RAZZISMO E IPOCRISIA DEMOCRATICA - Evian 1938, quando le democrazie tradirono gli ebrei...
Una domanda facile facile: "Chi sei tu ?"...
Se vi chiedessi chi siete, cosa mi rispondereste? La maggior parte delle persone che conosco pensano di essere un corpo ed i pensieri che popolano la propria mente. Fino a qualche tempo fa anch'io la pensavo così. Poi un giorno ho scoperto che in realtà sono l'amministratore del mio corpo e della mia mente. Certo che ero un amministratore fallimentare: il corpo sfuggiva al mio controllo ammalandosi e la mente era popolata di pensieri che non controllavo. Non ero io che guidavo ma corpo e mente che guidavano me verso l'autodistruzione fisica e pensieri automatici indipendenti dalla mia volontà.
Come se portando un cane al guinzaglio improvvisamente vi accorgete che è il cane a portarvi al guinzaglio.
Una scoperta sorprendente: non sono libero.
Ma cos'è la libertà? Per diversi anni ho praticato la meditazione yoga ed ho imparato a controllare il corpo e soprattutto i pensieri che affollavano la mia mente. Lo yoga, come anche anche altre discipline olistiche è un ottimo strumento per tornare ad essere i padroni della propria vita e sperimentare la libertà. Ma purtroppo spesso accade che lo yoga viene praticato come una ginnastica e quindi diventa un passatempo o come una dottrina di fede e quindi diventa una religione.
Fin quando non si prende coscienza che la strada della liberazione si può percorrere solo imparando ad ascoltare i bisogni del corpo, proprio come fa una madre con il proprio neonato. Il corpo è il nostro maestro di vita, il vero guru che non mente mai. Trattando male il nostro corpo ci incateniamo con le nostre mani e soprattutto perdiamo il controllo della nostra mente.
Nasciamo liberi e veniamo istruiti dagli "adulti" a diventare schiavi. Infatti diceva Gesù: se non ritornerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli, ovvero non riconquisterete la libertà.
Paolo Mario Buttiglieri
Mio commentino: "Anch'io ho posto la domanda "Chi sei tu?", come titolo di un mio recente libro, mi permetto di consigliarlo ai lettori di questo blog...
Qui una recensione: https://
Filosofi del '900 critici verso la scienza sperimentale...
Oltre a filosofi apertamente irrazionalisti (come Bergson, Heidegger, Jaspers) ed idealisti (come Bradley, Croce o Gentile), delle cui filosofie ci interesseremo in un prossimo articolo, è necessario segnalare le figure di alcuni filosofi, che – pur partendo a volte da posizioni vicine a quelle empirico-logiche del Circolo di Vienna (N. 106) – sono approdati a posizioni critiche verso la scienza sperimentale, basata sul principio di induzione (che consiste nel risalire dai singoli fatti sperimentali ad una legge generale) e sulla verifica sperimentale delle teorie(1)(3)(7).
L’inquinamento musicale è diventato il nemico numero 1 per l’uomo...
Solitamente l’immagine che si ha del rumore è legata alle attività lavorative, si pensa ad un martellar di lamiere, colpi d’ascia, motori che sibilano, traffico, ululati di sirene…. Solo a pensarci ci si sente infastiditi sia nell’olfatto che nell’udito! Ma è soprattutto il “rumore da divertimento” che è irritante e dannoso anche se viene considerato fonte di delizia e di esaltazione. Mi riferisco ovviamente ai decibel delle tiritere strombazzate dalle auto in corsa, fuoriuscenti dalle porte di localacci ambigui, dalle finestre delle case con televisioni accesi giorno e notte, dagli stereo dei venditori ambulanti, dalle cadenze hard rock di discoteche e club privati, etc. etc.
Quali sono le conseguenze sulla mente e sul corpo umano di queste cadenze emesse senza sosta? L’elettroencefalogramma evidenzia rallentamento dei ritmi, alterazioni dell’attività elettrica delle cellule nervose, riduzione dei riflessi e della memoria, eccitabilità e mancanza di risposte adeguate alle situazioni contingenti, anche alcune forme di cefalea possono essere collegate a traumi acustici. Il sottoporsi a rumori eccessivi porta a disturbi urinari e mestruali, fertilità e libido ne risentono anch’esse.
Le persone che vivono o lavorano in ambienti rumorosi sono le più soggette a fenomeni quali l’ipertensione o l’improvvisa elevazione della pressione sanguigna, a rischio sono soprattutto le persone soggette a problemi cardiocircolatori. Alcuni test di laboratorio hanno infatti dimostrato che se sottoposti ad un rumore di 90 decibel per 10 minuti i malati presentano evidenti alterazioni nell’elettrocardiogrammma.
Insomma il rumore in eccesso è puro veleno per l’uomo!
“Beati quelli che stanno in Paupasia..” Ma forse pure loro sono ormai resi schiavi dall’auricolare… !
Il rumore di fondo al quale siamo esposti non dovrebbe superare i 60 decibel ma è un limiti ampiamente superato sia in Italia che all’estero. Tutto questo baccano oltre che portare ai disturbi sopra indicati ha anche altre disagevoli conseguenze: disabitua l’orecchio all’ascolto. Infatti l’inquinamento acustico ci porta ad ignorare (nel livello cosciente) quei suoni che il nostro udito non può sopportare, che è una sorta di sordità o distrazione psicologica. Oggi per combattere l’inferno del “baccano” si contrappone la semplice diminuzione (insonorizzazione) delle emissioni ma questo è un approccio meramente negativo.
Dobbiamo invece far sì che gli studi sull’acustica ambientale abbiano un valore positivo. Quali sono i suoni che intendiamo privilegiare, conservare, moltiplicare? Per capire questo discorso dobbiamo imparare a scegliere il rumore al quale sottoporci. Possiamo cominciare discriminando fra l’ascolto volontario della nostra melodia preferita ed il martellamento della musica indiretta. Questa presa di coscienza non ci potrà certo impedire l’ascolto della musica indiretta, spesso ammannitaci nelle forme più subdole come quando si va al supermercato o si ascoltano musiche strane su internet o televisioni (e dir si voglia), ma ci consentirà comunque di abituarci al distacco ed al discernimento in modo da non cadere vittime degli incantatori pubblicitari.
Infatti la sottomissione passiva (ignorante) alla musica indiretta è fonte di stravolgimento culturale e mutazione dei costumi (esattamente ciò che vuole la pubblicità..). Se restiamo vittime di questo influsso la musica, che è l’arte più vicina alla spirito (essendo nata proprio in funzione del nutrimento spirituale) ed orgoglio della nostra tradizione millenaria, smette di essere una cosa nata per “illuminare” la mente umana, allietando il nostro vivere, ma diventa fonte di confusione ed alienazione dalla vita (cosa tanto gradita a satana).
Oggi nella società in cui tutto è consumo ed appropriazione materialistica anche la musica è una merce di cui “godere” senza ritegno sino alla nausea ed alla negazione dell’armonia. “Gli uomini, cosiddetti civilizzati, sono diventati feroci uditori ma in realtà non sanno più ascoltare! Usano il suono come una droga stordente dimenticando così di godere del significato e del valore di quanto viene ascoltato” (Walter Maioli, etnomusicologo).
Come affermavo sopra anche le culture aborigene sono minacciate dalla massificazione musicale in corso, la musica dolce e profonda dell’oriente, delle Americhe o d’Australia rischia di restare contaminata irrimediabilmente dall’ondata volgare di suoni elettronici e decadenti della musicaccia occidentale di taglio consumista. “E’ pur vero che le diverse civiltà possono crescere attraverso ibridazioni e contatti, ciò è sempre avvenuto in passato, ma dovrebbero poter continuare ad evolversi senza subire una colonizzazione assoluta e perciò inaccettabile” (Roman A. Vlad, musicista).
Nell’ascolto non si tratta perciò di mettere in contrapposizione la musica elaborata, ricca di significati simbolici, con quella popolare e primitiva… piuttosto, ai vari livelli, di sottolineare la profonda e radicale differenza delle finalità fra un prodotto di consumo ed opere in cui la ricerca estetica continua ad essere portata avanti.
E qui torniamo al problema dell’inquinamento acustico… (e non solo nelle città, poiché ormai esso impera ovunque) per scoprire che mentre un pubblico sempre più vasto si sottopone, più o meno volontariamente, ai prodotti musicali di consumo, s’impone per “l’ascoltatore” di qualità un eccessivo sforzo discriminatorio e di pazienza per non restare coinvolto e sconvolto dal rumore della diffusione di massa.
Occorre evitare che la capacità melodica, che fece sognare l’uomo per millenni e che è ormai una componente emozionale della sua vita spirituale, cada vittima dei “petrolieri” musicali. La melodia, che ha il silenzio come base, non deve infatti soccombere ad un’era perversa e sordida frastornata da ogni rumore. Il rischio inverso, dicevo sopra, è l’assuefazione inconscia al frastuono e la perdita totale della capacità di ascolto.
E vorrei ora ricordare ai convalescenti desiderosi di cure melodiose un qualcosa che possiamo fare per recuperare l’amore per i suoni naturali. Quando ci rechiamo in campagna, sulla riva di un fiume, in qualsiasi ambito naturale, abituiamo l’orecchio al vuoto, spegniamo ogni brusio tecnologico, non parliamo, lasciamo che la natura trasmetta i suoi messaggi: il ronzio di un’ape sui fiori, il guizzo d’ala di un passero, un refolo di vento tra le foglie, il fruscio dei nostri passi sul sentiero… In tal modo sentiremo nascere dentro di noi una nuova armonia, che parte dal cuore…
Paolo D’Arpini
Chi erano gli Unni?
Quando parliamo di storia e di Eurasia, torna spesso nei nostri discorsi un popolo: gli Unni.
Gabriele Germani
"Chi domina i nostri dire e fare...?"
Fino a qualche anno pensavo di essere un uomo libero ma condizionato da chi aveva il potere. Mi sbagliavo sul fatto di credere di essere libero e soprattutto sul condizionamento da parte di chi aveva il potere.
In realtà come stavano le cose?
Non sono mai stato libero. Non ho deciso di nascere, da chi e dove. E quando sono nato corpo e cervello erano già impostati. I genitori e prima di tutti mia madre mi hanno condizionato. Crescendo la società in cui vivevo e le persone e i luoghi che frequentavo mi hanno ulteriormente condizionato. Ma di questo non ero consapevole. Pensavo di essere libero anche se notavo che molti miei comportamenti erano automatici, pensieri e azioni non corrispondevano esattamente a quel che avrei voluto pensare e fare.
Poi un giorno mi ammalai di una malattia che avrebbe condizionato il resto della mia vita. E quando decisi di curarmi mi si illuminò la mente e per un attimo intuì cosa mi aveva fatto ammalare e soprattutto che fino a quel momento non ero mai stato libero, che il libero arbitrio non era mai esistito, anche se Stato e Religione me lo avevano fatto credere.
Ma soprattutto mi resi conto che la malattia era la conseguenza di questa mancanza di consapevolezza di non essere libero. Se uno non sa guidare l'auto e la guida l'unica libertà che ha è quella di farsi del male. Provate a dare in mano un coltello ad un neonato e vedrete subito che l'unica libertà che ha è quella di farsi del male.
Ma cos'è che ci rende liberi? Il compimento dei 18 anni?
Per la religione, per ogni religione e per lo Stato e per ogni Stato la prima cosa che dobbiamo fare è trascurare il nostro corpo, sacrificarlo obbedendo ai condizionamenti dello Stato e della religione.
Trascurare il corpo e i suoi bisogni è la premessa per perdere il controllo del proprio corpo e della propria mente. E se non controlliamo noi il nostro corpo e la nostra mente ci penserà qualcun altro: Stato, Chiesa, chiunque vuol venderci qualcosa, chiunque vuol farci lavorare come volontario per i suoi interessi.
E così ci viene insegnato che siamo liberi, quando l'unica libertà che abbiamo è di obbedire a questi "insegnanti".
Ma io oggi sono consapevole del livello di libertà che ho. Più ascolto i bisogni del mio corpo e più la mia mente è rilassata e sgombra di pensieri condizionati. E quello che fa una madre "rilassata" che ascolta i bisogni del neonato e li soddisfa. Ma se la madre non è rilassata a livello fisico e di conseguenza a livello mentale è facile che non colga i bisogni del neonato e lo trascuri. Infatti prendersi cura dei propri bisogni è la premessa per vedere i bisogni degli altri.
In conclusione ho imparato ad ascoltare i miei bisogni e a rilassarmi e a vedere che spesso gli altri, come facevo io prima, non sono in grado di ascoltare i propri bisogni e di conseguenza non vedono la realtà, ma la vedono filtrata dalla confusione mentale che li domina dovuta al loro non prendersi cura dei bisogni del proprio corpo a causa dei condizionamenti sociali di cui non sono consapevoli.
Paolo Mario Buttiglieri - trentomilano@gmail.com
I cattivi buoni ed i buoni cattivi
Ho sempre avuto gran rispetto per le persone che crudelmente volevano ammazzarmi. Quei loschi figuri che muovevano marionette e me le scagliavano contro.
Una memoria su Marija Gimbutas… ed il ritorno all’umano condiviso!
Nel libro “La civiltà della Dea” l’autrice Marja Gimbutas utilizzava il termine “matristico” per definire le antiche società neolitiche, Riane Eisler per risolvere il problema ha coniato addirittura un nuovo termine, gilania, unendo la radice greca di femminile (gyn) e maschile (an) con una ‘l’, lettera che evoca il termine link, ‘legame’. Invece Heide Göttner Abendroth, che possiamo definire la fondatrice di questa corrente di studi, considera la parola adeguata da usare matriarcato, e lo spiega dal punto di vista etimologico non come ‘potere delle madri’, bensì come ‘antiche madri’, da cui la semplice evidenza che queste società tengono in alta considerazione la funzione materna come principio intorno a cui si organizza la società, per cui essendo il rapporto d’amore e di cura madre-figlio l’aspetto fondante della società non esistono le gerarchie tipiche del patriarcato”.
Ma a partire da cinquemila anni or sono, con il formarsi delle civiltà agricole e dell’urbanizzazione, iniziò la trasformazione in chiave patriarcale della società, anche se il patriarcato per legittimarsi adottò degli schemi matriarcali di facciata, che ovviamente dovevano far presa sulla gente cresciuta in quell’ambito. In tal senso quella dei sacrifici rituali maschili, descritti anche nella Bibbia, è stata una trasposizione letterale del rozzo spirito patriarcale dei miti di vita-morte-rinascita legati al ciclo naturale.
Ma non tutto nel patriarcato può essere considerato negativo. Infatti la società umana si è adattata alle diverse esigenze di vita e se non vi fosse stata una partecipazione attiva da parte dei maschi, nella cura della famiglia e nella conservazione e produzione dei beni (come pure nel mondo del pensiero e dell’arte) difficilmente sarebbero stati fatti passi avanti nella tecnologia e nella scienza empirica. Questo almeno è il mio pensiero e ricordo di averne discusso con fervore in passato con l’amica bioregionalista Etain Addey (che non era molto d’accordo con questa visione). D’altronde non possiamo cullarci in congetture, tipo “come sarebbe stato se…”, ma dobbiamo basarci su quel che è stato e su quel che conosciamo in seguito alle esperienze vissute, non potendo sfuggire alla realtà dei fatti, e dovremmo cercare di trarne insegnamento, anche aggiustando -ove necessario- la rotta da seguire.
Sono dell’idea che è inutile e fuorviante cercare di ricalcare un ipotetico periodo aureo del matriarcato quando sappiamo benissimo che era essenzialmente dovuto all’ignoranza ancestrale del fenomeno riproduttivo. A parte questo mi son trovato spesso in disaccordo con certe “femministe” per la loro mancanza di riconoscimento dello sviluppo della specie umana, nella sua interezza (relativamente all’intelligenza del maschile e del femminile), e ai diversi approcci psichici, comunque entrambi necessari all’evoluzione della specie.
Ed in questo senso una considerazione dell’amica Sabine Eck mi sembra necessaria…”ricordare questi eventi del passato matriarcale non significa voler tornare indietro, bensì cercare di integrare i due aspetti del maschile e femminile nella vita di ognuno, vivendoli in armonia e seguendo le reciproche tendenze senza imitazione né antagonismo”.
Insomma la nostra specie e la società umana hanno bisogno di riscoprire l’unitarietà della vita che si manifesta nei suoi diversi aspetti. Il Sole e la Luna. Femminile e Maschile, entrambi necessari come i due poli (positivo e negativo) che trasmettono la corrente della vita.
Paolo D’Arpini