"Frammenti di un insegnamento sconosciuto" di Pëtr Dem'janovič Uspenskij

 



Sapere ed Essere -  La gente attribuisce al sapere un grande valore, ma non sa attribuire un valore all’Essere, e non si vergogna del livello inferiore del proprio Essere. Questa preponderanza del sapere sull’Essere è riscontrabile nella cultura attuale. L’idea del valore e dell’importanza del livello dell’Essere è stata completamente dimenticata. Nessuno capisce che il grado del sapere d’un uomo è una funzione del grado del proprio Essere. 

In generale, oggi l’educazione si limita a formare la mente. Il bambino viene costretto ad imparare a memoria delle poesie come un pappagallo, senza capirci niente; e quando ci riesce, i genitori sono contenti. A scuola, dopo aver superato gli esami “con lode”, il ragazzo continua a non capire e a non sentire niente. Rispetto allo sviluppo della mente egli è un adulto di quarant’anni, ma nell’Essenza resta un bambino di dieci. 

Con la mente non ha paura di nulla, ma nell’Essenza è un pusillanime; la sua vita interiore è abbandonata a se stessa senza alcuna direzione. La sua morale è puramente automatica, esclusivamente esteriore. Proprio come ha imparato a ripetere le poesie a memoria, così si comporta con la morale. Se un uomo è sincero con se stesso deve ammettere che anche gli adulti, come i bambini, sono privi di morale.

LA NOSTRA MORALE È DEL TUTTO TEORICA E AUTOMATICA. 

Al bambino si insegna così: “Se qualcuno ti porge la mano, devi comportarti in questo modo”. Tutto ciò è puramente meccanico. In “questo” caso devi fare “quello”. E le cose, una volta fissate, non cambiano più. L’adulto non è diverso. Se qualcuno gli pesta un callo, reagisce sempre allo stesso modo. Gli adulti sono come i bambini e i bambini sono come gli adulti: entrambi reagiscono.

Petr D. Uspenskij



Documenti in memoria: "Il testo (quasi completo) dell’intervista non intervista di Paolo D'Arpini a Radio Alma Brussellando del 7 ottobre 2008"

 

“Andare con ansia di ricerca, con spirito umile, a imparare da quella grande fonte di sapienza che è il popolo” (Ernesto Che Guevara)


Sapete che ho il vezzo della "memoria"... e stavolta voglio sottoporvi una chicca storica  un po' misconosciuta, si tratta del testo quasi integrale della intervista da me rilasciata a Radio Alma Brussellando nel 2008. In essa potete leggere alcune considerazioni interessanti sul "mio pensiero" ed alcuni retroscena forse ancora ignoti...

Nel 2007 incontrai sul web una ragazza che chiamai Danielita, o talvolta Dulcinea, che lavorava a Bruxelles per la comunità europea. Di tanto in tanto ci siamo scambiati lettere e poesie, notizie sulla situazione politica ed ecologica, commenti ed informazioni sulla nostra vita... Insomma siamo stati due "amici di penna" come si diceva una volta. Poi Danielita mi introdusse a Radio Alma, dove una redattrice (Mari D di cui leggerete più avanti) mi convinse a rilasciare un'intervista per parlare di me e delle mie esperienze.  Accettai la proposta alla condizione che non sarei stato io a parlare alla radio bensì una terza persona che mi avrebbe "impersonato". Per questo compito fu scelto Massimiliano, un poeta, accettai  l'offerta anche perché dovete sapere che per parecchi anni a Verona io stesso mi facevo chiamare Massimiliano e mi spacciavo come filosofo e  poeta... Quindi mi sembrò una buona combinazione di essere interpretato da un "vero" Massimiliano e "vero" poeta...
Lascio da parte le reminescenze remote e passo alla trascrizione dell'intervista...

Il vostro affezionato, Paolo D'Arpini

Nell'immagine al centro l'autore sdraiato


Premessa di Mari D. Caro Paolo, le persone coinvolte sono Mari D e Massimiliano Bonne. In regia Dani M.
In radio Mari D. (e non Marilena, le due immagini corrispondono ma non i loro spiriti... sono due anime che appartengono alla stessa persona ma in qualche modo differiscono... l'una è proiezione dell'altra, l'altra trova in essa conforto, a volte scontro spesso anche ribellione... convivono in un sottile equilibrio di momenti ora colorati, ora tristi, ora intensi, ora folli o irosi... ebbene si, s'alimentano anche di sentimenti di cui spesso si tende a dimenticare, come l'ira non "funesta", ma creativa... fonte di analisi e riflessione).
Potremmo coordinarci e presentare il materiale in contemporanea sul sito della radio e il tuo. Che ne dici?
Poi io e Massimiliano (il poeta che ha interpretato alla radio Paolo D’Arpini n.d.r.) ti telefoniamo insieme. Così vi conoscete almeno telefonicamente. Ho evitato di farlo prima per rendere la recita più credibile. Ho preferito che tu andassi in onda quando il mio collega in radio, Georges Laurand non era con noi, per avviare un dialogo a due voci, il più vicino possibile alla tua intervista…
Mari D.


Testo: Intervista a Paolo D'Arpini - Brussellando 7 ottobre 2008

1. Raccontaci di te
"Giusto oggi scrivevo ad un’amica spiegandole ”...lavoro per un mezzo sderenato che si chiama Paolo D’Arpini, lo conosci?”.
In verità identificarsi con uno specifico nome forma non corrisponde assolutamente al vero ed inoltre se ci si identifica con la “persona” non si può fare a meno di assumerne i pregi ed i difetti, di accogliere le sue sfumature e macchie, ma siamo noi Arlecchino e Pulcinella? Per questo dicevo che “io” (in quanto coscienza) lavoro per quel personaggio Paolo D’Arpini, il quale solo attraverso la mia osservazione consapevole può manifestarsi e compiere le nefandezze a cui è avvezzo. Allo stesso tempo gli voglio bene come voglio bene a chiunque mi si presenti davanti, che entra nella mia sfera cosciente".

2.Questa è realizzazione?
"L’esperienza dello stato ultimo, della coscienza libera da identificazione, è esposta in varie scuole spirituali come: Satori, Spirito Santo, Samadhi, Shaktipat, etc. Di solito si intende che questa “esperienza” del Sé sia conseguente ad una particolare condizione di apertura in cui la “grazia” può manifestarsi ed impartire la conoscenza di quel che sempre siamo stati e sempre saremo.

Purtroppo dovuto all’accumulo di tendenze mentali “vasana” non sempre l’esperienza vissuta si stabilizza in permanente realizzazione. Il risveglio quindi non corrisponde alla realizzazione (oppure solo in rari casi di piena maturità spirituale). E qui ci troviamo di fronte ad un paradosso, da un lato c’è la consapevolezza inequivocabile dello stato ultimo che non può mai più essere cancellata, dall’altro un oscuramento parziale di tale verità in seguito all’attività residua delle vasana che continuano ad operare nella mente del cercatore…"

3.“Può la conoscenza essere persa una volta che è stata ottenuta?”
"La conoscenza una volta rivelata prende tempo per stabilizzarsi. Il Sé è certamente all’interno dell’esperienza diretta di ognuno, ma non come uno può immaginare, è semplicemente quello che è. Questa “esperienza” è chiamata samadhi. Ma dovuto alla fluttuazione delle vasana, la conoscenza richiede pratica per stabilirsi perpetuamente. La conoscenza impermanente non può impedire la rinascita. Quindi il lavoro del cercatore consiste nell’annichilazione delle vasana. E’ vero che in prossimità di un santo realizzato le vasana cessano di essere attive, la mente diventa quieta e sopravviene il samadhi. In questo modo il cercatore ottiene una corretta esperienza alla presenza del maestro. Per mantenere stabilmente questa esperienza un ulteriore sforzo è necessario. Infine egli conoscerà la sua vera natura anche nel mezzo della vita di tutti i giorni. C’è uno stato che sta oltre il nostro sforzo o la mancanza di sforzo ma finché esso non viene realizzato lo sforzo è necessario. Ma una volta assaggiata la “gioia del Sé” il cercatore non potrà fare a meno di rivolgersi a questa ripetutamente cercando di riconquistarla. Una volta sperimentata la gioia della pace nessuno vorrà indirizzarsi verso qualche altra ricerca"

4. Cosa vuol dire vivere in un luogo?
"Vivere nel luogo in cui si vive sapendo che è la nostra casa, significa essere quel luogo” Questo è il pensiero dell’ecologia profonda e corrisponde al sentire di chi non coglie alcuna differenza fra sé ed il luogo, di chi ritiene di esser figlio della terra. E la terra non ha cantoni esterni, la terra tutta è una ed indivisibile ovunque e comunque. La terra -e vorrei specificare- “questa terra di Tuscia” è lamia casa, per me che ci abito, assieme alla comunità di chi ci ha abitato prima di me e ci abiterà dopo di me. Ma il percorso del ritorno a casa - che è fisico e romantico allo stesso tempo- richiede una fatica ed una grande pazienza. Richiede accettazione da parte di chi accoglie e da parte di chi si avvicina… “Ospite” è sia chi riceve che colui che viene ricevuto, nella società umana, dei nobili esseri umani del mondo, così si definisce l’accoglienza….. Io personalmente sono anticamente originario della Ciociaria (di Arpino appunto) e quando si è “viandanti e senza patria” occorre stare attenti a come ci si comporta… a come ci esprime… Spesso mi sono interrogato su cosa significhi essere straniero, in effetti mi son sempre sentito straniero, un ebreo errante senza essere ebreo, anche quando abitavo a Roma (città in cui son nato), ed anche quando mi trasferii in Veneto dove vissi per molti anni, ovviamente anche a Calcata dove addirittura sono due volte straniero, sia per i calcatesi originari, che mi vedono come una jattura, l’iniziatore che ha portato tutti i forestieri a Calcata, e sono forestiero pure per la nuova comunità degli “artisti e bottegai” del centro storico, perché non mi sono mai uniformato alle norme del “teatrino” calcatese del fine settimana. E’ per questo che in uno dei miei “melodrammi” dicevo “quanti sono gli stranieri in Italia? Almeno il doppio di quelli dichiarati dall’Istat”. Forse dovrei dire che sono molti di più, giacché talvolta si può essere stranieri non solo se si è oriundi. Talvolta viene considerato estraneo, a Viterbo, uno originario di Vallerano o Ronciglione, e pure chi viene da un rione periferico come Bagnaia. Magari si è stranieri allorché non si è tifosi della stessa squadra di calcio, o se si parla con un negro per strada… o ci si veste in modo strano… Il destino crudele di noi “stranieri” lo conoscono in molti e non solo a Viterbo. Un amico straniero come me, Marco, che abita da anni a Blera, ha suggerito una soluzione raccontando la sua esperienza di lunga vita in campagna, facendosi accettare dal luogo stesso, ma forse questo gli è stato possibile perché il suo lavoro è rivolto alla terra… Diceva, Etain, un’altra straniera in terra di Tuscia: “Il fatto è che non è più nostra consuetudine cercare l’accordo con il luogo, considerandolo primario alla vita, solitamente riteniamo che sia la comunità a doverci accettare. Ma in verità il contenitore vero della nostra vita fisica e psichica è proprio il luogo, l’ambiente naturale, che ci ripara e nutre ed istruisce, se siamo pazienti e capaci di ascolto” Ritengo però che non si possa né debba evitare l’integrazione con la comunità, altrimenti c’è arroganza e separazione culturale nel voler mantenere la distanza con gli altri…. E’ pur vero che spesso non ci sentiamo accettati dal resto della comunità ma dobbiamo -come detto sopra- compiere un esperimento congiunto di avvicinamento al luogo ed ai suoi abitanti…. Così pian piano il ghiaccio si scioglie e dopo ripetute prove possiamo finalmente dire di essere tornati a casa, di aver riconosciuto e di essere stati riconosciuti"

5. Siamo come nuvole di pensiero che si fondono con la velocità del vento, parliamo con i mezzi che modernamente sono a nostra disposizione, forse non sono affascinanti come il vento, ma efficaci nel trasmettere?
"La nostra pratica di vita quotidiana ci ha insegnato a riconoscere il valore e l’importanza del cibo. Sia nella sua produzione che nel modo di consumarlo. Se il nostro cibo è caricato di energia spirituale naturale, che viene cioè da una spontanea manifestazione vitale, è sicuramente idoneo a mantenere il nostro equilibrio psicofisico. Questo cibo è quello che cresce nel luogo in cui viviamo (bioregione), in modo il più possibile naturale, e che viene consumato nella sua propria stagione di maturazione, in quantità moderate. Una dieta “satvica” (cioè spirituale) è basata su vegetali, cereali, legumi, frutta, semi, miele, latte materno e talvolta anche uova e derivati del latte. Questa è la dieta naturale dell’uomo, come dimostrano gli studi sull’anatomia comparata del compianto professor Armando D’Elia dell’AVI, e questa è la nostra dieta. Ma non per un fatto ideologico è solo una risposta spontanea alla propria natura. Quindi perché definirci “vegetariani”? Non potendo usare altra definizione (ecologicamente integrato… bioarmonizzato..?) ci diciamo vegetariani.
Per quanto riguarda la produzione del nostro cibo il primo passo da fare è divenire consapevoli di quello che spontaneamente cresce nel territorio in cui viviamo. Questo iniziale processo di osservazione e accomunamento con la terra è necessario per scoprire quali erbe e frutti eduli siano già disponibili in natura, cresciuti in armonia organolettica con il suolo e quindi esprimenti un vero cibo integrato per chi là vive. Lo stesso approccio conoscitivo va applicato verso la fauna selvatica che condivide la presenza in equilibrio naturale.
Il passo successivo è quello di sperimentare l’inserimento nel terreno prescelto di piante imparentate con quelle autoctone od in sintonia con esse. Questa graduale “promozione” non può essere vissuta con l’occhio distaccato di un botanico od agronomo, va invece interiorizzata come un’opera di alchimia fra noi e l’ambiente. Scopriamo così la nostra comune appartenenza alla vita che ci circonda in varie forme.

Il mio consiglio, dopo qualche passeggiata assieme a noi per riconoscere erbe e piante selvatiche commestibili, è quello di fare i compiti a casa, organizzando sul terrazzo, in giardino, ovunque sia possibile in città, piccole coltivazioni sinergiche ed integrative, come il prezzemolo, il basilico, peperoncino, salvia, topinambur, zucche rampicanti, etc."

                                Sofia Minkova: Logo della Fiera delle Arti Creative di Calcata

6. Sei stato promotore di eventi davvero particolari, tra cui la Fiera delle arti creative di Calcata, ce ne parli nel dettaglio?
"Valorizzare lo spirito creativo che contraddistingue il nostro territorio, da tempo un modello per l’artigianato, l’arte, la musica, il riciclaggio artistico, qualsiasi tipo di attività manuale e di ricerca culturale. Che questa “fiera delle arti creative” si manifesti con l’avvento della primavera è anche un segnale di rinascita per tutta la società.

Occorre aguzzare l’ingegno e trovare la via giusta per la fioritura armonica delle capacità creative dell’uomo. Indovinare il punto di incontro fra la società e l’ambiente. Questa capacità si manifesta dove c’è un sincero e concreto lavoro personale, teso a sviluppare le proprie capacità creative, anche in termini di “sopravvivenza creativa”. La manifestazione è stata pensata come un evento che nasce a Calcata e si allarga a spirale, una specie di “rito fescennino itinerante”. Nell’ambito bioregionale della Valle del Tevere già esistono piccoli nuclei di ricerca creativa andando loro incontro stabiliamo una parità policentrica fra i vari nodi territoriali.

La realizzazione di questo progetto è il semplice risultato di un vibrare in armonia, una rete di persone che si ritrovano nella danza in cerchio della vita. Un Circolo Virtuoso che intende annunciare una buona stagione del corretto agire nel mondo. Tu sei ciò che io sono. Ci auspichiamo pertanto che anche le Istituzioni e gli Enti imprenditoriali e camerali decidano di compartecipare a questo esperimento"

Miracle of Love

I am like the wind
No one can hold me
I belong to everyone
No one can own me
The whole world is my home
All are my family
(Neem Karoli Baba)


La mia Madre Spirituale Anasuya Devi


7. Paolo e le sue donne
"Ho sempre amato le donne da quando son nato, cominciando ovviamente da mia madre, poi le ho amate come sorelle (ne ho due) poi le ho amate come amiche (a scuola e nella vita in generale) e finalmente le amate come amanti e da esse ho avuto anche due figlie, che senza dubbio amo. Insomma il mio amore per le donne è totale, infatti amo anche la Shakti, l'energia divina o Madre Divina, Anasuya Devi,  che tutti ci compenetra, tant'è che una volta a Viterbo un amico ateo un po' misogino, Luigi Cascioli, mi definì "adoratore di Kali", pensando così di offendermi… io gli risposi con una parolaccia ma l'accusa di essere un seguace di Kali non la rinnegai, anzi mi fece piacere, anche perché è la verità! 

Continuando la mia storia vi dirò che sono un membro fondatore, assieme ad Antonio D'Andrea, del Movimento Uomini Casalinghi (che fa riferimento al matrismo storico) ed inoltre sono stato –credo- il primo ragazzo padre in Italia (dal 1985 allorché mi occupai a tempo pieno di mio figlio Felix, con delibera del giudice tutelare che me lo affidò) ed ho così esperimentato sulla mia pelle cosa significa avere un bambino piccolo da accudire, lavorare per guadagnare la pagnotta come una ragazza madre! Finalmente ora  che son diventato nonno di vari nipotini ed ultimamente  di una nipotina femmina, che si chiama Mila,  posso amare le donne pure come nipoti….

8. Libertà di amare e di essere amati
"La coppia monogamica che noi conosciamo non è un riscontro dell'amore o perlomeno non lo è nel modo in cui essa viene oggi vissuta. E qui dobbiamo iniziare un percorso per capire cos'è il libero amore ed in quali modi esso si manifesta. Cominciamo ad esaminare la propensione evolutiva che dall'inizio della specie spinse le donne in età feconda spontaneamente e liberamente ad unirsi con quei maschi che ritenevano più idonei alla sopravvivenza, tali maschi erano molto probabilmente i più intelligenti, cioè quelli che mostravano di possedere un patrimonio di conoscenze ed una maggiore adattabilità all'ambiente ed alle condizioni sociali, in grado di far progredire la specie. Mai un maschio sceglieva una donna se non contemporaneamente all'accettazione di lei. La selezione, sino a circa cinquemila anni fa (siamo in pieno periodo matrista) veniva sempre sancita dalle femmine ed è per questo che l'umanità ha mantenuto una costante spinta evolutiva, lenta ma consona alla propagazione sul pianeta. Questa qualità "elettiva" è stata una risposta evolutiva nonché afflato emozionale endemico.

Forse con l'avvento dell'allevamento e dell'agricoltura (e del surplus produttivo conseguente) pian piano questo approccio fra i sessi fu corrotto dal modello utilitaristico e possessivo patriarcale in cui alcuni maschi furono in grado di "acquistare" una femmina (matrimonio) per fini riproduttivi. Questa tendenza divenne sempre più forte con l'affermazione delle religioni monoteiste che sancirono la sudditanza femminile in forma definitiva e la consuetudine del matrimonio divenne una regola sociale obbligatoria. Da quel momento scomparve –o quasi- l'amore ed apparve la prostituzione e la "infedeltà". Ma cosa vuol dire prostituzione? Non è forse una forma di "matrimonio" limitato ad un breve lasso di tempo per la mera soddisfazione sessuale? E cos'è l'infedeltà se non la spontanea aggiustatura, lo sfogo, per un rapporto coniugale obbligato? Insomma la conseguenza dello sposalizio sancito per legge. E ove si manifestano prostituzione ed infedeltà vuol dire che l'amore non è più sincero e schietto ma solo una comoda formula sociale ed economica, insomma un commercio… un gioco di potere.

Il "libero" amore come riscoperta della piena libertà espressiva è quindi la sola riposta alla condizione corrente in cui l'anormalità è diventata norma.
Ma il libero amore presuppone il rapporto fra persone libere, un rapporto non preconfezionato, né legato ad interessi altri se non l'amore stesso quindi non può esser mercenario in alcuna forma, né –ovviamente- il risultato di prevaricazione o plagio fisico o psichico. Libero amore è l'incontro fra esseri umani consenzienti che durante un percorso di vita scelgono spontaneamente di sostenersi reciprocamente e condividere esistenza intelligenza e sessualità. Un tale amore non è nemmeno limitato ai rapporti eterosessuali e può essere allargato in vari modi ed in diverse sfaccettature di convivenza, purché intimamente accette dagli interessati. In questo contesto di libertà amorosa c'è una grande responsabilità emozionale ed etica, infatti se non si presentano le caratteristiche delle piena libertà espressiva tali persone "libere di amare e di venir riamate" non potranno mai ricorrere a forme divergenti. Restando ognuno fedele alla sua stessa onestà e propensione in caso di mancanza di partners idonei (e rifuggendo da tendenze sostitutive…) colui che sinceramente ama (senza abbassare il livello del suo amore o scendere a compromessi fallaci) si limita all'astinenza. Si astiene cioè da ogni rapporto che devierebbe od offuscherebbe la pienezza della sua emancipazione. Un libero amante non potrà sottostare a compromessi di ruolo per il semplice soddisfacimento di stimoli sessuali o vantaggi sociali.

Negli ultimi duemila anni malgrado l'apparente sviluppo tecnologico e scientifico abbiamo notato un costante e continuo abbassamento del livello emozionale, morale e dell'intelligenza. Viviamo in una società sempre più superficiale e violenta soprattutto nei confronti delle donne e dei più deboli ma -allo stesso tempo- con l'ipocrita pretesa di mantenere una morale monogamica, una facciata di rispettabilità, nella convenzione ed accettazione di fasulle norme comportamentali di facciata. Allo stesso modo è sorta l'anomalia della castità come "regola" religiosa, la castità può essere solo la conseguenza della fedeltà ad una elevata qualità amorosa (anche in senso mistico) non una pre-condizione alla funzione sacerdotale (un "bargain" come dicono gli inglesi…). L'imposizione forzata della castità porta ad inibire violentemente la propria sessualità, conduce a un falso senso di superiorità, e –spesso- a forme improprie di sessualità perniciose per se stessi e gli altri. Per lo stesso motivo non si può considerare "normale" un rapporto di coppia stabilmente monogamo quando è solo adattamento alle convenienze sociali.

La finzione è arrivata a tal punto che ormai la depravazione è diventata una specie di sfogo consentito. L'ipocrisia impera sovrana ed abbiamo la sfacciataggine di chiamarla "amore coniugale" o "castità sacerdotale" mentre il libero amore vien considerato lo sfogo bestiale di persone prive di ogni decenza. Così van le cose… ma non per tutti! 

Ed ora giungiamo ad una conclusione. Evidentemente la natura ha deciso di passare attraverso le tappe sin'ora descritte, dal matrismo al patriarcato, mi sembra però che il tempo sia maturo per un superamento di entrambi questi modelli, per giungere ad una vera liberazione sessuale. Essa può manifestarsi solo nell'assoluta pariteticità dei sessi, nell'indifferenziato ed ecologico erotismo-amore, dialogo dell'Umano. Se riusciamo a staccarci dalla schiavitù ed incombenza del "livello" delle nostre qualità sessuali allora avremo veramente raggiunto la "liberazione sessuale" ed a quel punto non avrà più alcun senso discutere di valenze…. il sesso è solo energia, incontro fra gli opposti, frizione creatrice, amore..."

(L'intervista continuerebbe, ma qui la interrompo...)

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Post Scriptum

Ringrazio Danielita per avermi presentato Mari D. che ovviamente ringrazio per aver creduto in questa intervista non intervista. Ringrazio Massimiliano per essersi prestato al gioco di interpretarmi.
Ciao a tutti, P. D’A.

Come guarire dal raffreddore e dall’influenza?



Anni fa,  prima dello scoppio "pandemico", quando Big Pharma  stava iniziando la sua campagna di assuefazione ai vaccini,  andavo  sovente in campagna a trovare una coppia di vecchi amici contadini, dai quali mi rifornivo di olive in salamoia, olio extravergine, zucche barucche, pomidoretti d'inverno, etc. Anita, la padrona di casa, ogni volta mi riceveva tutta contenta e mi faceva grandi feste...   lei era molto affezionata a me. Una volta il marito, Alberto, non era in casa e quando chiesi ad Anita dov'era  (trattandosi di persone anziane non si sa mai...) mi  rispose che era andato dal farmacista a comprare certi vaccini contro l'influenza...

"Ma come -faccio io- vi siete fatti infinocchiare dalle televisioni? Non sapete che i vaccini sono fatti apposta per indebolire la gente od al meglio è un sistema per far soldi a uffah?".

Anita si è però molto risentita ed ha cominciato a dire che "chi sta al governo, consigliato dagli scienziati, è un santo che fa il bene del popolo, etc. etc." Per non mettermi a questionare con una vecchia amica, ho taciuto e mi sono limitato ad aiutarla a preparare le cose che mi servivano... (essendo lei troppo anziana per fare da sola e salire e scendere le ripide scale per la cantina). Quando tutto era pronto e stavo per ripartire ecco che giunge anche Alberto di ritorno dalla Farmacia, in mano due siringhe monouso e le "medicine" e mi fa scherzoso "Sai fare le iniezioni? Vuoi vaccinarti pure tu?".

Poi si sono messi a discutere fra loro due come scambiarsi i vaccini: "Tu fai l'iniezione a me ed io la faccio a te...".

Beh sapete una cosa? Mi sembrava di assistere alla scena di Giulietta e Romeo in cui si danno la morte... veramente una scena patetica...

Paolo D'Arpini












Articolo collegato: 

Amore e Pax Aeterna

 


Solo l’amore può garantirti un regno che può rimanere per sempre.  Ciò che si conquista con la forza non può che essere momentaneo. Ciò che è stato imposto non può essere eterno, perché il nemico che hai sconfitto non è diventato tuo amico; anzi, è diventato più nemico di prima. Aspetterà il momento giusto per reagire, per vendicarsi, per ottenere la rivincita. È una lotta continua.

L’unico vero regno arriva attraverso l’amore.

Gesù ne parla: il regno dentro di te. Nel regno fasullo sconfiggi gli altri; nel regno reale diventi un conquistatore di te stesso. Ed essere padroni di sé, non essere più schiavi di alcun desiderio, di alcun pensiero, di alcuna passione, è la cosa più preziosa della vita, il più grande splendore che possa capitare a chiunque.

Non dico di distruggere i tuoi desideri e non dico di distruggere le tue passioni. Non sono contro il corpo, non sono contro i desideri. Quello che sto dicendo è: non devono essere loro i padroni. Tu devi essere il padrone e loro devono essere i servitori. Quando le passioni sono al tuo servizio, quando i tuoi desideri sono le tue ombre, la vita si arricchisce infinitamente.

Questo può accadere solo attraverso l’amore; non attraverso il conflitto, ma attraverso l’armonia.

Ama te stesso: questo è il primo comandamento e poi tutti gli altri comandamenti seguono da soli. 

Osho 


 Tratto da: Zorba The Buddha




Spiritualità laica alla prova dei fatti... e la realtà dell'Io sono!

 


Eccomi qui a raccontarti il mio sogno, tu ci sei dentro ed anche molti altri.... ma per semplificare diamoci del "Tu", parliamo come se fossimo in due, giacché solo in termini duali possiamo parlare.

Spiegare è come giustificare, tu sei lì che sogni e mi dici di avermi incontrato nel tuo sogno poi ti svegli e mi chiedi "sai che ci siamo incontrati in sogno ed abbiamo fatto questo e quello, che ne dici?"

Rispondo iniziando dal discorso del karma (l'agire), non esiste karma, è tutto nel sogno, finché continuiamo a sognare facciamo varie interpretazioni del nostro sogno e cerchiamo di dargli un senso, lo chiamiamo causa-effetto oppure libera scelta o quello che ti pare, ma a che serve descrivere la verità del sogno? 

Per uscirne fuori, per un risveglio spirituale laico dal dualismo, si "consiglia" di non attaccarsi alle ragioni ed agli eventi del sogno ma di concentrarsi su colui che sogna, sull'io, sulla coscienza... senza seguire i pensieri, le intenzioni di questo o quello, bello o brutto….

A che serve ulteriore speculazione quando lo specchio non potrà darti mai alcuna sostanza? Solo il senso dell'essere, di esistere, è innegabile, non si può mettere in dubbio, è la sola certezza o "capitale" che abbiamo. Per esprimere questo essere diciamo "io sono", questo nello stato di veglia ed in sogno , ma persino nel sonno profondo o nello svenimento questo essere è implicito anche se –allora- non possiamo affermarlo, eppure siamo consapevoli... di esistere.

La coscienza non è un processo descrivibile in alcuna forma, la coscienza può essere sperimentata e direttamente conosciuta, il momento che cerchiamo di descriverla essa sfugge al nostro controllo, subentra l'astrazione del pensiero, eppure essa "assiste" anzi "consente" il pensiero, essa è testimonianza e causa prima di ogni andamento mentale. Purtroppo la mente usa il linguaggio duale e speculare e quindi non può descrivere ciò che è al di là dello specchio. La mente è il riflesso, la coscienza è la luce che si manifesta come riflesso. Essendo quindi questa coscienza l'unica ed assoluta verità puoi anche chiamarla "Dio" -se vuoi- nel senso che essa rappresenta la vera "esistenza presenza".

Per quel che riguarda la coscienza personale, o mente, essa è solo una rifrazione una "forma" della coscienza, variegata ed irripetibile, come una goccia d'acqua non è mai uguale all'altra, come una foglia non è mai uguale all'altra, come una granello di polvere non è mai uguale all'altro, nessuna coscienza individuale può essere uguale all'altra... questa diversità è la caratteristica della coscienza quando si manifesta nell'aspetto individuale. Ma questa "diversità" è possibile solo perché la coscienza (che è la matrice) nella sua espressione indifferenziata è alla base di ogni manifestazione vitale. La "consapevolezza" priva di attributi è il substrato necessario per svelare ogni attributo.

L'individualità della mente muore con la morte fisica ma non la pura coscienza che continua a manifestarsi in altre innumerevoli forme, la così detta anima individuale è una maschera, una proiezione fittizia, un personaggio nel sogno nella coscienza. Quanti personaggi sogniamo in un sogno e chi sono essi se non il sognatore stesso, ovvero la coscienza che sogna? Quindi, aldilà di ogni pensiero, religioso od ateo che sia, non si può negare "quell'io sono", l'unica verità.

E' questo "io sono" che viene definito l'unica Realtà, così è nel pensiero Platonico e persino nella Bibbia è detto: "I am that I am" - Io sono quell'io sono. Che senso ha continuare a menar il can per l'aia su un'esperienza ovvia, un'esperienza che non ha bisogno di essere confermata da alcuno, in cui solo lo sperimentatore è reale? Eppure il momento che ricominciamo a ragionare su questo "io sono" appaiono le inevitabili differenze di pensiero (religioni, interpretazioni, ideologie, filosofie) che, come dicevamo all'inizio, sono infinite quante le forme ed i nomi....?

Se dici "io lo penso.. e ci credo" vuol dire qui, ovvero "presenza -fissità" intendendo l'esser-ci in un luogo ed in un tempo. Sarai però d'accordo che l'essere non è condizionato dal luogo e dal tempo, l'essere è indipendente dal luogo e dal tempo e non ha nessun bisogno di riscontro per conoscere la sua esistenza, né serve conferma nel pensiero. Siccome siamo abituati a confrontarci, e sin qui abbiamo dialogato molto..., possiamo anche dire che "ci" siamo tutti dentro in questa elaborazione dell'esser-ci (sempre tu, io .. e tutti gli altri).

Ma se tu, indipendentemente dal confronto interpersonale, non fossi consapevole  di esistere "ab initium" -indipendentemente dalla "nostra" supposta esistenza- (e nota bene che ciò vale per ognuno di noi) potresti forse dire di non esistere? Potresti affermare oggettivamente e soggettivamente di non esistere se non avessimo questo confronto letterario?  Forse hai bisogno di guardarti alla specchio per conoscere la tua esistenza? 

Ma nel girare in tondo in tondo ci sembra di compiere un percorso e siccome siamo abituati a considerare l'esistenza quando si manifesta sotto forma di "pensiero" e –chiaramente- siccome il pensiero, come la parola e come ogni concetto, è per sua natura condivisibile (in quanto si presuppone che possa essere trasmesso ad un "altro"), qualsiasi considerazione appaia nella nostra mente diventa per noi un assioma, una verità, che "possediamo" in comune, ma -attento- a chi appare quel pensiero? Prima di poterlo condividere, chi è quell'io cosciente che lo percepisce (e successivamente lo condivide)?

Senza la prima persona, senza l'essere in prima persona, come è possibile divenire coscienti dell'altro? E del qui ed ora, etc. etc. etc. Questo bel discorso, perciò, non implementa la nostra esistenza, il nostro essere coscienti, se non -forse- per il "sospetto" (ma è una certezza) che "io sono quel che tu sei..". Io sono e quindi tu sei e quando tu sei io sono allo stesso tempo, ecco-ci siamo riflessi l'un nell'altro, quindi tu ed io siamo la stessa identica cosa: coscienza.

Continuando nel riverbero vedi ora la "specularità" delle forme? Ma per i fatti pratici accettiamo la separazione, come in un sogno, questo è il gioco della coscienza....

Paolo D'Arpini















"La vita è sogno" (Calderon de La Barca)

Thich Nhat Hanh: "Chiamatemi con i miei veri nomi"



Chiamatemi con i miei veri nomi.  

Non dire che domani me ne andrò, perfino oggi sto arrivando di nuovo. Guarda profondamente: ad ogni secondo arrivo, per essere un getto primaverile; un uccellino, con piccole ali ancora fragili: sto imparando a cantare nel mio nido nuovo; per essere un bruco nel cuore di un fiore; un gioiello che si nasconde nella pietra. Ancora arrivo, per ridere e piangere, per aver paura e per sperare. Il ritmo del mio cuore è la nascita e la morte di tutto ciò che vive. 

 Sono un insetto che si trasforma sulla superficie dell'acqua. 

 E sono l'uccello che si lancia giù per inghiottire l'insetto. 

Sono una rana che nuota felice nella chiara acqua dello stagno. 

 E sono il serpente che, silenzioso, si ciba della rana. 

Sono un bambino in Uganda, tutto pelle e ossa, le mie gambe esili come canne di bambù, e sono anche il mercante che vende armi mortali all'Uganda. 

Io sono la bambina dodicenne profuga su una piccola barca, che si getta nell'oceano dopo essere stata violentata da un pirata. 

E sono anche il pirata, il mio cuore ancora incapace di vedere e di amare. 

Sono un membro del Politburo, con un enorme potere nelle mie mani. 

E sono l'uomo che deve pagare il suo "debito di sangue" alla sua gente, morendo lentamente in un campo di lavori forzati. 

 La mia gioia è come la primavera, così calda che fa sbocciare fiori su tutta la Terra. Il mio dolore è come un fiume di lacrime, così vasto che riempie tutti i quattro oceani. 

Per favore chiamatemi con i miei veri nomi, perché io possa udire tutti i miei pianti e tutte le mie risa insieme, perché possa vedere che la mia gioia e il mio dolore sono una cosa sola. 

Per favore, chiamatemi con i miei veri nomi, in modo che mi possa risvegliare e la porta del mio cuore sia lasciata aperta, la porta della compassione. 

 Thich Nhat Hanh


La scoperta del DNA...



DarwinNaegeli Weismann avevano ipotizzato che la trasmissione dei caratteri ereditari fosse dovuta a minuscoli elementi (invisibili con i mezzi dell’epoca) contenuti nelle cellule(1). Intorno al 1910 queste ipotesi risultarono in sintonia, sia con le teorie sulle mutazioni genetiche sviluppate da De Vries  all’inizio del secolo XX, sia dai noti esperimenti condotti dal biologo statunitense Thomas Hunt Morgan sul moscerino da frutta (“Drosophila“: vedi N. 116). Tuttavia, se il meccanismo era chiaro, i mezzi dell’epoca non avevano ancora permesso di individuarne l’agente materiale della trasmissione dei caratteri ereditari compreso nella cellula.

Solo a metà del ‘900 furono individuati gli agenti genetici responsabili, sia della trasmissione dei caratteri ereditari, che dell’evoluzione. Si tratta dei “geni”, strutture presenti nelle cellule degli organismi viventi in varie forme alternative (“alleli”), alcune “dominanti” che si ritrovano nella prima successiva generazione di animali o piante, altre “recessive”, che si manifestano nella seconda generazione e nelle successive in proporzioni fisse. I geni sono compresi nella struttura delle macromolecole di DNA (acido deossiribonucleico) costituite da una doppia elica che contiene quattro basi azotate (Adenina, Timina, Citosina, Guanina), più un gruppo fosfato e uno zucchero a 5 atomi di Carbonio. Le eliche di DNA sono a loro volta contenute insieme a gruppi di proteine nei filamenti colorati (“cromosomi”) presenti nei nuclei cellulari e scoperti già nell’800 (vedi N. 85).

L’acido nucleico e la sua funzione furono scoperti da O.T. AveryC. McLeod e M. McCarthy nel 1944 con le loro esperienze sui batteri della polmonite, e poi confermati nel 1953 da A. Hershey M. Chase. Sfruttando la diffrazione a raggi X - sperimentata già da Max Von Laue (1879-1960) all’inizio del secolo XX, che gli valse il premio Nobel nel 1914 - la ricercatrice britannica Rosalind Franklin (1920-1958) e l’altro britannico Maurice Wilkins effettuarono negli anni ’50 analisi molecolari dell’acido nucleico, in forma cristallina, con raggi X.

Queste analisi permisero l’esame e la determinazione della struttura delle molecole di DNA. Analisi simili permisero anche lo studio dell’emoglobina e della mioglobina in forma cristallina, ed anche di un secondo acido nucleico presente nel nucleo della cellula e nel citoplasma: l’acido “ribonucleico”, indicato con l’acronimo RNA. Esso non contiene direttamente le caratteristiche genetiche come il DNA, ma partecipa in due forme distinte (m-RNA e t-RNA) alla trasmissione delle informazioni genetiche ed al trasferimento del materiale genetico.

In seguito a queste ricerche, Maurice Wilkins ottenne nel 1962 il Nobel per la Medicina per la scoperta della struttura del DNA insieme all’altro britannico Francis Crick (1916-2004) ed allo statunitense James Dewey Watson. Questi ultimi due avevano scritto articoli sull’argomento già negli anni ’50. Non fu assegnato il premio alla Franklin, che aveva materialmente effettuato le ricerche con raggi X, a causa della morte prematura per cancro alle ovaie della ricercatrice. Il fatto che dai vincitori del Nobel non fosse pienamente riconosciuto il suo contributo decisivo fu fonte di molte polemiche.

Nel 1956 il biologo statunitense di origine indonesiana Joe Hin Tjio e lo svedese Albert Levan avevano scoperto che i cromosomi nella specie umana sono 46 per ogni cellula (22 coppie più una coppia sessuale), mentre, ad esempio, vi sono solo 4 coppie di cromosomi nel moscerino della frutta, 19 coppie nel gatto, nel leone, nella tigre e nel maiale, e 32 nel cavallo. Nel 1966 gli “alleli” compresi nei geni furono divisi in 7 gruppi mentre prima erano divisi solo in X ed Y. Si è già visto all’articolo precedente che esiste una coppia formata da un doppio X per le donne (per questo dette “omozigote”) mentre i maschi hanno una coppia X - Y (“eterozigoti”).

Il fisico ex- sovietico Gamow (N. 109) ed altri ricercatori studiarono poi la trasmissione del codice genetico ed il processo secondo cui il DNA, in cui compaiono in varie posizioni le quattro basi azotate di cui si è scritto sopra, presiede alla produzione dei 20 aminoacidi fondamentali necessari alla formazione delle proteine. Ciò avviene attraverso la diversa combinazione delle 4 basi che possono formare 64 diverse “triplette”, ognuna delle quali fornisce una particolare informazione(3). Si è anche potuto constatare che le piccole mutazioni nei geni che influenzano il codice genetico possono essere causati da molti fattori ambientali, ad esempio di tipo chimico, o radiazioni (usate anche per accelerare le mutazioni nell’esperimento sui moscerini), o anche biologici come particolari enzimi.

Quindi le mutazioni possono essere causate anche artificialmente ed attualmente gli studi relativi sono – almeno ufficialmente - indirizzati alla prevenzione di malattie ereditarie piuttosto che a discutibili ricerche eugenetiche(2). Nel campo agricolo le mutazioni genetiche sono indotte per creare gli OGM (Organismi Geneticamente Modificati) che teoricamente dovrebbero servire a rendere più redditizie le coltivazioni alimentari ed eliminarne malattie e parassiti, ma che spesso sono stati usati in modo subdolo, incontrollato e vessatorio nei confronti degli agricoltori (ad esempio producendo semi che non possono essere utilizzati per nuove semine) per aumentare i profitti delle multinazionali. Torneremo sull’argomento nelle conclusioni.

Vincenzo Brandi -  “Conoscenza, scienza e filosofia” 





























(1) L. Geymonat, “Storia del Pensiero Filosofico e Scientifico”, Garzanti 1970-1972

(2) RBA, “Le Grandi Idee della Scienza – Fisher”

(3) RBA, “Le Grandi Idee della Scienza – Gamow” 

Aumentano gli eremiti vegetariani... per sfuggire al sistema consumista



“Aumenta il numero degli eremiti che tornano a stretto contatto con la natura, favorendo gli ecosistemi e la biodiversità, presidiando e manutenendo il territorio, esercitando meditazione e contemplazione, elevando la propria spiritualità e senza alcun onere per la collettività…”  –  (Claudio Martinotti Doria) 

Dovrei raccontare anche la mia esperienza eremitica, vissuta  in diversi anni di ritiro nelle grotte e nelle capanne del Tempio della Spiritualità della Natura di Calcata.  Ricordo  a questo proposito anche l'esperienza di  Mario Dumini, che conobbi a Roma nel 1974, quando facevo vita eremitica cittadina, in Via Emanuele Filiberto, (senza luce elettrica né acqua corrente e vivendo di erbe selvatiche raccolte nei parchi, un'esperienza durata un paio d'anni),  fu Mario stesso che mi indicò Calcata come luogo di ritiro stabile.  Successivamente Mario si stabilì in una grotta di San Vittorino, facendo vita solitaria  (vedi:  http://marioduminieremita.weebly.com/chi-e-leremita.html)

Ricordo anche il caso di Marco, fuggito alcuni anni fa dalla società dei consumi, arrestato con l’accusa di coltivazione abusiva di canapa sui monti di Sambuca Pistoiese. E’ lì che da quasi quindici anni aveva scelto di vivere come eremita originario della provincia di Varese.  E’ un laureato alla Bocconi di Milano dove discusse la tesi “Metodologie di valutazione ambientale e sviluppo sostenibile”. Una mente brillante e una famiglia benestante alle spalle che lo hanno portato a diventare un product manager dell’Italaudio, storico distributore nazionale del gruppo Yamaha fino al 2001 quando, come lui stesso ha raccontato, mentre si trovava all’Holiday Inn di Manhattan  maturò la decisione di staccare la spina e a giugno dello stesso anno era in mezzo ai boschi delle montagne Pistoiesi, senza carta di credito in tasca, senza auto ma soprattutto senza il ritmo frenetico che imponeva il lavoro e l’azienda. Un ritmo e un lavoro che, racconta l’ex manager, servivano solo per soddisfare bisogni secondari, indotti dal sistema. Marco invece ha scoperto di voler vivere in mezzo alla natura seguendo i suoi tempi, quelli delle stagioni, e diventando vegetariano…  

E questo sembra il destino di tutti gli eremiti, ovvero: diventare vegetariani. Ma è normale che sia così, poiché vivendo nella natura e rinunciando alla società dei consumi le erbe selvatiche sono il cibo più accessibile (a questo proposito segnalo un mio scritto storico sulla conoscenza erboristica fatta a Calcata.  (Vedi: http://www.circolovegetarianocalcata.it/alimentazione-ed-ecologia/).

 

Ed ho continuato la mia ricerca per una sopravvivenza bioregionale anche dopo il mio trasferimento a Treia, nelle Marche.   (Vedi: http://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2020/10/alimentazione-bioregionale-per-una.html)

Paolo D'Arpini