Gira e rigira il Centro è sempre lo stesso...

 


Nel paradiso indù c’è un albero chiamato Kalpataru. Significa: “l’albero che esaudisce i desideri”. Per caso passò di lì un viaggiatore ed era così stanco che si sedette sotto l’albero. Aveva fame, quindi pensò: “Se ci fosse qualcuno, chiederei qualcosa da mangiare...”


Nel momento in cui l’idea apparve nella sua mente, all’improvviso apparve anche del cibo e l’uomo era così affamato che non si prese la briga di pensarci. Lo mangiò. Poi cominciò ad avere sonno e pensò: “Se ci fosse un letto...”. E il letto apparve.


Ma mentre era sdraiato sul letto sorse in lui il pensiero: “Cosa sta succedendo? Non vedo nessuno qui, eppure è arrivato del cibo, è arrivato un letto... Forse ci sono dei fantasmi che mi fanno degli scherzi!”. E all’improvviso apparvero i fantasmi!  L’uomo ebbe paura e pensò: “Ora mi uccideranno!”. E così fu!

 


Due leggi

Nella vita vige la stessa legge: se pensi ai fantasmi, non possono che apparire. Pensa e vedrai! Se pensi ai nemici, li creerai; se pensi agli amici, appariranno. Se ami, l’amore appare ovunque intorno a te; se odi, appare l’odio. Qualunque cosa tu stia pensando viene materializzata da una certa legge. Se non pensi a nulla, non ti succede nulla.

Ci sono due leggi. Una legge è della mente. Con la legge della mente continui a creare l’inferno intorno a te; gli amici diventano nemici, gli amanti si rivelano nemici, i fiori diventano spine. La vita diventa un peso e si patisce semplicemente. Con la legge della mente, vivi all’inferno ovunque tu sia. Se scivoli fuori dalla mente, scivoli fuori da quella legge e all’improvviso vivi in un mondo completamente diverso. Quel mondo diverso è il nirvana. Quel mondo diverso è Dio. Poi, senza fare nulla, tutto comincia ad accadere.

Quindi lasciamelo dire in questo modo: se vuoi fare, vivrai nell’ego e sarai costantemente nei guai. Se abbandoni l’ego, se abbandoni l’idea di essere un agente, se semplicemente ti rilassi nella vita e ti lasci andare, sei di nuovo nel mondo di dio, nel Giardino dell’Eden. Adamo torna a casa. Poi le cose accadono.


La storia dice che non c’era bisogno che Adamo facesse nulla nel Giardino dell’Eden. Tutto era a sua disposizione. Ma poi cadde in disgrazia e fu scacciato. Diventò istruito, un egoico e da allora l’umanità soffre.


Tutti devono tornare nel Giardino dell’Eden. Le porte non sono chiuse: “Bussate e vi sarà aperto. Chiedete e vi sarà dato”. Ma bisogna tornare indietro. Il cammino è dal fare all’accadere, dall’ego al non-ego, dalla mente alla non-mente. La non-mente è ciò di cui si occupa la meditazione. Quel mondo diverso è il nirvana. Quel mondo diverso è Dio...

Osho



 Brano tratto da: L'antico canto dei pini, Ed. Psiche

“La Luce della Notte” di Pietro Citati - Recensione

 


E’ proprio vero, la dimensione dell’irrazionale e dell’insolito che uno credeva di essersi lasciato alle spalle, immerso nella concitazione della vita quotidiana o nella voglia di rilassarsi e lasciar tutto alle spalle, ecco che, quando meno te l’aspetti, rientra da quella finestra dell’anima mai rimasta completamente chiusa. Magari in una domenica estiva, fatta di vagabondaggio a cavallo della propria moto tra le fresche valli del Reatino, sin su tra le nude cime del Terminillo e poi giù tra vallate oscure e silenziose, che lasciano, d’improvviso, spazio ad uno dei tanti splendidi borghi dell’Italia Centrale, Leonessa. 
Fermare la moto, vagolare tra le vie della deliziosa cittadina, fermarsi in piazza e buttare l’occhio lì, tra quelle bancarelle dove, alla rinfusa tra altri libri, ammassati a guisa di scarti di spazio-tempo, in attesa di esser penetrati dall’umana curiosità, ne giace uno, che sembra lì esser stato gettato per caso dal Fato e che attira subito la mia attenzione. Una breve trattativa e lo faccio mio, coprendolo con cura in una busta ed infilandolo nel mio immancabile zainetto da viaggio. 
Pietro Citati con il suo “La Luce della Notte”, è uno di quei rari autori dotato del dono di saper intrecciare filosofia, metafisica e narrazione in un insieme talmente agile e scorrevole da catturare la tua attenzione e da trascinarti nel vortice di una narrazione, che parte da una dimensione spazio temporale dilatata quasi all’infinito, in grado di far toccare sino a confondere, i confini tra l’atemporalità del mito e la storia, quale quella rappresentata dalla steppa degli Sciti e dai loro misteriosi Kurgan, sino alla microcosmica dimensione della umana schizofrenia che chiude un libro, che altro non è che una corsa. 
Una folle corsa attraverso immagini, storie, uomini, tutti accomunati da una spasmodica apertura all’irrazionale, a quella dimensione mitopoietica che involge, avvolge, coinvolge i protagonisti tutti, in una continua tensione esistenziale, in cui il mito sembra entrare e catturare le menti dei vari protagonisti, salvo poi abbandonarli repentinamente al loro tragico destino ed infine rientrare per lasciare nuovamente una indelebile traccia di sé…. Ma questo libro è anche, e principalmente, un affastellarsi di sensazioni e di emozioni. 
E’ lo “stupor” del Re di Persia dinnanzi alla sua impotenza davanti alla sfuggente indomabilità scitica. E’ la “melancholia” di Saturno che sembra lasciare, silenziosa, le proprie tracce nell’animo umano. E’ la virtù ed il multiforme ingegno di Odisseo, figlio di Hermes, dio dei ladri e padre putativo di tutti gli iniziati. E’ la comica vanità di Apuleio, tramutato in Asino, salvato e reso iniziato da Iside in persona. E’ la sbigottita descrizione dello gnostico Valentino di un Dio, di un Uno, che tale “non è”, perché talmente abissale e lontano da noi da non poter Essere se non, per l’appunto, Abisso. E’ l’irrompere del Cristianesimo paolino e della sua predicazione fatta di una secca intransigenza, tra le pieghe della tranquilla armonia neoplatonica. E’ la “Commedia” di Dante con la finale esperienza di contatto con quella Luce, con quella luminosa sorgente principiale, per la quale non si riescono a trovare parole sufficienti, a rendere una descrizione. 
Ma è anche l’assurda aderenza degli ultimi monarchi amerindi alle indicazioni di un mito, che porterà al compimento di un tragico destino. E’ la versione non ortodossa della Bibbia da parte degli islamici, che non contrasta affatto con il fiabesco mondo delle “Mille e una Notte”, la cui dimensione sembra intersecarsi con la dimensione del reale in un inestricabile e misterioso Tutto. 
E’ il giuoco di luci e di ombre del Tao cinese, che passa dalla tranquilla ed estatica immersione in una dimensione edenica fatta di giardini, palazzi incantati, sentimenti delicati e soffusi, alla desolazione, all’abbandono ed alla morte, che seguono al repentino abbandono di un mondo, da parte della dimensione “altra”. E’ quel magico flauto mozartiano, che proietta lo spettatore nella dimensione mitica ed iniziatica dell’Egitto Isideo, in un misterioso intersecarsi di vicende umane e divine. E’ la ricerca della Shekinah, delle tracce di quella Luce, che, a detta dell’Ebraismo eterodosso della cabalistica, qua e là fanno la loro comparsa in un mondo corrotto dalla materia. E’ la leopardiana ricerca di un contatto immediato, con l’Infinito, che, a guisa di un vero e proprio “Satori”, sappia immedesimare l’animo umano, con il continuo fluire di quell’onnipresente Apeiron/Infinito, che contrasta in modo stridente e dolce allo stesso tempo, con la caducità delle umane cose e del mondo che sta loro attorno. E’ la malattia mentale, la schizofrenia nella fattispecie, vista quale stadio di proiezione dell’animo umano verso dimensioni “altre”, proprio a causa della frantumatoria rifrazione dell’ IO cartesiano, che ne sta alla base. 
E’ la Gnosi che di sé permea l’intera narrazione di Citati, la cui magica abilità sta nel portare esempi e vicende tra loro apparentemente lontane e scollegate,nel tempo come nello svolgimento, ma tutte egualmente accomunate dal continuo intersecarsi con una realtà “altra” che esce ed entra nelle umane cose a piacimento, esaltando e mortificando, lasciando intravedere e celando, spalancando prospettive e chiudendosi in sé, lasciando nello sgomento protagonisti e spettatori. L’unica possibilità che, a questo punto, a detta del Citati, rimane all’uomo, è quella di Egli farsi narratore di quegli eventi. Ulisse, Apuleio, Plutarco, Sant’Agostino, Dante, Cristobàl de La Casa, Mozart, Leopardi e tutti gli altri, attraverso la narrazione, si fanno interpreti di quella heideggeriana esigenza di aprire l’uomo alla dimensione dell’Essere, facendone il “pastore” di quest’ultimo. 
E così se, due modalità di pensiero tanto lontane e differenti, quali quella Gnostica, disperatamente dualista ed emanazionista “par excellence”, da un lato, e dall’altro, quella heideggeriana, antimetafisica ed immanentista, sia pur in un ambito “neo parmenideo”, qui trovano un comune terreno su cui andare a collimare; in un altro ambito, quello della metastoria, la dimensione del mito e dell’insolito viene qui a coincidere ed intersecarsi con quella della Storia e della vita vissuta, senza soluzione di continuità. Ed in quel suo stesso manifestarsi quale narratore e “pastore” dell’Essere, l’individuo vede riunirsi in sé l’ ”archè” della dimensione mitica, in Occidente inaugurata da Ulisse il narratore ed il viaggiatore, quale figlio di quell’Hermes/Mercurio, nel ruolo di 
Colui che fa dell’uomo un essere dal “multiforme ingegno”, e quella dimensione meramente filosofica, rappresentata dal proiettarsi verso la dimensione di quel nietzschiano “Oltreuomo/Superuomo”, aperto alle dimensioni di un Essere che nella sua Molteplice natura di Tutto è Uno e viceversa, perfettamente rappresentato e condensato in quell’ “En Kài Pan”, a cui tanti filosofi, da Herder, Fichte, Hegel e tanti altri ancora, si sono richiamati. Così, per mano di uno scrittore, l’Occidente finisce, ancora una volta, per rivelarsi a noi in tutta la sua peculiare contradditorietà di “magnum misterium” e di inestricabile ed affascinante “coincidentia oppositorum”.
Umberto Bianchi 



Archeologia e antropologia - I misteri della Valle del Treja...




Tanti anni fa percepii misteriosi  messaggi dall’inconscio, che mi indicavano quello che Calcata era stata ed il suo ruolo nelle trame primigenie della vita nella società umana. E’ come se gli antichi spiriti della valle del Treja, il genius loci, mi parlassero per confidarmi dei segreti rimasti per troppo tempo nascosti. A dire il vero la verità su Calcata e sull’antichità della civilizzazione ad essa collegata mi era stata svelata già con il libro dell’archeologo Potter che negli anni ’60 fece una grande campagna di scavi su Narce, riscontrando le vetustà del sito. 
In un’altra occasione ricordo la visita di Marcello Creti, un sensitivo che viveva a Sutri, il quale mi raccontò di una antica civiltà Antalidea che aveva trovato rifugio a Calcata, attenzione non si tratta dei rifugiati di Atlantide bensì di un’altra mitica popolazione di “prima che nascessero gli dei”, secondo lui di origine extraterrestre Io invece propendo per una provenienza terrestre, dalla valle dell’Indo (Moenjo Daro, Harappa e Dwarka) che subì un tracollo in seguito all’essiccazione del fiume Saraswati ed a una grande guerra universale (per quei tempi) avvenuta circa ventimila anni prima di Cristo. 
Secondo alcuni storici religiosi induisti tale guerra è descritta nel Mahabarata, un’epica in cui si parla di armi potentissime e di veicoli volanti. Insomma presuppongo che una fazione transfuga riuscì infine a rifugiarsi lontano dal campo di battaglia, qui sul Treja (che tra l’altro riprende il nome di un maestro d’origine divina chiamato Dattatreya) contribuendo infine alla fondazione di Fescennium (la città primigenia dei Falisci) . Infatti i Falisci parlavano una lingua indoeuropea (molto simile al sanscrito) essendo in realtà il latino stesso, cosa che mi fa presupporre che i latini non fossero altro che una tribù falisca. Ma di tutto questo parlerò un’altra volta…
Insomma l’importanza di Calcata mi era stata rivelata in vari modi, ma non c’è un vero e proprio riconoscimento ufficiale delle mie teorie da parte degli archeologi e storici, che preferiscono non sbottonarsi su ipotesi “fantasiose”, sia pur affascinanti e presumibilmente vere. Comunque è certo che Calcata è all’origine di ogni altra civilizzazione italica, essendo il luogo in cui una civiltà si manifestò per prima...
Paolo D’Arpini

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Particelle elementari e il “Modello Standard”...

 


Tutte le particelle note sperimentalmente (fotoni, elettroni, quark, neutrini, ecc.), comprendendo anche quelle rilevate nei raggi cosmici da P. Brackett, G. Occhialini e C. F. Powell, come Positroni,  Muoni,  Pioni e Kaoni, sono state riunificate in un unico sistema: il “Modello Standard”. Questo modello comprende sia le particelle di tipo “fermionico” (che seguono la statistica di Fermi-Dirac) sia quelle di tipo “bosonico” (che seguono la statistica di Bose-Einstein).

Esso è caratterizzato da una simmetria semplice (con una sola “costante di accoppiamento”) detta “Simmetria di Gauge”. In questo modello, forse non perfetto ma sostenuto da robuste prove sperimentali, compaiono tre interrelazioni sub-atomiche con i relativi campi di forza: il Campo elettromagnetico, che opera a livello universale globale ed ha come sua particella agente il Fotone; la Forza nucleare debole che agisce nei decadimenti “Beta”, e che opera attraverso i bosoni Z; e la Forza nucleare forte che tiene unito il nucleo atomico, che opera attraverso un altro bosone: il Gluone.
 
Una prima unificazione tra Campo elettromagnetico e Forza nucleare debole, che si manifesta al livello di energie più elevate, fu realizzata nel 1967 dal noto fisico statunitense Steven Weinberg, che le comprese entro un’unica Forza elettrodebole ed individuò anche i “bosoni” W e Z implicati nel fenomeno. Weinberg ottenne per questo il Premio Nobel nel 1979 insieme a Sheldon Lee Glashow Abdus Salam. Anche ricercatori italiani come N. Cabibbo e C. Rubbia hanno dato contributi a questa teoria.
 
Successivamente furono messe a punto teorie di Grande Unificazione note come GUT (Grand Unification Theory), che comprendono anche l’interazione nucleare “forte”, e teorie ancora più ambiziose che vorrebbero inglobare anche il Campo Gravitazionale (unificando Relatività Generale e Fisica Quantistica) note con la sigla TOE (Theory of Everything) o Teorie del Tutto. Queste teorie, prive di solide basi sperimentali, si basano sull’uso di matematica sofisticata, come la teoria dei gruppi di Sophus Lie, ecc., e prevedono schemi super-simmetrici tra particelle, con confronto tra varie costanti.
 
Purtroppo per dare dimostrazioni sperimentali alle teorie super-simmetriche, che intendono porre in un’unica cornice la forza di gravità presente nel Cosmo con le forze sub-atomiche presenti nell’atomo, servirebbero enormi energie molto superiori a quelle degli odierni acceleratori. Si è calcolato che per investigare sulle teorie di grande unificazione servirebbero enormi energie di 13 Tev, e per la super-simmetria sarebbero necessari 16 Tev, mentre finora la macchina acceleratrice più potente (quella del CERN di Ginevra) può giungere al massimo a 7 Tev(2).
 
È in fase di progettazione un nuovo gigantesco impianto di accelerazione costituito da una galleria lunga 100 Km che passerebbe sotto il lago di Ginevra collegando Svizzera e Francia e dotato di magneti potentissimi; ma si tratta – per ora - solo di un progetto del CERN. Molti fisici ritengono che, per giungere ad una teoria unificante bisognerebbe investigare al livello della distanza di Planck (circa 10-35 m) enormemente più piccola della dimensione dell’atomo (10-10 m), mentre le attuali tecnologie possono giungere fino a 10-9x 10-9m.
 
La più nota teoria globale è quella delle stringhe(2), innescata da un articolo del 1968 del fisico italiano Gabriele Veneziano relativo a uno studio sull’interazione “forte” che comportava l’uso della funzione “Beta” di Eulero e l’impostazione di una grandezza detta “Spazio di Veneziano”. Questa teoria – che ritiene che la base di tutti i fenomeni del nostro Universo vi siano delle minuscole stringhe vibranti dell’ordine della distanza di Planck - ha traversato varie fasi.
 
All’inizio degli anni ’70 operarono nel settore ricercatori teorici come H. NielsenL. Susskind, ed il fisico di origine giapponese, naturalizzato USA, Y. Nambu (premio Nobel nel 2008 e sostenitore della teoria della “rottura spontanea di Simmetria” cui partecipò anche l’italiano Giovanni Jona-Lasinio). Furono considerate stringhe ad una dimensione, ma la teoria non ebbe seguito.
 
Successivamente dopo il 1974 si affermarono, ad opera soprattutto di John Schwartz, teorie relative a stringhe – sia aperte che chiuse ad anello – aventi comportamento “bosonico” (cioè seguenti la statistica di Bose-Einstein: vedi N. 103) e caratterizzate dalla possibilità di vibrare in 26 dimensioni. Dopo il 1984 – considerato l’anno della “prima rivoluzione delle stringhe” - si affermarono e si diffusero, ad opera dello stesso Schwartz e di Michael Green, vari modelli con stringhe chiuse e comportanti una super-simmetria tra stringhe “bosoniche” e “fermioniche” (cioè seguenti la statistica di Fermi-Dirac). Questi oggetti, previsti in alcune teorie anche a forma di membrana, potevano vibrare in 10 dimensioni.
 
Negli anni ’90, ad opera di Edward Witten, vi fu una “seconda rivoluzione delle stringhe” e si affermò un modello ad 11 dimensioni, indicato come M-Teoria, comprendente anche una dimensione caratteristica della gravità, che avrebbe abbracciato tutti i precedenti modelli come casi particolari. Si ipotizzava l’esistenza di una particella relativa alla gravità: il gravitone. La teoria prevede che le dimensioni in più rispetto alle 4 classiche dello spazio-tempo di Minkowski (vedi N. 102) possano compattarsi matematicamente comparendo solo alla minima distanza di Planck (e quindi “invisibili” a noi), e risolve alcuni problemi matematici che danno luogo ad infiniti. Le interazioni tra anelli di stringhe non sarebbero puntuali ma avverrebbero su superfici estese. La presenza di tante dimensioni darebbe teoricamente la possibilità di molti Universi alternativi ognuno caratterizzato da diverse costanti universali. Noi conosceremmo solo il nostro, con le costanti a noi note (come quelle di Planck, di Boltzmann e gravitazionale) perché è quello abitato che permette la vita (“Principio antropico”).
 
Se si legge il classico libro di Brian Greene, “l’Universo elegante” (3), ci si rende conto che tutta la teoria delle stringhe, completamente priva di supporti sperimentali (tranne qualche modesto riscontro nella teoria dei fluidi viscosi), è una speculazione teorica basata su matematica sofisticata come quella di tipo geometrico definita come “Spazi di Calabi-You”, ecc. Una teoria alternativa a quella delle stringhe è quello della “Gravità quantistica a loop” (detta LQGLoop Quantum Gravity) basata su una quantizzazione dello spazio a partire da modelli gravitazionali “covarianti”, cioè che rispettano le trasformazioni di Lorentz (N. 91). Di questa teoria si sono interessati tra gli altri John WheelerLee Smollin e Carlo Rovelli(4). Anch’essa è basata su considerazioni puramente matematiche che coinvolgono anche l’entropia dei buchi neri (N.122) ed una struttura di base topologica detta “Schiuma di Spin”; ma esistono anche altre teorie come quella detta Mondo-brana, basata su un modello a membrane, ecc.
 
La divulgatrice scientifica e ricercatrice tedesca Sabine Hossenfelder ha sottolineato nel suo libro dal titolo significativo, “Sedotti dalla Matematica: come la bellezza ha portato i Fisici fuori strada”, la situazione di stallo in cui si trova la fisica teorica che vorrebbe svelare la struttura ultima della materia e del cosmo. Non senza ironia fa notare come abbia potuto enumerare, anche intervistando molti importanti addetti ai lavori, quasi 200 diverse teorie tutte basate su considerazioni di eleganza, semplicità e bellezza matematica, ma impossibili da sperimentare per le difficoltà tecnologiche ed i costi proibitivi. Fa anche notare come molti fisici che hanno elaborato una formula matematica elegante siano convinti che ad essa debba per forza corrispondere una realtà fisica. Per essere “moderni” ed alla moda molti dipartimenti di Fisica moltiplicano gli studi teorici a scapito di ricerche, magari più limitate, ma sperimentali che portano a risultati certi. Su questo stallo torneremo nelle conclusioni.


Vincenzo Brandi - Articolo tratto da “Conoscenza, scienza e filosofia” di V. Brandi


















  • 1) RBA, “Le Grandi Idee della Scienza – Hawking”
  • 2) Hossenfelder, “Sedotti dalla Matematica”, R. Cortina 2019
  • 3) Greene, “L’Universo elegante”, Einaudi, 2000
  • 4) Rovelli, “La Realtà non è come ci appare”, R. Cortina 2014

L’assolutismo del razionalismo...

 

L’inferno è anche l’assolutismo del razionalismo. Esso lo crea. Essa non sa spiegarlo. Sa solo far finta non esista.


La suggestione



L’assolutismo del razionalismo costringe il pensiero entro dinamiche meccanicistiche. Cioè, costringe a concepire l’uomo alla stregua di una macchina che veste la scienza con l’illuministica camicia di forza che la vincola a stringere la conoscenza entro le sue regolette autoreferenziali. Le impone di riconoscere la verità attraverso la scomposizione del tutto; riduce alla sola logica tutta la realtà, assumendosi il diritto di escludere da essa quanto non è in grado di descrivere.

Con questo peso addosso che chiamiamo cultura e civiltà, ogni aspetto dell’esistenza pare muoversi su uno sfondo positivista che avanza secondo una progressione temporale e lineare, che da origine alla suggestione del prima e del dopo. Nonché a quella secondo cui tutto è soggetto alla regola del causa-effetto.

A queste condizioni capestro, imposte da un mazziere poco di buono, per quanto si chiami Storia, viene costretto tutto. Tra cui, la medicina allopatica, indiscusso asso nella manica del castello di carta del meccanicismo. Un altro ne è la – mai vista – democrazia. E un altro ancora sta nella comunicazione creduta implicita nel comunicato. L’idea che ognuno di noi abiti il suo esclusivo mondo, non esiste se non in contesto psicoterapeutico e in alcuni contesti didattici. Perciò, anche l’apprendimento e/o la conoscenza, ridotta a messe e massa di dati, buoni per girare un bullone, ma tragicamente inutili per l’evoluzione dell’uomo.


Ricchi di questo potere accecante – leggi arrogante –, i probiviri della bandiera scientista non si avvedono dell’infinito che la loro idolatrata dottrina esclude dal mondo. Sono impediti dal riconoscere che la comprensione cognitiva è, tra tutte le forme di conoscenza, la più superficiale. Credono infatti che basti parlare per trasmettere consapevolezze a suon di dialettica logica. Accecati dall’arroganza razionalista non vedono che è un’ottusità. Un evento che potrebbero constatare quasi ad ogni istante della vita. Tant’è che se glielo fai presente ti deridono dalla loro carrozza della verità, con la quale scorrazzano per i sussidiari e i breviari di tutti i loro adepti.

E se le loro erudite affermazioni non producono i risultati pretesi, non hanno incertezze nel giudicare, escludere, condannare il reo non allineato e allineabile. Non sospettano la potenziale forza del firmamento di consapevolezze che ognuno di noi ha nel proprio cielo, le cui stelle, costellazioni e galassie, non si illuminano a causa di una logica spiegazione, ma per un’emozione, che un professore non ci farà mai vivere e che una cameriera è invece sempre capace.

Non essere consapevoli che le illuminazioni che chiariscono a noi stessi chi siamo e dove sia la nostra strada avvengono per emozioni, comporta misconoscere gli uomini e la loro realtà, comporta il diritto di mannaia e censura delle voci avverse, da parte dell’ordine costituito, sui cui scranni sono seduti gli ignoranti dediti alla venerazione della quintuplice unità del dogma materialista, meccanicista, positivista, razionalista, scientista. Così, Nietzsche, Maturana, Bateson, Prigogine, Morin, Panikkar, Illich, Goethe, Jung, Heisenberg, Eraclito, Platone, Buddha, Cristo e le Tradizioni sapienziali sono stati ridotti a dati da studiare e accumulare per il 18 e andare avanti lungo i binari della loro verità di superficie.

La loro, è una corsa senza ostacoli, né rivali. Senza saperlo (?), puntano tutto – e vincono – sulla quantità. Chi tace e si adegua avanza, chi non capisce e critica è estromesso: eccola qui la democrazia applicata. In cabina di regia della cultura ci sono loro, che chiedono il computer alle elementari, che osannano l’intelligenza artificiale, che stravedono per i progressi della tecnologia, che promulgano leggi degne dei peggior stati totalitaristici; politiche sfacciatamente destinate a decimare gli inutili e a controllare i più; a generare un sistema sociale a punteggio. Serve altro per riconoscere il maglio meccanicista? Altro per avvedersi di quello spiritualmente mortificante? Per prendere coscienza che crescere uomini convinti di essere limitati a se stessi, cioè definitivamente recisi dalla loro origine unica, non ne farà che esseri destinati all’inferno? Siamo in un gorgo dove nuotare per uscirne non serve più. La corrente sovrasta tutto. Bisognerà arrivare in fondo prima di vedere una rinascita.

Gli idolatri del mondo logico-razionale sono ovunque. È la somma dei loro piccoli entusiasmi che genera il vortice. Sono anche tra le pieghe degli alternativi. Recentemente mi sono visto cassare un articolo di carattere evolutivo-esistenziale in quanto non si concludeva con dei consigli utili. Sono inorridito. Non per l’articolo cassato, ma per l’abiura che gran parte di noi ha compiuto a favore del pensiero unico cioè, nei confronti della crescita esistenziale, quella che nella serenità ha la sua destinazione.

“In nessuna circostanza il saggio deve turbare le menti delle persone ignoranti attaccate alle azioni. Al contrario, impegnandosi continuamente in attività, l’Essere Illuminato deve creare nell’ignorante il desiderio per le buone azioni”. (Bhagavad Gita cap. III, v. 26)


Capire e ricreare

Capire non conta nulla. Capire riguarda la superficie. Su essa tutto e il suo contrario si riflettono e mutano, convincendoci istante per istante che ognuno contenga la verità.

Ricreare è necessario. Ricreare riguarda il corpo che la superficie nasconde. Ricreare fa nostro, come è nostro il dito, l’occhio e il ginocchio. E questi esprimeremo, in tutti i modi della nostra presenza. E questi non dimenticheremo. Come non dimenticheremo che ugualmente così sarà per gli altri, universi diversi dal nostro.

Capire riguarda la dimensione cognitiva, la più superficiale tra quelle disponibili agli uomini. La sua natura è intellettuale, quindi cangiante e impermanente. Ricreare coinvolge integralmente, il suo corpo e la dimensione emozionale, quindi costituente e permanente.

Come – oltre alla cameriera – qualunque cosa può scatenare in noi l’emozione necessaria per fare luce su quanto ci era oscuro, così la modalità serendipidica di esplorazione e apprendimento, permette di mantenere autonomia di pensiero. Ovvero, di quel terreno da cui scaturisce la realtà. Ci permette cioè di riconoscere le ideologie o idolatrie, di starne alla larga, e anche di avvedersi quando invece ci siamo caduti dentro. Una coscienza di sé che tende a produrre una politica e quindi una società non più mortifera come l’attuale.

Disegnando un albero, lo riconosciamo come nostro. Un’identificazione che non avviene nei confronti dell’albero uscito da mani altrui. La descrizione razionale e la comprensione cognitiva di cosa sia e di come debba essere un albero non conterà nulla, non costituirà nulla di noi, non sarà mai un nostro dito, e sarà invece sempre un indottrinamento, cioè una via senza cuore (Castaneda), ma verso l’inferno.

Tutto ciò con cui entriamo in relazione ha il potenziale di essere un messaggio nella bottiglia, con la mappa del tesoro che è in noi. Quel messaggio, quella bottiglia, quel momento esprimono la verità del Tao. In cui è la contemporaneità che conta, che esprime il significato. In che altro modo si potrebbe cogliere il potere illuminante di un’emozione scaturibile in ogni istante a mezzo di qualunque forma? Diversamente, come pretendeva quel sito web che voleva il consiglio positivo a fine articolo, tipo la bella vita in 10 lezioni, quale requisito per pubblicare il mio pezzo, si resta fermi al prima e al dopo, al causa-effetto, alla concezione lineare e alla convinzione che l’esperienza sia trasmissibile, e perciò a dare consigli, a cercare proseliti. Quindi, a perpetuare questa cultura e civiltà dell’ignoranza. Nel qui ed ora del Tao è presente il Tutto. Nel presente in cui si esprime, nulla manca, neppure l’eternità.

“Esse [le vane ambizioni umane, nda] indurrebbero ad aumentare conoscenze e ricchezze, ma in questa crescita si smarrirebbe l’essenziale [...]”.

Attilio Andreini, Maurizio Scarpare, Il daoismo, Bologna, Il Mulino, 2024, p., 27.

Il mistero, di cui la logica tenta di sbarazzarsi, in quanto inetta a muoversi e dominare sui terreni non misurabili e oltre le tre dimensioni della materia, contemporaneamente lo crea attraverso le sue domande e le sue ricerche analitiche. Le stesse modalità che generano la peggior condizione esistenziale, quella che i cattolici chiamano infernale, in cui viviamo prede dell’ingorgo dell’effimero eletto a valore e verità da questa cultura.

Lorenzo Merlo





Rispettare non solo gli esseri viventi ma anche le cose...

 


Un viaggiatore molto colto, un giorno si recò in visita da un famoso fachiro.

Per qualche ragione l’uomo era sconvolto, probabilmente a causa di un viaggio difficile, e con rabbia si slacciò i lacci delle scarpe, gettò le scarpe in un angolo e aprì la porta con un tonfo pesante.

Un uomo arrabbiato si toglie le scarpe come se fossero il suo peggior nemico. E si avvicina persino a una porta come se ci fosse una grande ostilità tra lui e la porta.

L’uomo spalancò la porta, entrò e offrì i suoi omaggi al fachiro.

Il fachiro disse: “No, non accetto i tuoi omaggi. Prima vai a chiedere scusa alla porta e alle scarpe”.

“Che ti prende?” chiese l’uomo. “Chiedere scusa a una porta? E a un paio di scarpe? Perché? Sono forse vivi?”.

Il fachiro rispose: “Non l’hai preso in considerazione quando hai sfogato la tua rabbia su quegli oggetti inanimati. Hai buttato le scarpe come se fossero colpevoli di qualcosa e hai aperto la porta come se fosse il tuo peggior nemico. Se sei in grado di riconoscere la loro individualità sfogando la tua rabbia su di loro, dovresti anche essere pronto a chieder loro perdono. Per favore, vai e offri loro le tue scuse. Altrimenti, non sono propenso a continuare questo colloquio con te”.

Il viaggiatore pensò che, dopo tutta la strada percorsa per incontrare questo illustre fachiro, sarebbe stato ridicolo concludere la conversazione su una questione così banale, quindi si avvicinò alle scarpe e con le mani giunte disse: “Amiche mie, perdonate la mia insolenza”. E alla porta disse: “Scusa. È stato un errore spingerti con così tanta rabbia”.

Che momento per il viaggiatore!

Osho

Tratto da: Dal sesso all’eros cosmico

Ominazione e clima - Come una modificazione dell'ambiente fece nascere l'uomo...


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Fu un grande e gigantesco evento climatico, che colpì l’Africa orientale, a trasformare il piccolo Australopithecus in ominide e poi in uomo. Circa 8 milioni di anni fa iniziò la formazione della Rift Valley (spaccatura tettonica che va dal Mar Rosso fino allo Zambia per circa 3.500 Km ) che condannò la grande foresta pluviale dell’Africa orientale alla riduzione. 

In quel vastissimo territorio l’evento tettonico modificò l’andamento dei venti, causando una irreversibile crisi climatica: cessarono le regolari stagioni delle  piogge. Lentamente ma inesorabilmente la foresta lasciò il passo alla savana. I piccoli primati, gli australopitechi che vivevano quasi esclusivamente sugli alberi, lontani dai grandi predatori come le tigri dai denti a sciabola, gli orsi, i leoni e altri mammiferi carnivori, dovettero scendere a terra e ingegnarsi per sopravvivere. 


Ci riuscirono e avviarono quella che è definita “la fase dell’ominazione”. Gaia, (Il nostro pianeta visto come “un’entità suprema”) ebbe pietà di questo esserino e l’aiutò a superare i rischi della savana. Passarono milioni di anni e l’australopithecus si trasformò in ominide, prima in Homo Habilis, poi in Homo Erectus e infine 200/150 mila anni fa in Homo Sapiens – Naeanderthalensis. 

In quel periodo i nostri avi erano raccoglitori e cacciatori. Si muovevano in gruppi di 10, 20 individui alla ricerca del cibo, seguendo gli spostamenti di grandi branchi di animali da cacciare. Purtroppo l’ultima grande glaciazione era ancora attiva e ciò comportò nelle zone non coperte dai ghiacci scarsezza di precipitazioni meteoriche. Poca acqua, vegetazione in forte stress, difficoltà di reperimento di cibo. A causa di ciò 70 mila anni fa l’uomo corse il reale rischio d’estinzione, ridotto com’era a poco più di 2000 individui. 

Mentre un evento climatico iniziato più di 8 milioni di anni fa aveva sancito la nascita dell’uomo, ora un altro evento climatico ne minaccia la sopravvivenza. Una grande occasione persa per Gaia che avrebbe, con un sol colpo, eliminato il suo peggiore parassita. Ma ancora una volta “qualcuno” ebbe pietà per gli uomini e così gli si consentì di riprendersi e moltiplicarsi fino a raggiungere oggi l’impressionante numero di oltre 8 miliardi e mezzo di individui. 

Ennio la Malfa




Perché Marte non ha più un'atmosfera...?



Dalle foto trasmesse dalla sonda Curiosity si sono viste pietre conficcate nei presunti letti di fiumi non appartenenti alla tipologia geologica dell'area controllata. La conclusione ovvia è che sono state trasportate, come per i nostri ciottoli di fiume, da regioni più lontane e geologiche diverse e rimaste incastrate più a valle negli anfratti dei corsi d'acqua.
Quindi Marte aveva un'atmosfera, acqua, vegetazione e qualche forma di vita.
Ma cosa può essere accaduto?
Perché Marte si è trasformato in un pianeta inospitale?
Secondo alcuni astronomi diversi milioni di anni fa (forse) l'atmosfera del pianeta rosso fu "strappata" dall'attrazione di un qualche gigantesco corpo celeste che, transitandogli vicino, con la sua attrazione ha sconvolto il pianeta riducendolo allo stato attuale.
Basandosi su questa tesi allora torna in mente il pianeta X o Nibiru, il misterioso pianeta extra sistema solare che ogni tanto (migliaia di anni) dovrebbe entrare nel nostro sistema solare determinando scompigli nelle orbite dei pianeti.
Per alcuni scienziati la famosa cintura di asteroidi tra Marte e Giove sarebbe la testimonianza di un catastrofico scontro tra qualche satellite del pianeta X e un pianeta del nostro sistema solare. Gli stessi satelliti di Marte, Demos e Phobos, sono un'anomalia che tra qualche secolo finirà per concludersi drammaticamente sul pianeta.
Si pensa infatti che nel tragico avvicinamento di questo gigantesco pianeta questi due grandi "sassi" siano rimasti imprigionati dall'attrazione marziana e che ora pian piano stiano precipitando verso il pianeta rosso. Phobos misura appena 13,5 x 10,8 x 9,4 km.
Insomma la storia del nostro sistema solare è tutt'altro che scontata, ci sono stati nei miliardi di anni eventi sconvolgenti e ancora inspiegabili, tra questi Urano che a differenza di tutti gli altri pianeti che hanno il proprio asse quasi perpendicolare al piano dell'orbita intorno al Sole, quello di questo gigante gassoso è invece quasi parallelo, mostrando al Sole non l'equatore ma i propri poli. Oltre a ciò Urano ruota nel verso opposto rispetto a tutti gli altri pianeti, ad eccezione di Venere (altro mistero!).
Per alcuni questa può essere la dimostrazione che esiste un'altra stella (una nana bruna), sorella del nostro Sole che ogni tanto (milioni di anni) fa transitare i propri pianeti all'interno del nostro sistema in maniera perpendicolare al piano delle nostre orbite, creando scompiglio e disastri. Urano e forse anche Venere dimostrerebbero che in questo "mischiar le carte" alcuni pianeti della "sorella" del nostro Sole sarebbero rimasti imprigionati nel nostro sistema ed altri invece persi nell'altro sistema solare.
Nibiru (o il pianeta X) farebbe parte di questa ipotetica stella nana bruna battezzata Nemesi. Secondo la traduzione delle tavolette sumere ( datate 1.500 a.C. ) avvenuta tra il 1972 e il 1998, esisterebbe un grande pianeta, battezzato dai sumeri proprio Nibiru che ogni 4000 anni circa verrebbe a "farci visita". Nibiru nell'antica lingua preaccadica vuol dire attraversamento, rappresentato simbolicamente come una croce. Le braccia più piccole della croce rappresenterebbero il nostro sistema solare e la parte perpendicolare più lunga Nibiru.
Quindi se dovesse veramente avvicinarsi Nemesi con i suoi pianeti, Nibiru compreso, sarebbe inizialmente visibile nei cieli dei nostri poli e in particolare, per alcuni "fantastudiosi", dal Polo Sud. A questo punto viene spontaneo chiedersi, perché il Vaticano ha investito con la NASA ingenti somme per costruire un osservatorio astronomico proprio in Antartide?
Forse ci si nasconde qualche verità scottante? I grandi rifugi costruiti da poco sottoterra in molte nazioni della Terra hanno forse un collegamento con qualche evento astronomico in arrivo? Ma noi siamo poveri mortali e non ci è dato di sapere!
Ennio La Malfa



"L'Eresia di Giordano Bruno e l'Eternità del Genere Umano" di Giuliana Conforto - Recensione



 L'eresia di Giordano Bruno anticipa le cause del cambio che ci sta coinvolgendo.

Non è un cambio climatico e non è da temere. È la Renovatio Mundi, la rivelazione che questo mondo è una realtà virtuale, dipendente da convinzioni false e un'illusione ottica sempre testimoniata dagli "eretici".
Il cambio è la rivelazione di ciò che inquina le menti umane: l'idea della divisione tra Uomo e Universo e l'ignoranza delle proprie origini che non sono perdute in un passato remoto, ma nascoste dal nostro credo in un unico tempo, utile a calcolare i profitti dei pochi e i debiti dei tanti.

La lingua degli astri è musica e Canto, afferma il grande eretico e confermano scoperte poco note. Gli infiniti mondi intelligenti sono uniti dalla Vita Cosmica, l'Opera con infiniti tempi, nascosti dal campo magnetico terrestre che sta diminuendo in modo repentino.

Ci stiamo liberando dal colossale inganno: il credo in un "sapere" funzionale al potere temporale.È il Ritorno all'Età dell'Oro.

Per Giuliana Conforto, Giordano Bruno è quasi un familiare. Suo padre Giorgio era direttore della rivista "La Ragione” ispirata al pensiero del grande saggio e quindi sin da bambina ha assimilato quelle idee audaci che poi ha ritrovato in scoperte scientifiche poco diffuse oppure inquadrate nella logica consueta.
È la tirannia che domina questo mondo e vincola tutti al suo inesorabile procedere: il nostro stesso credo nella linearità del tempo. L'autrice qui lo esamina mettendo in luce il dramma delle menti che la subiscono senza indagare se il credo è valido o meno.

Con una ricerca trasversale che comprende fisica e biologia, astrofisica e geofisica, l'autrice si concentra sul ruolo cruciale dell'Uomo e della sua Mente Superiore che non ha bisogno del dio inverosimile delle religioni né dei timori infondati delle scienze.

In un mondo afflitto da memoria breve e da conflitti di ogni tipo, urge la trasparenza alla Memoria Genetica e alla Sua eternità che si riflette in quella del genere umano in un'evoluzione imminente che il potere nasconde e cerca di evitare... inutilmente.


In memoria di Giordano Bruno, martire del libero pensiero,  condannato al rogo  dalla "santa" inquisizione cattolica  il 17 febbraio 1600


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Sull'autrice del libro: 

Giuliana Conforto, nata come astrofisica, ha spaziato varie discipline scientifiche e fondato una nuova scienza che comprende la co-scienza dell'osservatore. E' la Fisica Organica che collega anche le recenti scoperte ad effetti fisici e psichici, già suggeriti dai grandi miti e saggi della storia, quali Socrate, Pitagora, Giordano Bruno, etc. Ha viaggiato e conosciuto varie realtà. Ha insegnato Meccanica Analitica all'Universidad de Los Andes, in Venezuela, e poi, all'Università di Calabria, in Italia. Ha insegnato fisica quantica all'Università dell'Aquila e fisica classica nelle scuole superiori. Ha lasciato l'insegnamento della fisica per dedicarsi alla sua ricerca preferita, la filosofia ermetica e la scoperta di sé. Questa ricerca ha compiuto un balzo di qualità quando ha incontrato la possibilità concreta di percorrere la "via", ovvero l'alchimia di cui ha scoperto il significato pratico e le conseguenze sul piano individuale e sociale; questo profila l'evoluzione genetica dell'essere umano, l'uso cosciente delle proprie risorse interiori, una prossima e repentina evoluzione della Terra, una "catastrofe" solo per il potere al quale tutti si inchinano: una conoscenza che alimenta il grande inganno ed ignora il significato della Vita. Giuliana Conforto applica un antico metodo che consente la cognizione diretta. Le scoperte più recenti sono: il Sole o Cristallo al centro della Terra e i vari mondi terreni di cui possiamo essere partecipi e che spiegano la nostra umana immortalità. Con questo contribuisce all'emergere di una società organica capace di usare l'infinita risorsa, la creatività finora repressa, e di coniugare la libertà individuale con l'armonia collettiva.



Calcata. Il vero paese con tutti i suoi abitanti non compare mai mentre il teatrino “Calcata” con i suoi teatranti è sempre presente! Ecco il melodramma mediatico di un borgo che c’è e non c’è….

 

Retro della chiesa di Calcata Nuova realizzata da Paolo Portoghesi

“Molto bella davvero Calcata. Pensavo che un posto simile esistesse solo nelle favole… invece è qui in Italia”. (*) Questo l'inizio del commento ricevuto da una persona di Torino che ha assistito alla trasmissione di Rai 1. Prendo lo spunto da questa trasmissione per aggiungere una nuova pagina al mio diario "Riciclaggio della Memoria".

Un giorno d'inverno, nel mio ultimo anno a Calcata, mi sono alzato presto e malgrado il freddo pungente, seguendo l’ispirazione ricevuta in sogno, mi sono affrettato ad aprire gli sbarramenti che costringevano la maiala vietnamita, Piggy, salvata dal macello e mia ospite da parecchio tempo, entro un piccolo mandriolo con grottone annesso. Nel corso del tempo ho fatto vari esperimenti con lei, lasciandola a volte libera ed a volte rinchiudendola nella sua grotta, non è facile tenere una bestia dalle abitudini così grezze… se troppo libera si allarga e fa danni se troppo chiusa si intristisce ed intristisce. Stavolta credo d’aver trovato una soluzione, ho circoscritto un bel pezzo del Tempio della Spiritualità della Natura con sbarramenti di porte vecchie e bancali smessi. Nel complesso il terreno adesso a sua disposizione è sufficiente per avere la sensazione di autonomia di movimento senza lasciarle campo libero ad libitum. Una forma mediana  di libertà condizionata…


Questa libertà condizionata dovrebbe essere un modello applicabile anche a certi sderenati di Calcata vecchia i quali, inneggiando alla libera espressione, non si peritano di far danni e vandalismi al paese, né di deturparlo con la loro immondizia sparsa ovunque. “Siccome il comune non pulisce adeguatamente noi sporchiamo ancora di più per dimostrare che il paese non è curato dall’amministrazione”. Questa la filosofia  di questi malnati che si auto-definiscono “anarchici” ed anche “difensori dei derelitti”.

Poveri derelitti… non sanno ancora quale karma li attende!

Ma vengo alla cronaca. Ancora una volta davanti al cappuccino bollente al baretto di Calcata Nuova, la  moglie del proprietario arriva con il giornale e me lo poggia sul tavolino commentando: “Allora ti sei messo a fare l’attore…” ed io pensando che si riferisce alla commedia che stiamo recitando al Teatro Cinabro (https://paolodarpini.blogspot.com/2024/02/stavolta-vi-racconto-una-storia-zen.html) mugugno un “Ah sei venuta a vederci?” - E lei: "No, ho visto che stavi in televisione ieri mattina, c’era Marejcke che ha detto che il Granarone è di tutti i calcatesi (mormorando subito appresso fra i denti… sì quando muore ce lo andiamo a riprendere...), c’era Annamaria la napoletana e c’eri tu, con un maglione rosso, che parlavi…”.


Allora mi sono ricordato della trasmissione che la Rai era venuta a girare sul borgo ed alla lunga intervista sulla sacralità della natura che mi aveva fatto il presentatore. Siccome  però vedo che la moglie del barista sembra offesa chiedo: “Ma non hanno ripreso anche qui?” – “Macchè –è la sua pronta e dolente risposta- qui a Calcata Nuova non ci sono neanche saliti…” Ed io controbatto, guarda che li ho mandati su a riprendere i santi… ”.  Lei ci pensa un po’ e poi conferma “Sì, i santi li hanno ripresi ma solo per un attimo e di Calcata Nuova non si vede nulla,  è come se non esistesse…”.

Ecco la nota dolente, i calcatesi originari (che si son dovuti  trasferire nel nuovo centro, per una iniqua legge su ipotetici  rischi sismici) si sentono ancora defraudati dell’esistenza e della considerazione, per loro non viene mai la Tv né i giornali ne parlano, tutti si interessano solo di Calcata vecchia “che abbiamo dovuto  abbandonare  e dove ora  stanno gli sderenati!” insiste la moglie del barista.  (Vedi anche: https://viverealtrimenti.com/calcata/)

Che posso farci, capisco dal punto di vista umano e sociale questo sentimento ma, non sapendo come  dimostrare la mia solidarietà, cambio discorso e chiedo notizie sul concerto della Banda diretta dal maestro Parretti, previsto per il 5 gennaio, e mi viene risposto con sufficienza “Guarda lì fuori sul manifesto del Comune…”.

Così esco e consapevole della sua (e loro) delusione per il continuo disinteresse dei media per  la comunità del paese nuovo, mi dirigo verso il droghiere-tabaccaio-giornalaio per spulciare qualche ultima notizia su altri giornali locali e provvedere all’acquisto di pane ed acqua. E qui il tabaccaio, un amico, mi informa dell’ultima tragedia di Calcata nuova. “Lo sai che hanno avvelenato tre cagnolini qui in Via Lazio? E’ successo proprio ieri e la mia cagnetta, che era uscita solo un attimo per fare i bisogni, sono riuscito a salvarla per miracolo”. – “Ma come è possibile? –faccio io- Qui ci sono solo cagnolini piccolissimi, che fastidio potevano dare?” – “Ah non lo so, so solo che è la seconda volta in breve tempo che accade ed è proprio una vergogna, tra l’altro questi bocconi avvelenati messi qui vicino ai giardinetti comunali potevano essere un rischio anche per i bambini”. Che posso dire od aggiungere se non un mesto “Mi dispiace!”...?.

Penso a Calcata vecchia dove di cani randagi  liberi e grossi (e pure a volte pericolosi) ce ne sono diversi, vanno a pasteggiare ai traboccanti secchioni ripieni di rifiuti alimentari dei ristorantini caratteristici del borgo. Ma da anni a Calcata vecchia non hanno più buttato polpette avvelenate “perché tanto lì ci sono solo cani e porci e lasciali così al loro destino” dicono alcuni detrattori della realtà sociale del paese vecchio.

Allora perché la Rai è venuta a riprendere il borgo, definito il paese degli artisti? E perché in tutta Italia credono che questo sia un “paese ideale”? E perché il mio discorso sulla natura e sulle tradizioni arcaiche viene travisato in un generico riferimento alla “magia di Calcata”? E perché non possiamo essere, noi tutti calcatesi, una comunità normale con sentimenti condivisi di solidarietà umana, ma solo un paese vuoto di valori ma traboccante di significati finti e fumosi?

Ecco il destino crudele di una comunità che esiste e non esiste, che attira i riflettori ma la sostanza vera non viene mai illuminata… se non in rari casi di cronaca, come questo ad esempio e mi si perdoni l’ardire…!

Paolo D’Arpini



(*) - Commento menzionato: “Avevo acceso la televisione alle 8 circa. La puntata è passata intorno alle 8,20. Mi sono precipitata a mettere la cassetta nel video registratore! E’ stata tagliata un poco. Ma il borgo è ben visibile. Sembrava essere in primavera! Col verde che lo circonda. Hanno parlato degli artisti che qui hanno trovato una casa per poter esprimere la loro creatività. Hanno intervistato una signora che fa le statue del presepio, un personaggio per anno. Poi c’è uno scorcio dell’associazione Apai, ma velocissima… C’è anche un'intervista con Paolo D'Arpini, fondatore del Circolo Vegetariano. Egli parla appunto di Calcata come di un centro “spirituale ed ecologista”. Ed infine una signora  fa da finale all’intervista e alla visita della troupe di Rai 1. E’ così? Doveva esserci qualcosa di più?” (5 gennaio 2009).