sono i loro valori, i loro fini e le loro strategie? Cosa si cela dietro le scomuniche del loro “pensiero unico”? Roberto Giacomelli - psichiatra e scrittore - ne traccia un profilo inedito, dai primi “figli dei fiori” alle attuali élite mondialiste. Attingendo alla storia, all’analisi politica e alla psicologia, l’autore giunge ad una conclusione impietosa: arroganza, isteria, dissimulazione, inganno e manipolazione - senza dubbio - sono i loro tratti distintivi.Si tratta di masochisti che amanosottomettersi a carnefici immaginari, nevrotici in preda ai sensi di colpa per i loro immeritati privilegi, odiatori seriali che invidiano e denigrano le vite altrui, menti deboli che proiettano sul prossimo le proprie paranoie, i propri disagi e le proprie paure. 

Questo testo - libero e controcorrente - rappresenta allo stesso un’invettiva sincera, uno studio attualissimo ed una voce fuori dal coro.


Tratto da:  Psicopatologia del radical chicNarcisismo, livore e superiorità morale nella sinistra progressista -  di Roberto Giacomelli


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