La compassione buddhista o l’amore cristiano...?


Risultati immagini per La compassione buddista e l'amore cristiano

Molti considerano il concetto buddhista di “compassione” e quello cristiano di “amore” quasi omologhi, come se essi si riferissero a due esperienze molto affini.
Io ritengo, invece, che non solo i due concetti siano parecchio diversi, ma che soprattutto corrispondano a due esperienze molto diverse.
La compassione è l’atteggiamento – soprattutto emotivo/affettivo – che mi porta a condividere il tuo dolore, anzi la tua stessa condizione umana, che è una condizione di fondamentale sofferenza. Provare compassione vuol dire, in altri termini, sentirmi vicino al tuo dolore, alla tua sofferenza.
L’amore è, invece, l’atteggiamento – anche questo soprattutto emotivo/affettivo – che mi porta a provare non solo solidarietà per la tua sofferenza, ma mi spinge anche a desiderare per te il massimo di felicità possibile e a darmi da fare, adoperarmi, perché tu la possa sperimentare.
L’amore, quindi, per me è qualcosa in più della compassione.
La compassione si fonda su una concezione fondamentalmente pessimistica dell’esistenza, secondo la quale la vita è essenzialmente, principalmente, strutturalmente dolore, sofferenza.
Il dolore della nascita, che avviene nelle sofferenze del parto e dà origine alle sofferenze future della vita.
Il dolore della vecchiaia, che ci fa sentire l’avvicinarsi della morte e ci fa quindi sperimentare con forza la “impermanenza”, cioè la fuggevolezza, la non durata eterna della vita.
Il dolore della malattia, causato dagli squilibri che vengono a crearsi talvolta nel nostro corpo, fino a quello finale che ne causa la dissoluzione e , quindi, la morte.
Il dolore della morte, generato dalla perdita della vita.
Il dolore causato dall'essere vicini a ciò che non "piace".
Il dolore causato dall'essere lontani da ciò che si "desidera".
Il dolore causato dal non "ottenere" ciò che si "desidera".
Il dolore causato dai cosiddetti cinque “aggregati”, ovvero dalla loro unione e dalla loro separazione. I cinque aggregati sono: il corpo, le sensazioni, le percezioni, le formazioni mentali e la coscienza.
L’amore cristiano si fonda su una concezione del mondo e della vita che non è certo del tutto e banalmente ottimistica, ma non è neanche del tutto e cupamente pessimistica.
Per il cristiano che ama (e non prova solo compassione) la vita non è solo dolore, ma può essere anche gioia e, in alcuni momenti almeno, perfino felicità.
Basti citare il passo del Vangelo di Matteo 6,25-34 (il primo che mi viene in mente):
«Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla durata della sua vita? E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro. Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede? Non siate dunque in ansia, dicendo: “Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?" Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno».
Non ci sono dubbi: anche in Gesù è presente un discorso che invita al distacco. Ma il distacco di cui parla il Vangelo è un distacco dalle preoccupazioni e dalle ansie della vita, pieno di fiducia nella vita. Che invita a goderne e non a disprezzarla. A non rovinarsene la gioia e il godimento a causa delle ansie e delle preoccupazioni.
Ben distante, dunque, dal distacco ascetico e cupo del Buddha, che considera la vita essenzialmente dolore e sofferenza e quindi invita i suoi seguaci a separarsene mentalmente, fino a raggiungere il Nirvana, che è assenza di sofferenza, non certo pienezza di gioia e felicità: realtà che per il Buddha non sono esperibili dall’uomo.
I due diversi modi di guardare e considerare la vita hanno delle profonde e rilevantissime ricadute nel modo con cui essi suggeriscono di guardare agli altri e di rapportarsi a loro.
Per Buddha gli uomini si devono rapportare ai loro simili con un atteggiamento di compassione per la loro sofferenza. Che vuol dire provare empatia e condivisione del loro dolore strutturale, fondamentale: non c’è altro da condividere.
Per Cristo, invece, come la sua stessa vita ha mirabilmente testimoniato, si tratta di condividere con gli altri gioie e dolori: le gioie della festa e dell’amicizia fraterna e i dolori della malattia e della morte. E in questo consiste l’amore.
Che è dunque cosa ben diversa dalla semplice compassione.
La concezione del Buddha è triste e cupa e spinge fondamentalmente alla rinuncia alla vita, alla rassegnazione, via, via sempre più consapevole, ad un destino di morte. Buddha è come se dicesse: più ci si rassegna e prepara al dolore e alla morte, meno se ne soffrirà, quando il dolore e la morte sopraggiungeranno per noi.
La concezione di Gesù è, invece, luminosa, gioiosa, perfino allegra. Anche egli parla di distacco. Ma dalle ansie e dalle preoccupazioni eccessive o addirittura inutili (potremmo perfino dire dai fantasmi di morte, cui sono legate le nostre nevrosi). Non certo dalle gioie e, perfino, dai piaceri che la vita può regalarci.
Tra i due messaggi, quello di Buddha e quello di Gesù, personalmente, preferisco (e di gran lunga) quello di Gesù.
Giovanni Lamagna
Risultati immagini per Giovanni Lamagna

Solstizio invernale. L'avvento del cristianesimo e la storia manipolata


Risultati immagini per Solstizio invernale. L'avvento del cristianesimo e la storia manipolata

Siamo ormai vicini alla festività di Natale, fervono i preparativi per la vigilia, cene, pranzi luculliani ci aspettano e poi brindisi e regali, ecc. ecc. E per i cattolici anche funzioni religiose. Ma aldilà dell’attesa del Natale quanti di voi si sono mai chiesti l’origine di questa festa, chi è stato ad inventarla e quando è comparsa per la prima volta? In questo breve servizio cercheremo di dare qualche risposta, di sfatare luoghi comuni e sconfessare fake news storiche, il tutto, come sempre in nome della verità. 

Cominciamo a dire che, ancora prima del Cristianesimo, gran parte delle popolazioni indoeuropee celebravano con vari riti il Solstizio d’Inverno perché rappresentava la fine dei giorni più bui e l’inizio di quelli con più luce. Questo evento astronomico (2 volte l’anno in Inverno e in estate) cadeva e cade sempre tra il 21 e il 22 di dicembre (quest’anno alle ore 4,19 del 22 dicembre). Quindi tra il 20 e il 27 di dicembre si celebrava in molte antiche culture questo rito. Nell’antica Roma alle radici del Natale c’è proprio una festa dedicata al Sole, ed esattamente al Sol invictus, l’astro invitto (invincibile), che ancora una volta sconfiggerà le tenebre a beneficio della luce del Sole. 

Ma ancora prima va menzionato il calendario celtico dove alla fine del giorno più breve dell’anno, si effettuava la festa di Yule (21 dicembre), notte in cui la dea della fertilità partoriva nel ventre della terra colui che, nel corso del ciclo annuale, sarebbe diventato il dio della luce e suo nuovo compagno. 

Nell'antica Roma, prima e subito dopo il solstizio invernale (pensiamo tra il 17-23 dicembre) era usanza scambiarsi regali, come facciamo noi oggi, tra parenti e conoscenti e imbandire festosi banchetti. Si celebrava così la festa dei Saturnali, dedicata al dio dell'agricoltura, Saturno. Una curiosità che pochi conoscono: in quei giorni di festa era prevista anche un'inversione di ruoli tra schiavi e padroni, a rappresentare l'antico stato di uguaglianza tra gli uomini. A partire dal I secolo d.C. a Roma, e soprattutto nelle province dell’impero, era adorato il dio Mitra, una divinità accompagnata dal simbolo del Sole, originaria dell’India e poi approdata definitivamente in Persia. 

Risultati immagini per culto di Mitra in India

La sua comparsa nel mondo dei culti religiosi, gli studiosi l’attribuiscono intorno al 1400 a.C. – Il mitraismo come religione fu subito accolta e professata dai soldati e da dignitari del senato romano. Il Cristianesimo intanto muoveva i suoi timidi passi nel mondo e cominciava a diffondersi soprattutto nei territori meridionali dell’impero romano. Era comunque un movimento religioso malvisto soprattutto dagli ebrei che non riconoscevano la figura di Gesù come Messia, perché per loro (ancora oggi) quello vero doveva ancora manifestarsi. 

I romani, che tolleravano gran parte dei culti religiosi, questa nuova religione fu da questi inizialmente l’ignorata. Questo fino al 64 d.C. poi, a seguito del disastroso incendio di Roma, dove la comunità cristiana era ancora tollerata, fini per essere perseguitata. Qui è doveroso, sulla base di nuovi interessanti studi degli storici, sfatare la favola che fu l’imperatore Nerone a dar fuoco alla città. E’ dimostrato infatti che da molti giorni si trovava ad Anzio e non sul Palatino a godere delle fiamme che divoravano Roma, come invece scrisse più tardi Svetonio (70/75 d.C.-140/150) che è risaputo disprezzava l’imperatore Nerone. 

Da alcuni recenti scavi si sono trovate testimonianze scritte che ci dicono come le frange più estremiste dei cristiani abbiano commesso l’errore di manifestare in pubblico la gioia per il disastroso incendio che, secondo loro, fu mandato dal Signore perché Roma si era moralmente imbarbarita come a suo tempo fu Sodoma. Da qui l’inizio delle persecuzioni verso i cristiani e questo a causa dell’improvvida posizione di alcune frange intransigenti di cristiani. Tuttavia, imprigionati 300 cristiani e giustiziati oltre la metà perché accusati di aver appiccato il fuoco, la persecuzione terminò. 

A testimonianza di ciò, Paolo, il leader dei cristiani a Roma, poté continuare la sua predicazione e nessuna conseguenza ci fu per i cristiani delle province. E poi in seguito, durante il governo di Nerone, non fu varata nessuna legge che 17 proibisse ai cristiani di professare la propria fede. Le persecuzioni vere e proprie invece cominciarono con Domiziano (81-96 d.C.), e proseguirono con Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio, Settimio Severo, Massimino, per assumere, con Diocleziano, le forme del genocidio. 

Risultati immagini per costantino

Tralasciamo una parte della storia romana e arriviamo a Costantino, perché senza la scelta fatidica dell’imperatore Costantino (280-337 d.C.) forse il cristianesimo non avrebbe avuto la popolarità e diffusione che oggi conosciamo. In quel periodo a Roma e nelle sue province esistevano molti culti e confessioni religiose, alcuni radicati in Egitto ( Il culto di Iside), in Persia, in Palestina ( L’Ebraismo) e infine provenienti dai popoli nord europei, tra cui il Druidismo. Tra tutte queste Costantino scelse di privilegiare il culto cristiano, successivamente suggellato nell’Editto di Milano del 313 d.C.. 

Per gli studiosi questa scelta fu sollecitata da sua madre Elena che, convertitasi al cristianesimo, spinse il figlio ad elevare questa nuova religione al vertice di tutte le altre. Senza questo intervento forse la religione di Stato sarebbe stata un’altra. Costantino, dopo aver scelto il cristianesimo, con l’aiuto di intellettuali e saggi dell’epoca che lo assistevano intellettualmente, cercò di realizzare un percorso intelligente e indolore nel tentativo (ben riuscito!) di sostituire i simboli di altre religioni con quelli della nuova religione. Il culto di Mitra nel I secolo d.C. si era già diffuso a Roma, soprattutto come culto guerresco praticato dai legionari. I più antichi santuari del dio risalgono al II secolo. Nel III secolo d. C., ci fu la fusione di Mitra con il simbolo del Sol Invictus e il mitraismo iniziò a ridimensionarsi, sopraffatto dal più potente culto solare. 

Sembrava quindi che l’adorazione al Sole (Sol Invictus) avrebbe oscurato tutti gli altri culti e si sarebbe trasformato in un culto ufficiale dell’impero romano. Fu l’imperatore Aureliano (270 d.C.), la cui madre era una sacerdotessa del Sol invictus, ad elevarlo a prima religione, infatti fece costruire un tempio al Sole e fondò una casta sacerdotale allo scopo di attribuire maggiore ufficialità al culto dell’astro dispensatore di vita. Ma successivamente Costantino, avvertendo che tutto l’impero cominciava a scricchiolare e, quindi, era necessario trovare una religione capace di evitare squilibri geopolitici interni, scelse il Cristianesimo. La figura di Cristo secondo l’imperatore e secondo i dotti che lo assistevano intellettualmente finì per sostituire proprio su Mitra. Vediamo perché: Anche Mitra, come Gesù, era stato mandato sulla terra dal padre per combattere contro il Male; anche Mitra era nato da una vergine di nome Anahita, miracolosamente fecondata dal dio Ariman (Anche Krishna nell’Induismo è partorito da una vergine e chi la feconda compare sotto forma di luce), Mitra nasce il 25 di dicembre dentro ad una grotta; anche lui era attorniato da dodici seguaci; anche Mitra celebrò con essi l’ultima cena prima di morire; anche Mitra resuscitò dal regno dei morti; anche il culto di Mitra parlava di inferno e cielo, di giudizio universale; anche il giorno dedicato a Mitra era la domenica; anche il gran sacerdote del culto di Mitra veniva chiamato papa e portava il copricapo frigio di colore rosso, un mantello rosso, un anello e un bastone pastorale; anche gli iniziati al mitraismo praticavano un rito di consumazione di pane, vino e acqua. Quindi una perfetta opera di sovrapposizione ad un culto più antico. 

Risultati immagini per natale cristiano

Geniale la scelta della data di nascita del Gesù, in questo modo si assorbivano tutti gli antichi riti pagani legati al solstizio d’inverno, non solo, ma si dava un taglio deciso a tutte le interpretazione delle varie correnti cristiane che dissentivano tra di loro sulla data di nascita del Cristo. I Basilidiani ad esempio ne celebravano la natività tra il 6 e il 10 gennaio, i Cristiani egizi tra il 19 e il 20 aprile o altri il 28 marzo, in cui si pensava fosse stato creato anche il sole. 

Perciò, grazie a Costantino, che nel 325 d.C. indisse a Nicea il I° Concilio Ecumenico della Chiesa, il Cristianesimo diventò  religione riconosciuta  dell’impero Romano e poi, con Teodosio (380 d.C.) l’unica religione dell’Impero autorizzata. Da quel momento il 25 di dicembre diventa la data officiale del Natale. Potremmo parlarne ancora, aggiungere fatti e storie inedite, enigmi svelati sul Natale, ma ci fermiamo qui, perché riteniamo che sia per il momento abbastanza quanto fin qui scritto, ma ne riparleremo…

Filippo Mariani - A.K. Informa n. 50

Risultati immagini per Filippo Mariani accademia kronos

Effetto serra o nuova glaciazione? - I dubbi di Giorgio Nebbia...

Immagine correlata
C’è o non c’è? Mi riferisco all’”effetto serra” sulla cui esistenza si scontrano due vivaci gruppi.
Un primo gruppo sostiene che esistono dei mutamenti climatici dovuti all’immissione nell’atmosfera di vari gas, principalmente anidride carbonica, ma anche metano, idrocarburi clorurati e fluorurati e alcuni altri, che sono i sottoprodotti di attività umane e soprattutto di scelte merceologiche: questo gruppo, insomma, sostiene che le attività e le scelte produttive umane compromettono il clima in futuro, ragione per cui è necessario sottoporre a revisione critica i consumi, i processi produttivi, usare le fonti energetiche e le materie prime rinnovabili, eccetera. Esiste poi un altro gruppo che sostiene che i mutamenti climatici che si stanno osservando sono occasionali, che simili mutamenti ci sono sempre stati in passato, che la concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera è cambiata più volte durante la lunga storia geologica della Terra e che non sono le attività di produzione e di consumo di energia e di merci che alterano il clima. Le ricchezze della natura, la scienza e la tecnica sono in grado di risolvere i guasti ambientali, ragione per cui non c’è bisogno di alcun mutamento nell’andamento delle economie nazionali e mondiali.
I due gruppi, a cui partecipano con uguale vigore chimici e giornalisti, fisici e storici, meteorologi e geografi, difendono le rispettive inconciliabili posizioni con ricche citazioni in stizzosi dibattiti fino a reciproche accuse su chi è pagato da chi per sostenere le sue tesi.
Risultati immagini per energia nucleare nuova glaciazione?
Al dibattito sull’effetto serra si affianca quello sull’energia nucleare, di moda da quando, dopo le ultime elezioni nazionali, il nuovo governo ha deciso di avviare un programma di costruzione di varie centrali nucleari. Uno dei due gruppi sostiene che le centrali nucleari producono elettricità costosa, con impianti che alterano il territorio, inquinano durante il funzionamento e lasciano in eredità alle generazioni future scorie radioattive quasi eterne. L’altro gruppo sostiene che l’Italia è rimasta esclusa dall’energia nucleare per colpa dello sciagurato referendum del 1987 che ne fermò l’uso, che le centrali nucleari producono elettricità a basso costo, come dimostra la Francia, che occorre elettricità a basso prezzo per far funzionare le fabbriche e rendere competitiva la produzione italiana di merci e macchinari e che le fonti solari, eoliche e simili mai potranno fornire elettricità come fanno così bene le centrali nucleari. E, infine, questo secondo gruppo sostiene che il programma nucleare governativo fa diminuire le costose importazioni di petrolio e di gas naturale che, bruciando, immettono nell’atmosfera gas con effetto serra. Ma non abbiamo appena detto che l’effetto serra non esiste? Eppure i due partiti, quello che contesta l’effetto serra e quello che sostiene l’energia nucleare hanno vaste zone e protagonisti comuni.
Non si capisce niente. A me pare che la società contemporanea brancoli nel buio. Ci si augura che diminuiscano le importazioni di petrolio ma si guarda con preoccupazione alla disoccupazione provocata dalla chiusura di alcune raffinerie; ci si augura che diminuiscano i fumi nelle città e la congestione del traffico automobilistico, ma nello stesso tempo si incoraggia, anche grazie a incentivi statali, la produzione e la vendita di automobili che funzionano bruciando prodotti petroliferi.
Immagine correlata
Ogni giorno aumenta la massa dei rifiuti solidi (ormai 40 milioni di tonnellate all’anno quelli domestici e urbani) e anche qui si contrappongono coloro che chiedono una diminuzione dei consumi e il riciclo dei rifiuti, con quelli che vorrebbero bruciare i rifiuti negli inceneritori o seppellirli nel sottosuolo.
La vita è intessuta di contraddizioni, come aveva detto il filosofo tedesco Hegel: il compito della politica dovrebbe essere proprio il superamento o la conciliazione delle contraddizioni, ma mi sembra che ben poco venga fatto in questo senso. Ci aspettano periodi tempestosi, che possono essere superati soltanto con coraggio e lungimiranza. Quanto all’energia e all’ambiente il mio modesto pensiero è che occorra un piano nazionale, ed europeo, forse globale, ma almeno nazionale, basato su scelte che inevitabilmente sono tecniche ed economiche.
La quantità di energia che occorrerà in futuro, le fonti di energia a cui rivolgersi, l’inquinamento che ne deriverà, dipendono dalla decisione di quello che sarà prodotto per soddisfare bisogni umani, a cominciare da quelli elementari e irrinunciabili: il diritto alla casa, a muoversi e, soprattutto il diritto al lavoro. Si tratta di decidere quali case costruire per chi vive ancora nelle baracche, dove costruirle nel territorio, quali e quante automobili fabbricare, quali e quanti prodotti agricoli produrre nei campi: grano e patate, pomodori e legname, girasoli e olio di oliva.
Per attuare queste decisioni, nell’interesse pubblico, generale, può intervenire soltanto lo stato con i suoi soldi. Un privato ha interessa a costruire quartieri e alberghi di lusso per i ceti abbienti, non certo case per sfrattati e immigrati; un privato guadagna col funzionamento delle eleganti cliniche private, non spende soldi per aggiustare i corridoi e le sale operatorie degli ospedali pubblici; produrre automobili popolari e a basso consumo non rende al privato quanto costruire automobili potenti e lussuose; riciclare i rifiuti non rende quanto incenerirli e immetterli in discariche, e così via. Già oggi lo stato interviene con i suoi soldi, ma per rispondere a domande private che non risolvono i problemi né dell’occupazione, né dell’energia, né della casa per i meno abbienti.
Risultati immagini per rifiuti sul pianeta
Occorre una svolta perché dalle contraddizioni irrisolte sono travolti proprio i più deboli ed è travolto l’ambiente, con cieli fumosi, colline che franano, fogne che sporcano i mari, rubinetti che non danno acqua; ed è travolto di più il Sud.
Giorgio Nebbia – nebbia@quipo.it
Risultati immagini per Giorgio Nebbia

Le vibrazioni dell'Oriente e quelle dell'Occidente

Risultati immagini per Le vibrazioni dell'Oriente e quelle dell'Occidente
L’India ha vibrazioni diverse, rispetto a qualsiasi altra terra: sono frutto di migliaia di anni di costante ricerca su se stessi. Nessun altro paese si è mai dedicato tanto a un progetto simile: è qualcosa di speciale e di unico.
La consapevolezza indiana non ha mai abbandonato questa ricerca, neppure per un istante, e non ne ha mai messo in dubbio la validità e la sostanza. Le ha sacrificato ogni cosa, addirittura la sua stessa vita: questo paese ha sofferto schiavitù, povertà, malattie e morte, ma non ha mai accettato la sconfitta in questa ricerca.
È una ricerca così antica che ha messo radici nel sangue, nelle ossa e nel midollo delle persone che hanno camminato su questa terra. Forse non ne sono consapevoli, ma di certo possiedono una vibrazione particolare che non è personale, ma appartiene alla loro eredità genetica. Nascendo, la portano con sé.
L’Occidente ha sviluppato una tradizione del tutto diversa: la motivazione fondamentale dell’azione, caratteristica dell’Occidente, è l’esplorazione degli oggetti, oggetti inanimati. E se per secoli esplori solo oggetti inanimati, è inevitabile che si insidi una sorta di morte anche nel tuo essere.
L’uomo è riconoscibile dalle compagnie che sceglie. La mente occidentale è circondata da oggetti. Studia persino le stelle più lontane e una sola cosa non suscita il suo interesse: il proprio essere.
Ciò che è ovvio è ignorato, mentre ciò che è distante diventa il punto focale di tutto l’interesse. Naturalmente, l’essere inizia a spostarsi sempre più lontano dal centro.
La mente occidentale vive alla periferia che per secoli è stata la preoccupazione fondamentale. Naturalmente, questo ha generato una cultura di tipo diverso rispetto alla cultura indiana. E ha generato un approccio particolare tra gli esseri umani: ha generato la psicologia dell’io.
Da Aristotele in poi, l’enfasi dell’educazione occidentale è sempre stata sul rafforzamento dell’io. È una conclusione ovvia, naturale: in un contesto del genere, in un mondo dove esistono centinaia di migliaia di persone, tutte in lotta per gli stessi oggetti, per raggiungere gli stessi obiettivi, devi competere. In un ambiente simile non puoi essere sincero, non puoi essere gentile e non puoi non essere violento. E non puoi preoccuparti troppo dei mezzi che usi, non puoi pensare che è possibile raggiungere un obiettivo usando dei buoni mezzi. E ti è difficile capire che se i mezzi non sono buoni il fine non potrà essere buono; anzi, sono i mezzi che, in ultima analisi, si trasformano nella meta, nel fine. È il sentiero che, alla fine, diventa la meta: un sentiero sbagliato non può portare alla meta giusta!
Ma quando il gioco si fonda sulla competizione, devi essere astuto, furbo, intrigante, perché tutti gli altri lo sono: devi esserlo più di loro, altrimenti sarai sconfitto.
Se vuoi essere ricco, devi lottare con le unghie e con i denti e non ti resta tempo per pensare ai mezzi e ai fini. Devi tenere gli occhi fissi sulla meta, sul tuo voler diventare più potente, più ricco, più rispettato e non ha alcuna importanza quali mezzi userai per raggiungere queste mete. E realizzare queste mete altro non è se non realizzare il tuo ego: “Sono superiore a chiunque altro, sono il migliore di tutti. Sono il primo, tutti gli altri sono sotto di me”. 
In un’atmosfera simile, inchinarsi ai piedi di un maestro è del tutto impossibile, contrasta con l’essenza stessa dell’io.
È evidente dalle piccole cose, come l’Oriente e l’Occidente si sono evoluti in maniere specifiche, hanno seguito percorsi diversi, pur partendo dallo stesso materiale umano, pur usando la stessa energia umana.
In Oriente, ci si saluta congiungendo le mani all’altezza del cuore, in Occidente ci si stringe la mano: vedi la differenza?
In Oriente è come se dicessi: “Mi inchino alla divinità che c’è in te”. Quando stringi la mano, in primo luogo ti accerti che non stringa un’arma: “Non sono tuo nemico”, questo è il massimo che un simile gesto di saluto può implicare.
Allo stesso modo, in Oriente, si è sviluppata la tradizione dell’inchinarsi e toccare i piedi di un maestro: è un gesto di incredibile beatitudine e, in quei momenti, metti il tuo ego completamente da parte. In quei momenti sei puro essere e ciò significa pura beatitudine.
Ma gli occidentali trovano estremamente difficile comprendere queste tradizioni: imparano a non arrendersi mai, che è meglio morire che arrendersi. Tutta l’educazione occidentale implica lo sviluppo dell’ego, in nome dell’individualità, anche se si tratta di un inganno assoluto, in quanto l’individualità è un fenomeno totalmente diverso che non ha nulla a che vedere con l’io. Anzi, più sei egoico e minore sarà la tua individualità. Se sei totalmente cristallizzato in quanto io, non avrai in te alcuno spazio per un’individualità.
L’ego ha paura di piegarsi, ma l’individualità non ha paura, perché a ogni occasione si sente arricchita: non perde mai nulla, guadagna sempre qualcosa. Inchinarsi riversa fiori di beatitudine su un individuo. Rinfresca, acquieta: discende un silenzio celestiale e dissolve ogni oscurità. Ma per l’io questa è una morte: solo per l’individualità un simile gesto implica sentirsi veramente vivi.
L’Occidente è stato ingannato dalle sue religioni, dai suoi educatori, dai suoi politici che hanno spinto a credere che “l’ego è la tua individualità, quindi devi rafforzare il tuo io”. Certamente è utile nel mondo degli affari: aiuta a lottare, a competere senza pietà. Genera una competizione sfrenata, dove non importa il mezzo che si sceglie: il tuo io deve essere realizzato, il tuo ego dev’essere appagato, allora ti senti bene.
L’India conosce un’altra dimensione: nella tradizione di questo paese si conosce una via di conquista, o meglio di realizzazione, che non ha nulla a che vedere col mondo esterno, con la sfera degli oggetti, con gli altri. Non si tratta di conquistare gli altri, ma se stessi; non si tratta di conquistare oggetti o mete esteriori, ma il proprio essere.
Si narra che quando Alessandro Magno conquistò l’India, sulla via del ritorno voleva portare con sé un sannyasin, un ricercatore. Glielo aveva chiesto Aristotele, il suo tutore, che ne aveva sentito parlare come di persone qualitativamente diverse. E sembrava che fossero loro a tenere l’intero Oriente a un livello esistenziale completamente diverso, o almeno così si diceva.
Alessandro era così impegnato a combattere che se ne dimenticò, ricordandosene solo sulla via del ritorno. Era oramai giunto al confine dell’India, ma qualcuno, in quell’ultimo villaggio, gli disse che un sannyasin viveva proprio nei pressi dell’accampamento, vicino al fiume.
Alessandro mandò i suoi soldati a catturarlo, ma quell’uomo non si fece minimamente spaventare dalle armi, anzi, rise e disse: “Andate a dire al vostro padrone che nessuno può portarmi da nessuna parte: un sannyasin si muove come una nuvola, nella più assoluta libertà. Potete anche tagliarmi la testa, ma io non vi seguirò!”.
Qualcosa nella sua presenza lo rendeva speciale e sprigionava qualcosa di luminoso. I soldati indietreggiarono, tornarono da Alessandro e gli dissero che, se voleva quell’uomo, doveva andare a prenderlo lui stesso: c’era qualcosa di sconosciuto nella sua presenza. Alessandro, che non era abituato a subire sconfitte,  si presentò a spada tratta e disse con orgoglio e voce altisonante: “Io sono Alessandro Magno, il conquistatore del mondo”.
A quelle parole il sannyasin rise e disse: “Non essere sciocco e rimetti quella spada nel fodero, qui è inutile. La tua lama non può colpire me, ma solo il mio corpo e io me lo sono lasciato alle spalle da tempo. Puoi tagliarmi la testa, ma quando cadrà, anch’io la vedrò rotolare sulla sabbia, perché non sono questo corpo, sono il testimone. Non essere infantile, rimetti la tua spada nel fodero! E ricorda, questo tuo definirti ‘Magno’ è solo segno della tua inferiorità. Nella vita non esistono differenze simili, piuttosto, rispondi a questa domanda: hai conquistato te stesso?”.
Alessandro non aveva mai pensato a una cosa del genere, era un pensiero del tutto alieno alla sua cultura, del tutto estraneo a lui: non gli era mai neppure passata per la mente l’idea che si dovesse conquistare se stessi!
A quel silenzio, il sannyasin disse: “Hai del coraggio! Senza aver conquistato te stesso, hai iniziato a conquistare il mondo intero: vergognati! Come prima cosa, conquista te stesso: questa è l’unica vera vittoria”. E le parole di quell’uomo erano accompagnate da una compostezza e una solennità tali da renderle indubitabili, inequivocabili.
Alessandro poté solo voltare le spalle e tornare sui suoi passi: quell’uomo semplice, nudo, armato solo del suo essere, lo aveva sconfitto! Per la prima volta seguì gli ordini di un altro: la semplice presenza di quell’uomo gli fece dimenticare la sua posizione. E quando tornò al campo disse: “È difficile uccidere un uomo che è pronto a morire, non ha senso. Puoi uccidere una persona che lotta, ma non un uomo che non ha paura della morte”.
È la paura che ti rende schiavo. E anzi è la paura che ti spinge a ridurre gli altri in schiavitù, prima che facciano di te uno schiavo... 

Risultati immagini per osho
Tratto da: Osho, I Maestri raccontanoOscar Mondadori

Cos'è il Nirvana...?

Risultati immagini per Cos'è il Nirvana...?

Il Nirvana, di cui parla Buddha, è lo stadio finale della meditazione. Buddha così lo definisce “…un luogo ove non è acqua né terra, né luce né aria, né infinità spaziale né infinità razionale, in cui non c’è nessuna cosa di alcun genere e nemmeno il superamento simultaneo di rappresentazione e non rappresentazione… non è né un quaggiù né un lassù né un sito intermedio…” Potremmo dire, dunque, è un “non-luogo”.

Ma un “non-luogo” è una pura astrazione della mente, a cui non corrisponde nessuna realtà oggettiva.

Se, infatti, vi corrispondesse qualche realtà, sarebbe un luogo come gli altri e, quindi, non potrebbe avere le caratteristiche che il Buddha attribuisce al Nirvana: quelle di un “non-luogo”.
Ma il “non-luogo”, dunque, altro non è che un’astrazione concettuale, non-esistente nella realtà, una pura invenzione della mente.

La quale, quindi, non sfugge (né potrebbe sfuggire) a se stessa.

Come, invece, Buddha auspica che avvenga nello stato del Nirvana, cioè nello stadio supremo della meditazione.
Anche a questo stadio, dunque, la mente c’è.

Se non ci fosse (la mente), anche nello stato del Nirvana, Buddha non potrebbe nemmeno descriverlo e parlarcene. Per quanto in negativo, cioè per sottrazione di attributi concreti e materiali.
Il Nirvana, allora, è da intendersi piuttosto come uno stato dell’anima. Dell’anima pacificata, che ha superato (più che la mente e i concetti, che dalla mente sono inseparabili) il turbinio delle passioni e l’inquietudine che da queste derivano.

L’anima che non ha affatto “lasciato andare il desiderio” (come pure Buddha invita a fare nella seconda delle sue nobili verità), ma non se ne lascia neppure condurre o, peggio, trascinare.

E’ lo stato dell’anima che accoglie i desideri (e non potrebbe fare altrimenti, senza perseguire - se lo facesse - una pulsione di morte), ma li guida sapiente, con discernimento, come l’auriga esperta i suoi cavalli, anche i più selvaggi e riottosi.

Giovanni Lamagna

Risultati immagini per Giovanni Lamagna

Chi teme lo Zen?


Risultati immagini per Chi teme lo zen?

.... "La Via che lo porta a se stesso -avventurosa quanto pericolosa- si è rivelata difficile. Più vuole essere un "Io" più l'uomo giorno per giorno disimpara a rispettare tutto ciò che esiste semplicemente perché esiste, 

Si sente al centro dell'universo, ruota intorno a se stesso, la tematica della sua esistenza consiste di gioie e dolori personali, valore, potenza, onore.

Ha la presunzione di aver organizzato tutto, di aver tutto subordinato a se stesso, di dominare sempre più il campo d'azione dell'imprevedibile, del caotico. E questo lo chiama progresso, civiltà!

Quando sente freddo al cuore attribuisce il fenomeno a "cattivo umore" che la ragione può controllare. E nemmeno questo fa nascere in lui il sospetto che sta vivendo una vita sbagliata.

Affascinato da se stesso, vuol essere un Io autosufficiente. E vivere spavaldamente, avidamente dal proprio centro, essere centro egli stesso, lo chiama carattere, personalità.

Un centro che ieri era, oggi è, domani sarà ora qua ora là, e infine pretende di morire una morte propria, personalissima. 

Di fronte a questo limite e all'apice delle sue possibilità il suo atteggiamento si tramuta in vera e propria malvagità, il suo coraggio di vivere diventa alterigia, arroganza. 

Anche se lo volessero queste persone non riuscirebbero a capire sino a che punto sia distorta la loro concezione della vita. Questa è la ragione per cui il buddhismo Zen rinuncia a svegliarle, non predica modelli da seguire, non crede nella forza edificatrice della parola. Sono discorsi che sfiorano l'orecchio ma non penetrano nel cuore..."

Heugen Herrigel - La Via dello Zen

Risultati immagini per Eugen Herrigel - La Via dello Zen

"Il respiro di Dio" la nuova-antica teoria scientifica che supera il Big-Bang


 Risultati immagini per "Il respiro di Dio"

Per noi tutti sembrerebbe assodato che l'universo sia nato più o meno 14 miliardi di anni fa da un atomo "primevo" dopo un' imponente esplosione. Prima di quest'evento, secondo la teoria del big bang, non esisteva nulla neppure il tempo. Ora questa teoria è stata rivista e, in parte ridisegnata. 

Il Big Bang, per molti astrofisici, non fu l'evento primo, unico e irripetibile, ma solo uno dei tanti eventi che caratterizzano la vita degli universi (multiversi), compreso il nostro. Si è cominciato a pensare ad un origine diversa, postulando l’ipotesi che il nostro universo sia nato da altri universi, in particolare da un universo già presente ma in fase di implosione su se stesso, da cui, raggiunti miliardi di gradi di temperatura, sia potuta scoccare la "scintilla" capace di farlo nuovamente espandere. La teoria dell'inflazione, cioè della espansione uniforme dell'universo dopo un inizio non è stata comunque confutata dalle ultime ricerche, infatti grazie al telescopio orbitante Hubble si è visto che l'espansione è ancora in pieno svolgimento, al contrario di quanto si pensasse qualche decennio fa che la fuga delle galassie verso l'esterno dell'universo si fosse fermata. 

E' come se prendessimo un palloncino di gomma e iniziassimo a soffiare al suo interno, esso tenderà a gonfiarsi e ad estendersi in maniera uniforme, ma se continuassimo a soffiare esso scoppierà. Per molti scienziati questa è la visione attuale del nostro universo, molti di questi però teorizzano che non ci sarà una fine come il nostro palloncino, ma quando il calore latente iniziale che ha dato vita a questo universo si sarà del tutto esaurito (Big Freeze), esso inizierà a contrarsi (Big Grunch) fino a diventare una specie di infinitamente grande buco nero. Dopo di che la materia concentrata in esso eserciterà un calore di miliardi e miliardi di gradi tale da farla esplodere dando vita ad un nuovo Big Bang. E così via all'infinito. 

Questa teoria è stata battezzata dagli scienziati: "Il respiro di Dio". "Il respiro di Dio"? Dove l'ho sentito dire? …alla fine ho trovato dove e quando è stato detto e ciò mi ha fatto tornare quando avevo soggiornato, molti anni fa, ad Auroville in India, regione del Tamil Nadu, a sud di Madras. Auroville è un centro internazionale di studio e riflessione sul senso della vita in questa Terra e dove gente proveniente da tutto il mondo cerca le risposte… 

Noi occidentali eravamo soliti incontrarci il tardo pomeriggio ad Auroville, nella città di Sri Aurobindo e della Mere, all'anfiteatro del Matri Mandir (foto) con i maestri spirituali. In una delle quali occasioni si parlò dell'origine di tutte le cose, universo compreso. Il maestro Nata ( ingegnere fiorentino in India da decenni), citando antichi testi Veda (Upaniṣad; Mahabharata; Ramayana), tradusse per noi, direttamente dal sanscrito, una parte che ci avrebbe dato alcune risposte. In uno di questi testi c’era scritto che il tutto è sempre esistito e che l'universo si espande e si restringe perché non è altro che il respiro di Brahma. Parlando del nostro pianeta, secondo questi testi antichi, c’è stato comunque un inizio. 

Risultati immagini per uovo cosmico

Nella Manu Smriti o Leggi di Manu, si afferma che Brahma, l’eterno, creò dall'universo già esistente il nostro mondo attraverso l'uovo cosmico. L'uovo cosmico per alcuni potrebbe essere la nube incandescente da cui nacque il nostro sistema solare e con esso la nostra Terra. Quindi migliaia di anni fa si sapeva che l'universo una volta si espande, poi si restringe e poi ancora si espande all'infinito, proprio come i nostri polmoni che si espandono e si restringono al ritmo del respiro. Giorni prima, sempre il maestro Nata, da un altro antico testo, ci aveva resi edotti sul fatto che i saggi Veda avevano, migliaia di anni fa, diviso il giorno in 24 ore, le ore in minuti, i minuti in secondi e i secondi in ulteriori frazioni. 

Queste ed altre meraviglie, da poco scoperte dalla scienza, sono riportate nei testi sacri Veda, antecedenti alla stessa Bibbia, si parla infatti che i primi testi furono scritti nel 4.500 a.C., ma oralmente erano trasmessi già da molto tempo prima. Anche la cosiddetta massa oscura, che la scienza ha scoperto da pochi decenni e che rappresenta il 92% del peso dell'universo, in cui nessun strumento è ancora riuscito a "fotografare", ma che esiste, i Veda già la conoscevano. Pensate: tutto quello che noi vediamo con gli occhi e con strumenti elettronici sofisticati è solo il 7,9% del tutto. Per l'induismo e il Buddismo invece la massa o forza oscura è sempre stata una realtà scontata, oggi conosciuta come Prana, ossia l'energia vitale invisibile che pervade ogni cosa dalle stelle ai corpi umani. 

Allora se i nostri saggi avi sapevano già tutto, perché la scienza attuale con un po’ di misurata umiltà non comincia a studiare seriamente questi testi? Si potrebbero ricevere delle “dritte” importanti per continuare sulla strada della verità, ossia del perché esistiamo e qual è il nostro scopo nel contesto degli 13 universi, in particolare nel nostro. Ci vorrà del tempo, forse qualche decennio, ma visto come la scienza sta camminando velocemente finalmente queste cose, qui appena accennate, potrebbero finalmente essere conosciute da tutti… e finalmente CONOSCERE la VERITA!  

Filippo Mariani - A.K. Informa N. 48

Immagine correlata

Dio non è solo un'ipotesi...

Risultati immagini per Dio non è solo un'ipotesi...
DOMANDAOsho, hai detto che dio non è né un’ipotesi né un’idea. Ma allora che cos’è? E qualcuno l’ha mai incontrato?
OSHO: Dio certamente non è un’ipotesi. Un’ipotesi può solo far parte di una scienza oggettiva in cui puoi sperimentarla, sezionarla, analizzarla.
Era ciò che argomentava Marx: “A meno che dio non sia provato in un laboratorio scientifico, non lo accetterò”. Ciò che Marx intendeva è che “posso accettare dio come ipotesi, ma un’ipotesi non è una verità. Deve ancora essere provata e la prova deve essere scientifica”.
Ma se dio fosse testato in laboratorio, in provetta, sezionato e analizzato fino a conoscerne tutti gli elementi, sarebbe ancora il dio che ha creato il mondo? E se un Marx qualsiasi può accettare dio solo a quel punto, significa che dio è oramai ridotto a un oggetto.
A quel punto chi ci impedisce di produrlo? Dopo aver analizzato tutti i suoi elementi costitutivi, tutte le sostanze chimiche, non è un problema. Deposita il brevetto e inizia a produrlo. Ma quel dio prodotto non sarà certo il dio di cui mi stai domandando.
Dio non è un’ipotesi, non può essere un’ipotesi, perché la parola ipotesi in se stessa gli toglie il terreno da sotto i piedi. Dio non deve essere provato. Se la scienza deve dimostrare dio, lo scienziato diventa più importante di dio. Il povero dio diventa un topo bianco da laboratorio. E puoi giocare, creare delle gabbie e spostare dio da una gabbia all’altra e scoprire quanto è intelligente.
Lo psicologo Delgado sarebbe molto felice di trovare dio in una trappola per topi, perché tutto ciò che gli psicologi hanno scoperto sull’uomo non riguarda l’uomo, ma i topi. Prima fanno esperimenti sui topi e poi li proiettano sugli esseri umani, perché sembra disumano vivisezionare un essere umano, torturarlo e fare esperimenti.
Ma è molto bizzarro che il topo fornisca indizi in grado di aiutare a comprendere la mente umana, la psicologia umana. Certamente l’uomo è più sviluppato. Dovrai espandere un po’, ma l’idea fondamentale la puoi ricavare da un topo.
 Risultati immagini per Dio non è solo un'ipotesi...
Dio, secondo le false religioni, è il creatore di tutta l’esistenza. Secondo loro, noi siamo una sua creazione. Ridurre dio a un’ipotesi significa che d’ora in poi dio è una nostra creazione. Stiamo cercando di invertire i ruoli, mettendo il creatore al posto della creatura e la creatura al posto del creatore. Le  false religioni non sarebbero d’accordo. Anche io non sono d’accordo, ma le ragioni del nostro disaccordo sono sostanzialmente diverse.
Le false religioni non possono essere d’accordo, perché per loro dio è al di sopra di tutto e nessuno può essere al di sopra di dio. Lo scienziato, per essere un osservatore, deve stare al di sopra, per guardare, e a quel punto dio diventa solo un giocattolo nelle sue mani. Può mettergli degli elettrodi nella mente e usare il telecomando: può farlo ridere e piangere, correre e stare fermo, a suo piacimento. 
Le  false religioni non possono essere d’accordo per questo motivo: dio non è una creatura, non è una cosa, è il creatore. Ti ha creato, non puoi essere al di sopra di lui, in nessun modo.
Io non sono d’accordo, perché per formulare un’ipotesi è necessaria almeno una certa probabilità. Non certezza, ma almeno una probabilità. Dio non è nemmeno probabile. 
Le mie ragioni sono totalmente diverse. Uno scienziato inizia con un’ipotesi, perché vede qualche probabilità in essa, delle possibilità, qualche potenzialità.
Dio è solo una parola senza alcuna sostanza; una parola vuota senza alcun significato.
Forse dobbiamo interpretare la Bibbia in modo leggermente diverso. Dice: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”. In questo senso forse è vero che il principio di dio non è altro che una parola. Ma poi la parola inizia a raccogliere materia intorno a sé; col passare del tempo le persone continuano a darle sempre più significato. 
Il significato che danno alla parola è un loro bisogno. Dovreste sempre ricordarlo.
Dio è onnisciente, perché l’uomo ha percepito che la sua conoscenza è molto limitata in ogni direzione: solo una piccola luce, una candela che proietta un piccolo cerchio intorno a sé. Oltre quel cerchio c’è il buio e quel buio genera paura. Chissà cosa contiene? Ci vuole qualcuno che lo sappia e se non esiste, deve essere inventato.
Dio è l’invenzione di un bisogno psicologico dell’uomo.
È onnisciente. Tu non puoi esserlo; qualunque cosa tu sappia, per quanto tu sappia, non potrai mai essere onnisciente. L’esistenza è così vasta e l’uomo è così piccolo, così minuto, che concepire che il suo piccolo cervello possa essere in grado di conoscere tutto – passato, presente, futuro – sembra il delirio di un pazzo. Nemmeno un pazzo si sognerebbe una cosa del genere.
 Risultati immagini per Dio non è solo un'ipotesi...
Ma vivere in un mondo circondato ovunque dall’oscurità è difficile. Non puoi essere certo nemmeno di ciò che sai, perché l’ignoto è così vasto. Chissà, magari non appena conosci un po’ di più, il tuo “noto” sarà invalidato.
In effetti è successo proprio così. Più l’uomo sapeva, più si rendeva conto del fatto che la conoscenza ritenuta tale in un momento, il momento dopo diventava ignoranza. E la conoscenza di oggi? Forse domani anch’essa diventerà ignoranza.
Diventò un grande bisogno psicologico avere qualcuno che sapesse tutto.
I preti hanno fatto un ottimo lavoro, forse il più grande compito mai svolto, e lo hanno fatto perfettamente: hanno inventato dio.
È stato utile in molti modi. L’uomo è diventato più sicuro di se stesso, più stabile, meno pauroso, perché esiste un dio onnisciente, pervasivo, presente ovunque. 
Tutto ciò che devi sapere è come tenere dio dalla tua parte. E il segreto era nelle mani del prete, che era pronto a condividerlo.
Ogni religione ha fatto finta di possedere la chiave che apre tutte le porte, la chiave universale.
E se riesci ad avere la chiave universale, sei proprio come dio: onnisciente, onnipresente, onnipotente.
In queste tre parole, i tre bisogni dell’uomo!
La nostra conoscenza è molto limitata, molto scarsa. Cosa sappiamo veramente? Persino le piccole cose possono renderci consapevoli della nostra ignoranza...

Tratto da: Osho, From Ignorance To Innocence - Selezionato da Osho Times
Risultati immagini per Osho, From Ignorance To Innocence

Il mistico è come l'equilibrista...


Risultati immagini per il mistico è un  equilibrista

Il percorso del mistico mi ricorda quello dell’equilibrista che attraversa una corda sospesa sul vuoto.

Sotto c’è il baratro, l’abisso. Sopra c’è (naturalmente) il cielo. L’equilibrista deve guardare sempre avanti, non può tornare indietro. Deve oscillare tra spinte contrapposte, equilibrandole tutte, per mantenere la “sua” traiettoria.

Solo questa gli eviterà di precipitare giù nel baratro sottostante.

L’acrobata equilibrista, ovviamente, cerca di non cadere giù sotto, ma non aspira manco a librarsi in volo, su in alto nel cielo: non è questo il suo obiettivo.

Egli, anzi, vuole mantenere saldamente i suoi piedi ancorati al filo su cui cammina.

Il suo fine, quindi, è camminare, non volare.
Attraversare la distanza che separa il punto di partenza dal punto di arrivo del suo percorso: fare un percorso orizzontale, non verticale.

Allo stesso modo il mistico, per me, (a differenza di quanto comunemente si intende) non è colui che aspira a staccarsi (per quanto metaforicamente) dalla terra e ascendere al cielo, in un mondo altro, in un mondo metafisico, soprannaturale.

Ma è colui che si propone di compiere (molto più modestamente e, però, realisticamente, concretamente, potrei dire addirittura materialisticamente) il cammino che lo separa dalla meta che, come uomo, come qualsiasi altro uomo, è stato chiamato a raggiungere.

Il mistico, insomma, non è un uomo diverso dagli altri, che vive in un mondo diverso dagli altri.

E’ semplicemente l’uomo, qualsiasi uomo, anche il più comune degli uomini, che prova (e, almeno in parte, ci riesce) a realizzare se stesso, la sua vocazione, unica e irripetibile, per quanto modesta essa possa essere agli occhi degli altri uomini.

Giovanni Lamagna

Le religioni vengono dalle stelle? Storia e fantastoria...


Risultati immagini per le religioni vengono dalle stelle?

C’è nel primo capitolo di tutte le religioni, dalle più semplici (animismo – totemismo) alle più complesse come quelle monoteiste, sempre la presenza di uno e più esseri sovrumani che danno all’uomo i primi rudimenti di una disciplina religiosa. Sono quindi questi esseri, definiti dei o Dio, che decidono di creare il tutto, compreso l’uomo. Le stesse grandi religioni monoteiste, tra cui in Cristianesimo, partono tutte dalla discesa dal cielo di un Creatore o “Educatore” dell’umanità.  

Con questo non intendo minimamente entrare nelle storie vere o false degli UFO, né di extraterrestri che decidono di crearci, tuttavia ho constatato, dopo aver per anni analizzato 68 culti religiosi planetari, dal Medioriente, all’India, dall’Oceania fino al continente americano, che tutti più o meno si rifanno alla presenza o all’arrivo di uno o più esseri evoluti che danno il via alle nostre civiltà e che spesso discendono dalle stelle. 

Mi chiedo a questo punto se questi miti rappresentino qualcosa di puramente fantasioso oppure vogliono dirci che forse nel lontano passato dell’umanità è avvenuto qualcosa di eccezionale che ha fatto nascere questi miti. L’indagine rigorosamente scientifica ci dice che nulla va a priori ignorato, ma va prima attentamente analizzato e poi successivamente scartato o accettato. Come elementi di analisi servono, ovviamente, fatti reali riproponibili in laboratorio. 

Ebbene, su ciò che regola l’ indagine scientifica, abbiamo di fronte a noi un esempio concreto (ne esistono altri), per cui possiamo, a cuor sereno, rivedere e studiare con più attenzione gli antichi miti. Cominciamo allora ad analizzare una storia vera e recente che dovrebbe in gran parte sostenere quanto fin qui detto: The cult of the cargo Quanti di noi sanno che cos'è il Cargo Cult? Forse pochi, anche perché questa è materia che interessa di più gli antropologi e gli etnologi, poco o niente i giornalisti anche se scientifici. Invece è un fenomeno che dovrebbe indurci a riflettere sul passato della civiltà umana. 

Già il grande filosofo e studioso delle religioni, Mircea Eliade, studiò un fenomeno analogo ma più antico, quello dell’arrivo delle prime navi degli esploratori europei nelle isole della Micronesia, e da ciò comprese come molti culti religiosi fossero nati da eventi eccezionali o traumatici, da realtà comunque fuori della comprensione degli indigeni. Il culto del cargo, tanto per tradurlo in italiano, dimostra che leggende e miti sono nati quasi sempre da eventi realmente accaduti. Se poi siano stati amplificati o rielaborati a secondo del linguaggio dell'epoca o anche per dare senso a qualche religione nuova, è un altra cosa. 

Veniamo ai fatti, nel caso nostro voliamo fino alla Micronesia in pieno Oceano Pacifico per scoprire qualcosa che ha dell’incredibile. Sull'enciclopedia Wikipedia, Cargo Cult è così definito: “ Il culto del cargo è un culto di tipo millenarista apparso in alcune società tribali venute in contatto con culture tecnologicamente più avanzate. Il culto è basato sulla richiesta di beni e merci (appunto i "cargo") delle culture avanzate attraverso rituali magici o pratiche religiose. I credenti del culto credono che la consegna dei beni sia disposta per loro da parte di un ente divino. Il culto del cargo si è sviluppato principalmente in alcuni angoli remoti della Nuova Guinea e in altre società tribali della Melanesia e della Micronesia in concomitanza con l'arrivo delle prime navi esploratrici occidentali del XIX secolo. 

Culti simili sono però apparsi anche in altre parti del mondo. Il culto del cargo ha avuto la sua maggiore diffusione in seguito alla Seconda guerra mondiale, quando le tribù indigene dei luoghi interessati ebbero modo di osservare le navi giapponesi e americane che trasportavano grandi quantità di merci. Alla fine della guerra le basi militari dell'Oceano Pacifico furono chiuse, e di conseguenza cessò il rifornimento di merci. Per attrarre nuovamente le navi e invocare nuove consegne di merci, i credenti del culto del cargo istituirono rituali e pratiche religiose, come la riproduzione grossolana di piste di atterraggio, aeroplani e radio e l'imitazione del comportamento osservato presso il personale militare che aveva operato sul luogo. 

E questo per sperare di farli ritornare”. In particolare erano adorati gli aeroplani perché durante il conflitto paracadutavano anche nei villaggi indigeni cibo, vestiario ed altri oggetti. Oggi il culto del cargo è diminuito fino a scomparire quasi del tutto. Sull'isola di Tanna, nella Repubblica di Vanuatu, sopravvive ancora il culto di Jon Frum, uno dei più conosciuti, che nacque prima della guerra e divenne in seguito un culto del cargo. Sulla stessa isola è vivo il Movimento del Principe Filippo, che ha come oggetto la figura di Filippo di Edimburgo, marito della Elisabetta II, regina del Regno Unito. 13 Immagini di indigeni della Nuova Guinea che ancora adorano l'aeroplano perché ritenuto veicolo sacro mandato dagli dei per portare loro cibo ed altri doni. 

E' un grossolano errore cercare di interpretare il pensiero degli uomini di migliaia e migliaia di anni fa come se possedessero le nostre conoscenze culturali, scientifiche e tecnologiche. Fenomeni come il Cargo Cult non potrebbero esistere ai giorni nostri, anche se scendesse da un'astronave un "marziano", sapremmo subito dare una spiegazione a tale evento e quell'astronauta non lo eleveremmo certamente a divinità. Gli uomini preistorici non avevano neppur lontanamente le nostre conoscenze scientifiche, tutto ciò che era incomprensibile per loro diventava una ierofania, ossia: una emanazione sacra e divina. 

Da qui può nascere il pensiero che le nostre grandi religioni siano sorte grazie ad incontri con civiltà più evolute tecnologicamente o semplicemente, dando per un attimo spazio alla fantascienza, con esseri provenienti da altri mondi in visita esplorativa sul nostro. Non dobbiamo dimenticarci che le scoperte scientifiche e tecnologiche di oggi già fanno supporre che in futuro l'umanità potrà cercare di raggiungere altri pianeti. Se pensiamo che solo nel 1903 abbiamo imparato a volare, grazie ai fratelli Wright, e che oggi, dopo poco più di un secolo, abbiamo astronavi capaci di andare sulla Luna e su Marte, dobbiamo prevedere in futuro ulteriori grandi conquiste scientifiche e tecnologiche di proporzioni inimmaginabili. 

Allora, se non ci saranno interruzioni violente nello sviluppo della nostra civiltà, cosa saremmo in grado di fare tra 1000 anni? Certamente avremo già colonizzato Marte, ma saremo anche andati oltre il nostro sistema solare per esplorare altri mondi.   

Filippo Mariani - A.K. N. 47   

Risultati immagini per le religioni vengono dalle stelle?