Gorgia ed i sofisti

 


Nel V° Secolo A.C. , nel pieno sviluppo della democrazia ateniese, si concentrò specialmente in Atene un gruppo di nuovi filosofi, i “Sofisti”, che destarono scandalo perché, essendo dei professionisti, chiedevano un compenso per insegnare l’arte del ragionamento e del discorso in pubblico (cioè la “Retorica”) ai giovani che intendevano intraprendere la carriera politica.

I Sofisti non si sono direttamente interessati di problemi scientifici, ma il loro pensiero spregiudicato, antidogmatico ed antimetafisico, è stato indirettamente utilissimo al pensiero scientifico, nonostante la cattiva fama che li ha seguiti per secoli. Le loro problematiche anticipano di millenni, sotto vari aspetti, alcune importanti problematiche moderne sollevate ad esempio da Hume, Kant, Mach, dalle scuole empirio-criticiste ed empirico-logiche, ecc.

In questa sede cominceremo a parlare di Gorgia (485-375 A.C.), famoso sofista siciliano. Era nativo di Leontini, vicino Catania, figlio di un famoso medico, ed era stato allievo di Empedocle. Si trasferì poi ad Atene, e viaggiò per varie altre città della Grecia. Si diceva che non avesse mai perso un duello oratorio o una disputa.

Era capace di sostenere con argomenti razionali una tesi e poi la tesi opposta con eguale efficacia (oggi potremmo parlare di dialettica e di pensiero “relativistico”, con buona pace del papa Benedetto XVI, grande nemico del “relativismo”). Il grande commediografo conservatore Aristofane ha preso in giro questa attitudine dei Sofisti mettendo in scena - nella commedia “Le Nuvole” - due personaggi che si accapigliano tra di loro: il “discorso giusto” ed il “discorso ingiusto”.

In chiara polemica con il grande Parmenide (filosofo in genere stimato dai conservatori, mentre i Sofisti erano in genere tutti di parte democratica) Gorgia scrisse l’opera “Del Non-Essere o della Natura” che faceva il verso all’opera principale di Parmenide: “Della Natura” in cui si parlava dell’Essere, argomento di cui abbiamo già discusso in un articolo precedente.

In quest’opera Gorgia ironizza con argomenti logici sottili sulla pretesa di Parmenide secondo cui pensiero, logica e discorso coincidono con la realtà. Celebre è uno dei suoi argomenti: “Tu puoi pensare (e parlare) di un uomo che vola o di un carro che corre sul mare, ma hai mai visto un uomo volare o un carro correre sul mare?”.

Celebre è anche l’affermazione: “Nulla c’è; e se anche vi fosse non lo potremmo comprendere; e se anche lo comprendessimo non lo potremmo esprimere”. La seconda e la terza proposizione ribadiscono che realtà, linguaggio e pensiero sono cose diverse, che possono in certa misura “corrispondere”, ma mai coincidere. Chi scrive non può accettare la prima proposizione, apparentemente ispirata da un totale scetticismo o “nichilismo”(ma bisogna considerare che l’affermazione era fatta in polemica con il dogmatismo di Parmenide e la sua pretesa di definire l’Essere). Chi scrive ritiene invece, come Einstein o Bertrand Russel, Galilei o Newton, ed anche come Engels o Lenin, che il nostro pensiero è un “riflesso” di una realtà esistente, sia pure difficilmente conoscibile nella sua interezza.

Tuttavia l’antidogmatimo esplicito delle posizioni scettiche sostenute dalla ragione (peraltro comuni a filosofi moderni, come ad esempio, Hume) è sempre servito ad alimentare il pensiero scientifico, che è un pensiero critico, sempre alla ricerca di continui e concreti riscontri. Non è un caso che Gorgia fosse citato da un intelligente filosofo scettico vissuto secoli dopo in epoca imperiale romana , Sesto Empirico, nella sua opera :”Contro i Dogmatici”.

Vincenzo Brandi






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