1 agosto 2009 - "Quella volta che volevamo andare in Ciociaria ma il destino volle che ci fermassimo a Colleferro…” – Racconto di viaggio con poesia di Gabriele D’Annunzio

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Con tutti danni che hanno fatto i romani, prima quelli dell'impero e poi quelli del papato, almeno contribuirono a formare un’identità condivisa in terra “ciociara”.
La parola Ciociaria deriva da “cioce” le calzature di pelle appiccicate su misura al piede che per la verità venivano usate un po’ ovunque nell’Italia centrale e meridionale, ma che durarono più a lungo e furono più diffuse in terra ciociara (appunto). In verità quella che noi oggi conosciamo come la Ciociaria era un tempo una regione molto più vasta che comprendeva buona parte dell’attuale provincia sud di Roma e dell’attuale provincia di Latina. Il simbolo di questa terra è stato in epoca romana il celeberrimo "avvocato" Cicerone, così chiamato perché nato balbuziente vinse il suo difetto mantenendo in bocca una “cicerchia” (tipo di legume), in epoca medioevale fu l’abbazia di Monte Cassino a dar lustro all’area, ed in tempi moderni è stata la famosa frase di Nino Manfredi (di Ceccano) “Fusse ca fusse la vorta bbona...”.
Ma molto prima, prima ancora che nascesse Roma, la terra ciociara era abitata da una varietà di popolazioni italiche: Volsci, Ernici, Equi, Sanniti… con spruzzi di Etruschi e Greci. Oggigiorno è soprattutto l’origine “volsca” che tende ad essere matrice di riferimento culturale per molti centri della zona. Questo perché da diversi archeologi la civiltà dei Volsci viene riconosciuta come “luminosa e fertile” (molti i reperti conservati al Museo di Castro dei Volsci). Però c’è da dire che solo durante il papato la terra ciociara cominciò ad acquisire una identità comunitaria, distaccandosi pian piano da legami “antichi” con le genti del Casertano – Napoletano, del Molise e dell’Abruzzo. Nacque così la “Ciociaria” ed effettivamente questo territorio meriterebbe una propria identità bioregionale.
Infatti se dovesse scorporarsi il Lazio, come da me previsto nell'opzione del riassetto amministrativo in chiave bioregionale, le parti della provincia di Roma sud e di Latina che sono molto affini a quest’ambito potrebbero riaggregarsi in una nuova entità amministrativa. Ma questa per il momento è fantapolitica….
Ritornando comunque alle “radici” ciociare -avendo anch’io un ascendente in tal senso, essendo mio nonno paterno originario di Arpino,  decisi di visitare la terra Ciociara, il 1 agosto 2009,  invitato da un gruppo di artisti  di Castro dei Volsci che desideravano farmi  riscoprire  antichi valori di ospitalità e di solidarietà umana.
Nella mia discesa verso le origini decise di accompagnarmi la cara amica, nonché segretaria del Circolo VV.TT., Luisa Moglia. Quel che segue è il racconto della nostra avventura.

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Colleferro, Segni Paliano 1 agosto 2009
Mentre aspettavamo non si sa bene cosa, un treno, una grazia, un’ispirazione, un aiuto dal destino, nella stazione di Colleferro, la porta della Ciociaria, ecco che Laura ha trovato su una lapide in pietra affissa alle pareti della biglietteria una poesia di Gabriele D’Annunzio, che sembrava scritta apposta per noi. Sarà stata dedicata alla terra Ciociara dal poeta ancor in giovane età, nel 1889, allorché visitando quelle parti restò incastrato da qualche intoppo che gli impedì di proseguire. 
Ecco il poemetto: “L’alberello. Oh tu nell’aria grigia, torto e senza fiori, alberel di Segni Paliano, che deridendo accenni di lontano alla inutile nostra impazienza…” (Gabriele D’Annunzio).
Tutto è iniziato con l’invito ricevuto da alcuni amici di Castro dei Volsci che desideravano farci conoscere il posto. Avevano predisposto tutto per riceverci: il pranzo di benvenuto al ristorante centrale, la camera nell’albergo “diffuso”, la festa serale in piazza, il raduno di vari artisti del territorio giunti a Castro dal mattino per poterci incontrare… Ma il destino ha voluto che restassimo invece bloccati alle porte della Ciociaria, a Colleferro, e che mangiassimo un tramezzino al bar della stazione e che riposassimo le esauste membra sulle panchine di pietra della stazioncina ferroviaria… in attesa di qualcosa che non sapevamo bene cosa fosse ma che alla fine, giunte le ore pomeridiane, si trasformava nell’unica possibilità rimasta: tornarcene a casa!
Ma comincio dall’inizio. Da quando decisi di affrontare il viaggio in Ciociaria, per rendere omaggio ai miei avi e per combattere la mia pigrizia inveterata. Così mi sono trovato a vivere un’avventura epica, a vari livelli…. dall’infernale al paradisiaco con tutte le vie mediane.
Mentre avevo trascorso la notte del 31 luglio in ambascie, in seguito ai rimbombi dei bassi che giungevano sin dentro casa dalla “festa” rave tecno diabolic music organizzata a Monte Gelato, musica a palla giorno e notte, con il beneplacito delle autorità (roba da matti…).
Insomma per allontanarmi dall’inferno del chiasso tecnologico mi sembrava una benedizione poter  andare a Castro dei Volsci. Ma già all’inizio sono accadute varie cosucce che mi hanno segnalato quale sarebbe stata l’energia della giornata. Appena uscito per strada ho incontrato il solito satanasso, soddisfatto dai suoi dispetti ordinari, che canticchiava maligno e quello mi è sembrato un segnale nefasto, poi ho atteso a lungo sul cavalcavia Luisa, che a mia insaputa era stata bloccata a casa sua da una assurda storia di piscina da curare lasciatale in eredità dai suoi vicini… che -bontà loro- son partiti in vacanza. La piscina si è riempita di alghe e lei ha dovuto chiamare vari tecnici, tutto dalle 6 e mezza di mattina sino alle 9 e mezza, ed ha dovuto procurarsi varie sostanze e tipi di cloro da immettere nella vasca. Poi dopo aver combattuto per tre ore con questa sua prova Karmica/piscinale è venuta a prendermi al cavalcavia dove io l’attendevo da tempo non sapendo degli intoppi.
A Roma con qualche piccola vicissitudine abbiamo raccattato Laura, sulla via Cassia,  e poi sulla Tuscolana a Cinecittà abbiamo raccolto il quarto ospite, Vincenzo, che ci aspettava alla fermata di un autobus. Poi abbiamo girato in tondo per andare a bere un cappuccino nel “baretto giusto”, infine avendo fatto il pieno di benzina ci siamo avviati sull’A1 verso Napoli. 
Giunti all’altezza di Colleferro la macchina di Luisa ha iniziato a fare rumori strani, lei si era dimenticata di ingranare la quarta ed avevamo viaggiato in terza per tutto il percorso autostradale. La spia dell’olio era rossa. Ci siamo fermati ad una piazzola e lì stavamo già pensando di chiamare un carro attrezzi in soccorso allorché abbiamo deciso di tentare la sorte ed almeno arrivare alla prima uscita. Appunto Colleferro. Per fortuna poco fuori il casello c’era il servizio ACI e lì abbiamo depositato la macchina. Il meccanico ha detto subito appena ha sentito il rumore: “il motore è fuso”.
Così siamo andati alla stazione ferroviaria di Colleferro ed abbiamo preso i biglietti per Castro dei Volsci, dopo un po’ che aspettavamo il treno l’annunciatore ha comunicato che c’era un incendio fra Ciampino ed un altra stazione che ora non ricordo, i treni viaggiavano con imprecisato ritardo, stavamo allora  meditando di tornare a Roma ma abbiamo perso il treno per indecisione... Stavamo allora  pensando di andare egualmente a Castro dei Volsci ma ormai s’era fatto troppo tardi ed i treni erano bloccati in entrambe le direzioni. Alla fine ci siamo accorti che fuori della stazione c’era un autobus che stava partendo per l’Anagnina, l’abbiamo preso al volo e dopo vari giri siamo infine giunti a casa di Laura, che ha preso la macchina e ci ha riportati qui a Calcata, me, e Luisa a Nepi, (Vincenzo si era già accasato dalla stazione Anagnina vicina alla Tuscolana).
E pensare che al ritorno a Calcata ho ricevuto una lettera di Simona che mi diceva: “Ciao Paolo, ho letto che da Etain è stato un successo sotto tutti i punti di vista. Sono contenta per voi, spero che verrà anche per me il momento di conoscere lei e il luogo. Perché non decidi un giorno insieme a Laura o Luisa o altri di venire a pranzo qui da me? Muoviti anche tu ogni tanto pigrone… un abbraccio, Simo”
Siete contenti della storia che ho raccontato?
Paolo D’Arpini,  2 agosto 2009 
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P.S. Ad integrazione del presente articolo leggete la storia sulla Ciociaria scritta da Antonella Pedicelli: http://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2009/08/ciociaria-ciociaria-per-piccina-che-tu.html

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Riflessioni sulle parole e sulla forma di Osho
… ho avuto la sensazione, osservandolo e leggendo alcune sue frasi, che il tempo si fermasse. Non vedo giudizio, non trovo attesa, semplicemente “esserci”, stare, in un completo e condivisibile silenzio, dove le parole acquistano una veste universale. Ci si siede e si osserva ciò che accade: è l’incontro dell’alba con la notte, del vecchio con il giovane, è la linea d’ombra che non vediamo, riflessa negli abissi oceanici; è il colore del vento che prende forma, è il gioco che non ci siamo mai concessi che ruba il suo manifestarsi ad ogni altra azione; è il nulla che semplicemente E’…. 
Per un attimo si ha quasi l’impressione di percepire il volto di Dio mentre sorride… (A.P.)

Il karma è karma ... Ma che è 'sto "karma"?


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“Ho ricevuto un malinconico commento dalla mia amica Rossella in proposito delle vie del karma, per come esse sono crudeli ed apparentemente ingiuste: "Se esiste il karma, individuale o collettivo, è un'altra legge crudele, in un mondo crudele voluto da un Dio, secondo me, crudele". 

Succede che proprio per la strumentalizzazione di questa presunta crudeltà nascono tutte quelle forme ideologiche dualistiche che  si prefiggono di comprovare la "realtà" del sogno del divenire. Queste ideologie possono essere religiose od atee, non ha importanza, possono essere rivolte a modificare la qualità del sogno oppure tout court ad ignorarne gli aspetti rivolgendo la propria attenzione al un ipotetico "aldilà". Insomma in un modo o nell'altro si da per scontato che quello che viviamo o "vivremo" (in questo mondo o nell'altro) sia l'unica realtà possibile... ed è così che si perpetua il karma, il destino dell'uomo e di tutto ciò che lo circonda. "Il destino crudele" lo definisce Rossella e con lei chissà quanti altri.... Ma a veder bene chi è Rossella e chi sono quegli altri e chi quell'io che scrive e il tu che leggi?

“Il guaio del concetto di "Dio" è che noi lo riteniamo  un ente alieno, separato da noi, per questo, guardando con gli occhi della spiritualità laica, io non apprezzo molto le religioni teiste. Nel girare in tondo versò ciò che siamo, nel "percorso" del ritorno alla nostra pienezza, che non abbiamo mai perso ma solo dimenticato, ci sembra di toccare delle "tappe". Talvolta ci piace sostare nel concetto dell'etica ma il concetto di bene e di male è un contro-altare da saltare a piè pari. Yin e Yang sono aspetti relativi alla manifestazione, come il polo positivo e negativo dell'energia elettrica che fa muovere il mondo.

Lasciamo da parte ogni spiegazione morale che non farebbe altro che creare ulteriore confusione poiché sta all'interno dell'illusione, nello specchio duale della mente, lasciamo da parte ogni concettualizzazione, vediamo se resta qualcosa... 


Qualcosa resta di sicuro, è la Coscienza che consente ogni visualizzazione e percezione, che è la "percezione" stessa. In ognuno di noi è la sola presenza reale  che illumina il senso dell'io e del tu. Senza detta coscienza non potrebbe esistere alcunché. Tu sei -io sono- quella coscienza e basta.

La coscienza non è ciò che appare nella coscienza, non è -per intenderci- sensazione, pensiero, emozione, intuizione, visione ma è quella luce che rende possibile ogni percepire. Perciò anche questa spiegazione fatta di parole non può qualificare o indicare la coscienza. E perfino questo mio, è un futile tentativo di definire l'indefinibile,  ogni definizione è contenuto e mai può essere contenitore.  Come vedi, non possiamo seguire un tracciato solido, ma possiamo almeno stabilire ciò che "non" è coscienza, neghiamo ogni costrutto, assioma, assunzione, pretesa di  descrivere ed incarnare la coscienza. Ed è proprio in questi termini che si configura la mia opposizione nei confronti delle religioni e delle ideologie. Ma  non vi è alcun obbligo a restare impantanati in un "credo" (il momento che ne hai capito le conseguenze). Solo colui che insiste nel voler credere è compartecipe del bene e del male di quel credo.  

Eppure, non è il credere anch'esso un pensiero? E non dicevamo poco fa che la coscienza  non può mai essere "rappresentata" da un pensiero, da una immagine?

Quindi, perché restare avvinghiati a qualcosa che è mera illusione, un simbolo duale del "bene e  male"? Ed inoltre, non è forse detto persino nella bibbia che l'uomo fu allontanato dal paradiso terrestre per aver voluto tastare il frutto del bene e del male? E non è detto, ancora, stavolta nel vangelo, ‘beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli?’ Ed in questo caso non è forse lo spirito della caparbietà e dell'illusione di considerarsi separati che impedisce l'accesso a quel regno? Dal tutto sorge il tutto, se dal tutto togli il tutto solo il tutto rimane!

Paolo D'Arpini 

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Meditazione - La coscienza è sempre qui ed ora...

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C’è una sostanziale  differenza, nell’atteggiamento interiore,  se noi crediamo di aver scelto il compimento di una determinata azione (o corso di azioni) oppure se noi semplicemente sentiamo di star affrontando delle contingenze (se rispondiamo  cioè allo stimolo degli eventi in corso).  Nel primo caso ci sentiamo responsabili ed abbiamo precise aspettative verso i risultati del nostro agire, nel secondo sappiamo che la nostra energia si muove in sintonia con le condizioni in cui ci troviamo e non calcoliamo di dover adempiere ad un preciso fine.   E’ evidente che nel primo caso sperimentiamo un senso di costrizione, delusione o speranza,  mentre nel secondo il nostro comportamento molto somiglia ad un gioco infantile.  
Sappiamo bene che il distacco e la quiete interiore sono un fattore importante per la riuscita, tant’è che al momento di superare un esame facciamo di tutto per sentirci rilassati, anche se -in verità-  lo sforzo stesso di rilassarci non produce l’effetto desiderato…
Eppure, nel mondo parliamo di “riuscita” in ben altri termini e cerchiamo sempre di porre l’accento sul nostro “sforzo personale”.Ma torniamo a considerare il primo caso, in cui  definiamo il nostro agire una “libera scelta”,  agendo come bulldozers e seguendo regole precise auto-imposte o subite,  affermando  “questa è la nostra decisione” e seguendola con   fede cieca.  Magari non siamo consapevoli che nel secondo caso potremmo facilmente galleggiare -o nuotare- seguendo la corrente  e che la nostra volontà  corrisponderebbe spontaneamente alla nostra disposizione innata…
Vediamo ora che i risultati ottenuti nel primo caso sono per noi frutto di preoccupazione e sconforto mentre nel secondo caso, navigando a vista, ogni risultato è una scoperta, ogni approdo un arricchimento. Ma -stranezza del caso-  sentiamo affermare nel mondo “…quello è un uomo tutto d’un pezzo e di successo che si è fatto da sé lottando con le unghie e coi denti…” e per contro “…quella persona è un sempliciotto che vive in beata innocenza, senza interessi e non sa nemmeno cosa  è bene e cosa è male…”.
Ed a questo punto vorrei chiedervi, non furono cacciati Adamo ed Eva dal paradiso terrestre proprio per aver assaggiato il frutto del bene e del male?  Eppure di tutta la Genesi questo, che mi sembra il passaggio più significativo, viene spesso descritto come una favola… in realtà è un’allegoria dell’uscita dall’armonia dell’unità primigenia e l’entrata nell’inferno della differenza, del dualismo e della separazione.
Per fortuna non dobbiamo aspettare molto (né tante e neppure una vita,  basta un momento) per capire il trucco dell’illusione, della proiezione egoica duale,  giacché l’unità e la presenza nella coscienza non è mai venuta meno, è proprio qui ed ora e non allora o domani… Paradiso ed inferno son solo paradigmi della mente, nel divenire.
Si chiedeva Eric Fromm: “essere o avere?”

Paolo D’Arpini
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