Libero arbitrio o destino…? Nella Spiritualità Laica tutto si risolve nell'esperienza del Sé

Treia - Sarà destino?

Appena me ne uscii, in una lettera sul tema del destino e del come esso si manifesta, affermando che “l’anima nel momento dell’assunzione del corpo sceglie il proprio destino” immediatamente un’amica sempre attenta a queste cose mi scrisse: “…Vedo che per la prima volta parli di scelta, quindi l’anima (almeno lei beata) può scegliere il destino del corpo per soddisfare le esigenze della sua posizione evolutiva..”.

Per un po’ ho dovuto tacere sull’argomento, anche per evitare di dover controbattere su un tema che è assolutamente dubbio… se affrontato con motivazioni religiose od empiriche. Ma che può essere analizzato in termini di Spiritualità Laica, soprattutto facendo riferimento all’esperienza personale.

Il testo che segue è perciò limitato alla mia esperienza diretta e non viene discusso sulla base di ciò che è stato scritto su libri più o meno sacri (che in fondo sono solo un “sentito dire”).

Oggi sento il bisogno di fare ulteriore chiarezza, per quanto possibile, sul discorso della scelta del destino, della vita e morte del corpo, del significato dell’anima individuale e della libertà assoluta dello Spirito. Alla base di tutto pongo la mia esperienza, impiantata nella memoria, del momento in cui la coscienza stava illuminando la formazione di un corpo nel grembo di mia madre, essendo questa coscienza individuale denominata “anima”, in cui percepii chiaramente il decorso karmico che quella forma psicofisica (quel me stesso) era destinata a compiere. 

Vidi le sue propensioni, le sue radici geniche, le tendenze innate, le vicende destinate, le difficoltà, la gloria, il sacrificio, insomma tutto quel che doveva essere compiuto attraverso quello specifico individuo umano. Ebbene nel percepire tutto ciò chiaramente sentivo una certa riluttanza ad affrontare le prove, meglio dire a testimoniarle, o renderle possibili attraverso la presenza cosciente che io sono. Eppure, il delinearsi del destino incipiente nello specchio della mente, che lo registrava e quindi lo immagazzinava come una pellicola che poi sarebbe stata proiettata nel corso della vita, comportava una parvenza di libero arbitrio nell’accettare il fato o nel rifiutarlo. 

Certo questa sensazione di accettazione o rifiuto era totalmente soggettiva e non poteva in alcun modo modificare il corso degli eventi preordinati, ma avrebbe potuto lasciare una traccia sotto forma di insoddisfazione e rifiuto, con le conseguenze che potete immaginare nel dispiegamento della vita che stava per manifestarsi.

Il senso di ribellione che avrebbe comportato tale rifiuto avrebbe perniciosamente ritardato il compimento dello scopo prefisso dell’anima stessa…. Ma, un momento, occorre chiarire un concetto. Cos’è l’anima?
In sanscrito essa viene chiamata “Jivatman” che significa anima individuale, mentre l’Assoluto viene chiamato “Paramatman”. Avrete notato che il suffisso “Atman” permane in entrambi i termini, mentre cambia solo il prefisso. Da ciò si intuisce l’identità fra le due espressioni. L’anima individuale quindi è la “coscienza personale” che illumina la particolare forma non essendo però diversa nella sua natura dalla Coscienza Universale, che viene definita anche Ishwara o Dio. 

Allo stesso tempo questa suddivisione in Dio, Anima e Mondo è solo funzionale alla manifestazione, che si svolge nell’ambito dello spazio-tempo, in realtà esiste solo una pura ed assoluta consapevolezza non duale e priva di ogni empiricità, essendo Unica e quindi non osservabile né conoscibile. Questa consapevolezza è lo Spirito.

Allorché questa pura Consapevolezza si riflette in se stessa, come moto spontaneo della sua natura, sorge l’ “Io”. Da questa prima illuminazione nasce poi la sembianza “Io sono” (Dio è definito nella Bibbia “I Am That I am”) e dall’”io sono” deriva l’identificazione “Io sono questo” (ovvero lo specifico nome e forma). Da questo processo ne consegue un’osservazione e riflessione a tutto campo delle variegate espressioni vitali (viene posta in atto la creazione e la molteplicità degli esseri). Avrete però intuito che l’identità indivisa dell’Essere unico, lo Spirito, non perde le sue caratteristiche pur rivestendosi di un’ipotetica illusione separativa, utile ai fini della manifestazione. Insomma il puro ed assoluto “Io” non duale è sempre presente, in forma immanente e trascendente, in ogni cosa ed in ogni aspetto della coscienza manifesta. 

Nella materia bruta è latente (”in fieri”) e nella coscienza universale ed individuale è l’aspetto illuminante della consapevolezza.

Il compimento del destino globale, inscindibile nell’insieme, è presente nella summa di tutti i fotogrammi possibili (ed impossibili) delle infinite forme e nomi (che nascono e muoiono in continuazione) e che sono le varianti del decuplo aspetto dell’illusione (la Creazione stessa). Essendo questi dieci aspetti: coscienza ed energia; le tre qualità: armonia, moto, inerzia; i cinque elementi sottili e materiali (Etere, Aria, Fuoco, Acqua, Terra). 

Occorre però capire che tutto questa descrizione in corso appartiene comunque al modo manifestativo, per cui rientra in una conoscenza relativa e dualistica. Non può essere perciò considerata “Conoscenza” spirituale, che è aldilà di ogni descrizione possibile essendo pura esperienza diretta del Sé, ma serve ad accontentare l’anima, o mente speculativa, che sente il bisogno di ragionamenti sottili per poter alfine decidere di sottomettersi al Potere Superiore del Sé. Non che la sua sottomissione sia necesaria alla realtà già in atto, nel senso che diviene operativa attraverso una specifica “scelta”…. meglio infatti sarebbe dire che tale sottomissione corrisponde al riconoscimento della propria identità originaria ed alla rinunzia dell’illusione separativa.

Nel percorso apparente che l’anima compie verso il ritorno a casa (dalla quale non si è mai allontanata se non nella considerazione speculare dualistica) essa attraversa il mondo infernale dell’identità con le forze egoiche e materiali più dense, il mondo umano delle emozioni e dei sentimenti ed il mondo paradisiaco del compimento del bene e dell’amore. 

Queste chiaramente sono tappe intermedie, trappole della coscienza duale per mantenere l’anima avvinghiata all’illusione separativa, parte del gioco che “imprigiona” ciò che mai può essere imprigionato. Per cui l’anima sembra dover scegliere attraverso le esperienze di vita e di coscienza che l’attendono come portare a compimento questo percorso.

Ed a questo punto debbo riferire anche dell’esperienza diretta del Sé, che ognuno di noi può avere nel momento opportuno, in cui si ha la piena consapevolezza della propria natura originaria, dell’identità nello Spirito eternamente libero, e tale esperienza è uno degli aspetti che aiutano infine l’anima a rinunciare alla sua illusoria identità separata. Corrisponde al momento in cui la maturazione dell’anima è vicina al superamento dei vincoli infernali, mondani e religiosi e si manifesta sotto forma di “Grazia” del maestro interiore, dello Spirito che è la sola ed unica verità.

Paolo D’Arpini


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Commento ricevuto: 

Da scritti della Via di Cristo, dove Dio ci dice, che tutti i problemi di un’esistenza dura stanno dentro i processi di pensiero dell’uomo stesso!

Soltanto le ‘forme di coscienza’ delle persone, i loro pensieri, le loro parole, i loro sentimenti, le loro azioni, creano una densa barriera tra la loro coscienza e la Coscienza Creativa Universale, che compenetra l’universo, in ogni foglia, albero, insetto, uccello, animale ed essere.

Mi furono mostrate inoltre le LEGGI DELL’ESISTENZA, che controllano la capacità umana di creare ambiente e circostanze nuovi, relazioni, successo o fallimento, prosperità o povertà.

Qualunque cosa l’uomo CREDA profondamente di essere, buono o cattivo, è ciò che egli diventerà.

Qualunque cosa l’uomo TEMA che gli altri gli faranno, è ciò che questi faranno.

Qualunque cosa l’uomo SPERI che gli altri facciano a lui, deve prima farla lui a loro, poiché allora starà creando un ‘modello di coscienza’, che ritornerà a benedirlo nella misura in cui egli ha benedetto gli altri.

Qualunque sia la malattia di cui l’uomo HA PAURA, egli ne cade preda, poiché avrà creato un ‘modello di coscienza’ proprio della cosa che meno vuole sperimentare.

Qualunque cosa sia emanata dalla mente e dal cuore dell’uomo – gli ritorna a tempo debito in una forma o un’altra, ma ricordatevi che una cosa genera sempre un’altra simile a se stessa.

Pensieri fortemente emotivi sono ‘semi di coscienza’, piantati nell’orbita della coscienza personale dell’uomo, che cresceranno dando un raccolto simile, che egli dovrà mietere.

Questi sono i frutti del libero arbitrio. 

Nota aggiunta:
L’Equivoco della faccenda su Maria Vergine Madre di Dio, è partito tutto da ingerenze improprie e sacrileghe esterne  misogeni al nostro mondo, che hanno portato poi di conseguenza alla eliminazione stessa forzata del Culto della DIVINITA’ Vergine Maria Madre di Dio.

Sostituite poi in seguito da madri di varie culture come “ madre natura “ “ madre terra “ ecc.. “ falsamente attribuita e danneggiata volutamente l’immagine della MADRE DIVINITA’.

Cosa che da adesso in poi  non è più possibile continuare a tenere nascosto nell’infamia!

1 commento:

  1. Giusta affermazione. Infatti, dopo interviene la Legge del karma e inverte le parti. Chi ha ucciso viene ucciso.

    Un es.: Elia, il profeta di Israele, nei Cieli cherubino (elohim) della Volontà Divina, riportò il popolo eletto al Dio unico. Per farlo combatté aspramente i seguaci e i sacerdoti di Baal (circa 400). Questi ultimi li uccise tutti, decapitandoli
    Rinato come Giovanni il Battista per preparare la venuta di Gesù, pur con tutti i suoi grandi meriti, non poté sottrarsi alla LEGGE e finì decapitato per uno sfizio di Salomè, figlia della moglie del fratello di Erode.
    Chi vuole procedere, proceda pure con la violenza, sapendo però cosa poi l’aspetta.
    La grande rivoluzione del Cristo è l’aver introdotto il concetto del PERDONO. Disse: “Io non sono venuto per abolire la Legge (del taglione, cioè del karma), ma per ampliarla (introducendo il perdono delle offese)”
    Poi ha spiegato: E finché chi ha fatto l’offesa non si pente sinceramente e chi ha subito l’offesa non perdona di cuore, rimarranno legati e continueranno a incontrarsi, anche in vite successive, finché non si pentiranno (l’uno) e perdoneranno (l’altro). E se, ad es., chi ha offeso si è pentito veramente ed è divenuto il più santo dei santi, non potrà comunque accedere al Regno dei Cieli finché anche l’offeso non avrà perdonato, o viceversa

    Marco

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