Pescara. Festival della Laicità 2013 - Silvana Prosperi e Paolo D'Arpini
Il 25 ottobre 2013 partecipai come relatore all'apertura del “Festival della Laicità” di Pescara, una tre giorni ricca di idee e stimoli. Fu una giornata intensa e piena di emozioni, parole, sguardi, amicizie vecchie e nuove, in un clima di accoglienza perfetta.
Il tema da me trattato verteva essenzialmente sulla libertà espressiva in chiave di spiritualità laica, basato sul contenuto del mio libro "Riciclaggio della Memoria”.
L'intervento in minima parte era tratto da alcuni appunti che avevo preparato, ma come spesso accade, quando si coglie un pubblico attento, guardando negli occhi i presenti, i discorsi sono usciti direttamente dal cuore, idee e sensazioni che sempre son ben felice di condividere.
L'intervento in minima parte era tratto da alcuni appunti che avevo preparato, ma come spesso accade, quando si coglie un pubblico attento, guardando negli occhi i presenti, i discorsi sono usciti direttamente dal cuore, idee e sensazioni che sempre son ben felice di condividere.
I concetti espressi sono idee non nuove, battezzate con neologismi tipo "ecospiritualità", "biospiritualità", che comunque affondano nel patrimonio naturalistico della spiritualità naturale (non religiosa) che -secondo me- riescono a “illuminare” e descrivere quello che tutti noi che cerchiamo un modo di vivere sincero, onesto e di presenza alla vita, sentiamo in fondo al cuore, anche se in parte l’abbiamo dimenticato, ricoperto dalle sovrastrutture imposte dalla società in cui viviamo, per comodità, per abitudine, convenzione e pigrizia, in accondiscendenza con la situazione sociale e politica in cui ci troviamo, dove però ci sentiamo stretti, non liberi.
Alla fine dell'intervento ci sono state diverse domande, tra cui: “Ma se leviamo alla vita le cose superflue… cosa rimane?”
E’ ovvio che la risposta almeno per me è che la vita è BELLA per quello che è in una semplicità relativa alle cose materiali, con la riscoperta e la valorizzazione di cose “sottili”… le vogliamo chiamare spirituali?, come la condivisione, l’affetto, l’amore, la convivialità, l’arte, le arti, la conoscenza, che possono avere un gran valore senza avere un gran prezzo e senza comportare la necessità di un accumulo, ma la gioia di viverle nel momento presente.
Gioia di vivere piena di calore e di reciproco interesse, ognuno con le sue peculiarità, in piena libertà espressiva.
La spiritualità non appartiene ad alcuna religione; essa è la vera natura dell’uomo. Lo spirito è presente in tutto ciò che esiste, non può quindi essere raggiunto attraverso uno specifico sentiero, poiché esso è già lì anche nel tentativo di perseguirlo.
La laicità è la condizione di assoluta “libertà” da ogni forma pensiero costituita, sia essa ideologica o religiosa. “Laikos”, in greco, sta a significare colui che è al di fuori di ogni contesto sociale e religioso, ovvero non appartiene ad alcun ordinamento sociale o confessionale.
Quando si parla di ricerca spirituale non si intende il perseguire un sentiero codificato, una normativa fideistica, un’appartenenza ad un credo; il cercatore spirituale è semplicemente colui che guarda sé stesso, colui che riconosce il Tutto in sé stesso e sé stesso come il Tutto.
Da questo punto di vista la ricerca spirituale può essere considerata un fatto strettamente personale, quindi il vero cercatore spirituale è assolutamente laico, allo stesso tempo riconosce ciò che è in lui come presente in ogni altra cosa. Conciliare la propria via personale con quella di chiunque altro significa saper fluire senza ostruire, apprendere e trasmettere senza pretendere, insomma si tratta di fare la pace con noi stessi e con gli altri.
Questa assoluta libertà comprende anche assoluto amore e rispetto, non essendoci assunzioni di posizioni precostituite e riferimenti assolutistici ad uno specifico sentiero.
La Spiritualità Laica è una via in cui non possono esserci dogmi o indicazioni religiose. Questa è la via in cui non si segue nessuna via. Il percorso è completamente assente, nella spiritualità laica ciò che conta è la semplice presenza a se stessi e questo non può essere un percorso ma una semplice attenzione allo stato in cui si è.
La coscienza è consapevole della coscienza.
Ed è normale che sia così poiché la spiritualità laica non può essere nulla di nuovo ma solo un “modo descrittivo” di un qualcosa che c’è già, infatti se quel qualcosa non ci fosse già che senso avrebbe esserne “consapevoli”?
Perciò Spiritualità Laica e Consapevolezza sono la stessa identica cosa. Ma noi sappiamo che la pura consapevolezza di sé è purtroppo spesso macchiata da immagini sovrimposte, create dalla nostra mente, queste immagini sono ciò che noi abbiamo immaginato possa essere la spiritualità.
Accettare se stessi come qualcosa di completamente insondabile ed in conoscibile, non riferibile ad alcun assioma di derivazione ideologica o religiosa, significa restare sospesi nel vuoto essendo vuoto. Impossibile poter scorgere i confini del proprio essere. Questa mancanza di identificazione in qualsiasi forma strutturale (di pensiero e non) è contemporaneamente anche la “forza” della laicità spirituale.
Non vi sono porti sicuri di approdo, non vi è barca, non c’è un mare, nessuno e nulla da ricercare… solo la corrente della vita, della coscienza, solo il senso di essere presenti. In questa mancanza di condizioni è possibile sentire il nostro io arrendersi, la nostra mente sciogliersi, scoprendo così il "Centro" che in verità non è un centro perché è tutto ciò che è, senza centro né periferia.
Tutto quel che ci circonda e noi stessi siamo la stessa identica cosa, siamo immersi in noi stessi come acqua nell'acqua eppure continuiamo a comportarci come fossimo separati, disponendo di ciò che riteniamo "sia al di fuori di noi" come fosse "altro" da noi. C'è una meraviglia più grande di questa?
La laicità è la condizione di assoluta “libertà” da ogni forma pensiero costituita, sia essa ideologica o religiosa. “Laikos”, in greco, sta a significare colui che è al di fuori di ogni contesto sociale e religioso, ovvero non appartiene ad alcun ordinamento sociale o confessionale.
Quando si parla di ricerca spirituale non si intende il perseguire un sentiero codificato, una normativa fideistica, un’appartenenza ad un credo; il cercatore spirituale è semplicemente colui che guarda sé stesso, colui che riconosce il Tutto in sé stesso e sé stesso come il Tutto.
Da questo punto di vista la ricerca spirituale può essere considerata un fatto strettamente personale, quindi il vero cercatore spirituale è assolutamente laico, allo stesso tempo riconosce ciò che è in lui come presente in ogni altra cosa. Conciliare la propria via personale con quella di chiunque altro significa saper fluire senza ostruire, apprendere e trasmettere senza pretendere, insomma si tratta di fare la pace con noi stessi e con gli altri.
Questa assoluta libertà comprende anche assoluto amore e rispetto, non essendoci assunzioni di posizioni precostituite e riferimenti assolutistici ad uno specifico sentiero.
La Spiritualità Laica è una via in cui non possono esserci dogmi o indicazioni religiose. Questa è la via in cui non si segue nessuna via. Il percorso è completamente assente, nella spiritualità laica ciò che conta è la semplice presenza a se stessi e questo non può essere un percorso ma una semplice attenzione allo stato in cui si è.
La coscienza è consapevole della coscienza.
Ed è normale che sia così poiché la spiritualità laica non può essere nulla di nuovo ma solo un “modo descrittivo” di un qualcosa che c’è già, infatti se quel qualcosa non ci fosse già che senso avrebbe esserne “consapevoli”?
Perciò Spiritualità Laica e Consapevolezza sono la stessa identica cosa. Ma noi sappiamo che la pura consapevolezza di sé è purtroppo spesso macchiata da immagini sovrimposte, create dalla nostra mente, queste immagini sono ciò che noi abbiamo immaginato possa essere la spiritualità.
Accettare se stessi come qualcosa di completamente insondabile ed in conoscibile, non riferibile ad alcun assioma di derivazione ideologica o religiosa, significa restare sospesi nel vuoto essendo vuoto. Impossibile poter scorgere i confini del proprio essere. Questa mancanza di identificazione in qualsiasi forma strutturale (di pensiero e non) è contemporaneamente anche la “forza” della laicità spirituale.
Non vi sono porti sicuri di approdo, non vi è barca, non c’è un mare, nessuno e nulla da ricercare… solo la corrente della vita, della coscienza, solo il senso di essere presenti. In questa mancanza di condizioni è possibile sentire il nostro io arrendersi, la nostra mente sciogliersi, scoprendo così il "Centro" che in verità non è un centro perché è tutto ciò che è, senza centro né periferia.
Tutto quel che ci circonda e noi stessi siamo la stessa identica cosa, siamo immersi in noi stessi come acqua nell'acqua eppure continuiamo a comportarci come fossimo separati, disponendo di ciò che riteniamo "sia al di fuori di noi" come fosse "altro" da noi. C'è una meraviglia più grande di questa?
Paolo D'Arpini
Pescara. Sala Aurum
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