Ça va sans dire: "Il vuoto è solo un concetto astratto..."

 


Il vuoto è un concetto storico proprio della dimensione/osservazione analitica del reale. Tuttavia, emozioni e sentimenti “dimostrano” come la separazione tra noi, l’altro e la realtà sia solo un’apparenza scientista.

Il vuoto è corpo integrante della dimensione materialistica e razionalistica, dimensione che oggi regna sui nostri pensieri. Essa fa la cultura e forgia le modalità di vita fondate su pilastri via via più effimeri e virtuali. Si tratta di un piano di lavoro bacato, la cui missione ultima ed esiziale è assistere al precipitare di chiunque non se ne sia emancipato. Quel vuoto è concreto, sebbene metafisico, spirituale. Nella fanfara trionfante dell’opulente mondanità, gli individui marciano, smargiassi o miserabili, verso le voragini. Damblé, senza più il senso di sé – quantomeno quello fornitogli dal cliché –, della vita, disponibili così, come qualunque invasato, ad essere preda del male, dicasi atti inconsulti nei confronti di se stessi e degli altri. Nonché nei confronti della vita che diviene alienante, vuota appunto, dove la bussola culturale che ci era stata fornita non ha più il nord, non può più indicarci la via nella quale trovare il senso delle cose.

Perciò, un arco di eventi che ogni oracolo – ovvero chiunque sia in grado di sentire le forze in campo – può riconoscere nella concezione materialistica e razionalistica della vita e del mondo.

Dunque, il vuoto è parte integrante della nostra cultura, vera spada di Damocle appesa sopra la storia. Tuttavia, possiamo emanciparci dal rischio che questa precipiti.

Come già segnalato da millenni da tutte le tradizioni sapienziali che ogni geografia del mondo ha generato, l’uomo ha riconosciuto cosa gli produce sofferenza e cosa gliela crea. È un discorso che riguarda l’io separatore, la scienza analitica, l’individualismo, l’edonismo e altro ancora. Per tutti si tratta, in sostanza, della separazione dal tutto, dall’Uno originario, regno di tutte le idee dal quale gli uomini estraggono soltanto quelle idonee e permesse dalla loro biografia.

Ma se la matrice materialistica svolge il suo miglior servizio in contesto meccanico-amministrativo, quando viene mutuata – accade inconsapevolmente – a quello relazionale, il disastro è tanto in nuce quanto conclamato. Il principio di causa effetto, efficace descrizione di un mondo limitato a pochi elementi, pressoché statici, non si addice a rappresentare e ad esaurire le dinamiche latenti in una relazione tra gli universi diversi che siamo.

In questi tempi contemporanei, viene in aiuto – ma in ultima posizione – la fisica quantica. La sua natura illogica, la sua modalità non protocollabile di rappresentare il mondo in forma probabilistica e non deterministica, la sua capacità di riconoscere la verità di un mondo dove il tempo e lo spazio non sono quelli che hanno insegnato, regolari e misurabili, non sono che rappresentazioni idonee a riconoscere il carattere profondo delle relazioni e ad annullare così il vuoto.

Allora, entanglement ed emozioni hanno di che raccontarsi. Probabilità e rischi di una relazione possono essere riconosciuti nel principio di indeterminazione, il sentimento di un elemento della relazione corrisponde all’idea che la realtà vari in occasione della sua osservazione di essa.

La sincronicità sostituisce la consequenzialità. La considerazione non è più avviene questo a causa di quest’altro, ma cosa significa ciò che sta avvenendo ora?

Ed è proprio in quest’ultima domanda che si può cogliere l’assenza del vuoto, in quanto segnale che tutto è collegato, che tutto è un solo organismo, che separarne una parte è la pornografia scientista. La logica e i suoi saperi cognitivi, somma di dati alieni alla vita, tanto lustri ed esclusivi nel mondo del causa/effetto, perdono potere. L’illogico torna a far parte di questo mondo a pieno titolo.

La fisica quantica dà, dunque, dignità ai cosiddetti ciarlatani, quel popolo che non voleva né poteva sottostare al campo autoreferenziale della scienza moderna, esclusivamente fondata sui pilastri della fisica meccanica e sull’assolutismo del metodo scientifico come sola fonte e sede di verità definitiva. Struttura alla quale, si badi, le condivisibili considerazioni di Popper non spostano di una virgola la natura del sistema analitico della conoscenza.

Dando dignità a tutto il non scientifico, possiamo trovare in ciò che l’ascolto e l’empatia ci insegnano le doti utili a gestire le relazioni anche con noi stessi. Doti che implicano una migliore condizione di vita, quindi una migliore società, cultura, politica, educazione.

Migliore vita allude a realizzare uomini compiuti, ad evolvere verso l’invulnerabilità sempre più solida ed estesa. Ovvero individui all’altezza di muoversi secondo la loro natura. Mai più si troveranno davanti a un vuoto baratro in cui perdersi.

Il non vuoto che anche la fisica quantica ci segnala ha in sé il potere di frenare la corsa ammattita verso il vuoto vero, alla quale l’uomo ha educato se stesso.

Lorenzo Merlo



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