Newton, dalla via alchemica alla legge di gravità - Una grande passione coltivata con tenacia ossessiva ma anche con riserbo



Uno dei padri del pensiero scientifico in realtà dedicò vent'anni allo studio della magia. Come dimostrano una nuova biografia e le carte acquistate all'asta dall'economista Keynes - NEWTON La via alchemica alla legge di gravità. «Newton non fu il primo scienziato dell'età della ragione. Piuttosto fu l' ultimo dei maghi, l'ultimo dei Babilonesi e dei Sumeri, l'ultima grande mente capace di vedere con gli occhi di coloro che cominciarono a costruire il nostro patrimonio intellettuale poco meno di diecimila anni fa», disse nel 1942 il celebre economista John Maynard Keynes, dopo essersi aggiudicato alla casa d' aste Sotheby' s un baule di carte appartenute a Isaac Newton (1642-1727), giudicate dai più di «nessuna rilevanza scientifica». Le carte di Keynes sollevarono un interrogativo: vi fu o meno fecondazione reciproca fra gli studi di alchimia e le ricerche scientifiche del genio di Woolsthorpe? 

La questione è lontana dall' essere risolta, anche perché Newton lasciò dietro di sé un milione di parole sull'alchimia, una gran mole di materiale per larga parte redatto in codice. Lo scopritore della gravitazione universale, comunque, figura centrale di quell'illuminismo scientifico che oscurò ogni propensione verso le arti magiche, arrivò a quei risultati «immergendosi» in esse: lo afferma Michael White, scrittore e divulgatore scientifico del Sunday Times oltre che biografo di Leonardo e Stephen Hawking, in una nuova biografia di Newton. L' autore sostiene che egli arrivò «alla teoria della gravitazione universale grazie anche alla pratica alchemica» cui si dedicò con tenacia ossessiva (ma con molto riserbo per via dei ruoli pubblici e accademici che ricopriva) negli anni Settanta e Ottanta del suo secolo. 

Oggi c'è un rinnovato interesse per l' alchimia come dimostrano i nuovi studi, la riscoperta di autori dimenticati, la corsa ai manoscritti rari. Più che in una moda irrazionale contrapposta allo scientismo, le ragioni del fenomeno stanno forse nella natura stessa di una disciplina che coniugava la pratica empirica alla ricerca filosofica e spirituale: in piena «dittatura della tecnica», come direbbe Emanuele Severino, non può non affascinare una disciplina che univa la tecnologia (l'uso di storte, alambicchi, forni, atanor) a un'ideologia dove la ricerca aveva fini di guarigione e perfezionamento spirituale. 

Ha scritto Mircea Eliade: «Mentre lo yoghin lavora col flusso mentale sul proprio corpo per giungere alla trasformazione di se stesso, l' alchimista che tortura i metalli si concentra sulla materia per purificarla, ma in entrambi i casi il fine è realizzare l' autonomia dello spirito dalla materia». E Newton fu attirato proprio dall' aspetto spirituale di quell' arte. Seguace dell' eresia ariana, lo scienziato era pervaso da forte spirito religioso: in opposizione alla dottrina trinitaria poneva Cristo «in qualche posto tra Dio e l' Uomo», mediatore di tutte le azioni dell' universo, gravitazione compresa. Alla costante ricerca della teoria unificata che portasse al modello completo dell' universo, Newton pensò che le intuizioni scientifiche e i calcoli matematici non gli avrebbero dato le verità ultime: eccolo allora unire all'indagine razionale gli studi biblici e la speculazione religiosa, ma soprattutto l'alchimia, che riteneva frutto della prisca teologia, di antichi saperi provenienti dalla Cina, dagli arabi, dall'ermetismo alessandrino e poi rinascimentale, secondo il quale le trasmutazioni prodotte nel crogiolo riflettevano i fenomeni dell' universo. 

Newton si applicò all'alchimia con passione e metodo rigoroso: mise assieme una biblioteca straordinaria, catalogò gli elementi e i passaggi dell' Opera, appuntò diligentemente le reazioni, confrontando segretamente i risultati con altri adepti dell' Ars Magna. Secondo White, la teoria della gravità (pensata prima del periodo alchemico, ma illustrata nei Principia del 1687) «gli fu in parte ispirata dal lavoro nel campo dell' alchimia». Gli alchimisti erano molto interessati all' antimonio, sostanza che, una volta purificata, mostrava affinità con l' oro: essa formava un amalgama cristallino detto regulus (piccolo re), simile a una stella con raggi di luce, o linee di forza, convergenti verso il centro. Secondo White, gli esperimenti sul regolo stellato (1670), furono «un contributo inconscio al lento processo nel corso del quale Newton comprese dapprima l' attrazione e poi la gravitazione universale». 

Convinto della corrispondenza fra micro e macrocosmo, Newton poteva vedere nella stella al centro del regulus il Sole e, nelle linee convergenti, le forze che attraggono i pianeti. Gli stessi continui mutamenti delle sostanze nel crogiolo suggerivano il concetto di «attrazione» e «repulsione» causate da principi attivi, cioè dall'unico Spirito operante nell' universo. Nella sua Introduzione all'alchimia, Elémire Zolla ha scritto che «una sensibilità resa sottile dalla pratica alchemica vedrà l' unità del mondo, l' essenza che tutto lega». Il laboratorio alchemico può, dunque, avere affinato la sensibilità di Newton fino a fargli vedere, per via analogica, la forza che lega i corpi nell'universo; forza che, nel suo animo religioso, non poteva essere che divina. 

Il libro: «Newton» di Michael White, Rizzoli, pagine 519, lire 36 mila (da ieri in libreria). Tutto cominciò con una mela caduta a terra 1642 Newton nasce a Woolsthorpe, nel Lincolnshire 1665 Si laurea al Trinity College di Cambridge 1665-1666 Per due anni, in seguito ad un' epidemia di peste, si rifugia nella casa materna dove si dedica a studi sulla luce e sui colori oltre che su chimica e metallurgia. A questo periodo risale l' episodio della caduta della mela. 1669 Succede al suo maestro, Isaac Barlow, alla cattedra di matematica a Cambridge 1672 Viene nominato, in seguito alla realizzazione del suo primo telescopio a riflessione, socio della Royal Society. 1687 Pubblica Philosophiae naturalis principia matematica, da molti considerata «la più grande opera scientifica di tutti i tempi» 1700 Viene nominato direttore della Zecca 1703 Nominato presidente della Royal Society 1727 Muore a Kensington, nei dintorni di Londra

Medail Cesare


(Fonte: Pagina 35 - 23 febbraio 2001 - Corriere della Sera)

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