"La bella e la bestia". La fiaba di Perrault è troppo nota per riassumerla qui. Basti dire però che il suo simbolismo è ricco di significati.
Pur non essendo il principale il primo è quello della "trasgressione vegetale" (quando il padre di Bella, ospite nel maniero misterioso, coglie una rosa dal giardino senza permesso, suscitando le ire della Bestia). Esso riprende il motivo mitologico alla base dello "strappo" dell'uomo dalla condizione paradisiaca originale: naturalmente il primo che viene alla mente è quello di Adamo ed Eva, che cogliendo il frutto "proibito" dell'Eden ne vennero cacciati.
Ma il tema è presente anche nel mito greco di Persefone, la vergine (e questo è importante, perché connota l'innocenza originaria) che cogliendo un narciso aprì una voragine da cui Ades,il dio degli inferi, uscì per rapirla e farla sua sposa, dopodichè ella fu consegnata a vivere negli inferi. Ma anche in quello sumerico di Gilgamesh, che, avendo trovato la pianta dell'immortalità, se la vede mangiare da un serpente, dovendo rimanere così mortale. In tutti questi miti c'è una "soglia" che non è permesso all'uomo varcare, pena la morte (dello spirito,simbolicamente). Tutto ciò simbolico della "discesa" dello spirito umano nel mondo manifesto e del suo tentativo di riguadagnare una posizione perduta, ma non nel modo dovuto.
Ma il tema di gran lunga più importante è quello che vede la figura femminile nel ruolo di "iniziatrice", ricalcando,ancora una volta, l'importanza della donna in veste di "potenza" dell'anima, della vista "oltre la vista":poichè ella non si ferma alle apparenze,e pur non sapendolo,intuisce che dietro quell'aspetto mostruoso c'è un bellissimo principe, occultato dallo spesso strato dell'inconsapevolezza: dunque lei, che rappresenta la coscienza umana pienamente risvegliata e "potenziata" dall'amore (cioè dalla massima posizione di armonia con il cosmo) impegna tutta se stessa per far ritornare l'uomo bruto, stordito dall' '"incantesimo" malvagio o ipnosi della materialità, alla sua condizione originale di nobiltà e bellezza.
C'è da dire che spesso nell'antichità, e presso alcuni popoli -come i celti- la donna era deputata a "sgrossare" le rozzezze maschili e a fare di un "nano" deforme un guerriero dello spirito.
E' un tema, quello dell'iniziazione da parte femminile, che vediamo presente anche nell'Odissea, grande epopea simbolica del vero "ritorno" a casa, all'autentica patria interiore, alla consapevolezza di sé, o meglio della riaquisizione della propria identità superiore, il "ricordo" di sé: l'anamnesi di cui parlava Pitagora. Nel poema omerico vediamo Odisseo che viene preparato gradualmente al ripossesso di sé da tre donne, che simboleggiano naturalmente la coscienza corporea (Circe) quella animica o psichica (Calipso) e quella spirituale (Nausicaa). Gli amori di Odisseo con ognuna di queste tre donne infatti vanno dal piano unicamente sessuale-corporeo (Circe) a quello sentimentale-emotivo (Calipso) a quello spirituale (Nausicaa) e infatti con quest'ultima non avviene un contatto carnale, ma c'è uno scambio altissimo a livello sottile.
Al suo ritorno in patria, dopo essere stato così preparato dal lavoro su di sé, c'è ancora un'altra donna: Penelope, la moglie che lo aspettava da anni, ed era sempre stata là, presente in lui ma latente. La finale ricongiunzione con la polarità opposta, il ritorno all'androginia originale. Il serpente che si mode la coda.
Simon Smeraldo
E aggiungo che, non a caso, la profetessa per la nostra epoca (non è vero che dopo Gesù, il più grande, si, non ci sono stati più profeti!) è appunto una donna, il Serafino, l'Elohim femminile della SAPIENZA DIVINA. Quella di cui Gesù disse: "Avrei ancora molte cose da dirvi, ma non siete ancora in grado di capirle. Ma quando verrà lo Spirito di Verità vi porterà la Verità tutta intera". E così è.
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