Una memoria su Marija Gimbutas… ed il ritorno all’umano condiviso!


Nel libro “La civiltà della Dea” l’autrice Marja Gimbutas utilizzava il termine “matristico” per definire le antiche società neolitiche, Riane Eisler per risolvere il problema ha coniato addirittura un nuovo termine, gilania, unendo la radice greca di femminile (gyn) e maschile (an) con una ‘l’, lettera che evoca il termine link, ‘legame’. Invece Heide Göttner Abendroth, che possiamo definire la fondatrice di questa corrente di studi, considera la parola adeguata da usare matriarcato, e lo spiega dal punto di vista etimologico non come ‘potere delle madri’, bensì come ‘antiche madri’, da cui la semplice evidenza che queste società tengono in alta considerazione la funzione materna come principio intorno a cui si organizza la società, per cui essendo il rapporto d’amore e di cura madre-figlio l’aspetto fondante della società non esistono le gerarchie tipiche del patriarcato”.

Ma a partire da cinquemila anni or sono, con il formarsi delle civiltà agricole e dell’urbanizzazione, iniziò la trasformazione in chiave patriarcale della società, anche se il patriarcato per legittimarsi adottò degli schemi matriarcali di facciata, che ovviamente dovevano far presa sulla gente cresciuta in quell’ambito. In tal senso quella dei sacrifici rituali maschili, descritti anche nella Bibbia, è stata una trasposizione letterale del rozzo spirito patriarcale dei miti di vita-morte-rinascita legati al ciclo naturale.

Ma non tutto nel patriarcato può essere considerato negativo. Infatti la società umana si è adattata alle diverse esigenze di vita e se non vi fosse stata una partecipazione attiva da parte dei maschi, nella cura della famiglia e nella conservazione e produzione dei beni (come pure nel mondo del pensiero e dell’arte) difficilmente sarebbero stati fatti passi avanti nella tecnologia e nella scienza empirica. Questo almeno è il mio pensiero e ricordo di averne discusso con fervore in passato con l’amica bioregionalista Etain Addey (che non era molto d’accordo con questa visione). D’altronde non possiamo cullarci in congetture, tipo “come sarebbe stato se…”, ma dobbiamo basarci su quel che è stato e su quel che conosciamo in seguito alle esperienze vissute, non potendo sfuggire alla realtà dei fatti, e dovremmo cercare di trarne insegnamento, anche aggiustando -ove necessario- la rotta da seguire.

Sono dell’idea che è inutile e fuorviante cercare di ricalcare un ipotetico periodo aureo del matriarcato quando sappiamo benissimo che era essenzialmente dovuto all’ignoranza ancestrale del fenomeno riproduttivo. A parte questo mi son trovato spesso in disaccordo con certe “femministe” per la loro mancanza di riconoscimento dello sviluppo della specie umana, nella sua interezza (relativamente all’intelligenza del maschile e del femminile), e ai diversi approcci psichici, comunque entrambi necessari all’evoluzione della specie.

Ed in questo senso una considerazione dell’amica Sabine Eck mi sembra necessaria…”ricordare questi eventi del passato matriarcale non significa voler tornare indietro, bensì cercare di integrare i due aspetti del maschile e femminile nella vita di ognuno, vivendoli in armonia e seguendo le reciproche tendenze senza imitazione né antagonismo”.

Insomma la nostra specie e la società umana hanno bisogno di riscoprire l’unitarietà della vita che si manifesta nei suoi diversi aspetti. Il Sole e la Luna. Femminile e Maschile, entrambi necessari come i due poli (positivo e negativo) che trasmettono la corrente della vita.

Paolo D’Arpini


Furto di carriola a Calcata e ricostruzione del tempio di Gerusalemme...

 


Resoconto di un evento accaduto a Calcata il 24 gennaio 2010


Siamo in pieno periodo carnevalizio e la stagione della caccia imperversa,  me ne accorgo dallo spargimento di coriandoli per le strade e nella piazze. Oltre alle solite immondizie,  involucri vuoti, cicche, lattine, bottigliette di birra e bevande gasate, carte di cioccolatini e caramelle, confezioni accartocciate di vari prodotti, etc. fanno bella mostra di sé una miriade di schizzi  colorati di gomme a spruzzo, coriandoli, stelle filanti, scherzetti rotti, etc. etc. Sì,  è proprio carnevale.

E  giunto su a Canossa  (paese nuovo di Calcata) nella piazza le tracce sono ancora più evidenti, inoltre c'è un bell’assembramento di cacciatori che fanno conciliabolo ed appena mi vedono da lontano assumono un’aria indifferente e tacciono. Si vede che si sono sparsi la voce che io sono vegetariano….

Al solito baretto mentre mangiucchio il cornetto ecco che appare il solito monsignore alla televisione per la solita predica domenicale… Mamma mia, anche stavolta riprende a parlare del ritorno degli ebrei dall’esilio di Babilonia e della ricostruzione del tempio di Gerusalemme… ma è una fissa… anche domenica scorsa la predica era la stessa.


In più dice che un certo Ezra sacerdote scriba prende il comando politico del popolo ebraico e fa l’esempio di altri casi –anche nei tempi moderni- in cui il potere politico e religioso viene congiunto in una sola persona…

Mi sa però che  l’unico esempio vivente sia il papa e magari si riferisce proprio a lui. Il barista percepisce il mio sbuffare e per fortuna cambia canale…

Ma non è di questo che volevo parlarvi  in questa mia Velina odierna. Più che altro volevo comunicare che  ho subito il furto della carriola. Sì, ieri l’altro dovendo andare a  comprare una bombola a Faleria (poiché a Calcata  nessun negozio vende più bombole del gas) ed avendo trovato un’amica gentile che mi accompagnava  mi sono munito di carriola  con la quale compiere quella parte di tragitto pedestre (dato il peso della bombola e la mia età non proprio verde). 

Lasciata la carriola all’angolo di una cantinetta, a fianco di un baretto della piazza ed a fianco dei secchioni di RSU traboccanti,  al ritorno da Faleria con la bombola piena.. ecco che scopro che la carriola è sparita…

Sparita?

Forse l’ha presa qualcuno per spostare qualcosa –penso fiducioso- e  caricatami la bombola a spalle svolgo il mio dovere a piedi. Poi vado in giro per il paese a cercare la carriola, nemmeno l’ombra… tutte le carriole che girano sono altre carriole e non quella…

Mi sovviene della prima carriola che mi fu rubata, credo fosse  nel  1998,  ma il caso fu diverso, quello fu uno sfregio di uno sderenato che andò sul terreno in cui custodivo la carriola, comprata da pochi giorni,  se la prese (lasciandone in cambio una vecchia e scassata)  e se la vendette a qualcuno, infatti  il giorno dopo vidi la mia carriola riverniciata che girava per il paese in mano al  proprietario di un pub di  Calcata.  Beh –direte voi- un furto di carriola ogni dodici anni non è molto! Sarà… ma …

Che noia!

Paolo D’Arpini  




La condizione femminile nelle tre religioni monolatriche: ebraismo, cristianesimo ed islam...

 


L’ebraismo era ed è una fede “etnica” che ha lo scopo di mantenere l’unità e l’identità culturale e genetica del popolo ebraico. La sua mitologia, che si fa risalire a quattro o cinque mila anni fa, attinse ampiamente a miti e leggende di quei popoli con i quali gli ebrei vennero, per varie ragioni, in contatto. Ma prima di tutto parliamo di come si è andata formando l’entità ebraica.

 Ebreo significa nomade e gli ebrei appartenevano a tribù pastorali di origine semitica che giravano in cerchio in un continuo andirivieni ai margini della Mezzaluna Fertile. Essendo pastori e girovaghi avevano sviluppato una cultura tipicamente patriarcale, per loro la donna era un mezzo per generare figli maschi che continuassero l’attività, quindi lo status femminile era molto basso rispetto a quello dei maschi. 

L’unico vantaggio che avevano le donne ebree era che potevano essere sposate, per continuare la “stirpe”. Mentre la condizione delle donne gohim (ovvero non ebree), con le quali tali pastori venivano in contatto, era ritenuta prossima a quella del bestiame. Le femmine gohim potevano essere violentate, fatte oggetto di commercio, usate come prostitute… ma si badava bene a non prolificare con esse poiché i nati da tali “femmine” non venivano riconosciuti come appartenenti al popolo “eletto”.

Malgrado tutte queste attitudini maschiliste e misogine -come avvenne ad altri popoli semitici- anche i giudei, per un certo periodo, accettarono la presenza nel loro gotha di una divinità femminile, Astarte, compagna di Geova, e garante di fertilità. Ci vollero 6 secoli prima che Astarte fosse obliterata, anche se per molto tempo i loro templi convissero fianco a fianco. Ma alla fine i patriarchi ebrei riuscirono a distruggere il culto della dea, e Geova, in solitario, occupò tutto il firmamento. Poverino, solo com’era sviluppò qualità perverse, era un dio vendicativo e crudele che chiedeva la totale sottomissione al suo disgraziato popolo “eletto” (infatti il Giudaismo è considerato una “religione” in senso genealogico), egli era la fonte di ogni male e andava propiziato con sacrifici cruenti (qui ricordiamo la storia di Caino, che offriva i frutti della terra, non graditi a Geova, e di Abele che uccideva e bruciava armenti sull’ara, del cui olezzo il dio si beava). D’altronde se leggiamo la bibbia scopriamo che tutta la storia degli ebrei è costellata di episodi truculenti, di avventure sodomitiche e di violenze.

Il patriarca Abramo, come uno squallido lenone, non esitò a cedere la moglie Sara al faraone d’Egitto per ottenere i favori del sovrano. Ma non vado oltre, mi limito a consigliare vivamente la lettura della bibbia per poter capire quali sono le radici di quella religione monolatrica (detta impropriamente “monoteista”).

Alcune chicche sulla misoginia e sulle norme “erotiche” ebree possiamo trovarle nel Talmud, il libro dei dettami religiosi: “Tutte le donne non ebree sono prostitute. Eben Haezar. – Un uomo può fare con la sua moglie ciò che più lo appaga, come se lei fosse un pezzo di carne che viene dal macellaio, e che lui può mangiare secondo il suo capriccio, salata, arrostita, bollita o come pesce comprato al mercato. Nedarim 20 b. – Una vergine di tre anni ed un giorno può essere ottenuta in matrimonio dopo un atto sessuale. Sanhedrin 55b. – I rapporti sessuali con un bambino al di sotto degli 8 anni d’età sono leciti. Sanhedrin, 69b. – Un giudeo può violentare, ma non sposare una non-ebrea. Gad. Shas. 2.2”

Che dire poi degli altri insegnamenti contenuti nella bibbia? Il lito-libro non è affatto un testo morale, almeno come lo intendiamo noi, e non contiene alcun principio etico. Accettare i dettami della bibbia significa approvare ogni vizio e crimine. In esso si autorizzano: i sacrifici umani, il cannibalismo, la schiavitù, la poligamia, l’adulterio e la prostituzione, l’oscenità, l’ingiustizia verso le donne, l’intolleranza e la persecuzione, etc. etc. 

Tra l’altro una delle maggiori colpe della bibbia è l’aver insegnato che “la donna ha portato il peccato e la morte nel mondo. Ella era stata creata per dipendere dall’uomo per tutte le sue necessità e per le informazioni di cui avrebbe avuto bisogno..”.

In tutto questo liquame, stranamente, comparve un fiore, si tratta del “Cantico dei cantici” di re Salomone (sull’autore però non v’è certezza). Forse fu l’influenza benefica della regina di Saba che ammorbidì il cuore di questo rude re israelita (anche se ha tutta l’apparenza di una favola il viaggio della regina di Saba che parte dal regno dei Sabei -un territorio dell’odierno Yemen- per far visita a Salomone accompagnata dai suoi cortigiani con doni preziosi). E suona strano che un poema così fortemente erotico sia stato assunto sin dal Concilio di Yavnè (90 d.C.), nel canone dell’Antico Testamento. Ma le tradizioni religiose, sia quella ebraica che quella cattolica cristiana, provvidero a falsare la letteralità del testo, che in verità descrive senza mezzi termini un amplesso, rimosso in favore di una interpretazione mistica (così forzata nel diniego dell’evidenza da apparire quasi assurda).

Alcuni stralci: “I figli di mia madre si sono sdegnati con me: mi hanno messo a guardia delle vigne; la mia vigna, la mia, non l’ho custodita. Dimmi, o amore dell’anima mia, dove vai a pascolare il gregge, dove lo fai riposare al meriggio, perché io non sia come vagabonda dietro i greggi dei tuoi compagni… – Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni, soffia nel mio giardino si effondano i suoi aromi. Venga il mio diletto nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti. – Il coro: «Volgiti, volgiti, Sulammita, volgiti, volgiti: vogliamo ammirarti».. – Il diletto: «Come son belli i tuoi piedi nei sandali, figlia di principe! Le curve dei tuoi fianchi sono come monili, opera di mani d’artista. Il tuo ombelico è una coppa rotonda che non manca mai di vino drogato. Il tuo ventre è un mucchio di grano, circondato da gigli. I tuoi seni come due cerbiatti, gemelli di gazzella….”

Con queste belle parole d’amore lasciamo ora il giudaismo e rivolgiamo gli occhi alla sua prima filiazione: il cristianesimo.

Dobbiamo prima di tutto dire qualcosa sull’ “inventore” del cristianesimo. Erroneamente si pensa che questa religione sia stata fondata da un certo Gesù, di cui per altro non esiste alcun riscontro storico della sua esistenza, in verità il cristianesimo è la pensata geniale di un ebreo pentito: Saulo di Tarso. Pentito perché passò da persecutore di ebrei che credevano nel messia Gesù a creatore di una nuova religione in cui Gesù diventava il messia di tutti. Ai tempi di Saulo, che per inciso mai conobbe Gesù, ci furono guerre di rivolta dei giudei contro i romani, Saulo stesso, pur essendo un ebreo, aveva la cittadinanza romana (non si sa come ottenuta, alcuni dicono perché facesse la spia) e in diverse occasioni si scontrò con i capi della comunità giudea mettendosi contro gli stessi discepoli di Gesù soprattutto perché, contrariamente a quanto stabilito dalla legge ebraica, Saulo decise di “convertire” al “cristianesimo” anche i gentili.

Questa fu la sua grande furbata: la figura di Gesù, da messia dei giudei divenne il Cristo o salvatore di tutte le genti. All’interno della originaria comunità ebraica, già allora sparsa in tutto l’impero ed anche oltre, si creò una frattura irreparabile e l’eretico Saulo andando per la sua strada fondò quel nuovo credo da lui chiamato “cristianesimo”.

Sin dall’inizio però, questo “cristianesimo”, fu marchiato e contaminato dall’originale misoginia ebraica. La libertà dei costumi femminili, tipica della società romana e greca, fu irregimentata in codici “morali/sociali” che restringevano sia l’espressività sessuale che l’importanza sociale e politica delle donne. L’esempio più eclatante di queste restrizioni fu l’uccisione della filosofa Ipazia, rea di essere troppo libera e di dare “scandalo” ai seguaci del nuovo corso “religioso”. Si dice che l’odio verso il mondo femminile, pur presente nell’ebraismo, fu esacerbato nel cristianesimo. Fino a raggiungere vette di totale annichilimento anche fisico delle donne che osavano manifestare autonomia di pensiero e di azione, accusate di connivenza con il “demonio”.

Anzi, dal 418 d.C. tutti diventarono “demoniaci”. Anche i bambini appena nati, erano definiti esseri demoniaci, in quanto nati da un atto sessuale e quindi destinati alla dannazione se non venivano battezzati al più presto. Queste belle pensate risultarono nell’acquisizione della chiesa cattolica di ogni potere, religioso e temporale, e la cosa si protrasse dal 375 d.C. fino al XVII secolo (in cui si affermarono le grandi eresie cristiane). Nel Concilio di Nicea fu stabilito, con il beneplacito di Costantino, che Gesù da “re degli ebrei” diventasse il “salvatore e Cristo dell’umanità”. Da allora gli eccidi dei pagani, la distruzione sistematica dei loro templi, soprattutto quelli dedicati alle varie dee, e delle biblioteche antiche, divennero legge (nel 391 d.C. i cristiani, per la prima volta, distrussero ad Alessandria una delle più grandi biblioteche del mondo che conteneva oltre 700.000 volumi sull’intero scibile umano, e successivamente l’opera fu completata dai musulmani).

Le stime degli studiosi, pur in mancanza di documenti ufficiali (poiché le porcherie si fanno nascostamente), sul numero delle persone torturate ed uccise nella sola Europa durante il dominio cristiano, va dalle 150.000 al milione. Ovviamente tali dati vanno integrati con gli stermini dei popoli indigeni nelle Americhe ed in altre parti del mondo.

Va da sé che nei 17 secoli di oppressione della sessualità e del mondo femminile si venne accentuando una sempre maggiore perversione nei costumi ecclesiastici. Quel che non poteva essere vissuto alla luce del giorno divenne oggetto di morbosità e di segreti sfoghi, da parte di papi, prelati e sacerdoti. Soprattutto nel chiuso delle chiese e delle sacrestie. I casi di abusi sessuali sui minori, le relazioni illecite nei conventi, le torture sado-maso contro streghe ed eretici, divennero pratiche correnti e in parte perdurano anche ai nostri giorni. Un esempio melodrammatico della deviata sessualità cristiana ci è fornito nelle feste di Halloween, promosse dalla feccia consumista e massonica, che vengono celebrate negli USA. In esse alcune chiese cristiane istallano delle Hell House, case infernali, per convincere i “credenti” dall’astenersi dal peccato, pena la dannazione eterna. In queste Hell House ci sono varie tappe, un po’ come nelle vie crucis, in cui vengono mostrati diversi peccati: un sacrificio satanico, medici masochisti che praticano aborti, prostitute e libertine che vengono torturate, etc. Alla fine dell’orrida processione si trova, di solito, una scena paradisiaca con Gesù fra gli angeli. Dopo essere stati minacciati di torture indicibili agli inferi i visitatori vengono invitati a prendere rifugio nel Cristo, loro signore e salvatore.

Negli anni, comunque, la figura femminile fu in parte rivalutata attraverso la venerazione della Madre di Dio, Maria. I preti non poterono impedirla e così, in qualche modo l’immagine della Madre Universale, che dona la vita, sopravvisse. Pur umiliata ed offesa, in quanto resa madre per costrizione e senza atto sessuale. Per quanto riguarda la presenza femminile nel mondo religioso, solo nella fede anglicana ed in altre poche eccezioni le donne possono assurgere alla carica sacerdotale. Una di queste sacerdotesse la conobbi, qualche anno fa a Pescara, che per conto della sua “chiesa” aveva sponsorizzato il “Festival della laicità”. Insomma il mondo femminile anche all’interno del cristianesimo sta cercando di ritrovare una sua dignità, riscoprendo anche la santità del rapporto sessuale, come espressione della creatività divina.

Quello che in passato poteva solo avvenire attraverso le estasi mistiche sta prendendo una forma più concreta e tangibile di amore carnale, non deprivato di spiritualità. Certo, se la chiesa cattolica accettasse il sacerdozio femminile ed il matrimonio fra i suoi membri, e se venisse abolito il potere temporale del papato (e la stessa figura del papa), la chiesa cattolica forse potrebbe riscattarsi dalle malefatte compiute in questi secoli. Ma dubito che ne abbia la forza… e quindi è destinata a scomparire. La storia non fa sconti e l’iniquità ha concluso il suo tempo.

Però ad onor del vero alcuni santi cristiani dimostrarono amore e rispetto verso la Madre Universale e verso il mondo femminile. In particolare questo atteggiamento fu vissuto da Francesco d’Assisi. La sua adorazione di dio essendo rivolta a tutte le creature. Francesco può essere considerato un amante della natura in cui riconosceva l’impronta divina. Sempre egli si adoperò di mantenere un comportamento adatto alla conservazione della vita, occupandosi di animali, di lavoro, di contemplazione delle bellezze naturali ed accettando nel novero dei suoi compagni anche diverse donne, che erano a lui devote e che in tutti i modi gli dimostrarono amore, sicuramente dal santo ricambiato, poiché essendo vissuto da laico conobbe l’amore e sapeva che questo non è contrario alla volontà di dio, anzi è la sua espressione.

In attesa, quasi nella speranza, che il cristianesimo trovi un nuovo Francesco, osserviamo ora l’ascesa sempre più rapida dell’ultimo ramo dell’ebraismo, trattasi dell’islam.

E pure qui dobbiamo cominciare a narrare le origini di questo credo. Anche nel caso dell’islam è indubbio che le radici affondino nell’ebraismo, con influssi cristiani, teoricamente potremmo definire l’islamismo una sorta di “eresia” degli insegnamenti biblici e paleo cristiani, se non che, ergendosi la figura di Maometto come “ultimo e vero profeta” e utilizzando questa preminenza a fini politici, gli arabi ne approfittarono per scatenare una campagna di conversioni forzate che portò l’islam a divenire il più grande impero medioevale, in concorrenza stretta con quello dei tartari in estremo oriente e con Bisanzio e Sacro Romano Impero in occidente. Ma la forza dell’impero bizantino non era decisamente in grado di contrastare la conquista islamica e l’Europa cristiana era divisa in vari stati spesso in antagonismo fra loro, di conseguenza l’Occidente corse il rischio di essere fagocitato. Già la Spagna, la Sicilia ed i Balcani erano divenute terre musulmane, mentre le città costiere di Francia ed Italia erano continuamente saccheggiate da pirati saraceni, che in diversi luoghi stabilirono anche capisaldi. Forse furono le crociate in terra santa che crearono un diversivo all’avanzata musulmana o forse le divisioni interne all’islam che ad un certo punto esaurirono l’alta marea della conquista e delle conversioni al Corano.

E qui dobbiamo inserire una recente notizia di cronaca relativa a questo sacro testo. Recentemente una ricercatrice italiana, Alba Fedeli, ha annunciato la scoperta della più antica copia del Corano che si conosca. Il “problema” è che l’esame del carbonio 14 avrebbe dimostrato che è stata scritta prima della predicazione del profeta islamico, vissuto tra il 570 e il 632 dopo Cristo. Gli storici britannici che hanno confermato l’originalità del documento hanno definito la scoperta “destabilizzante” per le sue implicazioni: una scoperta che dà credito all’ipotesi che Maometto e i suoi seguaci usassero un testo già esistente, che poi modellarono in base alla propria visione politica e teologica. Una spiegazione che va a smontare la versione ufficiale secondo cui il Corano venne scritto da Maometto, sulla base di una rivelazione divina…

Ma torniamo al tema principale di questo articolo, ovvero l’analisi di come è percepito l’erotismo e la condizione femminile nelle varie religioni di origine semitica. Anche nell’islam, come nell’ebraismo e nel cristianesimo, la forte impronta maschilista e patriarcale stabilisce il tipo di rapporti fra il maschile ed il femminile e fornisce indicazioni sulle diverse attitudini sessuali.

Vediamo ad esempio che Maometto all’inizio della sua carriera sposò una donna anziana ma ricca, il che gli permise di potersi dedicare alle sue visioni mistiche senza preoccuparsi della sopravvivenza. Più tardi però, per compensare, sposò una giovinetta appena adolescente in modo da poter soddisfare anche le sue pulsioni carnali. Ancora oggi nelle nazioni islamiche i matrimoni con bambine vergini sono assolutamente nella norma e spesso ne leggiamo le drammatiche conseguenze sui giornali. Un’altra caratteristica dell’islam è la poligamia. Un uomo può avere quante mogli riesca a mantenere ed anche qui l’origine dell’usanza è “religiosa”. Infatti siccome la donna è considerata proprietà dell’uomo e siccome anche le donne non musulmane una volta impalmate vengono cooptate nella religione, avere molte mogli (magari rapite in Europa) contribuisce alla formazione di nuovi adepti (la prole diventa tutta musulmana). Tra l’altro difficilmente chi era stato convertito all’islam poteva abiurare poiché era prevista la morte per chiunque rinnegasse la vera fede.

Un altro aspetto della sessualità nell’Islam è la “dichiarata” opposizione ai rapporti sodomitici ed alla zooerastia, e ciò era motivato (come avvenne per la proibizione a nutrirsi di maiale o di armenti non dissanguati) da ragioni pratiche e dalla necessità di correggere un’inveterata tendenza. Infatti, come per gli altri popoli di origine pastorale, l’abitudine a soddisfare le proprie voglie godendo di bestie e di giovinetti era talmente radicata che bisognava metterci un freno, con una precisa ingiunzione religiosa. Pena l’inferno eterno. All’inverso per i virtuosi che seguono diligentemente le norme coraniche e che muoiono combattendo per l’islam si aprono le porte del paradiso, con 70 vergini sempre pronte a soddisfare le loro voglie e fiumi di vino e miele. Ovviamente non si fa menzione di quale sia il vantaggio per le donne islamiche.

Ma lo stesso Maometto ha dichiarato la posizione gerarchica tra l’uomo e la donna, mostrando ai suoi seguaci come “educare le proprie mogli picchiandole con dei panni arrotolati”. Da questo atteggiamento, simbolico o meno, si capisce quanto i seguaci dell’islam disprezzino il mondo femminile (pur volendone godere a tutti i costi). E lo stesso corano raccomanda: “Ammonite quelle di cui temete l’insuburdinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele (Corano 4:34)”.

Lo status delle donne nel mondo islamico è veramente infimo e lo vediamo ogni giorno in quelle tristi immagini di donne in burka e lo leggiamo su tutti i giornali relativamente ai continui stupri e violenze subite. Addirittura se una donna si ribella allo stupro e reagisce viene condannata. E se lo stupro in questione viene compiuto da un congiunto questo è considerato “adulterio” e la vittima può essere anche lapidata a morte. Le donne che hanno subito la violenza carnale possono essere punite per la vergogna che hanno arrecato alla famiglia. La donna è vittima ma la colpa è della donna. Assurdità di un fondamentalismo cieco e disumano.

Nella patria di Maometto, l’Arabia saudita, la religione di stato è il wahabismo, una variante super-ortodossa dell’islam sunnita, che stabilisce, riguardo alle donne, di non poter assumere ruoli sociali, oltre alle funzioni servili, esse non possono nemmeno ottenere la patente di guida.

Leggiamo ancora nel sacro testo: “Le donne debbono abbassare lo sguardo in compagnia degli uomini e se un ospite visita la casa devono essere nascoste da una tenda o da una barriera. (Corano 24:31 e 33:53). Il fatto è che, come avviene per la bibbia, la premessa iniziale del corano è che tali ingiunzioni sono la “parola di dio, così come è stata rivelata al profeta Maometto” e quindi non possono assolutamente essere messe in dubbio. Come il giudaismo ed il cristianesimo anche l’islam è una religione creata da uomini, al solo scopo di controllare altri uomini, e soprattutto le donne, una cosa che non ha nulla a che fare con dio.

Per fortuna anche nell’islam c’è stata una componente “umana” che ha saputo mantenere l’amore. Si tratta della componente sufi. Un grande poeta sufi fu Omar Khayyâm del quale qui riporto alcune poesie: “Col mio amor, sotto due rami conserti, col mio amor, sul confine dei deserti, ove non giunge della gloria il suono; e avrei ciò che a Mahmud non dà il suo trono.” – “Se questa passion che un ordin pare mi vien dritta dal ciel, perché il divieto? Dovrò accostar la tazza al labbro lieto, accostarla, o Signore, e non versare?” – “Guai a quel cuore in cui non è ardor di passione, che non è pazzo per l’amore d’una bella persona . Un giorno che tu abbia trascorso senza amore, non v’è per te altro giorno più perduto di quello.” – “Non vietatemi di bere vino, di godere le donne, perché Dio è compassione. Non ditemi che sto peccando, lasciatemi peccare a volontà. Porre fine alle proprie azioni per paura della punizione è da miscredenti, significa dubitare della Sua compassione”

E con queste immagini amorose chiudo il discorso.

Paolo D’Arpini



La spiritualità nella vita di tutti i giorni…



Ultimamente mi accade sempre più di assimilare la spiritualità ad uno stile di vita: una scelta possibile ad ogni istante, momento per momento.

La dicotomia tradizionale, vita materiale e vita spirituale, come ogni distinzione e come ogni separazione, rappresenta per noi oggi soprattutto un’opportunità: quella di compiere un salto di comprensione, un ampliamento di visione, un’espansione di vita.

Per esempio, posso consumare il mio pasto immerso nei pensieri… mi sto nutrendo, certo, ma manca il gusto, il piacere. Oppure posso gustare il cibo che si trova qui di fronte a me, assaporarlo, riconoscerlo come un dono. Ogni boccone si immerge in questo corpo, questa coscienza si fa tutt’uno con il sapore, il profumo… ed ecco la magia: la materia prende vita, valore, presenza.

E così questa persona, magari sconosciuta, che incrocio camminando per strada può essere un passante, un’ombra insignificante; oppure può essere un miracolo. “Ma come, addirittura un miracolo?” Sì, certo! Pensa che coincidenza, che incredibile convergenza: tra milioni di anni, tra miliardi di galassie e sistemi solari e pianeti inimmaginabili, su questo piccolo pianeta in questo piccolo villaggio, in questa strada proprio in questo momento, il mio campo di energia incrocia il campo di energia di un altro essere, un umano!

La realtà non è stata creata una volta per tutte: si crea ad ogni istante e noi, ognuno di noi, come ogni singolo filo d’erba, fiore, albero, insetto, scoiattolo, cane, nuvola… ne facciamo parte, ne partecipiamo e a pieno titolo partecipiamo a crearla, a darle forma, sostanza, significato.

Allora la scelta è nostra, ed è disponibile in ogni momento; proprio in ogni momento, proprio qui ed ora! Qui ed ora possiamo scegliere di incontrare, accogliere e riconoscere, in ogni manifestazione del reale, sia l’aspetto materiale, fisico, sia quello sottile, energetico!

Riconoscere quel che si cela oltre il banale, riconoscere l’inaspettato…
Riconoscere gli aspetti sottili, le casualità impercettibili, le essenze impalpabili…
Riconoscere che siamo esseri misteriosi, immersi nel mistero… 

La spiritualità per me è l’attrazione per il lato ignoto e imperscrutabile della vita. È qualcosa che nutre una certa libertà di essere, è qualcosa che appaga. Perché quando riconosco a me stesso la libertà di essere libero, nasce una grande gioia, una grande riconoscenza.  Sì, il riconoscimento crea riconoscenza, gratitudine...

Chissà che la gratitudine non sia il profumo della spiritualità!

Ajad




La vita è un abisso...

 


La vita è un abisso. Non c’è inizio né fine, quindi non può esserci alcun fondamento.

Rinuncia non è altro che riconoscere il fatto che siamo nell’abisso, che non esiste un suolo. E non stiamo cercando alcun suolo. Siamo pronti a goderci questa bellezza abissale.

No, non sto dicendo che ti darò qualche fondamento. Alle persone che ce l’hanno, lo tolgo! Le conduco in quel vuoto. All’inizio è molto spaventoso, naturalmente. Ci si sente molto spaventati, perché si è troppo abituati a vivere a terra. Ma un po’ alla volta senti una certa libertà nascere in te. Quando non c’è terreno, all’improvviso vedi che le tue ali si stanno aprendo. Poi inizi a volare.

E quando non c’è terreno, dopo un po’ senti che la tua libertà è illimitata. Allora l’insicurezza in se stessa diventa la tua sicurezza. Allora non c’è morte, perché la morte accade solo perché ti aggrappi al suolo. Il terreno è illusorio. Un giorno o l’altro ti sarà portato via. E allora la morte esiste.

Quando accetti che non c’è un terreno, immediatamente la morte scompare, perché nulla può esserti portato via. Non hai niente...


Osho -  From: The Passion for the Impossible




“Uscire di casa è già un lungo passo per riscoprire la Terra...”



"Guarda la neve che imbianca tutto
il Soratte e gli alberi che gemono
al suo peso, i fiumi rappresi
nella morsa del gelo.
Sciogli questo freddo, Tagliarco,
e aggiungi legna al focolare;
poi versa vino vecchio da un’anfora sabina.
Lascia il resto agli dei…"
(Orazio)

“Uscire di casa è già un lungo passo per riscoprire la Terra...” (*)  - Rileggendo questo invito dell'amico Fulvio Di Dio a riscoprire la Terra mi sono ricordato di un evento importante della nostra riscoperta della Terra. Nel 1991 presentammo all’Azzurro Scipioni di Silvano Agosti il primo documentario “professionale” sul Circolo Vegetariano VV.TT. di Calcata girato dal regista Gianfranco Rapuano in collaborazione con la giornalista Marinella Correggia. Ho conservato finché sono rimasto a Calcata, cioè sino al 2010, una copia della cassetta originale, che purtroppo si era parecchio deteriorata col tempo avendola conservata in una grotta all'umido. Alla mia partenza l'ho lasciata “in eredità” alla cara amica Alessandra Forti, che con me, assieme a Giuseppe Roveri, Rita Guerrieri e Gemma Uyttendaele, partecipò alla fondazione del Circolo. Dopo quel documentario ne seguirono altri, alcuni di registi famosi ed altri di amici e cineasti amatoriali. 


Ma quel primo film fu un vero messaggio della terra, di questa terra della Valle del Treja, in esso si vive la semplice convivialità ed amicizia del Circolo, si acoltano i canti degli uccelli, lo scoppiettio del fuoco, il fruscio del vento, il brusio del fiume e le note magiche di vari strumenti primordiali suonati da Walter (corni, tamburi di legno, canne di cicuta, dijiritù, rombo, etc.) accompagnate dall’OM e dagli armonici vocali di Pino e Alessandra e dai mantra del sottoscritto. Sono rimasto affezionato a quel film ed alla sua prima proiezione ricordo che ci scappò pure qualche lacrimuccia. Ma come al solito ogni volta che sono “uscito di casa” mi sono lasciato tutto dietro le spalle...

Paolo D'Arpini



(*)   https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2023/01/riscoprire-la-terra-bioregionalismo.html


Praticare l'ecologia profonda... anche al cesso

“In nessuna circostanza il saggio deve turbare le menti delle persone ignoranti attaccate alle azioni. Al contrario, impegnandosi continuamente in attività, l’Essere Illuminato deve creare nell’ignorante il desiderio per le buone azioni”. (Bagavadhgita)

Praticare l'ecologia profonda

Ricordo una divertente storiella zen in cui si narra di un contadino che chiamò un prete per svolgere una cerimonia di benedizioni alla sua famiglia. Il monaco stava per iniziare il rito quando l’uomo gli chiese se ne avrebbe avuto beneficio anche la sua consorte che era deceduta qualche tempo prima. “Certamente – assicurò il prete - tutti gli esseri senzienti vivi o morti ne trarranno beneficio” – “Tutti... proprio tutti?” Indagò ancora il contadino, e il monaco: “Tutti gli esseri condividono la natura di Buddha e quindi tutti saranno beneficiati e ricordati nella funzione”. E il contadino: "Ma... veramente  vorrei che almeno fosse escluso il mio vicino che mi sta molto antipatico…”

Ecco fatto, noi compiamo opere di bene ma riteniamo che debbano essere rivolte solo verso chi ci sta a cuore o perlomeno non ci è antipatico…” È possibile questa separazione nel contesto dei viventi? Ovviamente no…

L'ecologia profonda ci insegna a non separare il vivente dal vivente, ci fa capire che tutti viviamo in un contesto di cui siamo parte integrante e che non esiste un "ambiente neutro" separato da noi, del quale poter disporre come fosse una cloaca. Anche la cloaca fa parte dell'ambiente e in esso confluisce e influisce. A proposito, sapete qual è il luogo che maggiormente crea inquinamento nella casa? E’ lo stesso luogo di cui nessuno può fare a meno ma che causa il maggior consumo di acqua pulita e rilascia il maggior numero di tossine e sostanze venefiche nell’habitat: il gabinetto… È lì che si consuma la maggiore quantità di acqua ed energia, tra bagni, lavatrici, water closet, etc…

Continuando sul discorso dell'ecologia profonda occorre dire che questa parola non denota una "ideologia prefissata" con sue regole specifiche di comportamento. La pratica ecologica è basata sulla capacità di intendere la posizione in cui ci si trova, partendo dalla nostra condizione interiore, nell'ambiente e nel contesto sociale, fluendo quindi nel processo vitale, in approfondimento della consapevolezza della comune appartenenza. Non si agisce per convincere gli altri ma perché la nostra azione rappresenta una valenza personale e collettiva e ne rivela il significato attraverso l'esemplificazione. Se credi veramente in un progetto, non devi lottare per imporlo, ma dimostrare attraverso il tuo comportamento la sua bontà, le anime in sintonia saranno spontaneamente coinvolte, potrete procedere insieme verso la sua realizzazione evitando soluzioni che dividono o contrappongono, come la vittoria o la sconfitta.

E in verità, dov'è vittoria o sconfitta se non nella mente separativa? Giustamente affermava Ramana Maharshi: “Come possiamo cercare di essere quel Sé che già siamo? Possiamo solo esserlo rinunciando all'identificazione con un io separato”.

Paolo Dìarpini




Essere non è un pensiero...

 


"In assenza di tempo/spazio c’è assenza di pensiero. Ed in assenza di pensiero chi sono io?" (Saul Arpino)


Essere non è un pensiero. Il pensiero è contenuto nella coscienza, è un oggetto della coscienza e come tale ha bisogno di estendersi nel tempo e nello spazio. La coscienza esiste indipendentemente dalla presenza o meno di oggetti (pensieri), ciò è riscontrabile anche nella condizione di sonno profondo in cui gli oggetti scompaiono ma permane il senso di permanenza, infatti al risveglio siamo coscienti di aver dormito profondamente.

L’assenza dell’io durante il sonno profondo prova che l’esistenza e la coscienza non sono condizionati dal senso d’identificazione con uno specifico soggetto/oggetto (osservatore/osservato), ma questo avviene non consapevolmente.

Lo stato del Sé è coscienza ed esistenza senza identificazione in una  forma specifica,  tale consapevolezza non è di un qualcosa  e nemmeno dell’essere consapevole di essere consapevole (che è la condizione dell’io riflesso nella mente) è pura consapevolezza aldilà di ogni possibile differenziazione speculare e quindi non comparabile. Per questa ragione gli illuminati la definiscono come né consapevolezza né inconsapevolezza, ogni  descrizione non corrisponde  alla realtà del Sé, che è indescrivibile però concreto ed assolutamente reale.

L’attaccamento all'io (ego)? Non esiste, è solo una proiezione che prende vita dal senso di separazione e che cerca di ricongiungersi al Sé originale che si proietta nell’immagine osservata. Ma come può l’immagine avere qualsiasi possibilità di esistere e ricongiungersi esternamente al Sé che si sta riflettendo? Una volta compreso questo attaccamento, che è non esistente, esso scompare…

Paolo D'Arpini



Energia universale akashica e Coscienza…



La coscienza individuale è in costante movimento ed evoluzione, seguendo i diversi modi di sviluppo della società od i periodi storici nei quali si manifestano le vicende umane. Ogni transizione assomiglia al superamento di un livello d’apprendimento, un po’ come succede nella spirale del DNA. La coscienza, in questo caso meglio definirla mente, si muove dalle espressioni più semplici a quelle più complesse. Una sorta di testimonianza-memoria dei vari processi sofisticati della vita. 

Per crescere spiritualmente dalla persona dobbiamo partire, in quanto depositaria della prima scintilla di Coscienza dalla quale tutto deriva. Non voglio perciò sminuire il valore dell’io-persona, e come “questo” anche tutto gli altri “io” che pazientemente seguono e precedono.

Il pensiero, si dice, ha la forza di promuovere l’azione e quando molti pensieri vanno in una certa direzione forse la conseguenza inevitabile è proprio quella preconizzata. Oppure è  una sensazione/impulso che ha a che fare con l’inconscio, con il pescare nella “akasha”, o mente collettiva,  e così le cose immaginate accadono sincronicamente…?!

I cicli (e le pieghe) del karma.. sono misteriosi…

Il  Vuoto (Sunyata) non è vuoto. E' costituito da  una energia spirituale  conosciuta da millenni nelle antiche tradizioni spirituali come energia Akashica dell’universo. Questa energia non solo dà forma al mondo fisico, momento per momento, ma si relaziona costantemente  con la coscienza.

La scienza contemporanea rivela che concepire una  distinzione tra mondo materiale e spirituale è un errore. Non c’è dualità, l’universo è prodotto e composto  da una sostanza sola e sia il mondo fisico che spirituale prendono forma da questa singola sostanza, detta anche “etere”, che compenetra ogni essere in quanto “Coscienza”.

Attenzione, qui occorre precisare che la “Coscienza” non è ciò che appare nella coscienza, non è  -per intenderci- sensazione, pensiero, emozione, intuizione, visione, etc. (che sono il suo contenuto) ma è quella luce (lumen) che rende possibile ogni  percepire.  Ed infatti  neanche questa spiegazione fatta di parole  può qualificare o indicare la Coscienza. Anche questo mio è un futile tentativo di definire l’indefinibile "Consapevolezza"… 

Paolo D’Arpini



Fine del mondo o attesa del nuovo Messia...?



Parecchi anni fa aiutai l'amico Peter Boom a rendere in italiano “2020 - Il nuovo Messia” * di cui scrissi anche l'introduzione, si tratta di  un libricino di fanta-ecologia in cui si immagina la fine del mondo in seguito ad una serie di catastrofi ecologiche causate dall'uomo. A quel tempo, primi anni '90 del secolo scorso, già facevo parte del nascente filone bioregionale e della “deep ecology” (come allora si diceva), e trovai interessanti le tesi di Peter, che immaginava un goffo tentativo da parte dei potenti di salvarsi dalla distruzione planetaria per mezzo di “una nuova arca” (che accogliesse loro stessi e le loro donne) e finì miseramente in un boato atomico autodistruttivo. Insomma l'interrogativo era ed è se gli umani saranno  in grado di ereditare la terra..


I mondi dell'uomo sono molteplici ma tutti nel pensiero.. uno solo è
reale: questa Terra. Se non siamo in grado di conservare la nostra
vita onorevolmente sulla Terra come potremo sperare la salvezza
emigrando su altri pianeti? Come potremo sperare di essere accolti nel
consesso della vita universale extraterrestre se non siamo stati in
grado nemmeno di mantenere la vita sul nostro piccolo pianeta? Con ciò
ritengo che l'esperimento della nostra sopravvivenza deve potersi
avverare qui dove siamo...  Inutile sperare in colonie sulla Luna, su
Marte o su Venere... inutile cercare l'acqua su quei mondi desolati se
qui -dove ce ne è tanta- non siamo in grado di mantenerla pulita.


Eppure già ci furono diversi scienziati e spiritualisti illuminati che
sin dagli albori della società dei consumi avvertivano l'uomo del
rischio di uscir fuori dai binari dell'equilibrio scienza/vita. Oggi
il treno umano sta deragliando con scintillio di schegge impazzite:
OGM, avvelenamento chimico metodico della terra e dell'acqua, energia
atomica sporca, deperimento sociale e morale, urbanizzazione
selvaggia, distruzione delle risorse accumulate in millenni dalla
natura, etc.

L'uomo nel corso della sua breve storia ha enormemente trasformato la
faccia della Terra, perché egli può deliberatamente modificare quasi
tutto quel che costituisce il suo ambiente naturale e controllare quel
che cresce e vive in esso.

La trama della vita è però tanto delicata e tanto legati sono tra loro
il clima, il terreno, le piante e gli animali, che se una componente
di questo complesso viene violentemente modificato, se alcuni fili
vengono tagliati all'improvviso, l'intero complesso subisce una
modificazione. Questo è il significato intrinseco del Bioregionalismo
e dell'Ecologia Profonda.

Per centinaia di anni -e soprattutto nell'ultimo secolo- l'uomo è
stato la causa di deturpazioni, stermini ed alterazioni profonde... e
questo malgrado la sua contemporanea capacità di creare abbellimento
ed armonia. Il potere intellettivo che consente all'uomo di progettare
e costruire è lo stesso che gli consente di distruggere. Con l'aumento
smisurato della popolazione umana la capacità di procurare danni
materiali come pure l'affinamento del pensiero e della riflessione
sono cresciuti esponenzialmente.

Purtroppo questa nostra Terra non è un Paese di Bengodi od un corno
dell'eterna abbondanza... le risorse del pianeta, pazientemente
accumulate e risparmiate nel suo ventre, sono ora in fase di
esaurimento. La biodiversità e la purezza del genoma vitale sono
sempre più a rischio... molte specie animali resistono solo negli zoo
o nei giardini botanici. In tutto il mondo moderno ogni nuova impresa
economica e scientifica viene seguita da peste e malanni, lo sviluppo
continuo equivale al consumo accelerato dei beni, nella incapacità di
recupero ambientale e ripristino da parte della natura.

Occorre da subito e con la massima serietà e determinazione fermare la
caduta, preservando le risorse residue e quel che rimane della vita
selvatica, non solo per il mantenimento della bellezza naturalistica
ma soprattutto perché l'armonia complessiva, cioè la reale
sopravvivenza della comunità dei viventi (e dell'uomo stesso) dipende
da quelle componenti.

Il futuro dell'umanità, infatti, non sta nella sua colonizzazione di
altri pianeti del sistema solare bensì nella sua abilità di conservare
la vita sul pianeta Terra.

Per questa ragione la biologia, l'ecologia profonda, la spiritualità
della natura sono aspetti essenziali del nuovo paradigma coscienziale.
Uno dei più grandi misteri vitali, che abbiamo il dovere di affrontare
e risolvere, è quello relativo alla nostra vera natura. Ma le
religioni e la scienza non saranno mai in grado di darci una risposta
se non cominciamo a cercarla direttamente in noi ed attorno a noi.
Altrimenti non saremo in grado di uscire dal meccanismo ripetitivo
delle guerre, dello sfruttamento insensibile, dei conflitti razziali e
interspecisti.

Umanità non è solo simbolizzata da questi bipedi antropomorfi e non è
solo un agglomerato organico definito “corpo”. Possiamo dire che
Umanità è la capacità di riconoscersi con tutto ciò che vive e pulsa
energeticamente dentro e fuori di noi.

La Terra è la nostra casa, l'abbiamo avuta in eredità da un lento e
laborioso processo globale della vita, ma siamo sicuri di poterla
lasciare a nostra volta alle generazioni future nella stessa integrità
e opulenza nella quale noi l'abbiamo ricevuta? La dignità umana si
gioca anche in questo, accettiamo dunque la sfida posta alla nostra
intelligenza.

L'evoluzione ha una direzione univoca, la crescita della Coscienza,
restiamo in essa!


Paolo D'Arpini 









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