Cristianesimo. La religione che "brucia"...



Per oltre 1600 anni la chiesa, prima cristiana e poi cattolica, ha imposto la propria supremazia religiosa con la violenza, eliminando fisicamente ogni oppositore dalle zone sotto la sua influenza politica.

In tempi recenti, qualcuno prova ad operare una sorta di "revisionismo storico" per tentare di negare il crudele sterminio di milioni di persone.
Tuttavia, poichè tali crimini non erano dovuti a "deviazioni" occasionali, ma rappresentavano pienamente l'ortodossia cattolica, col pieno consenso dei vari papi coinvolti e di tutti gli ordini ecclesiastici, oggi disponiamo di molti documenti ufficiali, paradossalmente prodotti dalle stesse autorità ecclesiastiche cattoliche, che forniscono le dettagliatissime prove storiche delle stragi compiute in nome del loro Dio.
L'arroganza della chiesa cattolica era talmente sconfinata da non far comprendere, all'epoca, che tali documenti, un giorno, potevano essere visti non come "atto di fede", (come essi definivano gli omicidi degli "eretici") bensì come spietata repressione delle opinioni altrui.

Il documento che presentiamo in questa pagina è storicamente abbastanza recente, risale al 1559.
L'America è stata scoperta da più di 60 anni, il mondo sembra entrato in una nuova èra di civilizzazione, il buio medioevo è finito, ma non per la chiesa: a Valladolid, in Spagna, 15 luterani (fra cui vari sacerdoti) vengono "abbrusciati" nelle fiamme del rogo e i loro beni confiscati.
Decine di altre persone, che sotto tortura hanno "accettato" la forzata riconversione al cattolicesimo, ottengono il carcere a vita in luogo della pena di morte, e la confisca dei beni.
Interessante notare che il documento viene stampato a Bologna, in Italia.
Riportiamo alcuni passi salienti per coloro che trovassero difficile leggere i caratteri tipografici cinquecenteschi:
"E poi che arrivorno Sue Altezze, venne la processione delli prigionieri penitenti, con il clero e la croce coperta di tela nera, e con la bandiera del santo Officio, tutti ordinatamente...
Arrivati tutti al Palco, si affrettarono e subito predicò il maestro fra' Melchior Cano, il vescovo che fu di Canaria, dell'Ordine di santo Domenico, e fece una predica molto dotta, prudente e solenne, come in tal tempo e luogo si ricercava.
Finita la predica, l'Arcivescovo di Siviglia andò dove stavano Sue Altezze, e li fece giurare sopra una croce e un messale, sopra che posero sue regali mani in questo modo.
Perché, per decreti apostolici e sacri canoni è ordinato che li Re giurino di favorire la santa fede cattolica e religione cristiana, pertanto conforme a questo, vostre Altezze giurano per Dio, per santa Maria, per li santi Evangeli e per il legno della croce, dove han posto sue reali mani, che daranno tutto il favore necessario al santo Officio dell'Inquisizione e ai suoi ministri contro gli heretici e apostati e contra tutti quelli che li favoriranno e difenderanno e contra qual si vogliano persone che dirette o indirette impediranno le cose di questo santo Officio e che costringeranno tutti i suoi sudditi ad obbedire.....
Sue altezze risposero: così giuramo, e l'Arcivescovi li disse: e per questo nostro Signore prosperi per molti anni le Real persone e stati di vostre altezze.
...et allhora cominciarono a leggere le sentenze dei condannati
[Segue la lista dei nomi, per ognuno dei quali si specifica:]
"... abbrusciato in persona per lutherano, con confiscation de' beni"



(Notizia segnalata da Rubes Tagliazucchi)


Democrazia in decrescita...



La “democrazia” è una forma di auto-governo delle comunità alle prese con il problema della decisione politica, relativa cioè a tutte le questioni inerenti alla propria forma di vita associata. È un’ideale, un concetto orizzonte al quale tendere all’infinito e che non si realizzerà pienamente mai. Tuttavia, il tendervi rilascerà gradi cumulabili sempre maggiori di approssimazione.

Venne espressa con questo termine in quel dell’Atene classica. Da allora se ne sono avuti alcuni, sparuti tentativi di sviluppo che non hanno però raggiunto alcun obiettivo stabile. Forse il miglior raggiungimento, sempre però molto elementare, si è avuto in Occidente nel dopoguerra, ma questo livello seppur molto migliore delle situazioni precedenti fu ancora molto distante dal livello teorico dato.
Quanto alla sua “storia” vanno ricordate tre cose. La prima è che è una forma che mostra una sua universalità, non è una specifica della cultura occidentale. La seconda è che a noi è pervenuto una parte del complesso cultural-normativo dell’Atene classica ma a quel tempo erano decine le democrazie greche, ognuna con sue caratteristiche e sperimentazioni. La terza è l’idea distorta della nostra tradizione di pensiero che pensa esser stata una invenzione dei Greci. Quella greca fu l’ultima forma di “democrazia” che ebbe una molto più lunga storia precedente.
Come costante generale, c’è un evidente rapporto di correlazione inversa tra dimensione del gruppo umano e possibilità di impiantare una vera democrazia. Per questo la sua storia precedente all’Atene classica era più ricca, perché più indietro si va nel tempo storico, più abbiamo forme contenute di gruppo umano politico. Non a caso, quello greco fu uno degli ultimi sistemi basati su città-Stato. Qualcosa di simile si è poi avuto nell’Italia dei Comuni, nelle prime Province Unite, nell’Hansa baltica, nelle forme ultra-federate tipo Svizzera.
Saltiamo a piè pari il nodo in cui in Europa si prese il sistema di rappresentanza delegata a base elettorale ancora molto ristretta e lo si cominciò a chiamare “democrazia”. Il grado di parentela tra il concetto proprio di “democrazia” e queste forme di parlamentarismo liberale è assai problematico. La “elezione” del rappresentante è stata lungamente una forma in auge nei sistemi aristocratici, niente affatto democratici. Democratica era l’estrazione a sorte su lista selezionata di persone delegate a tempo, con dovere di rendiconto finale e non rieleggibilità per lungo tempo. Ma lasciamo perdere i dettagli pur importanti dei complessi meccanismi del suo possibile funzionamento, la sola spiegazione della macchina statale ateniese, per uno Stato quindi di qualche decina di migliaia di persone in un mondo molto più semplice del nostro, porta via pagine e pagine (vedi Costituzione degli Ateniesi di scuola aristotelica). E quella ateniese è solo “una” delle possibili forme. Altresì, occorre tacitare per un po' tutti i giuristi. I giuristi dovrebbero esser interpellati dopo che si ha una materia viva e vivace dal punto di vista culturale per vederne le forme funzionali. Certo non si crea democrazia dalle forme giuridiche di per sé.
Veniamo all’essenza funzionale del concetto. Per mettersi nel cammino di sviluppo di una possibile forma di democrazia politica occorrono almeno cinque cose.
La più importante è il TEMPO. In due sensi. Il primo, più semplice, è prender atto che “democrazia” non è uno stato-interruttore, spingi il pulsante ed “oplà” ecco la democrazia. Come detto è un percorso a tentativi ed errori, mai concluso ma con strati cumulabili. Il secondo senso è quello più importante. Poiché la democrazia è uno stato in cui il cittadino deve farsi una opinione fondata su problemi e soluzioni del menù politico, onde poter giungere a decisione dopo studio e dibattito coi simili, dove cioè il “politico” è la prima attività comune del gruppo umano e come tutte le attività mangia tempo, tutto ciò ha condizione di possibilità primaria nel possesso di adeguato tempo personale da investire nel compito di cittadino. Il cittadino è un socio naturale della “società”.
Stante la necessaria cornice temporale da ampliare diminuendo quella lavorativa che è invece alla base del cittadino consumatore-produttore che non permette per principio l’aversi di una democrazia, è necessario garantire ai Molti, la necessaria FORMAZIONE. Sia la adeguata formazione culturale generale, sia quella specifica ai temi dell'attività politica.
Se la FORMAZIONE è precondizione necessaria al pensare politico, l’INFORMAZIONE è la necessaria alimentazione continuata di quel pensare. Le cose politiche (che ovviamente sono sociali, economiche, finanziarie, geopolitiche, culturali etc.) hanno sviluppo continuo, il mondo è in perenne svolgimento, l’informazione ne trasmette la sensibilità. Formazione senza informazione diventa dogma ed intellettualismo inutile, informazione senza formazione è puro caos.
Quarto punto è la DISTRIBUZIONE. Il “politico” della comunità è la risultante dei vari esser politici individuali. Se non si punta ad una distribuzione media in direzione del concetto di “Molti”, si replicherà una qualche forma di oligarchia nella base politica che poi si specchierà nella sua forma operativa di potere. È per questo motivo che l’intera storia dei pur sparuti e contradditori tentativi di sviluppare qualche forma almeno tendente al “democratico” si è sempre accompagnata ad un qualche sforzo verso la scolarità di massa. La democrazia presuppone un elevato e diffuso strato di conoscenza del mondo.
Infine, il DIBATTITO. Formazione, informazione, distribuzione sono tutte dipendenti dal dialogo interpersonale e di gruppo attraverso il quale si mischiano le conoscenze, si arricchiscono, se ne creano di nuove (interi più delle parti).
Come si vede da queste brevi note, tutti e quattro i punti dipendono in condizione di possibilità dal primo, il tempo a disposizione per tutto ciò.
Se, come detto, tutto ciò forma il concetto a cui tendere nel tempo con traguardi parziali, il tutto andrà declinato nell’azione politica democratica. Battersi per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario per liberare tempo umano. Battersi per forme culturali di formazione adeguata e continuata, formale (scolastica) ed informale (cultura generale nella società). Di informazione plurale quale noi non abbiamo ma neanche lontanamente. Battersi continuamente per equalizzare queste condizioni poiché è dallo stato medio che si avrà nella società che risulterà il grado maggiore o minore di democrazia. Battersi per il ritorno del politico, dell’assemblea, della discussione, del dialogo, dello scambio di idee e punti di vista da individuo ad individuo.
Tutto ciò è “tendere” alla democrazia. Tutto il resto è una qualche forma di oligarchia come c’è stata dalla nascita delle civiltà. Che sia stata o sia ancora oggi etnica, militare, religiosa, aristocratica, capitalistica o di qualche avanguardia ben intenzionata a liberare il popolo decidendo lei cos'è bene per il popolo, è solo variazione formale.
Potrete passare il resto della vostra vita a discutere se preferireste una economia crescista o decrescista, basata sul profitto individuale o sul bene sociale, dentro a fuori la NATO, una società progressista o conservatrice, egalitaria o disegalitaria, pacifica o bellicista, che continui a consumare Natura o sia più accorta. Tanto non avrete alcuna possibilità di far sì che la decisione finale sia veramente democratica. Almeno fino a che non vi occuperete di sviluppare una società in percorso di democratizzazione.
La democrazia è "solo" un modo per prender decisioni sul gruppo, in gruppo. Cosa deciderà la democrazia, lo deciderà la democrazia, a noi starebbe "solo" il compito di svilupparla altrimenti tutte le nostre idee e preferenze rimarranno per sempre chiacchiere al vento.














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[L’immagine è messa così per accompagno, non prendetela come necessariamente attinente al post nei particolari]

Osho: "Lascia che ti racconti un aneddoto..."



Il poliziotto di un piccolo villaggio era lì da ormai vent’anni, ma non era molto popolare tra i residenti. Ben lungi dall’essere solo il poliziotto locale, un membro del villaggio come gli altri, come il macellaio o il postino, si era sempre mostrato come lo sceriffo di un film western e trattava persino ogni infrazione minore come se fosse un caso da Scotland Yard. Era la sua grande vanteria che ogni residente del villaggio avesse ricevuto almeno una citazione come risultato del suo attaccamento al dovere. Ma si stava avvicinando il momento in cui sarebbe stato congedato. Improvvisamente si rese conto del fatto che non aveva mai intentato una causa contro il parroco. E il suo orgoglio non poteva permettergli di andare in pensione senza mettere quest’uomo nelle mani della giustizia.

Era un caso senza molte speranze, ma osservando il parroco che andava al villaggio in bicicletta, un giorno escogitò un piano magistrale. Appostandosi ai piedi della collina del villaggio, attese che il parroco scendesse con la sua bicicletta. Quando il parroco era solo a pochi metri di distanza, il poliziotto si piantò di fronte a lui, pensando tra sé e sé: “Mi investirà. Farà male, ma lo denuncerò per non avere dei freni adeguati”. Tuttavia i riflessi del parroco gli permisero di fermare la bicicletta a pochi centimetri dagli stivali del poliziotto. Il quale, ammettendo a malincuore la sua sconfitta, disse: “Pensavo di averti in pugno questa volta, parroco”.

Il parroco disse: “Oh certo, ma dio era con me”.

“Ti ho colto in flagrante!” disse il poliziotto. “In due sulla bici!”.


È così che funziona la mente. Qualsiasi scusa, razionale, irrazionale; qualsiasi scusa, persino una assurdità qualsiasi, e la mente immediatamente salta su e cerca di continuare con il suo vecchio schema...


Osho




"Yoga La Scienza Sacra. Samadhi il più alto stadio di saggezza..." di Swami Rama

 



Swami Rama evidenzia il valore terapeutico di alcuni aforismi di uno dei testi yogici più antichi, spiegando il metodo per applicarli al fine di migliorare la qualità della nostra vita: metodi pratici dotati di valore terapeutico esercizi di respirazione, asana, concentrazione e meditazione.

Gli Yoga-Sutra di Patanjali sono la base della psicologia antica e la sua descrizione della totalità della mente, delle sue funzioni e delle sue emozioni, sorpassa i concetti della psicologia moderna, aprendo spiragli sulle complessità della psicologia dello yoga. È un'opera di valore inestimabile, non soltanto dal punto di vista terapeutico, ma anche perché è una guida pratica per imparare a condurre un'esistenza sana ed equilibrata.

L'approccio illuminato di uno dei più grandi iniziati dei nostri tempi rivela i segreti impenetrabili dell'intricato gioco della mente e delle emozioni. Un trattato che va ben oltre i concetti della moderna psicologia, offrendo nuove intuizioni profonde e rivoluzionarie. Un'interpretazione moderna di uno dei più importanti testi classici della Sacra Scienza dello Yoga. Un testo reso unico da spiegazioni filosofiche che lo rendono interessante e adeguato anche ai non addetti ai lavori. Uno tra i più importanti trattati dal punto di vista terapeutico per la profonda saggezza che lo distingue ma anche un manuale pratico per rendere serena e armonica la nostra vita.

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Fissione nucleare, reattori e bombe atomiche...



Le reazioni “atomiche” differiscono da quelle puramente “chimiche” perché, mentre in queste ultime vengono coinvolti solo gli strati di elettroni più esterni degli atomi (come previsti nel modello atomico di Rutherford – Bohr), e quindi gli atomi mantengono la loro individualità chimico-fisica ed il loro peso, nelle reazioni atomiche vengono coinvolti i nuclei atomici con trasformazioni sostanziali dell’individualità chimico-fisica e sostanziali cambi nei pesi atomici. Ricordiamo che il peso di un atomo di Idrogeno, il più leggero, è una quantità piccolissima, 1,38 x 10-25grammi, quasi tutta concentrata nel nucleo, costituito da un solo protone.

Il primo ad ipotizzare che gli atomi più pesanti fossero un’aggregazione di particelle simili all’atomo di Idrogeno (per spiegare il fatto che i pesi degli atomi più pesanti sono multipli di quello dell’Idrogeno) era stato il fisico inglese William Prout all’inizio dell’800 (vedi N. 69). Dal suo stesso cognome, e dal fatto che egli avesse chiamato questo atomo elementare “protile” (dal greco “protos”, cioè “primo”) deriva il termine “Protone”. Dopo la scoperta del “Neutrone” (che ha stessa massa del protone, ma è neutro) ad opera di Chadwick nel 1932, furono superate le difficoltà che aveva incontrato il modello di Prout che ignorava la presenza di neutroni e si poterono elaborare modelli più realistici del nucleo atomico(1)(2).

Già nel 1930 il fisico sovietico George Gamow (1904-19) aveva elaborato un modello del nucleo atomico, detto “a goccia” per analogia con le gocce di liquido dove le molecole sono tenute insieme dalle forze di adesione e dalla tensione superficiale(1)(2). In questo modello l’adesione tra le particelle che formano il nucleo (all’inizio si pensava fossero solo protoni) è assicurata da forze atomiche attrattive cui si oppongono le forze elettromagnetiche repulsive che tendono ad allontanare tra loro i protoni positivi. Il modello fu modificato da Bohr dopo la scoperta che anche i neutroni erano presenti nel nucleo.

Nel 1933 il brillante fisico teorico e sperimentale italiano Enrico Fermi (1901-1954) elaborò una teoria, secondo cui nel nucleo i protoni si potevano trasformare in neutroni perdendo un elettrone negativo, e i neutroni potevano trasformarsi in protoni acquistando un positrone, cioè la particella positiva predetta da Dirac ed individuata da Anderson (vedi N. 107). In entrambi i casi si sarebbero prodotte anche le piccolissime particelle predette da Pauli, ma di fatto individuate solo nel 1956, i “Neutrini” (così battezzati dallo stesso Fermi), che traversano a miliardi continuamente i nostri corpi e tutti gli oggetti senza causare effetti perché interferiscono pochissimo con la materia.

Nel 1935 il giapponese Hideki Yukawa (1907-1981) ed Heisenberg teorizzarono che le trasformazioni tra neutrone e protone, già previste da Fermi, sarebbero avvenute con l’intermediazione di una particella, il “Mesone”. Una particella di questo tipo (il mesone Pi, o “Pione”) fu effettivamente trovata presso l’Istituto Cavendish di Cambridge nei raggi cosmici dall’inglese Cecil Frank Powell (che ottenne per questo il Premio Nobel) e dall’italiano Giuseppe Occhialini (che invece non lo ottenne, così come non lo aveva ottenuto anni prima per l’individuazione del positrone, attribuito invece al collega Brackett). Si vide però che il Pione era un “leptone”, cioè di natura diversa del mesone previsto da Yukawa. Furono poi trovati nei raggi cosmici anche altri leptoni come il Kaone, che poteva scindersi in due Pioni.

Intanto, intorno al 1934, Enrico Fermi, negli esperimenti condotti in collaborazione con il noto gruppo di fisici che operavano nei laboratori di via Panisperna a Roma (tra cui Emilio Segre, Bruno Pontecorvo, Ettore Majorana, Edoardo Amaldi, più il chimico D’Agostino) dimostrò che il bombardamento dei nuclei atomici con neutroni “lenti”, cioè a bassa energia, era il metodo migliore per provocare fenomeni radioattivi in nuclei di atomi pesanti, come l’Uranio, con emissione di raggi “beta” (3). Fermi però non prese sul serio la giusta tesi della chimica tedesca Ida Noddack (1896-1978) secondo cui essi avevano ottenuto la spaccatura dell’atomo.

Esperienze analoghe erano condotte in Germania dal chimico Otto Hahn (1979-1968) e dalla sua collaboratrice la fisica austriaca Lise Meitner (1878-1968), allieva di Boltzmann e Planck. Insieme isolarono il Protoattinio. La Meitner fu poi costretta a fuggire in Svezia per sfuggire alle persecuzioni naziste, in quanto ebrea(2). Tenendo conto di queste esperienze Niels Bohr, in collaborazione con il danese Fritz Kalckar, tra il 1936 ed il 1937 fornì un nuovo modello dinamico (cioè basato su un equilibrio di forze) più perfezionato del nucleo.

Il passo decisivo in questi studi fu però compiuto dalla stessa Meitner, in collaborazione con il nipote Otto Frisch (1904-1979). Essi ricevettero in Svezia nel 1938 una lettera di Hahn - che insieme al collaboratore Fritz Strassmann (1902-1980) aveva continuato gli esperimenti - in cui si segnalava la presenza del Bario (un atomo relativamente leggero) tra i prodotti del bombardamento dell’Uranio con neutroni lenti. Essi ne dedussero in una chiara memoria dell’inizio del 1939 che stava avvenendo un processo di spaccatura del nucleo dell’atomo di Uranio (definita dalla Meitner e Frisch “fissione”) con formazione di atomi più leggeri ed emissione di neutroni. Pochi mesi dopo questo processo fu illustrato anche in un articolo di Bohr insieme al noto fisico statunitense John Wheeler.

Otto Hahn fu poi insignito del premio Nobel per la chimica nel 1944, mentre lo stesso premio non è stato mai assegnato alla più che meritevole Meitner. Si riscontrò che la reazione di fissione coinvolgeva essenzialmente solo il più raro dei due tipi di atomo (o “isotopi”) dell’Uranio: l’Uranio 235. Esso avveniva con grande produzione di energia (un Kg di Uranio ne produceva quanto 10 milioni di Kg di esplosivo tradizionale tipo TNT) ed inoltre aveva un andamento esplosivo perché i neutroni provenienti dalla prima fissione (una media di 2,4 neutroni per ogni atomo scisso) provocavano altre fissioni “a catena”.

Nel numero dedicato ad Einstein (102) abbiamo visto come, in seguito alla lettera che il grande fisico tedesco, aveva indirizzato nel 1939 al Presidente Roosvelt, in cui lo avvertiva della possibilità che la Germania nazista producesse una nuova terribile bomba, era stato varato nel 1941 il Progetto “Manhattan”. Questo progetto, diretto dal fisico statunitense Julius Robert Oppenheimer (1904-1967), con la partecipazione di Fermi, trasferitosi dall’Italia negli USA, Von Neumann, Feynman, Bethe, ed altri valenti scienziati (ma non di Einstein, né della stessa Meitner che si tennero in disparte), portò alla produzione della prima “bomba atomica” che fu sperimentata con terribile “successo” (se così si può dire) sulla città giapponese di Hiroshima il 6 agosto 1945.

Per produrre la bomba si era dovuto arricchire l’Uranio nella sua componente 235 con centrifughe in quanto l’isotopo più comune (Uranio 238) partecipava poco alla reazione. Tuttavia era possibile sfruttare anche l’Uranio 238 bombardandolo con neutroni “veloci” e trasformandolo prima in Uranio 239, poi in Neptunio 239, ed infine in Plutonio 239, un elemento artificiale anch’esso fissionabile, e quindi adoperabile come esplosivo. Una seconda bomba di questo tipo fu sperimentata con “successo” sulla sfortunata città di Nagasaki provocando un’altra terribile strage di civili.

Le due tecniche prima illustrate per le bombe sono poi servite per creare anche reattori nucleari per la produzione di energia per usi civili molto usati poi sia negli USA, che in URSS, UK, Giappone, e soprattutto in Francia, e altri paesi. Nei reattori ad Uranio “arricchito” (nella componente 235, mediante l’uso di centrifughe) si usano dei moderatori per rallentare i neutroni e barre di controllo inseribili per rallentare la reazione. Le barre possono essere di vari materiali. Nel primo reattore sperimentale costruito da Fermi a Chicago nel 1942 (prima delle bombe poi costruite a Los Alamos) le barre erano di Cadmio. I moderatori possono essere a grafite (cioè carbonio), ad acqua semplice, che serve anche a raffreddare, o ad acqua “pesante” che contiene nella molecola un isotopo dell’Idrogeno più pesante perché contenente un neutrone, oltre che un protone, detto Deuterio.

In via sperimentale sono stati creati (soprattutto in Francia con il reattore “Superphenix”) anche reattori ad Uranio 238, con uso di neutroni “veloci” e produzione di Plutonio 239 (come nella bomba di Nagasaki). Essi sono detti “autofertilizzanti” e sono raffreddati a Sodio liquido, ma finora hanno avuto scarsa diffusione per motivi di costi e sicurezza. I reattori nucleari sono stati poi vietati in vari paesi tra cui la Germania, l’Italia, la Svezia, sia per la possibilità di incidenti disastrosi, sia per il problema di smaltire le scorie radioattive di lunga durata che vi si accumulano. Essi presentano però il vantaggio di non produrre i gas-serra che fanno aumentare la temperatura del pianeta, per il cui il dibattito su di essi rimane aperto.

Tra la fine degli anni ’40 e l’inizio dei ’50 gli Stati Uniti, per riacquistare la supremazia militare sull’URSS che era stato in grado di produrre anch’essa la bomba atomica, produssero un nuovo tipo di bomba molto più potente basata sulla reazione nucleare in cui 2 atomi di Deuterio (o 4 atomi di Idrogeno “normale”) si fondono per formare un atomo di Elio, reazione (detta di “fusione”) che avviene naturalmente anche nel Sole e altre stelle producendo luce e calore.

Principale progettista di questa bomba (detta all’Idrogeno o termonucleare) fu il fisico di origine ebrea ungherese Edward Teller (1902-2003), già collaboratore di Fermi a Chicago, e noto per le sue idee di destra. Egli testimoniò contro il collega Oppenheimer - divenuto sospetto per essersi rifiutato di partecipare al progetto della nuova bomba all’Idrogeno - durante i processi maccartisti nel 1954; e fu poi tra gli ideatori del programma “Guerre Stellari” voluto dal Presidente Reagan negli anni ’80. Suo principale collaboratore fu il matematico di origine polacca Stanislav Ulam (1909-1984).

Tuttavia in pochi anni la Scienza sovietica fu in grado di produrre bombe simili ristabilendo l’equilibrio militare che dura fino ai nostri giorni, anche dopo che la Russia si è sostituita all’Unione Sovietica. Altri paesi, come Israele, Cina, India, UK, Francia, Pakistan e Corea Popolare sono stati in grado di produrre un certo numero di bombe nucleari e termonucleari.

Vari paesi del mondo hanno cercato di progettare e produrre reattori che sfruttassero ad uso civile la reazione termonucleare di “fusione” dell’Idrogeno, tra cui anche l’Italia nei laboratori di Frascati dell’ENEA, ma dopo circa 60 anni questa branca di ricerca è rimasta in fase sperimentale, sia per la difficoltà di controllare la reazione con metodi magnetici tenendola “sospesa” (dato che nessun materiale solido potrebbe controllare la reazione che avviene a temperature altissime), e probabilmente anche a causa della scelta di governi e grandi gruppi capitalistici di continuare per ora ad utilizzare i più economici e diffusi idrocarburi (petrolio e gas).

Vincenzo Brandi 


(questo articolo è tratto dal libro “Conoscenza, scienza e filosofia” di V. Brandi, 2020, di cui costituisce il capitolo 110)

(1) RBA, “Le grandi Idee della Scienza – Gamow”

(2) RBA, “Le grandi Idee della Scienza – Heisenberg”

(3) RBA, “Le grandi Idee della Scienza – Fermi “


La nostalgia del passato non vissuto...

"La Kaukokaipuu è una parola Finlandese che descrive la strana emozione che si prova quando si vive la nostalgia di un posto in cui non si è mai stati. Provare quest'emozione significa vivere direttamente la logica dell'inconscio: Il tempo e lo spazio si disgregano." (Morgan Colaianni)



"È il passato non vissuto che diventa un carico psicologico, e ogni giorno continua a diventare più pesante.

Ecco perché chi è vecchio spesso diventa irritabile.
Non è colpa sua. Egli non sa perché ogni cosa lo altera, perché è costantemente arrabbiato, perché non può tollerare che qualcuno sia felice, perché non può vedere i bambini ballare, cantare, saltare, gioire, perché vuole che tutti siano zitti - cosa gli è successo?

È un semplice fenomeno psicologico: è il risultato di tutta la sua vita non vissuta. Quando vede un bambino ballare, il suo bambino interiore sta male.

Da bambino gli è stato in qualche modo impedito di ballare - forse dai suoi genitori, dai suoi parenti, forse da se stesso perché così si sentiva rispettato e onorato quando veniva portato davanti ai vicini e introdotto: "Guarda che bravo bambino, silenzioso, calmo; nessun disturbo, nessun dispetto. "
Il suo ego era appagato. Ma così è venuto meno a se stesso.
Ora non può sopportare, non può tollerare alcun bambino che si comporti spontaneamente. E' per via della sua infanzia non vissuta, che inizia a dolere. Ha lasciato una ferita.

Ognuno porta dentro di sé tante ferite, tante quanto i momenti che non ha potuto vivere."
Osho




Felice è colui che non è niente...

 


Jiddu Krishnamurti: "Felice è colui che non è niente. Lettere a un giovane amico"  di Jiddu Krishnamurti". 

Nelle due brevi opere che compongono questo volume, Krishnamurti ha in mente soprattutto i più giovani, ma i suoi insegnamenti sono in realtà rivolti a chiunque voglia rapportarsi alla vita in un modo radicalmente diverso. 

La purezza di uno sguardo privo di condizionamenti, il superamento della dualità soggetto-oggetto e la libertà intesa come abbandono di ogni schema mentale, sono al centro di «Lettere a un giovane amico», che costituisce la prima parte del volume. In «Krishnamurti ai giovani» (la seconda parte) è delineata invece una pedagogia nuova, libera dalla paura, dal confronto e dalla competizione, in grado di preservare l’immaginazione e il senso di meraviglia tipici dell’infanzia.

 Scritte in un linguaggio semplice ma suggestivo e ricco di immagini poetiche, le pagine di Felice è colui che non è niente ci indicano la strada verso la crescita, la liberazione e la felicità.


Fiorigialli.it  - info@fiorigialli.it




La donna come punto d'incontro di tutta l'umanità...



Oggi osserviamo che il cambiamento nelle relazioni fra il maschile ed il femminile può essere considerato un termometro per misurare il decorso della malattia nella specie umana. Tale malattia prese origine con l’avvento dell’era oscura, definita in India Kali Yuga, che si fa risalire a circa 5000 anni fa. L’inizio di quest’era, che corrisponde al termine della guerra descritta nel Mahabarata, diede avvio ad un lento processo di degrado che portò la società egualitaria e sacrale, fino allora vigente in quasi tutto il mondo conosciuto, a deteriorarsi sotto l’influsso sempre più pressante del patriarcato e dell’affermazione del senso del possesso.

In Europa quello stesso periodo, definito tardo neolitico, descritto con dovizia di particolari dalla studiosa ed archeologa Marija Gimbutas si concluse con l’affermarsi del potere maschile esercitato con la violenza e con la perdita della libertà femminile (tramite l’acquisto della donna a scopo riproduttivo, guerre di razzia, perpetuazione della patrilinearità etc).

Malgrado l'avvento del patriarcato, e sino all'affermazione delle tre religioni moneteiste (giudaismo, cristianesimo ed islamismo), tutte le divinità si mostravano in aspetto femminile od in forme che evocavano tale qualità, a cominciare dalla Grande Madre, la natura stessa, sino a Madre Acqua, Madre Luna ed anche Madre Sole (la formula sacra più antica, il Gayatri Mantra, è dedicato a Savitri, la dea dell’energia solare).

Le donne in quanto incarnazione primigenia del potere procreativo erano pertanto degne di amore e di devozione. La paternità era “sconosciuta” (ovvero ignorata), la madre esisteva di certo e questo era un dato incontrovertibile… Come poi l’operazione procreativa accadesse era lasciato agli umori materni che venivano influenzati o sollecitati dall’amore rivolto dai maschi verso tutte le madri. Insomma il padre era un semplice elemento ispirante per promuovere la maternità, non un fattore primo ma un incidentale aiuto...

Questo sino ad un certo punto, finché non cambiarono pian piano le cose e le responsabilità nelle funzioni creatrici si rovesciarono. Ma non avvenne tutto assieme, questo andamento evolutivo dal matrismo al patriarcato prese secoli e secoli per consolidarsi. Gli studi dell’archeologa lituana Gimbutas tendevano proprio a dimostrare l’esistenza di un lunghissimo periodo di transizione fra matrismo e patriarcato. Sicuramente gli “autori” del patriarcato nacquero sulle sponde dell’Indo e del Saraswati, la civilizzazione più antica sulla faccia della terra (antecedente ai Sumeri ed agli Egiziani di migliaia di anni), in quel “paradiso terrestre” avvenne il riconoscimento del valore della paternità come fattore “portante” e di conseguenza come elemento stimolativo per una nuova religione e mitologia. Ma il processo anche qui fu lento, dovendo giustificarsi con fatti sostanziali che ne garantissero l’accettazione per mezzo di consequenzialità storica e di significati allegorici.

Avveniva così ad esempio nella mitologia induista in cui Parvati, la Dea primordiale crea da se stessa un figlio che la protegga dall’arroganza dei maschi che servivano Shiva, il suo sposo. Questo suo figlio, Ganesh, è talmente potente che è in grado di impedire l’accesso alla camera della madre a Shiva stesso (perché non aveva chiesto il permesso di avvicinarsi, notate bene questo particolare importante in cui si garantisce alla madre il diritto di scelta nel rapporto). A questo punto Shiva invia le sue truppe maschili all’attacco di Ganesh ma tutti i suoi “gana” vengono sconfitti e Shiva medesimo vien lasciato con un palmo di naso ed infine è solo con l’inganno e chiedendo aiuto all’altro dio maschile, Vishnu, definito il conservatore, che riesce a sconfiggere Ganesh… ma non fu una totale debacle…. poiché poi, per amore di Parvati, Shiva accetta di essere padre, ovvero riconosce che Ganesh è suo figlio e lo ristora alla vita, cambiandogli però testa… (ed anche qui notate le simbologie connesse…).

Questa descrizione fantastica la dice lunga sul significato della trasformazione epocale in corso 15.000 anni prima di Cristo…. Molto più tardi, ma sempre in un ambito di civiltà indoeuropea, vediamo addirittura che è il dio maschile a creare da se stesso. Ed è quanto avviene a Giove che, non aiutato dalla consorte, produce dal proprio cervello Minerva. I tempi a questo punto son già mutati, il patriarcato ormai impera sovrano, le donne sono fattrici (od etere buone solo a passare il tempo), persino l’amore, quello vero e nobile, si manifesta fra maschi (vedasi la consuetudine di tutti i maestri greci di avere ragazzini per amanti). In quel tempo la condizione femminile era alquanto scaduta ed in Europa od in Medio Oriente restavano sacche di resistenza solo qui e lì.

Ad esempio nella tradizione giudaica la trasmissione della appartenenza al “popolo eletto” avveniva (ed è ancora oggi così) per via materna, ultimo rimasuglio matristico in mezzo ad una serie di regole molto patriarcali e misogine. Tale misoginia fu assunta –in modi differenti- anche dalle altre due religioni monoteiste: il cristianesimo e l’islamismo. Nell’islamismo però, malgrado la visione della donna in chiave di sudditanza, si salvò il criterio di bellezza e nobiltà dell’amore sensuale, infatti il profeta Maometto ebbe diverse mogli e persino il suo paradiso era riempito di belle donne accoglienti. Questo almeno consentiva un naturale intercourse di rapporti fra i due sessi. Purtroppo non avvenne la stessa cosa nel cristianesimo ove prevalse, anzi peggiorò, la misoginia originaria ebraica e persino la pedofilia.

Se nell’ebraismo la divinità, sia pur vista in chiave di “dio padre”, manteneva un distacco verso le cose del mondo, essendo un dio non rappresentabile e puro spirito, nel cristianesimo per poter giustificare la divinità del “figlio” si cancellò completamente il ruolo creativo della madre. Maria concepì vergine dallo spirito santo, la sua è una prestazione completamente passiva e deriva da una scelta del dio padre di impalmarla e renderla madre. Insomma la povera Maria è equiparabile ad una “prostituta” spirituale. Da questa visione deriva anche la ragione cartesiana pseudo scientifica che indica la natura come passiva, inerte e pure stupida… Insomma lo spirito maschio “infonde” la vita e la “buona” madre porta in grembo quanto le viene concesso di portare….

Capite da voi stessi che tale proiezione è ormai improponibile ed obsoleta, sia pur che la maggioranza degli uomini ancora vi si crogiola, illudendosi con favole religiose ed ideologiche della “superiorità” maschile, della “superiorità” dell’intelligenza speculativa scientifica, della “superiorità” del potere e della forza. Così non si fanno passi avanti nell’evoluzione della specie. E’ ovvio che entrambi questi aspetti, matrismo e patriarcato, hanno avuto una loro funzione storica per lo sviluppo delle “qualità” della specie umana. Ora è giunto il tempo di comprenderne la totale complementarietà e comune appartenenza, ma non per andare verso una specie unisex, bensì per riconoscere pari valore e significato ad entrambi gli aspetti e funzioni... in una fusione simbiotica.


Paolo D'Arpini




La porta senza porta della Roma che ricordo...


La porta senza porta

Della Roma che ricordo c’è un luogo che è particolarmente significativo per la ricerca alchemica ed esoterica portata avanti in questa città. Si tratta della Porta Alchemica di Piazza Vittorio.

Dovete sapere che ho abitato per diversi anni nei precinti di Piazza Vittorio. In tre luoghi diversi ed in periodi diversi ma fisicamente vicini fra loro.

Piazza Vittorio era casa mia. Conoscevo tutto dei suoi giardinetti, dove al mattino si svolgeva un variopinto mercato all’aperto. Spesso, non avendo di meglio da fare, andavo a sedermi nei pressi della “porta magica”. Lì a fianco c’era una baracchetta in cui un’anziana gattara conservava le sue cianfrusaglie e che serviva da rifugio per le gatte partorienti. La presenza dei gatti era in continuità con la tradizione egizia, dalla quale la parola stessa “alchimia” deriva (El Kimya in arabo significa “l’oscuro” un chiaro riferimento all’Egitto antico).

Ricordo che diverse volte avevo provato a interpretare il significato astruso delle frasi impresse nel marmo dell’uscio: “vitriol” c’è scritto… Lo studioso Fabrizio Salvati dice trattarsi delle iniziali di una sigla alchemica “Visita Interiora Terrae Rectificandoque Invenies Occultam Lapidem” (visita l’interno della terra, rettificando troverai una pietra nascosta). Evidentemente questa porta annunciava l’ingresso in una stanza segreta ove si studiava l’alchimia e dove avevano luogo riti iniziatici.

Questa porta è tutto ciò che rimane della villa del marchese Palombara, che fu distrutta nel 1655 (55 anni dopo il rogo di Giordano Bruno) in seguito ad un misterioso incendio. Il marchese Massimiliano Palombara, cugino della regina Cristina di Svezia, fu un uomo di spicco nella Roma del 600, si narra che egli fosse un frequentatore del Cenacolo alchemico di Via della Longara, che poi diverrà l’Arcadia. Ma tutto ruota attorno ad un oscuro scienziato, Francesco Borri, il quale invitato dal marchese a compiere esperimenti nel suo laboratorio, dopo una notte di lavoro sparì, lasciando sul tavolo una quantità di oro zecchino ed una serie di simboli incomprensibili… gli stessi simboli che il marchese fece poi scolpire sulla porta magica.

Di storie con porte di mezzo ve ne sono a bizzeffe, la porta del paradiso, la porta sulle altre dimensioni, la Sacra Porta, etc. In effetti anch’io ho avuto “esperienza” con due porte. La prima risale a moltissimi anni fa, quando ero un bambino di appena tre  anni. Ricordo che eravamo andati in vacanza a Ladispoli con mia madre,  mia sorella e mia nonna. Eravamo alloggiati in una casa con un bel giardino ed una pergola di uva pendente. Essendo da poco giunti i miei stavano festeggiando con gli ospiti, mangiando e bevendo vino, nessuno si accorse che io guadagnai l’uscita per andarmene ad esplorare il paese, da solo. Pur essendo così piccolo ebbi l’accortezza di guardare ben bene la porta all’esterno, prima di avventurarmi fuori notai che c’erano due leoni in metallo con un batacchio su entrambe le ante.

Così, sicuro di me, varcai l’uscio ed andai ad affrontare il mondo…. Dopo aver esplorato qui e lì decisi di ritornarmene a casa… ma la strada del ritorno non fu per nulla facile… Non riuscivo a ritrovare la porta con i leoni, e diverse volte feci avanti ed indietro cominciando a sentire apprensione e paura… Ma non mi persi d’animo, fermai un signore che passava e che aveva un’aria benevola, gli esposi il mio dramma, la mia incapacità di tornare a casa, di cui chiaramente non conoscevo l’indirizzo, e gli spiegai che sulla porta d’ingresso c’erano due leoni con gli anelli in bocca. Fortuna volle che alla fine, con l’aiuto del passante sconosciuto, ritrovai il luogo ove erano i miei… Quel buon signore bussò alla porta e mi riconsegnò a mia madre, la quale nel frattempo tutta presa dai festeggiamenti non si era nemmeno accorta della mia scomparsa…

L’altra esperienza con una porta magica la ebbi nel 1973, allorché visitando per la prima volta l’ashram del mio Guru, Swami Muktananda, scoprii che l’ingresso della sua abitazione aveva una porta in legno con due leoni di metallo con un anello in bocca, della stessa grandezza e forma di quelli di tanti anni prima… Inutile dire che lo interpretai come un segnale….

L’ultima esperienza con una porta  è quella dell’ingresso della casa di Treia, non la principale ma la mediana che da su un vicoletto semi-cieco. Durante le nevicate ininterrotte dei primi di febbraio in una notte ventosissima sentivo sbatacchiare qualche serranda all’esterno. Cercai di non pensarci..  però dopo un paio d’ore  di non volerci  pensare non potei fare a meno di continuare a pensarci; era notte fonda, ed alla fine decisi di andare a controllare, indossai un pellicciotto sul pigiama, mi armai di torcia elettrica a dinamo per farmi luce e aprii la porta… Sorpresa… mi trovai davanti un muro di neve di oltre un metro e mezzo… Strano effetto vedermi bloccato lì. Poi prevalse la saggezza notturna sulla foga attiva, richiusi amorevolmente la porta e mi rificcai sotto le coperte… in fondo che potevo farci? Avevo toccato con mano il significato della “porta senza porta”….

Paolo D’Arpini



“Il drago della notte custodisce l’ingresso dell’orto magico e, senza Ercole, Giasone non avrebbe gustato le delizie della Colchide”.

...ma l'uomo discende dalle scimmie?

 


«Se perdi la tua mente, perdi l'unica barriera che ti divide dall'esistenza. E nel momento in cui la mente è persa, ti ritrovi improvvisamente in sintonia e in armonia.

Mentre danzi, o canti come un matto, diventi consapevole dei canti degli uccelli, della danza dei pavoni, del volo delle aquile. Siete uno!

Charles Darwin aveva ragione solo in parte quando disse che l'uomo discende dalle scimmie, ma ha scoperto un frammento di verità.

Nella mia visione, l'uomo contiene in sé tutti gli animali, tutti gli alberi e tutti gli uccelli. Quando danza, in lui danza il pavone; quando canta, in lui canta l'usignolo; quando corre, il cervo corre in lui. Quando è colpito dalla bellezza di un'alba, diventa un albero.

Quando danza sotto la pioggia, conosce qualcosa che continua ad accadere nelle anime più recondite di tutti gli alberi. Quando diventa pieno di luce, tutte le stelle che erano nascoste in lui sono diventate manifeste.

L'uomo non è solo una delle specie animali. L'uomo è un'immensa sintesi di tutto ciò che è vivente: vivo, danzante, cantante, pieno di gioia.

La mente è spazzatura. Prima la perdi, meglio è. Poi niente ti impedisce di parlare con gli alberi, di danzare nel vento, di dialogare con le stelle. Naturalmente, il mondo dirà che sei matto; ma almeno io – la maggioranza di uno –  ti dico che sei tornato a casa, sei tornato a essere sano.» 

Osho



Fonte: The Rebellious Spirit 

L'insegnamento di Swami Muktananda

 

…tutti i pensieri sono passeggeri ed effimeri ma alcuni rappresentano positivamente “quella forza” che spingerà successivamente la “persona” ad attuare quanto è stabilito nel suo destino. La meditazione consente di far chiarezza fra quelle che sono semplici proiezioni immaginarie o problemi inventati e quei pensieri che invece definiscono in germe “il veniente”… ciò che deve accadere.

La creazione di problemi “fittizi” è uno degli aspetti della mente. Alla base delle preoccupazioni mondane –ovviamente- c’è sempre il senso di responsabilità per le nostre azioni dovuto all’identificazione con il corpo-mente.

Il processo dell’individualizzazione della coscienza è la funzione stessa della mente. La mente è la capacità riflettente della coscienza che assume su di sé il compito dell’oggettivazione e quindi della creazione del cosiddetto mondo delle forme. L’esteriorizzazione è la sua tendenza.

Eppure non è una condizione definitiva o irreparabile, anche le sensazioni più negative possono essere trascese. Le preoccupazioni mondane che ci assalgono sono frutto del meccanismo mentale che proietta l’attenzione sui fattori esterni, desideri e paure, ed è per questa ragione che nella meditazione si consiglia di fissare l’attenzione sulla consapevolezza, sul soggetto, ignorando le apparizioni mentali, che son solo “impedimenti” (distrazioni) che sorgono per inveterata abitudine all’esternalizzazione, non tenerne conto significa restare quieti mantenendo l’osservatore in se stesso.

Personalmente ho avuto una grande fortuna nella vita. Considero questo mio corpo e questa mia mente estremamente benedetti e santi poiché attraverso di loro ebbi la possibilità di incontrare un grande Maestro che diede alla mia esistenza vero significato. Dimostrandomi come il distacco ed allo stesso tempo l’attenzione siamo importanti per restare focalizzati nel Sé… nell’auto-consapevolezza.

“Due volte nato” si dice di chi nasce allo Spirito. E senza alcun merito particolare da parte mia ciò è avvenuto allorché incontrai nel 1973 il mio padre spirituale, Swami Muktananda, il quale risvegliò la mia coscienza individuale alla consapevolezza del Sé.

“Medita sul tuo Sé, cerca il tuo Sé, inchinati al tuo Sé, onora il tuo Sé, adora il tuo Sé, poiché Dio vive in te, sei tu..!” Questo il messaggio profondo e liberatorio che egli mi trasmise ed attraverso il quale ri-nacqui nello Spirito.

Baba Muktananda lasciò il corpo il 2 ottobre del 1982, con ciò rimasi “orfano”…? Ma no… scoprii in verità la sua costante presenza dentro di me…

Paolo D’Arpini

Conventi cristiani misti anche in Europa, sino all'anno 1000...



La chiusura dei Conventi Cristiani Misti, ordinata dalla Chiesa,  è intrigante e mi fa intravvedere ragioni economiche e di potere dietro all'abbandono di questa consuetudine laica. La chiesa cattolica ha rinunciato alla naturalezza spirituale per divenire sessuofobica e perversa a partire dall'ultimo millennio. Forse prima c'era ancora qualche traccia di spiritualità e naturalezza al suo interno...

Comunque la tradizione dei conventi misti è almeno rimasta in India, negli ashram laici dello yoga, in cui uomini e donne possono praticare assieme, senza per questo incorrere in peccati di sorta ma aiutandosi vicendevolmente ed amorevolmente. Io stesso ho avuto esperienze in tal senso permanendo per anni in varie di queste comunità spirituali sincretiche.

Paolo D'arpini




Articolo sui conventi misti cristiani, prima di quelli a sesso unico coatto.

Desta in alcuni meraviglia sapere che fino all'anno mille i preti potevano sposarsi. Siamo sempre nel solco della sacra sessuofobia, tant'è che a questi veniva raccomandato di non avere rapporti intimi nel giorno in cui avevano da celebrare riti, perchè non adeguatamente puri.

Ma desterà ancor più meraviglia sapere che fra il V e XI secolo in gran parte d'Europa, compresa l'Italia, furono aperti dei conventi misti, alcuni dei quali retti da badesse e successivamente anche da loro figlie.

Esempi diffusi, uno dei quali quello rappresentata da Santa Brigida in Islanda, per arrivare alle poetesse e scienzate Rosvita e Ildegarda...figure e ruoli poi epurate.

Non sfugga il ricordo de divieto per le donne a frequentare scuole e teatri, per i cori "religiosi" la chiesa era costretta a ripiegare sui giovanetti che provvedeva ad evirare per rendere le loro voci gradevoli "voci bianche" .
Ci volle la "Breccia" di Porta Pia per far cessare questa obbrobriosa distorsione.

Furono le riforme: carolingia la prima e la gregoriana la seconda a "mettere ordine", fu introdotto l'insegnamento del latino per acculturare il basso clero, fu abolito il matrimonio bisex tra eccllesiastici e escluso l'accesso delle donne alla scolarizzazzone e/o docenza.
Cio' che invece era previsto nelle scuole d'impostazione pitagorica, compreso l'insegnamento delle scienze matematico-astrologico-astronomiche. La stessa moglie di Pitagora, Teano, era impegnata in studi e docenza.
Ci sarebbe amcora da meravigliarsi se, fino al 1970, in alcune Universita' americane imperava ancora il divieto per le donne all'insegnamento di Matematica e Fisica?

Ma ci sarebbe ancor piu' da meravigliarsi se, ancora oggi, nella chiesa cattolica persiste la squalifica ( per decenza non riportiamo le frasi-direttive, usate da S.Paolo e S.Agostino al riguardo) delle donne all' esercizio sacerdotale.
Un giudice-donna, contemplata in tutte le istituzioni democratiche del mondo, e' esclusa solo nella magistratura dello Stato del Vaticano, la Sacra Rota, anche se e' da contestare non questa chiusura o esclusione, quanto il numero e la varieta', azzeccata e stravagante, dei casi per l'ìannullamneto dei matrimoni.
Se puo' essere interessante il ricordo della bellezza, culturale e teologica, dei conventi misti (beati chi vi pote' frequentarli), fa invece paura la persistenza di quelli a sesso unico coatto, questo si' contronatura.

Come reagireste se sentiste ancora affacciare, da parte dei cattolici, la richiesta di riconoscimento delle "radici cristiane" dell'Europa?

Giacomo Grippa