Può capitare,
osservando se stessi, di avvertire ciò che alcuni chiamano
risveglio. La magia che si compie comporta di vedere il reale
diverso da come era prima, pur essendo lui, sempre identico. È una
magia a più livelli, prospettive o combinazioni. Essa include
infatti anche la chiara comprensione che la realtà esce – e non,
entra – dai nostri occhi. Include che non ci si senta più monadi
separate dall´universo; che l´infinito che siamo è sempre
mortificato da quello che crediamo; che l´energia compone il cosmo,
tra cui noi stessi.
La recita
«La
credenza che la realtà che ognuno vede sia l’unica realtà è la
più pericolosa di tutte le illusioni».
Paul
Watzlawick
Guardava i siti dei
giornali del giorno. Leggeva qualche titolo e si soffermava sulle
immagini dei personaggi come avesse aperto una scatola di ricordi.
Non c’era nessuna novità e così era stato nei giorni passati. Il
tempo aveva cessato di correre avanti, tutto era già noto.
Nelle fotografie, i
volti dei protagonisti del momento non corrispondevano a persone
specifiche, non erano e non avevano niente di differente da tutti gli
altri che li avevano preceduti. La differenza, era chiaro, era solo
formale. Un involucro di carta di riso dentro il quale c’era
qualcuno identico al precedente e a tutti gli altri. E anche identico
a noi. Non solo il tempo era morto lasciando il posto ad una sua
eternità, le cose del mondo non erano più separate. Si sentiva un
respiro solo ed era cosmico.
L’eterno
ritorno gli si era svelato. Una chiarezza sorprendente lo
trapassò. Le leggi relazionali tra tutte le parti gli apparivano
come evidenza. Il perché della storia gli si spiegava davanti. E
così pure le ragioni dell’impossibilità di una liberazione dal
ciclo della storia erano tutt’altro che incomprensibili.
Vedeva che
ruotavano da sempre intorno al perno imperituro dell’egoismo.
Vedeva che la celebrazione dell’Io, che l’uomo da secoli
perpetuava soddisfatto, ignaro di dove lo avrebbe portato, mostrava
ora il lato nascosto e spietato.
Capì che quel
nichilismo, che gli era sempre parso una morte insostenibile di
vitalità, corrispondeva a un’interpretazione superficiale.
Anch’essa un abbaglio dal quale, in quel momento, si stava
ravvedendo. Il segreto si era svelato e appariva nella sua banalità
come la pelle vuota di un corpo scuoiato.
L’equiparazione
di tutti i valori della vita e della storia non spaventava più. Non
era più un mostro che si nutriva delle nostre passioni, dei nostri
entusiasmi. Non era più una nebbia posata sull’orizzonte nel quale
avevamo creduto, nel quale ci eravamo riconosciuti. Il suo carattere,
piuttosto, era un altro. Incredibilmente, opposto. Quella
consapevolezza dell’inutile immanente a tutto, quella
mortificazione privata da ogni appello di liberazione, nulla aveva a
che vedere con la peggiore sorte che un uomo potesse percorrere.
Non credere a nulla
di quanto la storia ci ha mostrato è la nuce del passo mai compiuto
dagli uomini. La loro centratura sulla dimensione egoica della vita,
glielo aveva sempre impedito. Leggere il nichilismo in quel modo,
faceva finalmente luce su quanto gli era rimasto da sempre nascosto.
Su quanto si era sempre nascosto nell’inconscio universale che
ognuno ha nel sé.
Tutti gli interessi
meschini e tutte le prospettive parziali che l’ego rincorre; tutte
le energie che mette in campo per i suoi irrinunciabili progetti;
tutto ciò in cui si riconosceva, in cui inseguiva il suo futuro, era
ora chiaro, non erano che piccole espressioni di nuclei di vita
incapaci di vedere l’intero al quale appartenevano.
Ora gli era chiaro
che l’accesso alla dimensione della natura, l’interruzione della
separazione da essa, corrispondeva all’emancipazione di ciò che
aveva creduto di essere. Corrispondeva alla comprensione della
dimensione energetica degli opposti e la loro necessità di
conflitto. Gli era chiaro come uscire dalla storia. Ne
comprese in un istante tutta la logica. Comprese che tutti i
sentimenti sono identici in tutti noi e così le emozioni; che la
loro variazione è solo nel tempo e nel luogo, nell’occasione
opportuna; che sciamano tra noi. Comprese che in sostanza si riducono
a due soltanto. Uno di attrazione e uno di repulsione. E che era
quello il punto in cui si genera la scintilla del conflitto e del
dolore.
Comprese che ne
eravamo completamente dominati: essi dettavano la legge e noi le
ubbidivamo. Comprese che a causa di quel dominio la storia non poteva
che avere un solo sbocco, una sola identità: il conflitto. Le
eccezioni erano apparenze: la pace è una brace accesa pronta a
riprendere vigore soggiogata dalla giusta circostanza. Capì che
credere che una buona etica sia il necessario per risolvere i
problemi della storia era pensiero infantile rispetto al problema da
trattare. Tutta la sua dedizione a perseguire la rettitudine, aveva
da sempre comportato di oscurarne le contraddizioni. Comprese che,
come si dedicava alle sue passioni, si dedicava anche a moralizzare
il prossimo come avesse in sé l’ordine del mondo etico, che non
poteva ottusamente sottrarsi dalla sua edificazione. Comprese che si
considerava estraneo a quanto osservava.
Riconobbe quanto inopportuna fosse la sua dedizione a cercare nella
regolamentazione la sede della giustizia, così come nella punizione
quella della redenzione e nel caso – o in dio – quella delle
malattie e di tutte le sventure.
Comprese che era
lui stesso a fare il mondo che credeva di vedere; che la realtà non
era che in lui solo. Comprese il male che tanta inconsapevolezza
implica; che tanto egoismo necessita. Comprese di avere sbagliato
tutto. Ma non ne risentì, come accadeva prima per qualcosa che
pareva andato perduto. Il
crollo si era compiuto ed era totale, ma per nulla mortale, anzi.
«Il
moderno non sa nulla dell’individuo. […] La coscienza di sé come
individuo è generalmente andata smarrita. Egli si sente come un
atomo nell’infinita, articolata catena dello Stato. Il moderno
allontana da sé la responsabilità per la creazione della felicità
individuale e ne rende responsabile lo Stato, cioè le relazioni con
i suoi simili sono giuridicamente regolate. Le differenze individuali
implicano una differenza nelle aspettative. Poiché solo da qui
sorgono inadeguatezze per l’unità e l’omogeneità legali dello
Stato. Il moderno cerca di livellare le individualità con
un’istruzione il più possibile uniforme, cioè annientarle».
Carl
Gustav Jung
La
vita
«Colui
che vede tutti gli esseri in sé e se stesso in tutti gli esseri non
prova più odio».
Isha
Upanishad
La sua nuova
condizione elaborava il mondo e se stesso in una modalità del tutto
nuova. Percepiva l’energia, i nodi che le nostre pretese le
creavano impedendole di scorrere, impedendoci di riunire gli opposti,
sempre obbligandoci a identificarci con una delle parti, di liberarci
dall’arrogante maschera di un teatrante che sul palco della storia
si chiama Io.
Si accorse che
aveva spesso vissuto con paura. Si accorse che quell’incertezza,
cuore di ogni timore, gli depredava la vita, sempre, troppo coi freni
serrati da un pastone di convinzioni e convenzioni, una ricetta il
cui vero nome, ora lo comprendeva, era superstizioni.
Si sentì leggero,
ampio come non pensava la materia potesse concedere.
Una quiete era
scesa e la nebbia era svanita. Si rese conto di cosa fosse la vita
senza più anteporre se stesso alla sua interpretazione delle cose.
Si accorse che ciò che lo perturbava ora gli scivolava via. Si
accorse di poter amare senza pensare anche di possedere.
E si accorse anche
che, da quel nichilismo – tanto incompreso da chi non ha conosciuto
la disperazione – non era che la consapevolezza della futilità
degli affanni. Non era perciò che il prodromo al passo necessario
per accedere all’equilibrio, alla forza, al coraggio, alla
bellezza, alla vera vita.
«Fin
da quando nasciamo, gli altri ci dicono che il mondo è in un
determinato modo, e naturalmente noi non abbiamo altra scelta che
accettare che il mondo sia così come gli altri hanno detto che è». (Carlo
Castaneda)
Lorenzo Merlo
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