Il numero e il tipo delle cause che hanno determinato qualsiasi avvenimento individuale è infatti SEMPRE INFINITO, e non c'è una CARATTERISTICA insita nelle cose stesse per isolarne una PARTE che venga ESSA SOLA presa in considerazione.
Un CAOS di giudizi esistenziali sopra infinite osservazioni particolari sarebbe il SOLO ESITO a cui potrebbe recare il tentativo di una conoscenza della realtà che fosse seriamente "priva di presupposti".
Ed anche questo risultato sarebbe possibile solo in apparenza, perché la realtà di ogni osservazione singola mostra, ad uno sguardo più prossimo, INFINITI ELEMENTI PARTICOLARI che non possono mai essere espressi in maniera esaustiva in giudizi di osservazione.
In questo CAOS può apportare ORDINE soltanto la circostanza che, in ogni caso, ha per noi interesse e significato esclusivamente una parte della realtà individuale in quanto essa sta in relazione con IDEE DI VALORI CULTURALI CON I QUALI NOI CI ACCOSTIAMO ALLA REALTA'.
Solo determinati aspetti dei fenomeni particolari, sempre INFINITAMENTE MOLTEPLICI, e cioè quelli ai quali attribuiamo un significato culturale universale, sono quindi DEGNI DI ESSER CONOSCIUTI ED ESSI SOLAMENTE SONO OGGETTO DELLA SPIEGAZIONE CAUSALE.
Anche questa spiegazione causale rinvia però a sua volta al medesimo fatto, che cioè un regresso causale esaustivo da qualsiasi fenomeno concreto nella sua realtà piena non soltanto risulta praticamente impossibile, ma è, semplicemente un NONSENSO.
NOI DETERMINIAMO ESCLUSIVAMENTE QUELLE CAUSE a cui devono essere imputati gli elementi, che nel caso singolo appaiono ESSENZIALI di un certo divenire: la questione causale, allorché si tratta dell'individualità di un fenomeno, non è una questione di LEGGI, bensì una questione di CONCRETE CONNESSIONI CAUSALI.
Non è una questione relativa alla formula sotto la quale può venir collocato il fenomeno come esempio specifico, ma una questione relativa alla connessione individuale a cui esso può venir collegato come suo risultato-e cioè una questione di imputazione.
EDWARD H. CARR: Lo storico non è obbligato a possedere le capacità specifiche che fanno sì che lo specialista riesca a determinare l'origine o la datazione di un frammento di ceramica o di marmo o a decifrare un'iscrizione oscura, o a compiere complessi calcoli astronomici necessari per stabilire con precisione una data.Questi cosiddetti fatti fondamentali, identici per tutti gli storici, costituiscono generalmente la materia prima dello storico e non la storia vera e propria.La seconda osservazione è che la scelta di questi fatti fondamentali dipende non già da una qualità intrinseca dei fatti stessi, ma da una decisione a priori dello storico.
Nonostante il motto di C.P.Scott (ogni giornalista d'oggi sa che il vero modo d'influire sull'opinione pubblica consiste nello scegliere e nel disporre opportunamente i fatti). Si suol dire che i fatti parlano da soli, ma ciò è, ovviamente, falso. I FATTI PARLANO SOLTANTO QUANDO LO STORICO LI FA PARLARE. E' lui a decidere quali fatti devono essere presi in considerazione, in quale ordine e in quale contesto. (....)
L'ESSER CONSIDERATO O MENO UN FATTO STORICO DIPENDE, QUINDI, DA UN PROBLEMA D'INTERPRETAZIONE. CIO' VALE PER OGNI FATTO DELLA STORIA.
TUTTO CIO' PREMESSO, che vale di per se stesso senza necessarie ed ulteriori interpretazioni, possiamo ritornare alla questione di fondo sulla quale insisto da tempo: essere il cristianesimo un frutto dell'ecumene greco-romano inquinato, ma solo in un secondo tempo, di giudaismo (ne ho portato molte prove finora, tra cui le TRADUZIONI in GRECO dei testi sacri attribuiti al giudaismo, uniche traduzioni prese in considerazione.....tenendo conto anche che allora non era come oggi con TESTI nei quali è presente il testo a fronte e le persone hanno sulle spalle, anche se seguiti male e con trascuratezza qualche decennio di studi, spesso classici. Chi leggeva questi testi tradotti in greco (o aramaico), una lingua che corrisponde all'inglese del NWO capiva concetti elaborati dalla cultura filosofica greca che erano proiettate nello specifico linguaggio. Già oggi si cerca di riportare i concetti squisitamente scientifico-matematici in linguaggio filosofico, ma con scarsi risultati, o meglio, con sostanziali svisamenti interpretativi. [Si pensi alle deviazioni semantiche del concetto di entropia da cui si deduce la difficoltà, dovuta all'uso massiccio di questa parola per esprimere concetti fra il filosofico ed il mistico-escatologico, di districarne il contenuto originario che era e continua ad essere matematica applicata alla termodinamica].
Fortunatamente per noi, i recenti studi di semantica e di linguistica ci hanno aperto ulteriori orizzonti mentali. e ci dicono che la parola influenza ed è influenzata dalla ideologia che sottintende la sua articolazione verbale. In sostanza NOI parliamo COME pensiamo. E qui ritorna l'essenzialità del concetto di LOGS. Ovvero la sua trivalenza..pensiero, parola, azione-esternazione-atto concreto. Pensare che una setta giudaica abbia potuto fare tanto, è come pensare che l'arte "primitiva" del primo novecento sia stata imposta dai primitivi africani agli europei, invece di verificare la verità: che alcuni pittori europei, fra cui Picasso, hanno pensato di ispirarsi all'essenzialità dell'arte primitiva PER SVECCHIARE FUTURISTICAMENTE la stantìa arte-decrepita-convenzionale vigente.
E non solo. L'elaborazione dottrinaria del cristianesimo-cattolicesimo, come può ben ricavarsi dalla Chiesa Orientale non a caso detta ORTODOSSA, è avvenuta attraverso complesse elaborazioni che NOI chiamiamo CONCILI nei quali i partecipanti erano TEOLOGI (cioè filosofi) i quali discutevano DI FILOSOFIA E NON D'ALTRO. Con eliminazione fisica di chi la pensava diversamente. Un'ultima considerazione: la disputa che ha avuto come contendenti Giuliano Flavio Cesare, chiusasi col suo l'assassinio, i filosofi suoi seguaci, di cui ho pubblicato in brevissimo saggio, ed i FILOSOFI che avevano abbracciato la fede cosiddetta cristiana, è avvenuta solo sul filo del rasoio dell'interpretazione filosofica del pensiero PLATONICO.
Giorgio Vitali
Giorgio Vitali
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Commento ed integrazione di Joe Fallisi:
Dici “Ne ho portato molte prove finora”… di “prove”, della tua tesi (“essere il cristianesimo un frutto dell'ecumene greco-romano inquinato, ma solo in un secondo tempo di giudaismo”), non ne hai “portata" neanche mezza. Se avessi letto qualcosa di quel che ho scritto (e, soprattutto, riferito del grande studioso Emilio Salsi, vanto dell’Italia senza “G”) ne avresti trovate tante, viceversa, in senso contrario. “Grazie ai mascheramenti mal riusciti dei personaggi evangelici, la Storia ci consente di individuare l'identità dei veri protagonisti, rivoluzionari patrioti yahwisti, celata sotto le vesti dei santi attori, ‘Gesù' e ‘Apostoli', nel corso dell'evoluzione di una dottrina, inizialmente diversa, durata secoli. Fu la lotta irriducibile contro Roma condotta da una stirpe di Ebrei, discendente dagli Asmonei e pretendente al trono dei Giudei usurpato da Erode e i suoi eredi, a dare origine al ‘messianismo' del I secolo… in greco ‘cristianesimo'.” (http://www.vangeliestoria.eu/).
Come sai, o dovresti sapere, due sono le ipotesi formulate dai filologi in relazione alla lingua dei Vangeli “sinottici”: quella greca (oggi maggioritaria, secondo la quale essi sarebbero stati scritti già all’origine in greco) e quella semitica (o della “scuola di Madrid”, per cui il testo greco conosciuto risulterebbe la traduzione di uno precedente in aramaico). Entrambe sostengono che la redazione a noi pervenuta avvenne nella lingua franca dell’epoca che, dopo le conquiste di Alessandro Magno, si era “diffusa in lungo e in largo, fino a diventare una lingua universale, perdendo la sua antica dignità attica, modificandosi nel corso del tempo” (Randall T. Pittmann, Words and their ways in the Greek New Testament, 1942, Marshall, Morgan & Scott). Dunque l’uso del greco nulla indica in relazione a ciò che pretenderesti.
D’altro canto è ormai sicuro che persino il Vangelo “di Marco”, ritenuto, dei quattro, il più antico, fu scritto DOPO il 70, ovvero una volta consumatasi la distruzione epocale di Gerusalemme e del suo Tempio ad opera di Tito (sia sempre lodato il suo nome), che poi sarebbe giunta a compimento definitivo grazie ad Adriano nel 135. Ovvero i raccontini favolistici relativi al Messia EBVAICO (mancato) sorti durante le rivolte EBVAICHE (fallite) andarono, dopo la sconfitta, sempre più organizzandosi in un senso decisamente eterodosso rispetto al giudaismo: universalistico e collaborativo nei confronti di Roma (cfr. il “date a Cesare quel che è di Cesare” + le cenette coi pubblicani - gli esattori per conto dell’Impero - ecc.), senza mai, tuttavia, completamente annullare le tracce sovversive originarie (l’odio davvero apocalittico contro Roma rifulge anzi, sebbene in forma trasfigurata, proprio nel documento conclusivo del “Nuovo Testamento”, la “Rivelazione” dell’“apostolo Giovanni”). Inglobando-deformando ad usum Delphini (e delle masse derelitte dell’ecumene) nell’immagine del supposto “Gesù di Nazaret”, sino al Concilio di Nicea e oltre, stilemi filosofico-teologici del mitraismo e di altre religioni misteriche, del neoplatonismo, del neo-pitagorismo.
Il crepuscolo dorato del mondo pagano fornì il terreno di caccia (in tutti i sensi) della nuova gerarchia pretesca in formazione, che se ne servì dall’interno (con un entrismo trotskista ante-litteram) per poi dissolverlo e, insieme, deglutirlo, farlo proprio. Oggi i fVatelli minoVi e figliuoli pVodighi sono toVnati nella casa madVe. Li aspetta lo scudiscio.
Rimane aperto l'interrogativo di quando e come si sia formata, nei due secoli precedenti, la leggenda del "Nazareno". Per giungere a una risposta verosimile a tale domanda cruciale, non solo rinvio alla documentazione (dei due grandi studiosi, vanto dell'Italia senza "G", Salsi e Tranfo) fornita nei miei messaggi precedenti, ma cerco io stesso, qui di séguito, di suggerire autonomamente qualche traccia. A mio parere può rivelarsi molto utile la considerazione, in parallelo, di due rappresentative e contemporanee correnti del cristianesimo delle origini, entrambe combattute come eretiche dalla Chiesa ufficiale: da un lato i giudaizzanti o giudeo-cristiani del I-II secolo (Ebioniti, Elcasaiti, Nazarei e Nicolaiti), dall'altro i docetisti-gnostici-dualisti (in particolare Marcione, ca. 85 - ca. 160).
I primi, avversati da "Sant'"Ireneo di Lione (ca. 140-200), che li accusava di adozionismo, cioè di non credere in Cristo come incarnazione del Verbo, ma solo come uomo divinizzato in un secondo momento o come angelo che Dio aveva scelto per diventare Suo Figlio, erano movimenti cristiani affini all'ebraismo e mantenevano la stretta osservanza della Legge di Mosè (uno dei gruppi, denominati angelici, credeva che questa fosse stata consegnata al profeta biblico dagli angeli, la cui mediazione per la salvezza era, secondo loro, più importante di quella di Cristo) e di tutte le prescrizioni mosaiche (la circoncisione, per esempio). Dopo la duplice distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 e 135), persero sempre più importanza, pur sopravvivendo per altri due secoli. Essi si richiamavano a "San" Pietro e a "San" Giacomo il minore, in contrapposizione a "San" Paolo, che accusavano di avere impedito la totale conversione degli ebrei al cristianesimo.
"Marcione era figlio del vescovo di Sinope della provincia del Ponto (...). Nel 140, M. si recò a Roma, giungendo nel periodo di sede vacante tra Papa Igino (136-140) e Papa Pio I (140-155), e cercando di entrare nella comunità cristiana locale, anche per mezzo di generose elargizioni: donò, infatti, l'enorme cifra di 200.000 sesterzi, denaro che però gli fu restituito quando si rese concreto il suo definitivo strappo dalla Chiesa Cattolica. Egli, infatti, diede luogo al primo scisma nella storia del Cristianesimo nel 144: la sua chiesa dei marcioniti organizzata e strutturata, ebbe il suo massimo splendore durante il papato di Aniceto (155-166), e continuò, con una certa risonanza, fino al VI secolo, soprattutto nella parte orientale dell'impero. M. ebbe, in seguito, molti allievi degni di nota, tra i quali spiccò Apelle e morì, probabilmente, nel 160. Dal punto di vista dottrinale, M., oppositore del mondo giudaico, negò l'importanza per i cristiani del Vecchio Testamento e propugnò il concetto dualista di due Dei, il Dio del Vecchio Testamento (che peraltro egli totalmente rigettava), vendicativo e terribile Demiurgo creatore del mondo, e il Dio del Nuovo Testamento, descritto dal Cristo come buono e misericordioso e che aveva mandato Suo Figlio per riscattare il genere umano. Inoltre M. riteneva che tutta la materia fosse male e seguì la dottrina del Docetismo, in cui il corpo di Cristo era del tutto immateriale in contrasto con i Cattolici, che credevano nella totale incarnazione del Cristo. In ciò M. si avvicinò alle posizioni del gnostico Cerdo, sebbene, d'altra parte, M. non si possa definire totalmente un gnostico, in quanto la salvezza per lui non derivava dalla gnosi, ma dalla grazia. Per M., gli unici testi canonici accettati furono quelli depurati di quelle parti che facevano riferimento alla tradizioni ebraica, come 10 delle lettere di S. Paolo (escludendo le pastorali) e una forma abbreviata del Vangelo di Luca (mancante di parti come, ad esempio, la nascita di Gesù)." (http://www.eresie.it/it/Marcione.htm)
Fra i giudaizzanti si considerino con speciale attenzione gli Ebioniti, coi quali ci troviamo davvero vicini, anche temporalmente, alle prime comunità ebraiche, molto simili nella loro organizzazione e identità agli Esseni e ai Nazirei, in cui si tramandava la favola di "Gesù", visto tuttavia, allo stesso modo in cui secoli dopo lo avrebbe considerato Maometto, come grande profeta e non come essere divino:
"Setta giudeo-cristiana radicale, diffusasi in Siria e Giudea dalla metà del I secolo, il cui nome deriva dall'aramaico ebhyonim, cioè poveri, in quanto praticavano il culto della povertà ed erano vegetariani. Secondo alcuni autori cristiani, invece, il nome va interpretato come poveri di mente (Origene) o perché essi avevano un'opinione povera di Cristo (Eusebio). Il loro testo di riferimento fu il Vangelo, per l'appunto, degli Ebioniti (una rielaborazione ebraica del Vangelo di Matteo), che tralasciava parti della vita di Gesù, come la nascita dalla Vergine e la resurrezione. Gli e., inoltre, non considerarono Gesù come il Figlio di Dio, ma come un profeta di eccezionali doti, incarnazione dello spirito profetico che fu già di Adamo e Mosé, condannavano San Paolo come un'apostata ed erano ancora in attesa della venuta del Messia. Il termine e. è stato anche utilizzato per i primi quattro secoli della storia del Cristianesimo per indicare gli ebrei convertiti, che mantenevano contatti con la comunità ebraica. In Occidente furono noti anche come Simmachiani, da Simmaco, un autore e., i cui lavori sono andati quasi totalmente perduti. La setta si estinse in seguito all'invasione della Siria da parte degli arabi (637)." (http://www.eresie.it/it/Ebioniti.htm)
Spartiacque tra gli uni e gli altri la dottrina attribuita a "Paolo", dai primi rifiutata e che i secondi seguivano e radicalizzavano (cfr. http://letterepaoline.net/2010/09/05/marcione-il-“paolinista”-radicale/) - non accogliendo tuttavia l'idea centrale della fede paolina che consiste nella credenza obbligatoria della resurrezione corporea di Cristo, premessa e promessa di quella degli stessi cristiani (per Marcione e i suoi discepoli Gesù era "Dio manifestato", non "incarnato"). Il cristianesimo cattolico che avrebbe vinto, divenendo eradicatore di tutti gli altri, mantenne, contro Marcione, il legame del Nuovo con l'Antico Testamento e, contro gli Ebioniti, il concetto della divinità di Gesù.
Ma come aveva saputo-potuto trasformarsi, nell'arco di meno di settant'anni, il ricordo deformato della rivolta e della crocifissione di uno dei tanti pretesi messia giudaici (secondo le ricerche di Salsi, di Cascioli, di Tranfo, di Donnini da identificarsi in Giovanni di Gamala detto il Nazireo, pretendente al trono di Gerusalemme in quanto figlio di Giuda il Galileo e nipote del rabbino Ezechia, discendente diretto della dinastia degli Asmonei, e giustiziato nel 36 dal Luogotenente di Tiberio, Comandante di tutte le forze romane d’Oriente, Lucio Vitellio) nella favola di Cristo, dell'uomo-dio venuto a redimere, col suo sacrificio, i peccati del mondo? Ecco la vera questione, nella quale interviene il trasmettersi orale sempre più fantasticante di ricordi e desiderata comunitari che si abbeveravano, nella costruzione della figura del soter, del "salvatore" universale, alle fonti del primissimo gnosticismo, fenomeno religioso già estremamente sincretistico, e poi del mitraismo, religione ellenistica misterico-salvifica diffusa nell'ecumene a cominciare dalla fine del I secolo (la più antica testimonianza archeologica di un culto romano di Mitra risale ai tempi della conquista dell'allora zoroastriana Armenia: uno stato di servizio di soldati romani che provenivano dal presidio di Carnuntum sul Danubio. Dopo aver combattuto contro i Parti ed essere stati coinvolti nella soppressione proprio delle insurrezioni a Gerusalemme dal 60 al 70, una volta tornati in patria si dedicarono al culto di Mitra). Senza dimenticare, anzi ponendo in primo piano, l'opera "interpretativa" arbitraria e falsificatrice dei vari capi delle comunità in questione, i vescovi, "pastori" delle chiese locali (lo stesso Marcione era un vescovo). Non era certamente quella un'epoca di filologi del Nuovo Testamento (lo testimonia la scelta stessa dei quattro vangeli "sinottici", dove non mancano contraddizioni e incongruenze persino pacchiane), e le masse analfabete, del resto, tutto chiedevano meno che certezze documentate e razionali.
Scrivevo il 18 settembre 2011: "Il 'cristianesimo' è nato come eresia-aggiustamento del messianismo ebraico, che si dovette confrontare con la propria sconfitta definitiva dopo la (duplice) distruzione del 'Tempio' da parte dei Romani. Esso subì e insieme seppe operare, nell'arco di qualche centinaio di anni, una grandiosa metamorfosi e riuscì progressivamente a impiantarsi sotto vesti nuove - inglobando-deglutendo-deformando buona parte della filosofia e religione (il mitraismo, per esempio) del crepuscolo pagano - nel corpo dell'ecumene, dell'impero che stava trasformandosi in una sorta di satrapia orientale. S'impose come alternativa salvifica 'universalista' all'ebraismo, pur essendone figlio. La figura, con ogni probabilità anch'essa mitica, di 'Paolo' (in realtà, soprattutto, chi dette la penna e la voce a 'Luca'), giudeo e romano, è da tutti i punti di vista la chiave di volta per comprendere questa tendenza epocale che vide la sua realizzazione e il suo trionfo (la sua vera e propria presa del potere) con Costantino e Teodosio. Di tale cesura necessaria con l'ebraismo d'origine rende testimonianza anche il concetto trinitario, estraneo alla Torah. E' però un dogma stabilito dopo il Concilio di Nicea (325) e non espressione del cristianesimo primitivo. Quest'ultimo, senza dubbio, si apparentava ed era in consonanza con ciò che rimaneva delle comunità essene più che con qualunque altro fenomeno sociale e culturale dell'epoca. Ma le speranze e aspettative degli esseni (così come degli zeloti) e, a poco a poco, la loro stessa organizzazione comunitaria, andavano trasformate e 'superate'. E' ciò che avvenne. E tuttavia non si volle mai recidere (fu una lotta implacabile contro i dualisti, dai marcioniti ai catari, che durò mille anni) l'ombelico con l'Antico Testamento degli ebrei e il loro specifico monodio. 'Yahweh' divenne il 'Cristo Re degli eserciti'. Oggi, in effetti, con il cristianesimo sionista, i 'fratelli' sono tornati nella stessa famiglia." (http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/99796)
E' così: dalla Palestina un'eresia giudaica arrivò a conquistare, con un'incredibile metamorfosi vincente, l'intera ecumene, stabilendo la sua tirannia millenaria sul mondo. Gli ebrei "deicidi" furono tra i primi e più duraturi bersagli dei suoi strali. Essi stanno ultimando la loro vendetta.
Joe Fallisi
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Replica di Giorgio Vitali: "E' EVIDENTE CHE LE NOSTRE POSIZIONI SONO ANTITETICHE. MA LA MIA è PIù MODERNA E PIù LEGATA ALLE CONOSCENZE SOCIOLOGICHE, INTERPRETATIVE, E LINGUISTICHE. OGGI NON SI PUò PRESCINDERE DALL'EPISTEMOLOGIA E SOPRATTUTTO DALLA LOGICA. E BASTEREBBE una piccolissima considerazione: come e perché una setta di individui seguaci di un precursore del NUOVO CALIFFO di BAGHDAD ( il famoso film della mia gioventù, il LADRO DI BAGHDAD con il giovane attore indiano SABU') possa essersi impossessato dottrinariamente prima ancora che linguisticamente, dell'intero ecumene latino-greco, ricco di un back-ground di un migliaio di anni e diffuso per contiguità in tutto il MONDO allora conosciuto, per osmosi culturale collegato anche alla grande TRADIZIONE indu. Come dimostra il recente lavoro di Giovanni Luigi Manco: ERCOLE IL BUDDA MITOLOGICO, ed. RENUDO. Tutto ciò NON esclude l'atavica PROTERVIA di Lorsignori CONTRO Roma ed il suo mito. Anzi! Ma è molto più logico vedere queste pulsioni (che rappresentano comunque la tendenza di una minoranza) all'interno di un FRAME accettato NON solo da Giuliano Flavio e intellettuali del suo seguito, che si sono scontrati contro i filosofi cristiani sul terreno comune della FILOSOFIA PLATONICA intesa in senso Neoplatonico, ma anche da autori del periodo teosofico come Rudolf Steiner (Cristo e l'anima umana) e, meglio SCHURé che col suo I GRANDI INIZIATI documenta proprio la persistenza di una tradizione. Tale sequenza è stata ripresa anche dal prof Vittorio Marchi ( La scienza dell'Uno, ed. Macro): ........... Attis... Adone, Apollo, Ercole e Zeus.... Horus, Osiride e Serapide... Krshna, Mikado, Mitra, Odino, Prometeo, Quetzalcoatl, Tammuz in Siria (poi trasformato nell'apostolo Tommaso), Thor, Xamolxis, Zaratustra/Zoroastro, Zoar...... tanto per fare qualche nome. Infine, anche Alain de Benoit, uno dei più acuti studiosi della PAGANITA' (autore del libro: Come essere pagani) concordano su questa linea. Non esiste sovrapposizione/invenzione, ma INSERIMENTO sottile e penetrante con tecniche adeguate che ben conosciamo ( le stiamo verificando adesso sulla nostra pelle). GV
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