Una
delle tre caratteristiche dell’esistenza condizionata è
l’impermanenza dei fenomeni materiali e mentali (in sanscrito:
anitya). I testi buddhisti dell’Abhidharma spiegano che nella
nostra mente piccoli movimenti di pensieri, percezioni, sensazioni
ecc nascono e muoiono velocissimamente. La neuroscienza moderna
conferma che durante una giornata abbiamo in media c. 60 000
pensieri; cioè circa 40 in ogni minuto!
Di
solito noi ci attacchiamo alle cose piacevoli e vogliamo che siano
durevoli. Quando non lo sono, siamo delusi e soffriamo. Stranamente
gli esseri umani si attaccano anche alle cose dolorose; portano con
sé e ruminano continuamente sofferenze, rancori ecc.
Per
la pratica del mese di aprile consiglio:
1)
nella meditazione seduta osservare l’impermanenza e mutevolezza
dei fenomeni nel modo che risulti più adatto al praticante: inizio e
fine di ogni respiro; sorgere e trapassare dei pensieri; suoni; o
tutti i fenomeni senza scelta. Dimentichiamo le idee e la nostra
storia personale e osserviamo solo quello che succede.
2)
durante la giornata essere consapevole del flusso dei fenomeni fisici
e mentali, notando p.es. come stati mentali felici e non-felici
sorgono a causa di stimoli ed eventi.
Possiamo
chiederci di vedere se stessi e gli altri per come sono in questo
momento - non l'immagine, non l’identificazione fissa, non quello
che vogliamo essere. Chiediamoci molto semplicemente: "Che cosa
sta succedendo in questo istante, dentro e fuori?"
Anticamente
i buddhisti usavano a compendio dell’insegnamento queste parole del
Buddha sull’impernamenza e causalità:
“Ye
dhammà hetuppabhavà tesam hetum Tathàgato àha tesam ca yo nirodho
evam vàdi Mahàsamano.”
Traduzione:
“Tutti
i fenomeni sono nati da una causa; le cause sono state insegnate dal
Tathàgata. Il Grande Monaco ha insegnato anche la cessazione di
ogni fenomeno."
La
versione in sanscrito è diventata un mantra nel buddhismo vajrayana:
“Om
ye dharmà hetuprabhàva hetun teshan Tathàgato hyavadate teshan ca
yo nirohda evam vàdi Mahàshramana ye svàhà.”
Osservando
la transitorietà e interdipendenza dei fenomeni in profondità, il
praticante comincia a intuire la dimensione senza tempo che è al di
là dell’impermanenza, e può all’improvviso liberarsi da qualche
zavorra mentale.
Un
esempio della liberazione improvvisa è la storia della monaca
giapponese Chiyono (1223-1298
d.c.). Lei studiò
per anni e anni in Cina, ma
non aveva nessun progresso. Una notte stava
portando un
vecchio secchio pieno d'acqua. E mentre camminava solitaria, guardava
la luna piena riflessa nell'acqua del secchio. Improvvisamente, la
canna di bambù che
sorreggeva il secchio, si
ruppe e il secchio cadde a terra.
L'acqua fuggì via, il
riflesso della luna scomparve e
Chiyono diventò illuminata. La monaca Chiyono si ritirò nella sua
cella e scrisse:
"In
un modo e nell'altro
ho cercato di sorreggere il secchio
sperando che il debole bambù
non si sarebbe mai spezzato.
ho cercato di sorreggere il secchio
sperando che il debole bambù
non si sarebbe mai spezzato.
Improvvisamente
il sostegno si è rotto.
Non più acqua,
non più luna nell'acqua:
il vuoto nelle mie mani..."
Non più acqua,
non più luna nell'acqua:
il vuoto nelle mie mani..."
Ashin Mahapanna, alias Taehye sunim
Bravo Paolo, merita condivisione su facebook!
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