La teoria confuciana nella Cina antica e moderna
Esiste in Cina un libro che rappresenta sinteticamente tutto ciò che
sta fra Cielo e Terra, si chiama I Ching, ovvero il Libro dei
Mutamenti. Veramente questo libro è un compendio di indicazioni per
la vita quotidiana, un prontuario di saggezza attiva. E, come spesso
accade, esso affonda le sue radici nell’antichissima tradizione orale
cinese. Esso forse più di altri testi raffigura la filosofia di vita
e la cultura della Cina partendo dal periodo matristico sino
all’affermazione buddista, integrando Confucianesimo e Taoismo in
una unità di pensiero e di tradizione. Trattandosi di un testo
proteso a fornire consigli pratici e di comportamento nella vita
quotidiana va da sé che Confucio lo ritenesse un libro altamente
significativo, tant’è che a questo dedicò molte note e commenti sugli
esagrammi.
Con la presa del potere da parte di Mao Tze Dong tale libro, assieme
al Confucianesimo stesso, fu salvato e talvolta preso ad esempio di
un “comunismo antico” tipicamente cinese. La morale confuciana, come
pure quella taoista e buddista, non richiede per la sua affermazione
la presenza od il concetto di un dio. La morale secondo Confucio è
un metodo per stabilire il benessere sociale delle masse e per
mantenere la struttura familiare. L’etica confuciana, in parte
somigliante a quella di Francesco Guicciardini, è una
esemplificazione ideale basata su norme atte a coagulare la società
e renderla prospera, nei suoi vari livelli, mantenendo inoltre una
costante sinergia d’intenti fra lo stato ed i sudditi.
Per questa ragione il Confucianesimo non è mai stato sconfessato dal
comunismo maoista, anzi Mao ha forse tentato di porsi come un simbolo
ininterrotto del buon governo auspicato da Confucio. Che ci sia
riuscito e se il popolo lo abbia riconosciuto come tale è un altro
discorso.. Sta di fatto che nel solco del pensiero confuciano si può
intuire e riconoscere tutto il pragmatismo che contraddistingue anche
la Cina moderna.
Se rivolgiamo l’occhio all’insegnamento di Confucio esso ci si
presenta libero da ogni collegamento diretto con la divinità, essendo
fondato unicamente sulla ragione e sul buon senso. Ed è per questa
ragione che da oltre 25 secoli la ragione ed il buon senso sono
onorati in Cina come una religione. A questo metodo concreto si son
dovute adattare persino altre filosofie più metafisiche come il
buddismo, che ha assunto fra le sue regole la pietà filiale ed altre
simili norme. E persino le minoranze musulmane e cristiane si sono
cinesizzate ad eccezione della componente cattolica romana che presume
di dovere obbedienza solo ai dettami del papa di Roma… e questa è la
vera causa della cosiddetta “persecuzione” nei suoi confronti, ovvero
l’impossibilità da parte del governo cinese di accettare che tale
religione sia estranea al contesto interno (si noti che i vescovi e
cardinali cattolici vengono nominati dallo stato estero del
vaticano)… ma lasciamo da parte queste diatribe che non ci interessano
e torniamo al buon Confucio.
La vita di Confucio mostra che egli ha sempre parlato da uomo ad altri
uomini e mai come messaggero di una divinità che l’avesse eletto
messia o profeta. Egli nacque nella città di Tsan, in Shantung, nel
551 (a.C.) allorché in occidente era da poco deceduto Solone il
moralizzatore di Atene ed a Roma Servio Tullio sanciva la
costituzione “Tulliana”. Egli fu costretto da necessità pratiche a
guadagnarsi la vita e non esitò a svolgere umili impieghi, non
sentendo in sé la vocazione all’insegnamento come allora veniva
praticata in modo formale. La Cina che già vantava una storia
millenaria con tre solide dinastie imperiali stava allora
attraversando un periodo di instabilità sociale. Perciò in Confucio
predominò, oltre al senso di disciplina e di ordinamento sociale,
il culto delle tradizioni familiari e della pietà. Egli si fece
conseguentemente conservatore e raccoglitore delle memorie e dei testi
sacri che trattavano quei temi. Ma nelle sua opera andò incontro ad
avversioni e persecuzioni, come avvenne un secolo e mezzo più tardi in
Europa al filosofo Platone. Solo all’età di cinquant’anni Confucio
assunse una carica pubblica di un certo rilievo a Ciung-tu, ove
divenne Ministro di Polizia, mentre la fama della sua saggezza e della
sua eccellente amministrazione si diffondeva in altre province.
Confucio fu un riformatore severo ed energico, nel suo animo
prevalevano i consigli della giustizia, perciò gli si formò contro
una congiura di ignobili potenti, che talvolta attentarono anche alla
sua vita e poi ottennero che egli venissi congedato dal suo incarico.
I suoi ultimi anni furono tristi… sebbene gli venisse risparmiata la
cicuta. Morì a settantre anni nel 479 a.C.
Dai suoi insegnamenti traspare che l’uomo fu creato per vivere secondo
ragione, cioè lottando contro le forze avverse e basse dell’istinto, e
vivendo in accordo con gli altri uomini, seguendo un codice di
principi e doveri conformi alla nobiltà e dignità dell’essere umano.
Le cinque virtù cardinali dell’uomo per Confucio sono: la bontà,
l’equanimità, la convenienza (cioè il pronto adattamento al tempo ed
alle circostanze), la saggezza e la sincerità. Ed è soprattutto alla
sincerità che egli dedicò le lodi più alte. Egli raccomandò
energicamente i doveri verso i parenti, il rispetto e la cura per i
più vecchi, la dedizione verso gli amici, la coscienziosità in ogni
atto compiuto, l’autocontrollo e la moderazione. “Il bene supremo
dell’uomo non è il piacere, né gli onori, né la ricchezza.. ma è la
virtù, sorgente di ogni bontà”.
Del pensiero antimetafisico di Confucio abbiamo sicuri documenti: il
Cielo e la Terra sono i genitori di tutte le creature e questa è anche
la sostanza dell’I Ching, ove invece delle preghiere viene indicato il
retto comportamento come “bene supremo per l’uomo”. Ed al proposito
dell’aldilà egli affermava: “Se non si conosce ancora la vita come si
potrà conoscere la morte?”. Personalmente Confucio preferiva
l’attenzione rivolta ai fatti concreti dell’esistenza piuttosto che
alle meditazioni trascendentali. Egli stabilì una dottrina puramente
laica, come diremmo oggi, basata su principi logici, etici,
estetici ed intellettivi. Egli a buona ragione può essere definito un
precursore e degno rappresentante della Spiritualità Laica.
Confucio ed i suoi seguaci, ovvero la stragrande maggioranza del
popolo cinese, disprezzano perciò quel che non è cogente, che non
rappresenta un fondamento e non ha radici nella vita comunitaria. Lo
“spirito” di Confucio è il risultato dell’analisi comportamentale,
psicologica, archetipale dell’uomo. Egli soleva dire: “Io non voglio
fare dell’uomo un mistico, quando ne ho fatto un perfetto onest’uomo
ciò mi basta”. Assai prima degli stoici greci egli insegnò l’amore
per tutto il genere umano e “precorrendo” il cristianesimo disse “Non
fate agli altri ciò che non volete fatto a voi!”.
Paolo D'Arpini
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