Il segreto della spiritualità laica... e la naturale predisposizione della mente


Ognuno ha i propri segreti, esperienze che si tengono celate per non offuscare l’immagine di sé, oppure per evitare che ci siano dei fraintendimenti inopportuni. 
Anni fa, quando ancora abitavo a Calcata, mi trovavo nella grotticella, dedicata ad Amma, la mia madre spirituale, ed al Dio Ganesh, e mi capitò di rileggere la storia di Mansur Mastana, un saggio sufi che avendo ottenuto l’esperienza del Sé, lo dichiarò pubblicamente affermando “Ana’l-ahqq” che significa “Io sono Dio”.
 Ovvio che in una religione dualistica come quella musulmana tale affermazione fu presa per eresia e Mansur fu condannato a morte. Ma anche sul patibolo egli rideva e continuava ad affermare “la verità” della sua esperienza ma gli altri non potevano capire e semplicemente pensarono che fosse impazzito e comunque meritevole di morte. 
In seguito i sufi s’intesero fra di loro che in futuro sarebbe stato meglio non affermare pubblicamente tale verità, che anche quando fosse stata raggiunta era meglio uniformarsi alle convenienze essoteriche, lasciando le verità esoteriche nel cerchio ristretto degli iniziati.
Così a volte ci possono essere esperienze spirituali che non è bene divulgare, poiché potrebbero essere fraintese o creare confusione nella mente degli ascoltatori. Per questa ragione in tutte le scuole iniziatiche si proibisce esplicitamente di farsi belli con i miracoli, le visioni, gli insegnamenti ricevuti e quant’altro. 
Però, però… stavolta qualcosa vorrei raccontare.  
In effetti non tutti i modi espressivi dello "spirito" sono così elevati da sentircene orgogliosi, spesso per capire un qualcosa di noi, nel profondo, abbiamo bisogno di una dimostrazione della “piccolezza” dell’io superficiale. Questa comprensione è importate per   realizzare che non occorre uniformarsi ad un “modello” di santità idealistica, che ci fa apparire santi a tutti i costi, ma che è sufficiente poter sorridere e passar sopra alla propria  figura ed agli atti da essa compiti, considerandoli normali avvenimenti sul cammino, in cui talvolta si inciampa per rialzarsi e proseguire.
Nello specifico mi riferisco ai nostri aspetti caratteriali, le tendenze e predisposizioni che solitamente consideriamo espressioni del carattere, ed in cui ci identifichiamo.
Dovete sapere, forse già lo sapete, che questo personaggio Paolo D’Arpini è nato in un anno della Scimmia  ed è perciò profondamente convinto di sapersela cavare al meglio in ogni campo (o per lo meno ci prova). Ma siccome ha il Legno (amore, empatia) come elemento principale, egli manifesta questa sicurezza tramite i sentimenti. Poi c’è il Metallo che rende codesto scimmiotto alquanto giusto ed il Fuoco che gli fa vedere le cose per quel che sono, anche se lo rende un po’ troppo “intelligente”  diciamo pure astuto  (in senso "speculativo"). 
Il risultato?
Quando da ragazzo scrivevo poesie lo facevo con impegno amoroso, magari cercando di conquistare con quelle dolci parole le ragazze che altrimenti non mi avrebbero filato (visto che fisicamente  non sono un granché). Siccome poi non mi piace la competizione violenta  mi ero specializzato nel poker in modo da dimostrare la mia superiorità con il gioco   (questo mi ricorda un po’ il tragitto di Siddharta). Inoltre, per quanto riguarda la giustizia, chi mi conosce sa quanto sia un Don Chisciotte che va contro i mulini a vento, e per l’intelligenza la riprova sta nella capacità (messa in pratica anche ora) di raccontare storie ed aneddoti che sanno pure affascinare….
Insomma in tutte le vicende della vita, le tendenze innate, la disposizione alla nobiltà d'animo, le caratteristiche psichiche e gli aspetti elementali si manifestano secondo la loro natura e non c’è nulla da fare in ciò, succede e basta! Ovviamente questo vale anche nella dimostrazione della mia “santità”, quando si tratta cioè di fare quella parte, debbo in qualche modo  farlo attraverso le caratteristiche incarnate. Ma questo non è un "atteggiamento" e nemmeno una "recita" è semplicemente la dimostrazione di quel che si è, nel nome e nella forma. E qualsiasi altra persona fa la stessa cosa secondo le proprie predisposizioni e spinte interiori. Non serve cercare di "farsi belli", siamo già belli (o "brutti") come siamo. L'importante è non farne una "professione" ma lasciare che gli elementi giochino con gli elementi. 
Ancora a proposito di ricordi calcatesi rammento che un giorno, parlando con un amico pittore che si interessava di fantasia onirica gli raccontai che il mio "sogno" era quello di "fondare una nuova religione". 
Da qui il mio voler dare uno specifico ed esclusivo nome all’esperienza interiore, da me definita “spiritualità laica”, che è uno dei miei vezzi ormai riconosciuti.
La comprensione del significato “spiritualità” appartiene in verità all’intelletto mentre il “cuore” non darebbe alcun nome, al massimo sarebbe una “meraviglia di sé”. Dare una definizione ed un significato all’esperienza è già separazione, dualismo.  
Il “cuore” accetta solo l’unione, semplice fioritura, e non comprende la “descrizione” di tale fioritura. Eppure è sotto gli occhi di chiunque che io continuo a parlare di “spiritualità laica” come un giusto modo di esprimere l’integrazione e la realizzazione, avendolo reso persino un “filone”…. 
Scusatemi per questo imbroglio scimmiesco, ma non potevo farne a meno!

Paolo D'Arpini

1 commento:

  1. "Tu sai che l'entità in quanto tale è totalmente fittizia e non ha indipendenza sua propria; che è soltanto un concetto. Ma questa entità fittizia deve vivere la sua vita normale. Dov'è il problema? È così difficile condurre una vita normale sapendo che il vivere stesso è un concetto? Hai afferrato il punto? Una volta che hai visto il falso come falso, una volta che hai visto la natura duale di ciò che chiami 'vita' - che in effetti è il vivere - il resto dovrebbe essere semplice; semplice quanto la condizione di un attore che recita il suo ruolo con zelo, sapendo che è soltanto un ruolo in una commedia e nulla di più.  Riconoscere questo fatto con convinzione, percepire questa posizione, è tutta la verità. Il resto è fingere."( Nisargadatta Maharaj)

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