Il saggio Ramana Maharshi a chi gli chiedeva quale fosse il modo più semplice per “raggiungere” la consapevolezza di Sé (nel senso dell’autorealizzazione) consigliava l’autoindagine, attraverso l’interrogarsi “chi sono io”. E se qualcuno insisteva per avere delle norme esteriori di comportamento allora consigliava di assumere solo cibo “satvico” e in quantità moderata.
Malgrado vi siano indicazioni di sacrifici cruenti da compiere una o due volte all’anno persino il Corano esalta la compassione e la misericordia di Allah — chiamato al-Raham, ovvero “l’infinitamente misericordioso” — nei confronti di tutti gli esseri da lui creati, senza eccezioni. Lo stesso profeta Maometto, che presumibilmente era vegetariano e amava gli animali, disse: «Chi è buono verso le creature di Dio è buono verso se stesso».
Per quanto riguarda l’Ebraismo, nella Genesi l’alimentazione prescritta all’uomo è chiaramente vegetariana: «Ecco vi do ogni vegetale che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto che produce seme: saranno il vostro cibo» (1, 29). E ancora nella Genesi si legge: «Non dovreste mangiare la carne, con la sua vita, che è il sangue». E infatti, secondo le leggende bibliche, il popolo d’Israele si mantenne vegetariano per dieci generazioni, da Adamo a Noè. Solo dopo che il diluvio universale ebbe distrutto tutta la vegetazione, si narra che Dio diede al “suo” popolo il permesso temporaneo di mangiare carne. Poi, per ristabilire l’alimentazione vegetariana, quando gli israeliti lasciarono l’Egitto, Dio fece cadere la manna, un alimento vegetale adatto a nutrirli durante il loro duro viaggio. Ma, poiché gli israeliti continuavano a chiedere con insistenza la carne, Dio gliela concesse, insieme però a una peste fatale che colpì tutti coloro che ne mangiarono.
Ma quando il Cristianesimo volle diventare la religione di Stato dell’Impero Romano, durante il concilio di Nicea vennero radicalmente alterati i documenti originali. I “correttori” nominati dalle autorità ecclesiastiche eliminarono dai vangeli qualsiasi riferimento al non mangiare carne: tradussero con il termine «carne», per ben diciannove volte, il termine greco originale «cibo” e scelsero la versione «dei pani e dei pesci” a quella, contemporanea a Cristo, del miracolo della «moltiplicazione dei pani e della frutta”. Ciononostante anche in seguito alcuni santi cristiani sono stati vegetariani. Basti pensare al più famoso di tutti, san Francesco, il quale, nel suo amore per tutte le creature viventi, si nutriva esclusivamente di pane, formaggio, verdure e acqua di fonte.
La compassione che sta alla base di ogni “fede” va ricercata interiormente, e mangiare carne, diceva Lev Tolstoi, «è immorale perché presuppone un’azione contraria al sentimento morale, quella di uccidere. Uccidendo, l’uomo cancella in se stesso le più alte capacità spirituali, l’amore e la compassione per le altre creature». Quindi, a che serve giustificare o preferire una religione all’altra? Sono le persone che fanno la differenza! Sono tutti quegli uomini e quelle donne “compassionevoli” che non si limitano a riti esteriori ma che nutrono compassione per se stessi e per tutte le altre creature. Insomma, ricapitolando, l’Induismo, l’Ebraismo, l’Islamismo e il Cristianesimo contengono di fondo lo stesso messaggio di compassione e nonviolenza, ricordo anche le parole del Buddha nel Dhammapada: «In futuro, alcuni sciocchi sosterranno che io ho dato il permesso di mangiare carne,e che io stesso ne ho mangiata, ma io non ho permesso a nessuno di mangiare carne, non lo permetterò ora, non lo permetterò in alcuna forma, in alcun modo e in alcun luogo».
Paolo D’Arpini
L’immagine: Ramana Maharshi che mangia nell'Ashram di Tiruvannamalai, L’imperatore Rodolfo II in veste di Vertumno (1591, Stoccolma, Skoklosters slott) di Giuseppe Arcimboldi (1527-1593), la copertina del libro di Steven Rosen e l’autore col nipotino.
Ciao Pa, sai che condivido i principi dell'alimentazione vegetariana, anche se non sono un vegetariano perfetto, ogni tanto qualche uovo e più raramente la carne, li magno :) .
RispondiEliminaMa volevo dire un paio di cose a riguardo:
La prima è che, proprio citando i vangeli, nei quali Gesù dice: non è ciò che entra ma ciò che esce dalla bocca dell'uomo che lo guasta. Non credo che avesse a che fare con l'alimentazione, tuttavia si riferisce al male che è presente in ognuno, voglio dire, del male lo si può fare anche se si mangia vegetariano. La seconda, questa si ha a che fare con ciò e come si mangia, riguarda una discussione avuta alcuni anni fa con un mio amico, insegnante di meditazione. Si parlava di malattie, di infezioni, gli suggerii di mangiare l'aglio crudo, che ha proprietà antibatteriche... mi rispose che l'aglio è un alimento tamasico e che quindi non lo avrebbe preso. Io credo, come nel caso del vangelo, che in certe circostanze non sia l'alimento ad essere tamasico, rajasico o sattvico, è piuttosto l'uso che se ne fa a caratterizzarne il valore. Un abbraccio a presto.
In effetti, la dieta "satvica" va riconsiderata in senso "bioregionale" e secondo i tempi in cui viviamo. Al proposito dell'aglio e della cipolla che nell'antichità erano considerati un cibo tamasico (il primo) e rajasico (l secondo), ed in parte lo sono per certe loro proprietà, erano stati rivalutati per altre loro proprietà a livello di Ayurveda al livello di medicamenti. Ed infatti nell'ashram di Muktananda, ove sono vissuto per lunghi periodi, venivano dati in piccole quantità ad ogni pasto e consigliati, a mo' di rimedi naturali, in particolari casi di disfunzioni e malattie. Quindi per dieta satvica in questo caso si intende una dieta "moderata" ed adatta alla stagione ed alla condizione in cui ci si trova.
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