"Religione dell'Olocausto e negazionismo... due facce della stessa medaglia...."


Gentili Redattori di Christus Rex, debbo premettere che non sono un praticante o credente cattolico, pur che fui battezzato, ma leggendo l'articolo apparso sulla vostra rivista con la presa di posizione di Marcello Veneziani in merito alla Legge contro il "negazionismo" mi son trovato con lui d'accordo, come - a suo tempo- apprezzai l'articolo dell'Osservatore Romano dello scorso ottobre (vedi sotto) sullo stesso argomento. 

Ebbene è trascorsa da poco la ricorrenza del 27 gennaio, in memoria dello sfondamento dei cancelli di Aushwitz, ed il ministro Alfano già preme per la calendarizzazione di un testo di legge sulla shoah e contro il negazionismo. 
Riporto qui alcuni stralci, su questo argomento, dall'intervento sull’Osservatore Romano (articolo del 19 ottobre 2010): 

(Vedi nel blog http://paolodarpini.blogspot.com/2010/10/losservatore-romano-si-dice-contrario.html

In cui tra l’altro é detto. «Negare l’Olocausto è un fatto gravissimo e vergognoso» afferma il giornale vaticano e continua «La storia non è vera per legge. Ma punire per legge chi sostiene questa tesi, e quindi di fatto stabilire ciò che è storicamente vero attraverso una norma giuridica, non è la strada giusta. Anzi, rischia di essere controproducente: in democrazia la censura non è un mezzo corretto, e si finisce per far diventare martire chi vi incappa.»

Va poi aggiunto che la maggior parte degli storici, non certo in odore di negazionismo, siano comunque contrari ad una legge di questo genere, per la quale i Presidenti di Camera e Senato hanno già annunciato la loro posizione favorevole a un veloce iter di approvazione. 

Nell'articolo menzionato sopra l’Osservatore Romano non dimentica di citare David Bidussa, opinionista di “Moked”, il portale dell’ebraismo italiano, che ha scritto: «Una legge contro il negazionismo non sarebbe né una scelta intelligente, né una scelta lungimirante. Non aiuta né a farsi un’opinione, né a far maturare una coscienza civile. L’Italia ha bisogno di una pedagogia, di una didattica della storia, di un modo serio e argomentato di discutere e di riflettere sui fatti della storia. Non servono leggi che hanno il solo effetto di incrementare la categoria dei martiri».

Anch’io sento il dovere, come membro di una famiglia originariamente ebrea, e che si é salvata dalla deportazione con la “conversione” al cristianesimo (durante il periodo fascista) di esprimere un mio parere su questo controverso tema.

Innanzi tutto é vero che la storia e la verità storica e perciò la politica conseguente all’ultimo conflitto è stata definita dai vincitori… e non solo per la questione ebraica ma per ogni altro aspetto. Ma se si vuole riaffermare “l’umano e l’universale” che sta oltre le opinioni avverse occorre equanimità e la capacità obiettiva di considerare i semplici fatti e le situazioni in cui questi sono avvenuti. Nel “legalismo giuridico” -che non è più giustizia- vincono al contrario i “cavilli” e ciò è significativo di un percorso funzionale a “costruire” la verità (che è poi quella di comodo di una o dell’altra parte).

Ed ancora... lasciando da parte ogni speculazione sul passato, secondo me, bisognerebbe evidenziare anche come sia stata utilizzata per fini economici ed ideologici la tragedia dell’olocausto, i soldi raccolti a nome dei deportati, le pressioni politiche per far approvare leggi liberticide in Europa, la creazione di una nuova “religione” dell’olocausto, etc. Allo stesso tempo è controproducente abbracciare la causa della libertà di pensiero partendo dalla difesa o giustificazione del negazionismo. 


Mentre possiamo evidenziare come sia andata strutturandosi nel tempo una verità “basata” sul senso di colpa e sulla convenienza politico economica dei governi che hanno preferito cedere alle pressioni dell’industria dell’olocausto piuttosto che venir tacciati di collaborazionismo revanscista con i passati regimi fascisti. Questo ovviamente soprattutto in Germania e Austria (e forse prossimamente anche in Italia..) dove la “verità dell’olocausto” ha assunto connotati quasi religiosi e “stabiliti per legge”.

In questo momento ritengo sia importante poter indagare sulla veridicità dei fatti, stabilendo la verità sull’olocausto come dato di fatto storico, comprovandolo solidamente (se si vuole anche in senso etico), senza cavillare sulla negazione o sull’affermazione forzosa ma scoprendo “come” sia avvenuto e “perché”, evidenziando allo stesso tempo l’incongruenza di comportamenti speculativi politico-religiosi conseguenti ad esso. Allora forse si potrà smuovere l’opinione pubblica e pian piano anche inserire altre verità sul modo in cui l’olocausto è avvenuto, soprattutto di come in quel periodo il razzismo avesse colpito in ogni campo, contro l’uomo in generale, e non solo in Germania ma anche in Russia, e anche in America dov’era stata aperta la caccia alle streghe comuniste e la persecuzioni di migliaia di cittadini colpevoli di pensarla diversamente dal potere in carica. La persecuzione è stata a livello mondiale e contro l’uomo e la sua libertà espressiva in generale. 
Ho qui accennato alla necessità di cambiare impostazione se si vuole superare la contrapposizione ideologica, fra fautori della “verità olocaustale” e suoi negatori, per poter “scientificamente” affrontare il problema della “verità storica” e questo processo non può essere ottenuto “per legge” che altrimenti la ricerca risulterà tarpata e viziata….


Paolo D’Arpini
29 gennaio 2011

1 commento:

  1. Il negazionismo in Italia è reato dal 2016, da quando cioè il legislatore ha aggiunto con la legge 116/2016 un comma (3-bis) alla legge 654/1975. Da quel momento comportamenti di discriminazione e odio, istigazione di reati a sfondo razziale già puniti con la legge previgente trovano un sanzione aggravata: «da due a sei anni di reclusione» - scrive Giacomo Galeazzo in Giurisprudenza Penale (2016) «quando si fondino in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale. Presupposto della punibilità è che dal comportamento derivi un “concreto pericolo di diffusione”».

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