



Tempo addietro un cercatore mi pose una domanda in merito al risveglio dell'anima dopo quella che i mistici chiamano "l'oscura notte dell'anima". Risposi alla sua domanda con queste parole: “Caro cercatore, le rispondo sulla base della mia esperienza personale. Una volta ottenuto il Risveglio, ed avuta un'esperienza del Sé, quel che accade è che il nostro spirito (o Coscienza) percepisce la verità sul proprio essere. Questo fulgido momento d'illuminazione se avviene in una mente totalmente purificata dalle tendenze innate e dai desideri e paure regressi riconduce l'io al Sé ed al superamento di ogni dualismo: “Io sono quel che sono e che sempre sono stato e sempre sarò”.
Questa esperienza se definitiva può essere chiamata “Realizzazione” e possiamo averne un esempio concreto leggendo quanto avvenne a Ramana Maharshi, nel momento in cui egli stabilmente si fuse nel Sé. Se la mente del cercatore -invece- conserva ancora tracce di ignoranza nascosta, vasanas e samskaras inespresse, ecco che con il Risveglio inizia un processo di espulsione di questi fattori oscuranti. Non possiamo sapere come essi siano incistati nella nostra anima e quanto è necessario scavare nell'inconscio per poterli portare in superficie e quindi eliminarli, ma stia tranquillo che la cosa avviene spontaneamente, in seguito al “risveglio in atto”.
Questo processo può essere a volte doloroso e può ben essere chiamato “l'oscura notte dell'Anima”. Ma se non si perde la fiducia in se stessi, nel proprio Maestro, e si persevera nella ricerca con costanza, sincerità ed onestà, allora il processo sarà come qualsiasi altra “nuttata, che ha da passà”... e quindi non è poi così grave. L'amore e la devozione all'ideale offrono un grande aiuto.”
Paolo D'Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica
A Bombay è tutt’oggi fiorente la comunità Parsi composta dai discendenti dei sacerdoti zoroastriani che fuggirono dalla Persia, isola di cultura e civiltà ariana, con l’avvento in quel paese dell’islam. La religione di Ahura Mazda è basata sull’adorazione del fuoco sacro mentre i riti funerari prevedono l’esposizione dei cadaveri su alte torri affinché siano divorati dagli uccelli. Aria e fuoco sono due dei cinque elementi presenti nella tradizione sacrale ariana ed infatti la civiltà iraniana è indubbiamente di origine indoeuropea. Sull’antichità e sull’origine di questa civiltà ancora si sta discutendo, essendovi diverse teorie sulla sua formazione.
Alla luce di recenti scoperte fatte nella valle dell’Indo e del Saraswati, attualmente in territorio pachistano, risulta che esisteva circa 12.000 anni a.C. una fiorente civiltà con città e porti grandiosi. Il fiume Saraswati, il cui antico percorso è stato individuato con i sistemi satellitari, si essiccò circa settemila anni a.C. e da quel momento iniziò un esodo, in diverse fasi, della popolazione sino all’abbandono definitivo degli antichi insediamenti, la civiltà dell’Indo si spostò da un lato verso la valle del Gange e dall’altra in Persia ed in Mesopotamia e successivamente in Europa... Tutto ciò coincide con quello che viene definito il termine ultimo della cultura matristica e l’inizio del patriarcato.
Infatti nelle antichissime città di Moenjio Daro ed Harappa, molto estese e ricche di zone verdi, non vi erano tracce di grandi palazzi o templi che lasciassero intendere un potere centralizzato, tipico del patriarcato, mentre vi erano servizi e abitazioni simili per tutti gli abitanti (parecchie centinaia di migliaia), tra l’altro una caratteristica importante era il sistema idrico e fognario diramato sistematicamente in tutto il centro urbano.
Vi è poi un altro riscontro storico basato sulla narrazione dei Veda, sul riconoscimento delle varie divinità, che precedentemente erano di carattere ctonio. Ciò che lascia perplessi, infatti, è che in sanscrito, la lingua nobile dell’India, i demoni, ovvero le divinità ctonie, sono chiamati “asura” mentre in Persia il nome “asura” denota la divinità principale (vedi appunto il nome di Ahura Mazda). Un’altra particolarità è che in sanscrito i demoni sono detti “rakshasa” che tradotto letteralmente significa “protettori” e tali erano considerate le divinità della natura nel periodo matristico.
Insomma pare che in Persia fosse rimasta più a lungo che in India la tradizione antecedente, come ad esempio accadde a Creta rispetto al resto della Grecia già dominata dall’ondata ariana di configurazione patriarcale. L’ultima ondata di lingua e cultura indoeuropea furono gli Hittiti (ed anche i Sinti) che avevano la conoscenza della lavorazione del ferro e della ruota a raggi, cose ancora sconosciute in Mesopotamia e nel mediterraneo.
In Persia, zona di transito, la religione di Ahura Mazda aveva perciò mantenuto alcuni elementi del periodo matristico antecedente e questa religione all’arrivo degli islamici ritornò alla terra madre, in India. Un’altra particolarità che lascia supporre l’origine matristica della religione di Ahura Mazda è anche la posizione femminile che non è strettamente subordinata al potere maschile, molto accentuato invece nelle altre religioni.
Paolo D’Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica
"Non preoccuparti di salvare queste canzoni
e se uno dei nostri strumenti dovesse rompersi, non importa.
Noi siamo caduti in un posto dove tutto è musica.
L’arpeggio e le note del flauto si levano nell’aria
e se anche l’arpa del mondo bruciasse
vi sarebbero ancora altri strumenti nascosti.
Quest’arte del canto è schiuma di mare.
Questi moti gentili sorgono da una perla del fondo marino,
essi nascono da una radice forte e potente che non vediamo.
Ora basta con le parole.
Apri la finestra nel centro del tuo cuore
e lascia che gli spiriti volino dentro e fuori…"
"La mente (ego) tende ad appropriarsi delle esperienze vissute. Naturalmente non è necessario, al fine di realizzare la nostra vera natura, "negare" l'identità fisiologica (nome-forma) ma dobbiamo integrarla con il Tutto, anche perché ne facciamo parte ed il Tutto è inscindibile. Vedi il concetto di “ologramma”, in cui ogni parte che compone l'immagine è costituita dalla totalità dell'immagine stessa. Illudersi di essere separati dal Tutto significa cadere nel dualismo separativo. Il nome-forma è come un'onda che sorge sul mare dell'Assoluto, il quale è appunto il substrato necessario all'esistenza dell'io. Realizzare che l'io è solo il Sé riflesso nello specchio della mente è la chiave della Conoscenza" (Saul Arpino)